TAR Salerno, sez. I, sentenza 2015-03-24, n. 201500673
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N. 00673/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00008/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso, numero di registro generale 8 del 2012, proposto da:
D M R, in qualità di titolare dell’omonima ditta, corrente in Scafati, rappresentato e difeso dagli Avv. V S e Angelo D’Onofrio, con domicilio eletto, in Salerno, via F. Manzo, 38, presso l’Avv. Ignazio della Malva;
contro
Agro Invest s. p. a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. L L, con domicilio eletto, in Salerno, al Corso Garibaldi, 103;
Comune di Scafati, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. F G, con domicilio eletto, in Salerno, Largo San Tommaso d’Aquino, 3, presso la Segreteria del T. A. R. Salerno;
per decidere circa l’opposizione
al decreto ingiuntivo n. 437/2012, del T. A. R. Campania – Salerno, reso il 7.02.2012 e notificato il 13.03.2012, con il quale è stato ingiunto alla società Agro Invest s. p. a. di pagare, in favore della ditta D M R, la somma di € 154.113,70, a titolo di restituzione degli importi versati, oltre interessi legali e spese della procedura monitoria;opposizione proposta dalla Agro Invest s. p. a. – convenuta in senso sostanziale/debitrice opponente, nei confronti di D M R – attore in senso sostanziale/creditore opposto;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agro Invest s. p. a. e del Comune di Scafati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 8 gennaio 2015, il dott. Paolo Severini;
Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue.
FATTO
Rilevato che, con l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato il 23.04.2012 alla ditta D M R e depositato in Segreteria il 4.05.2012, l’Agro Invest s. p. a. ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo, specificato in epigrafe (emesso sul ricorso, depositato dalla suddetta ditta in data 3.01.2012), premettendo, in fatto, che:
il Comune di Scafati, per dare attuazione al primo stralcio del PIP, approvato con delibera di CC n. 76/1998, aveva affidato all’Agro Invest, Società di Trasformazione Urbana (STU), ex art. 120 TUEL, le attività esecutive del predetto Piano, giusta delibera di CC n. 69/2004;in particolare, con la convenzione Rep. n. 9 del 22.05.2005, il Comune di Scafati aveva conferito alla Agro Invest delega, per la realizzazione delle urbanizzazioni primarie e secondarie e per l’acquisizione, in proprietà, delle aree ricomprese nel PIP, da effettuarsi in nome e per conto del Comune di Scafati;
successivamente, il Comune di Scafati aveva affidato alla Agro Invest anche l’attuazione del secondo stralcio del PIP, in località Sant’Antonio Abate, con atto aggiuntivo del 23.04.2007;
nel contempo, il Comune di Scafati aveva indetto la procedura di gara, per l’assegnazione dei lotti, ricadenti all’interno del PIP;
la relativa procedura (di assegnazione) era disciplinata, oltre che dal bando, dal regolamento PIP, con il quale erano state regolate le modalità di attuazione del piano, ivi comprese quelle relative alla cessione delle aree;
il Comune di Scafati, con determina n. 39 del 22.06.2007, aveva approvato la graduatoria definitiva, per l’assegnazione delle aree del PIP di Sant’Antonio Abate, nella quale la ditta D M R si era utilmente collocata;
l’Agro Invest, pertanto, aveva stipulato, in nome e per conto del Comune di Scafati, convenzione preliminare, finalizzata al successivo trasferimento, con la quale aveva assegnato alla ditta D M R un lotto di circa mq 2374, per il corrispettivo (presuntivo) di € 256.847,81, salvo conguaglio all’esito dell’esproprio e della realizzazione delle opere infrastrutturali;
la ditta assegnataria, in esecuzione della convenzione, aveva versato la somma di complessivi € 192.640,87, a titolo di acconto;
l’Agro Invest, in conformità con la graduatoria definitiva, redatta ed approvata dal Comune di Scafati, aveva stipulato con gli assegnatari le convenzioni preliminari, che avevano avuto parziale esecuzione, mediante incasso, da parte di Agro Invest (sempre in nome e per conto dell’Amministrazione Comunale), degli acconti previsti, destinati alla realizzazione dei lavori ed all’acquisto delle aree, oggetto di esproprio;
ancora, in ottemperanza alla convenzione intercorsa con il Comune di Scafati, Agro Invest aveva dato attuazione al PIP, completando tra l’altro le procedure espropriative, mediante emissione dei decreti di esproprio, in nome e per conto dell’Amministrazione Comunale;
il Comune di Scafati, pertanto, era divenuto proprietario di tutte le aree, ricomprese nel perimetro del PIP, previo versamento, da parte di Agro Invest, in qualità di delegata, delle indennità spettanti ai privati espropriati (nei limiti delle disponibilità esistenti);
Agro Invest, in vista della stipula dell’atto definitivo di trasferimento, con nota prot. 2970 del 10.06.2010, aveva comunicato il nuovo prezzo unitario delle aree PIP di Scafati, pari ad € 151,25, in luogo degli originari € 90,16, previsti dalla convenzione, salvo conguaglio;
l’aumento era scaturito sia dai maggiori costi degli espropri, a seguito di quantificazione delle relative indennità, da parte della Corte di Appello di Salerno, in sede di opposizione a stima, sia dall’indisponibilità dei finanziamenti regionali, per mancata stipula dei relativi mutui, da parte del Comune di Scafati;
la ditta D M R, intanto, deducendo un’eccessiva onerosità del nuovo prezzo di cessione, con nota acquisita al prot. 5078 del 12.10.2011, aveva comunicato di non voler proseguire nell’iniziativa economica in corso, con richiesta di restituzione delle somme versate, pari ad € 192.640,87, oltre rivalutazione ed interessi;
Agro Invest, con nota prot. 1692/2012, in esecuzione della determina 1608/2011, nel prendere atto della volontà dell’assegnatario di rinunziare al programma di insediamento, aveva proceduto all’immediata restituzione della somma di € 38.527,17, comunicando che la restituzione delle ulteriori somme, a saldo, sarebbe stata effettuata all’atto della riassegnazione del lotto;
la ditta Di Martino, tuttavia, aveva chiesto il pagamento della somma di € 154.113,70, con il presente decreto ingiuntivo, a titolo di restituzione delle somme versate, in esecuzione della convenzione di assegnazione, oltre rivalutazione ed interessi;
la pretesa creditoria trarrebbe fondamento, secondo la creditrice opposta, dalla comunicazione del 1° marzo 2011, con cui Agro Invest avrebbe accettato la risoluzione della predetta convenzione preliminare, restituendo la somma di € 38.527,17.
Rilevato che – premesso quanto sopra – l’Agro Invest proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo in epigrafe, chiedendo l’annullamento o la dichiarazione di nullità del medesimo, per i seguenti motivi:
- I) in via preliminare, eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva: la convenzione con la ditta opposta, infatti, era stata stipulata dalla stessa Agro Invest, in qualità di mandataria, in nome e per conto del Comune di Scafati, nella cui sfera giuridica produceva effetti (c.d. “contemplatio domini”), come risultava dalla semplice lettura della convenzione;l’aver agito in nome e per conto dell’Amministrazione Comunale escludeva la costituzione di un rapporto diretto tra la società assegnataria e l’Agro Invest, che essendo parte formale, e non sostanziale, non aveva acquistato diritti o assunto obblighi, nei confronti della ditta ricorrente;di contro, la parte sostanziale del rapporto controverso doveva identificarsi nel Comune di Scafati, nei cui confronti si erano prodotti direttamente gli effetti del contratto, sottoscritto dal mandatario, con assunzione dei relativi diritti ed obblighi;l’unico soggetto legittimato passivo, nella presente controversia restitutoria, era quindi soltanto il Comune di Scafati;e la ditta opposta, conseguentemente, non poteva azionare la pretesa restitutoria nei confronti di Agro Invest, essendo solo il Comune di Scafati tenuto alla restituzione;l’eccepita carenza di legittimazione passiva dell’Agro Invest minava, pertanto, a suo avviso, la legittimità del decreto opposto, che andava di conseguenza revocato e/o annullato;
- II) l’ingiunzione sarebbe stata nulla, in ogni caso, anche per carenza dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità, previsti dall’art. 633 c. p. c.;la creditrice opposta aveva fondato la propria pretesa restitutoria sulla nota n. 1692/2012, con cui Agro Invest avrebbe preso atto della volontà della ditta Di Martino di risolvere la convenzione preliminare d’assegnazione;ma, anzitutto, la convenzione di assegnazione non era stata risolta giudiziariamente e, tanto meno, consensualmente dalle parti (art. 1372 c. c.);a conferma di ciò, Agro Invest, nel riscontrare la nota dell’impresa assegnataria, s’era limitata a dare atto della volontà di rinunziare (rectius: di non voler dare esecuzione) alla convenzione d’assegnazione;la convenzione preliminare d’assegnazione (fino alla declaratoria di risoluzione ovvero di scioglimento) era, dunque, valida ed efficace, non sussistendo il presupposto per la restituzione;il credito azionato dalla ditta D M R, di conseguenza, non poteva considerarsi certo, liquido ed esigibile;Agro Invest, inoltre, con nota 1692/2012, aveva disposto che avrebbe proceduto alla restituzione del saldo dell’importo versato, all’atto del completamento delle procedure di riassegnazione del lotto, in conformità con il regolamento comunale, disciplinante la procedura d’assegnazione dei lotti PIP, espressamente accettato dalla ditta D M R, infatti, la STU aveva regolato le modalità di restituzione, a tutela dell’interesse pubblico, sotteso all’attuazione del PIP, differendo il rimborso del residuo prezzo di cessione, versato dall’opposto;detto provvedimento non era stato contestato dal medesimo opposto, in sede giudiziaria, con conseguente consolidamento del regime restitutorio, definito dalla Agro Invest;in conformità a tali premesse, il credito non era quindi neppure esigibile, con conseguente inammissibilità del decreto ingiuntivo, per carenza dei requisiti, previsti dall’art. 633 c. p. c.;
- III) nel merito, la pretesa creditoria era, comunque, infondata;l’opposto poteva pretendere la restituzione di somme versate, a titolo di acconto sul prezzo, solo dopo l’espletamento della nuova procedura concorsuale per la riassegnazione dei lotti, “medio tempore” divenuti disponibili;il Regolamento PIP (art. 9), infatti, anch’esso valido ed efficace, perché mai annullato o revocato, nonché espressamente accettato in sede di gara, per l’ipotesi di risoluzione del rapporto d’assegnazione, aveva previsto che il versamento delle somme, spettanti all’assegnatario, doveva essere effettuato “successivamente all’avvenuto pagamento da parte del nuovo assegnatario”, da individuarsi all’esito di procedura concorsuale;specularmente, con determina 1608/2011, Agro Invest aveva disciplinato il regime degli acconti, prevedendo la restituzione immediata solo del 20% degli importi versati, laddove il residuo sarebbe stato versato, solo all’atto della riassegnazione del lotto in questione;e l’Agro Invest, in stretta esecuzione di tale determina, con nota 1692/2011, aveva restituito la somma di € 38.527,00, differendo, invece, il rimborso delle residue somme al completamento della procedura di riassegnazione del lotto;tali atti, espressione di poteri autoritativi, che trovavano titolo nel procedimento amministrativo, relativo al PIP, e mai impugnati, costituivano pertanto l’unica fonte della disciplina (inderogabile) della pretesa restitutoria, in favore dell’assegnatario rinunziatario;con la conseguenza che, sino alla definizione delle procedura di rassegnazione del lotto, non sussisteva alcun diritto dell’opposto al rimborso delle somme versate;la pretesa monitoria per cui era causa, era quindi infondata, con conseguente illegittimità del decreto ingiuntivo opposto che, conseguentemente, andava annullato e/o dichiarato nullo e/o inefficace;in ogni caso, osservava l’opponente, le somme in questione integravano un debito di valuta e non di valore, per cui deduceva l’infondatezza della domanda, volta al riconoscimento della rivalutazione monetaria.
Rilevato che si costituiva in giudizio, in data 9.07.2012, la ditta D M R, premettendo, in fatto, che:
con ricorso per decreto ingiuntivo, avente R. G. n. 8 (accolto dal T. A. R. Salerno in data 7 febbraio 2012 e notificato in data 23.02.2012) aveva esposto che il Consiglio Comunale di Scafati, con delibera n. 69 del 21.12.2004, aveva affidato all’Agro Invest, società mista di trasformazione urbana, l’attuazione del primo stralcio del P. I. P. del Comune di Scafati, alla via S. Antonio Abate, approvato con delibera consiliare n. 76 del 24 giugno 2004;
in data 30.09.2009, con determina prot. n. 5633, l’amministratore delegato della s. p. a. Agro Invest, tenuto conto dell’esito delle istanze presentate dalle imprese, in risposta ad avviso pubblico, aveva assegnato all’impresa D M R un lotto di mq. 2.374, nell’ambito del P. I. P. del Comune di Scafati, in via S. Antonio Abate;
in data 1.12.2009 aveva stipulato con l’Agro Invest l’atto di convenzione preliminare, per il futuro acquisto del lotto all’interno del P. I. P.;
nella predetta convenzione era stato previsto il prezzo di € 256.847,81, I. V. A. inclusa, per l’acquisto dell’intero lotto, in forza della determina dell’amministratore delegato del 10.04.2009, prot. 1761, con la quale era stato fissato in € 96,16 il costo presunto a mq. dei terreni, costituenti i lotti del P. I. P.;
in forza della convenzione stipulata, aveva effettuato, a mezzo bonifico bancario, i seguenti pagamenti in acconto: € 21.403,99 in data 29.01.2010;€ 21.403,99 in data 4.03.2010;€ 21.403,99 in data 31.03.2010;€ 90.160,00 in data 14.09.2009 e € 38.268,90 in data 10.12.2009, per complessivi € 192.640,87;
dopo detti pagamenti, in data 10.06.2010, con missiva a firma dell’amministratore delegato dell’Agro Invest, era stato comunicato alla ditta Di Martino che, a causa dei motivi, specificati nella stessa missiva, il prezzo a mq. del lotto assegnato era stato fissato in € 151,25;
in riscontro a tale missiva, aveva comunicato, in data 12.10.2010, la volontà di risolvere la convenzione, stipulata in data 1.12.2009, ai sensi degli artt. 1458 e 1467 c. c., perché il nuovo prezzo, stabilito dall’Agro Invest, era divenuto eccessivamente oneroso;
con comunicazione dell’1.03.2011, prot. 1692, l’Agro Invest aveva accettato la risoluzione della convenzione, restituendo parte del prezzo versato, pari a € 32.527,17;
l’Agro Invest, nonostante i reiterati inviti, non aveva provveduto a restituire il restante importo, versato a titolo di acconto sul prezzo, pari a € 154.113,70 (€ 192.640,87 (acconto versato) – € 38.527,17 (somma restituita) = € 154.113,70);
in base a tali premesse, aveva chiesto e ottenuto dal TAR Campania – Salerno il decreto ingiuntivo, relativamente a tale importo;
avverso tale decreto ingiuntivo aveva proposto opposizione l’Agro Invest, con atto notificato in data 23.04.2012, per i motivi indicati nell’atto di opposizione, che veniva impugnato in ogni sua parte, sulla base dei seguenti motivi:
I) con il primo motivo d’opposizione, la controparte aveva chiesto annullarsi o quantomeno revocarsi il decreto opposto perché, a suo dire, legittimato passivo dell’ingiunzione proposta non sarebbe stata la s. p. a. Agro Invest, quanto piuttosto il Comune di Scafati, in forza anche della convenzione del 22.05.2005, rep. n. 9, intercorsa tra quest’ultimo e l’opponente;tale motivo era, secondo la creditrice opposta, “del tutto pretestuoso e dilatorio”;dalla semplice lettura della convenzione indicata, emergeva infatti che legittimata passiva era l’Agro Invest;in particolare, al punto 5.3 della richiamata convenzione, era previsto che fosse detta società “a cedere le aree alle imprese selezionate (… )”;non a caso, con comunicazione del 14.10.2009, prot. 5932, era stata l’Agro Invest a dichiarare ammissibile la domanda di assegnazione della ditta Di Martino e a stipulare la convenzione preliminare;e sempre l’Agro Invest aveva determinato il prezzo dell’area assegnata e i successivi aumenti, nonché le somme, versate dall’opposta;infine, era stata sempre l’opponente ad inviare la comunicazione dell’1.03.2011, prot. 1692, con la quale aveva preso atto della rinuncia all’assegnazione del lotto, restituendo il parziale importo di € 38.527,17;ne conseguiva che l’opposizione era priva di pregio;
II) con il secondo motivo la controparte aveva eccepito la carenza dei presupposti, ex art. 633 c. p. c., relativamente al decreto ingiuntivo opposto perché, a suo dire, sarebbero mancati i requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità;sempre secondo controparte, nella specie non si sarebbe verificata né una risoluzione giudiziale, né tampoco consensuale della convenzione preliminare;detta censura era “totalmente infondata e confutata dalla documentazione prodotta”;con la missiva, inviata dall’Agro Invest in data 1.03.2011, prot. n. 1692, l’opponente, nel prendere atto della volontà della ditta Di Martino di rinunciare all’assegnazione, con sua determina, prot. 1608 dell’1.03.2011 (rectius: 25.02.2011), aveva disposto la restituzione parziale delle somme, versate dall’esponente, pari a € 16.228,80 (rectius: € 38.527,17);sicché s’era avuto lo scioglimento della convenzione preliminare, considerato che “qualora un contraente comunichi la dichiarazione di recesso con contestuale richiesta di restituzione della somma versata a titolo di anticipo (o caparra) e di rimborso delle spese sostenute ed il contraente asserito inadempiente comunichi anch’esso la volontà di recedere, pur attribuendo l’inadempimento all’altra parte, e la disponibilità alla restituzione delle somme richieste, si verifica la risoluzione del contratto atteso che le due dichiarazioni di recesso, pur non determinando un accordo negoziale risolutorio, come nell’ipotesi del mutuo consenso, in quanto muovono da premesse contrastanti, sono tuttavia dirette all’identico scopo dello scioglimento del contratto e della restituzione delle somme versate, con la conseguenza che resta preclusa la domanda di adempimento successivamente proposta da uno dei contraenti” (Cass. civ., Sez. II, 14.03.1988, n. 2435);controparte assumeva, ancora, che il credito di cui al decreto opposto non sarebbe stato esigibile, perché con nota, n. 1692/2012, l’Agro Invest avrebbe disposto che le somme, versate dal De Martino, dovessero essere restituite all’atto del completamento delle procedure di assegnazione del lotto, come previsto dal regolamento comunale;l’opposto precisava che “di tale presunta nota” non aveva mai avuto comunicazione;comunque, la stessa risultava “palesemente illegittima” (condizione meramente potestativa), considerato che non poteva essere rimesso all’arbitrio dell’Agro Invest il pagamento di quanto, legittimamente, dovuto all’opposta;infine, il Regolamento Comunale, richiamato dalla controparte, per giustificare detta nota, nulla prevedeva, nell’ipotesi di risoluzione consensuale della convenzione preliminare, come quella stipulata dalla ditta De Martino con l’Agro Invest;
III) con il terzo motivo, controparte aveva censurato il decreto opposto perché, a suo dire, la ditta Di Martino avrebbe potuto pretendere la restituzione delle somme, versate alla società Agro Invest, solo dopo l’espletamento della nuova procedura di riassegnazione dei lotti, come previsto dall’art. 9 del regolamento comunale;ma, nel richiamare l’art. 9 del regolamento comunale, all’opponente era sfuggito che tale articolo riguardava l’ipotesi in cui l’assegnatario subiva la risoluzione dell’atto di cessione del diritto di proprietà e/o la decadenza della concessione del diritto di superficie, per uno dei motivi meglio espressi nel medesimo articolo;laddove, nella specie, s’era trattato di una convenzione preliminare, in cui erano state stabilite unicamente le modalità dell’assegnazione definitiva;inoltre, nell’art. 9 del richiamato regolamento la restituzione delle somme versate, dopo la riassegnazione, era prevista come sanzione per l’inadempimento e/o violazione della normativa in materia, da parte dell’assegnatario, laddove, nella specie, s’era trattato di convenzione preliminare e la risoluzione era avvenuta legittimamente, considerato che, successivamente alla stipula della convenzione preliminare, il corrispettivo per la futura assegnazione del lotto era aumentato considerevolmente (per cui, ai sensi dell’art. 1467 c. c., l’opposto aveva rinunciato all’assegnazione, e la rinuncia era stata accettata da controparte);
IV) per scrupolo difensivo, l’opposto evidenziava che controparte, invece di restituire le somme di cui al decreto ingiuntivo, illegittimamente detenute, aveva proposto “una strumentale opposizione al solo fine di ritardare il pagamento”;tanto causava gravissimi danni alla ditta opposta, che in un momento di crisi economica generale e di momentanea illiquidità, era costretta a rivolgersi al credito, per far fronte alle esigenze della propria attività, con notevoli oneri finanziari a suo carico;pertanto, ai sensi dell’art. 96 c. p. c., chiedeva condannarsi l’opponente al risarcimento dei danni, per lite temeraria e in mala fede, da liquidarsi in via equitativa;
Rilevato che, in data 28.11.2013, la debitrice opponente depositava memoria, di replica alle affermazioni, contenute nello scritto difensivo di controparte;
Considerato che, dopo il passaggio in decisione della causa, il Collegio s’è interrogato in ordine all’eventuale necessità di disporre l’integrazione del contraddittorio, nei confronti del Comune di Scafati;
Rilevato che, ai sensi dell’art. 118 c. p. a., comma primo, prima parte: “Nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, aventi ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale, si applica il Capo I del Titolo I del Libro IV del codice di procedura civile”;
Rilevato, altresì, che, ai sensi del capoverso dell’art. 645 c. p. c., prima parte: “In seguito all’opposizione il giudizio si svolge secondo le norme del procedimento ordinario davanti al giudice adito”;
Considerato, in particolare, che l’Agro Invest s. p. a. – debitrice opponente – nel proprio atto di opposizione a d. i. – ha dedotto, quale primo motivo di ricorso, la propria carenza di legittimazione passiva, sostenendo che l’unico legittimato passivo, nella presente controversia, dovrebbe identificarsi con il Comune di Scafati, posto che la convenzione con la ditta opposta era stata stipulata, dalla stessa società ricorrente, in qualità di mandataria del detto Comune, nella cui sfera giuridica sarebbe stata, quindi, destinata a produrre effetti, in ragione della “contemplatio domini”, ivi contenuta;
Considerato che D M R – creditore opposto – nel proprio atto di costituzione in giudizio ha concluso, nel senso che detta eccezione di carenza di legittimazione passiva debba essere respinta, perché infondata;
Rilevato che, dopo il passaggio in decisione, è stata rilevata, d’ufficio, una questione rilevante, ai fini della decisione della causa, ex art. 73 terzo comma c. p. a., vale a dire che il Collegio s’è posto la questione se dovesse, nella specie, essere integrato il contraddittorio, nei confronti del Comune di Scafati, e tanto al fine di porre detto ente in condizione di costituirsi in giudizio e presentare, ove lo ritenesse opportuno, le proprie deduzioni e le proprie difese, circa la suddetta eccezione di difetto di legittimazione passiva, sollevata dall’Agro Invest s. p. a. (al cui eventuale positivo scrutinio conseguirebbe in definitiva – oltre che l’accoglimento dell’opposizione e, quindi, la revoca del decreto ingiuntivo – la propria individuazione, come soggetto legittimato passivo, in vece della società opponente);
Rilevato, in particolare, che, ai sensi dell’art. 27, comma primo, del c. p. a.: “Il contradditorio è integralmente costituito quando l’atto introduttivo è notificato all’amministrazione resistente e, ove esistenti, ai controinteressati”;
Rilevato che detta norma doveva confrontarsi con la posizione di diritto soggettivo, fatta valere dalla ditta opposta, e, quindi, con la natura paritetica dei rapporti tra le parti, caratteristica della materia di giurisdizione esclusiva di cui si discute, e doveva essere, altresì, calata nella peculiare struttura del giudizio, conseguente all’opposizione a decreto ingiuntivo, ove, da un lato, per giurisprudenza costante, l’opponente a d. i. deve citare in giudizio unicamente il soggetto che ha ottenuto il decreto, ma dall’altro lato, per effetto dell’instaurazione del giudizio d’opposizione, e della prima censura in esso contenuta, il Comune di Scafati finirebbe per rivestire, in esso, la posizione di controinteressato, posto che, dall’eventuale accoglimento della suddetta eccezione di difetto di legittimazione passiva, deriverebbe la sua individuazione come debitore, in vece della società opponente (in disparte ovviamente, in tale sede, ogni considerazione circa la fondatezza, o meno, della pretesa azionata, nella specie, dal creditore opposto);
Rilevato che l’art. 49 c. p. a., comma 1, prevede che: “Quando il ricorso sia stato proposto solo contro taluno dei controinteressati, (…) il collegio ordina l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri”;
Rilevato, pertanto, che si sarebbe potuto sostenere che il Comune di Scafati fosse controinteressato, rispetto all’accoglimento dell’opposizione, sotto il particolare profilo considerato, e che, quindi, occorresse disporre l’integrazione del contraddittorio nei suoi confronti, in modo da porlo in condizione di esporre le sue difese al riguardo;
Rilevato che, all’esito dell’udienza pubblica in data 19.12.2013, la Sezione assegnava pertanto, alle parti, il termine di trenta giorni, decorrenti dalla comunicazione in via amministrativa dell’ordinanza, ovvero dalla notificazione a cura di parte, ove anteriore, della medesima, per presentare memorie, vertenti su quest’unica questione, e cioè: “Se nel presente giudizio di opposizione a d. i. occorra, o meno, disporre l’integrazione del contraddittorio, ai sensi delle disposizioni innanzi citate (artt. 27, 49, 118 c. p. a.;633 e ss. c. p. c.), nei confronti del Comune di Scafati”, riservando la decisione d’ogni questione, sia in rito, sia in merito, sia circa le spese di giudizio;
Rilevato che il creditore opposto, con memoria prodotta in giudizio il 18.03.2014, concludeva nel senso che fosse disposta l’integrazione del contraddittorio, nei confronti del Comune di Scafati;Rilevato che la società Agro Invest, debitrice opponente, con memoria prodotta in giudizio il 28.03.2014, aveva concluso in senso opposto, sostanzialmente osservando come la contestazione sull’estraneità al rapporto controverso (diversamente da un’eccezione, concernente la “legitimatio ad causam”) non avrebbe potuto portare ad alcuna integrazione del contraddittorio nei confronti del terzo, indicato come effettivo titolare del rapporto, posto che il Giudice ben avrebbe potuto emettere una valida decisione, sul medesimo rapporto, destinata a produrre effetti, soltanto relativamente alle parti in causa;in altri termini, ove il Tribunale avesse ritenuto che l’Agro Invest fosse estranea al giudizio azionato dal De Martino, avrebbe dovuto “dichiarare l’infondatezza della pretesa”, ma non avrebbe potuto “disporre l’integrazione del contraddittorio”;
Rilevato, altresì, che la debitrice opponente argomentava la propria tesi contraria, sul rilievo dell’inapplicabilità dell’art. 49 c. p. a. all’azione, diretta all’accertamento di un diritto soggettivo, in sede di giurisdizione esclusiva;
Rilevato che, con ordinanza, emessa all’esito dell’udienza in camera di consiglio del 19.06.2014, la Sezione rilevava come, per ammissione della stessa opponente, il rilievo non spostasse, peraltro, i termini sostanziali della questione, posto che: “L’azione diretta all’accertamento di un diritto e non all’annullamento di un provvedimento (con posizioni giuridiche rilevanti che assumono la consistenza di diritto oggettivo e non di interesse legittimo) anche se proposta in materia riservata alla giurisdizione esclusiva amministrativa, non è soggetta al principio in base al quale il ricorso, a pena di inammissibilità, deve essere notificato ad almeno un controinteressato ex art. 41, co. 2, c. p. a., bensì al principio processuale d’integrazione del contraddittorio per cui, in base all’art. 102, co. 2, c.p.c., se il giudizio è stato promosso contro una sola o alcune sole delle parti che devono essere ritenute litisconsorti necessari, il giudice deve ordinare l’integrazione del contraddittorio” (T. A. R. Toscana – Sez. I, 28/01/2013, n. 134);e rilevava, pertanto, che la questione in esame andasse risolta, in base alle regole della fattispecie processualcivilistica della “laudatio auctoris” (normalmente connessa alla proposizione di domanda da parte del convenuto, in forma di chiamata del terzo, e nella specie l’opponente a d. i. era, ovviamente, il convenuto sostanziale della causa);e rilevava, in tale ottica, come fosse pertanto necessaria l’integrazione del contraddittorio, nei confronti del Comune di Scafati, indicato come effettivo debitore, da parte dell’Agro Invest, anzitutto non apparendo conforme al principio dell’economia dei mezzi giuridici la pronuncia di una sentenza, che facesse stato solo tra le attuali parti di questo giudizio, lasciando impregiudicata – secondo la prospettazione dell’opponente – la questione della responsabilità del terzo, nei confronti del creditore opposto;e rilevando, altresì, che tale soluzione pareva al Collegio imposta dalla dirimente osservazione, secondo la quale – ove l’opposizione fosse accolta e quindi la domanda, in ipotesi, fosse respinta, nei confronti dell’Agro Invest, sulla base del rilievo della sua carenza di legittimazione passiva – il Comune di Scafati, indicato come debitore alternativo, si sarebbe trovato a dover subire, comunque, le conseguenze di una sentenza, resa “inter alios“, all’esito di un giudizio, al quale non era stato posto in grado di partecipare (il che lo avrebbe legittimato a proporre opposizione di terzo);rilevava il Collegio, in sostanza, che non pareva possibile, nella specie, distinguere tra “legitimatio ad causam” e dedotta estraneità dell’opponente al rapporto controverso, come avrebbe voluto l’Agro Invest, atteso che era stata proprio quest’ultima, mercé la cd. “laudatio auctoris” (contenuta, sia pur per implicito, nell’atto di opposizione e poi nella memoria difensiva, depositata il 28.11.2013, “sub specie” d’eccezione di difetto di legittimazione passiva), a rendere necessaria la chiamata in causa del Comune di Scafati, rendendo lo stesso parte necessaria del presente giudizio (litisconsorte necessario);rilevava, pertanto, la necessità che l’Agro Invest s. p. a. integrasse il contraddittorio nei confronti del Comune di Scafati, notificando al medesimo, oltre che il ricorso in opposizione a d. i., introduttivo del presente giudizio, ed i relativi allegati, anche le ordinanze pronunziate dal Collegio, e tanto al fine di garantire, a detto ente, la facoltà di costituirsi in giudizio, ove lo ritenesse, per spiegare le sue difese;detta notifica doveva avvenire, in particolare, nel termine perentorio di giorni trenta, decorrente dalla comunicazione in via amministrativa della stessa ordinanza (ovvero, se anteriore, dalla notificazione a cura di parte della medesima), con deposito della relativa prova, in Segreteria, nei successivi sette giorni, restando impregiudicata la risoluzione d’ogni questione, in rito, merito e sulle spese;
Rilevato che, in data 8.08 – 10.09.2014, la debitrice opponente depositava la prova dell’avvenuta integrazione del contraddittorio, nei confronti del Comune di Scafati;
Rilevato che, in data 18.12.2014, seguiva la produzione di memoria conclusiva per il creditore opposto, con la quale lo stesso, stante – in quel momento – la mancata costituzione in giudizio del Comune di Scafati, chiedeva respingersi l’opposizione a d. i. e condannare l’Agro Invest al pagamento della somma, portata da detto decreto ingiuntivo, oltre interessi e rivalutazione monetaria, dai singoli pagamenti e sino al soddisfo;in subordine, dichiarare l’Agro Invest e il Comune di Scafati, in solido ovvero chi sarà ritenuto responsabile, tenuti al pagamento di detta somma in proprio favore, e condannarli al detto pagamento, oltre interessi e rivalutazione monetaria, dai singoli pagamenti e sino al soddisfo, oltre rifusione di spese e competenze della procedura monitoria e del presente giudizio, oltre accessori, ivi compreso il rimborso del contributo unificato;
Rilevato che, in data 27.12.2014, si costituiva in giudizio il Comune di Scafati, eccependo la propria carenza di legittimazione passiva: erroneamente l’Agro Invest sosteneva d’aver agito in nome e per conto del Comune di Scafati, mentre si trattava di società mista di trasformazione urbana, a prevalente capitale pubblico, promossa ai sensi dell’art. 17, comma 59, della legge 15 maggio 1997 n.127 (oggi art. 120 del d. l.vo 18 agosto 2000 n. 267), con gli obiettivi di promuovere l’insediamento d’attività industriali nelle aree attrezzate del comprensorio dell’Agro Sarnese Nocerino, secondo gli indirizzi contenuti dai programmi di sviluppo locale, e interventi di trasformazione urbana, secondo i principi ispiratori della vigente legislazione urbanistica;segnalava la difesa del Comune, che la società di trasformazione urbana (STU) è un particolare tipo di società per azioni, promossa da uno o più enti pubblici, ai sensi degli artt. 2333 e ss. c. c., per dare attuazione al piano regolatore o altro tipo di pianificazione territoriale in un’area specifica, in collaborazione con almeno un socio privato, da scegliere con procedura dì evidenza pubblica;che il legislatore ha previsto le società di trasformazione urbana, per realizzare interventi di trasformazione attuativi degli strumenti urbanistici vigenti, mediante un’attività di: a) acquisizione preventiva delle aree da trasformare;b) progettazione;c) realizzazione degli interventi;d) commercializzazione delle aree riqualificate;e) gestione anche degli eventuali servizi pubblici;in pratica, attraverso le società di trasformazione urbana vengono attribuite a soggetti sostanzialmente di diritto privato competenze, di norma esercitate dalle P. A.;e il rapporto tra P. A. e società di trasformazione urbana s’attua, mediante la stipula di convenzioni, in virtù delle quali le STU danno inizio alle attività, necessarie per l’attuazione dei piani di riqualificazione e progettazione delle aree urbane, mediante procedure integrate di gestione pubblico – privata, al fine di garantire una maggiore celerità nell’esecuzione degli obiettivi, posti dalla P. A.;si trattava, quindi, di un’attività oggettivamente amministrativa, cioè caratterizzata dalla funzionalizzazione, ovvero dal necessario perseguimento di un interesse pubblico, riguardo al quale non era decisiva la ricognizione di quanta parte occupasse l’azione autoritativa e di quanta invece non avesse tale carattere intrinseco ed estrinseco, laddove quel che davvero rilevava era che tutta l’attività del concessionario si giustificava, in relazione ad un interesse pubblico e che, dunque, l’attività non sì ispirava soltanto ai criteri dell’imprenditorialità privatistica, ma trovava binari ben precisi e limiti invalicabili nello scopo pubblico da perseguire, mutuando dal privato solamente il sistema operativo di maggior libertà ed efficienza, che consentiva d’accelerare la realizzazione dell’opera pubblica;in altri termini, il concessionario si poneva sullo stesso piano delle amministrazioni pubbliche e degli enti pubblici, qualificandosi come «organo indiretto della pubblica amministrazione»;la concessione aveva quindi effetti traslativi e si caratterizzava per il trasferimento, in tutto o in parte, al concessionario, dell’esercizio delle funzioni oggettivamente pubbliche, proprie del concedente, necessarie per la realizzazione delle opere;il concessionario era, quindi, investito di poteri e facoltà, propri dell’ente concedente, quali la progettazione dell’opera, la direzione dei lavori, la sorveglianza, l’espletamento delle necessarie procedure espropriative, la stipulazione dei contratti di appalto con terzi, che dovevano concludersi al termine di una procedura, dettata a fini di pubblico interesse;pur non potendosi parlare di delegazione amministrativa, nella specie delegazione intersoggettiva (che si realizza quando la realizzazione dell’opera pubblica è affidata ad un altro ente pubblico), tuttavia si verificavano, nei rapporti esterni, tra concessionario e terzi, effetti analoghi a quelli della delegazione amministrativa, poiché, nell’espletamento dei compiti affidatigli, il concessionario “agisce in nome proprio”;è dunque evidente che, ove il soggetto lamentava la violazione del proprio diritto, da parte del concessionario (ovverosia, di un gestore privato, che opera in forza di un atto di assenso dell’amministrazione), il ricorso doveva essere intentato, nei confronti di costui che, nel relativo processo, avrebbe assunto le vesti di parte resistente;nella specie, si trattava della procedura di assegnazione di terreni, rientranti nella zona PIP del Comune di Scafati, regolata dalla convenzione n. 9 del 22.03.2005, stipulata tra il Comune di Scafati, socio della Società di trasformazione urbana “Agro Invest s. p. a.”, nonché dall’ulteriore atto aggiuntivo alla medesima, n. 6/2007, per l’attuazione integrale del P. I. P. del Comune di Scafati, nel quale all’art. 4, rubricato “Compiti ed attività da seguire da parte di Agro Invest s. p. a.”, veniva stabilito, alla lettera f), che la società concessionaria si sarebbe accollata: “la gestione dell’attività amministrativa, economica e per quanto necessario tecnica, relativa ai rapporti con le imprese assegnatarie del P. I. P., in ordine alla stipula delle convenzioni di assegnazione dei lotti, alla consegna degli stessi ed al pagamento dei corrispettivi”, mentre, all’art. 11, rubricato “Determinazione del costo dell’intervento: flussi finanziari e modalità di gestione degli stessi”, veniva espressamente previsto, in ordine al fabbisogno economico dell’intera operazione, che “(...) al fabbisogno economico e finanziario necessario a far fronte alle spese per l’attuazione del Quadro Economico Generale, Agro Invest provvederà con l’opportuna gestione dei flussi di cassa rinvenienti dalla stipula delle convenzioni di assegnazione delle aree (...)”;inoltre, era da evidenziare che, a seguito della suddetta convenzione, in virtù del rapporto, istauratosi tra Comune concedente e Società concessionaria, nel rispetto del dettato normativo che riconosce alla concessionaria di agire in nome proprio, Agro Invest s. p. a., con nota prot. 7011 del 2.12.2009, stipulava convenzione (per la disciplina dei rapporti con le imprese assegnatarie delle aree ricadenti nel P. I. P. del Comune di Scafati) con la ditta D M R, per l’assegnazione di un lotto di terreno, nella quale le parti espressamente concludevano che: “ (...) l’impresa assegnataria è obbligata a pagare ad Agro Invest s. p. a., con la stipula del seguente atto di assegnazione, l’importo di € 256.847,81 (...)”, riservandosi tutte le facoltà di interagire con il terzo assegnatario;ciò posto, in punto di carenza di legittimazione passiva, la difesa del Comune rilevava, in ogni caso, anche l’infondatezza della pretesa creditoria, evidenziando che la ditta opposta avrebbe potuto pretendere la restituzione delle somme, versate a titolo di acconto, solo dopo l’espletamento della nuova procedura concorsuale, per la riassegnazione dei lotti, “medio tempore” divenuti disponibili;con la nota, prot. 1692 dell’1.03.2011, di risposta alla missiva del 12.10.2010, prot. n. 5078, la ditta D M R aveva, infatti, chiesto la risoluzione della convenzione di assegnazione del lotto, stipulata in data 2.12.2009, prot. n.