TAR Palermo, sez. V, sentenza 2024-06-17, n. 202401981

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. V, sentenza 2024-06-17, n. 202401981
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202401981
Data del deposito : 17 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/06/2024

N. 01981/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00660/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 660 del 2022, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G I, G I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G I in Palermo, viale Libertà n. 171;

contro

Comune di Carini, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato M F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- del provvedimento, prot. n. -OMISSIS- del 24/01/2022, notificato il 26/01/2022, con il quale il Comune di Carini ha denegato il condono edilizio, ex L. n. 724/1994, richiesto con istanza, prot. n. -OMISSIS- del 28/02/1995, relativa ad un immobile ad una elevazione fuori terra ubicato nel territorio comunale, in Contrada-OMISSIS-, e identificato in Catasto al foglio di mappa n. -OMISSIS-;

- ove necessario e per quanto di ragione, della nota comunale di avviso dell''avvio del procedimento di diniego prot. n. -OMISSIS- del 05/02/2020;

- nonché degli atti tutti presupposti, connessi e consequenziali.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da -OMISSIS- il 1/12/2023:

- dell''ordinanza n. -OMISSIS- del 3/10/2023 (pratica n. -OMISSIS-), notificata il 6/10/2023, con la quale il Comune di Carini (Ripartizione VI) ha ingiunto alla ricorrente “la demolizione a proprie cure e spese delle opere di cui al diniego emesso con nota prot. n. -OMISSIS- del 24/01/2022 della domanda di sanatoria prot. n. -OMISSIS- del 28/02/1995 giusta pratica n.-OMISSIS- notificato alla ditta in data 26/01/2022, dell''immobile ad una elevazione fuori terra ubicato nel territorio comunale id Carini, in C.da-OMISSIS- identificato in Catasto al foglio di mappa n. -OMISSIS- […] entro novanta (90) giorni dalla notifica del presente provvedimento”;

- nonché degli atti tutti presupposti, connessi e consequenziali.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Carini;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2024 la dott.ssa V M e uditi per le parti i difensori Immordino per parte ricorrente e l'avv. Esposito, in sostituzione dell'avv. Fonti, per parte resistente. La causa viene trattenuta per la decisione.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato la ricorrente ha dedotto che:

-con istanza prot. n. -OMISSIS- del 28/02/1995, -OMISSIS-, il proprio ex coniuge ormai deceduto, richiedeva al Comune di Carini il condono edilizio, ex L. n. 724/1994 di un immobile ad una elevazione fuori terra ubicato nel territorio comunale, in Contrada-OMISSIS-, e identificato in catasto al foglio di mappa n. -OMISSIS-;

-con nota prot. n. -OMISSIS- del 05/02/2020, l’Amministrazione comunale comunicava l’avvio del procedimento di diniego, asserendo che l’immobile oggetto di condono ricadesse in parte nella fascia inedificabilità assoluta di mt 10 (dal torrente Gugliotta) prevista dall’art. 96, comma 1, lett. f, R.D. 25/07/1904 n. 523;

-ritenute insufficienti le osservazioni presentate dalla ricorrente sul rispetto della distanza dal torrente Gugliotta, con provvedimento prot. n. -OMISSIS- del 24/01/2022, denegava il condono.

2. Tanto premesso, con un primo motivo ( 1.violazione e falsa applicazione degli artt. 94 e 96, comma 1, lett. F, r.d. 25/07/1904 n. 523. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento dalla causa tipica. Difetto ed erroneità dei presupposti. Contraddittorietà e illogicità manifesta. Difetto assoluto di motivazione e di istruttoria. Carenza assoluta di potere ) ha dedotto che, sulla scorta della formulazione letterale dell’art. 96 citato, presupposto indefettibile per l’operatività del divieto è l’esistenza di un argine, che invece nel caso del torrente Gugliotta (che scorre in forma intermittente tra sponde naturali) è pacificamente inesistente.

3. Con un secondo motivo ( 2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 26 della l. Reg. Sic. N. 37/1985 e dell'art. 35 della l. 47/1985. 11 eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento dalla causa tipica. Difetto dei presupposti. Difetto di motivazione ) ha sostenuto che sull’istanza di condono si è formato il silenzio assenso.

4. Con un terzo motivo (3 . Violazione e falsa applicazione dell’art. 96, comma 1, lett. F, r.d. 25/07/1904 n. 523. Eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione e di istruttoria. Contraddittorietà. Violazione dei principi del contraddittorio procedimentale, imparzialità e buon andamento ) ha evidenziato come sia mancata una qualsiasi verifica in concreto in ordine alla effettiva distanza dell’immobile dal torrente. Sul punto, articolando un distinto motivo, ha dedotto che l’immobile risulta comunque esterno alla presunta fascia di rispetto di m. 10 misurata dalla “parte di terreno che risulti occupato dall’acqua in caso di eventi di piena corrispondenti ad un tempo di ritorno Tr = 100 anni ”, come emerge dalla consulenza di parte versata in atti ( 4. violazione e falsa applicazione dell’art. 96, comma 1, lett. F, r.d. 25/07/1904 n. 523 e del d.s.g. 189/2020. Eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento dalla causa tipica. Difetto di presupposti ).

5. Con rituale ricorso per motivi aggiunti ha impugnato il susseguente ordine di demolizione per invalidità derivata nonché per “ violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 10, l. reg. sic. 21/05/2019 n. 7, e degli artt. 7 e 8, l. 07/08/1990 n. 241. eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria. violazione del principio del contraddittorio procedimentale .

6. Si è costituito il Comune per resistere al ricorso. In via pregiudiziale ha dedotto l’inammissibilità del gravame in assenza di censure avverso il decreto regionale che ha disposto l’apposizione del vincolo (D.A.n.569 del 2012), richiamando anche il parere n. 345 del 27 giugno 2023 CGARS, afferente ad un caso analogo.

7. All’udienza camerale del 20 dicembre 2023è stata respinta la domanda cautelare.

8. Alla pubblica udienza dell’8 maggio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. La questione posta all’esame del Collegio concerne la legittimità del diniego di condono adottato in ragione del fatto che l’immobile ricadrebbe entro la fascia di rispetto di 10 mt dal torrente Gugliotta prevista, in via generale, dall’art. 96, comma 1, lett. f, R.D. 25/07/1904 n. 523.

2. L’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune è infondata. Il decreto regionale citato a sostegno della predetta eccezione reca l’approvazione delle “ Nuove direttive unificate per il rilascio dell'Autorizzazione e del Nulla Osta al vincolo idrogeologico in armonia con il Piano per l'Assetto Idrogeologico (P.A.I.) (l.r. n.16/96 R.D. n. 3267/1923 e R.D. n. 1126/1926)” , integrate al decreto stesso. Come si legge espressamente all’art. 1 le direttive disciplinano le fasi dei procedimenti, tecnico – amministrativi, connessi al rilascio dell'autorizzazione e del Nulla Osta al vincolo idrogeologico. Le stesse, dunque, contengono dei precetti puntuali di carattere procedimentale senza tuttavia stabilire, pur avendo un contenuto di dettaglio, alcun vincolo specifico rispetto a quanto già previsto dalla disciplina di rango primario. In altri termini, il vincolo di cui si discute discende direttamente dalla previsione normativa e non è inciso dal decreto -OMISSIS-.

Il ricorrente, del resto, contesta proprio che possa operare il vincolo legale;
onde l’infondatezza dell’eccezione.

3. Nel merito il ricorso è infondato e deve essere respinto.

4. Il primo motivo – con il quale il ricorrente, interpretando in via letterale l’art. 96 citato, esclude che sussistano in concreto i presupposti per l’applicazione del vincolo in presenza di un torrente senza argini- è privo di pregio.

5. L'art. 96 del r.d. n. 523/1904 individua, fra i lavori vietati in modo assoluto, alla lett. "f": “ le piantagioni di alberi e siepi, le fabbriche, gli scavi e lo smovimento del terreno a distanza dal piede degli argini e loro accessori come sopra, minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località, e, in mancanza di tali discipline, a distanza minore di metri quattro per le piantagioni e smovimento del terreno e di metri dieci per le fabbriche e per gli scavi” .

6. La locuzione "fabbriche", nel testo richiamato, si riferisce chiaramente ai manufatti edilizi, a prescindere dal loro utilizzo, in quanto vuole esaurire, con gli scavi, tutte le possibili modificazioni frutto dell'opera di trasformazione edilizia. Una diversa distanza è infatti fissata solo per le piantagioni (Tar Emilia Romagna –Parma sent. 241/2016).

7. A tale riguardo la giurisprudenza ha affermato che" in tema di tutela dei corpi idrici superficiali, l'art. 133 R.D. n. 368 del 1904, che impone una fascia di rispetto lungo i canali, comprende il divieto di qualunque costruzione, allo scopo di consentire le normali operazioni di ripulitura e di manutenzione e di impedire le esondazioni delle acque;
tale previsione è ampia e generale e non consente neppure di dare rilievo alla conformazione del corpo superficiario, e cioè al fatto che esso si presenti con argini o sponde, atteso che, per il rispetto della fascia considerata, è vietata qualsiasi costruzione e persino qualunque deposito di terra o di altre materie, a distanza di metri dieci dal corso d'acqua (lett. e)"
(così Cass. civ. sent. n. 8536/2005).

8. Ritiene il Collegio che a prescindere dalla formulazione della norma citata, che alla lettera f fa riferimento soltanto all’argine del fiume e non anche alle sponde, sia proprio la sua ratio ad imporre l’operatività del vincolo anche per un torrente che scorre contornato da sponde naturali. La finalità pubblicistica sottesa alla disposizione dell'art. 96, comma 1, lett. f, del r.d. n. 523/1904, è infatti quella di scongiurare, per tal via, l'occupazione edificatoria degli spazi prossimi al reticolo idrico e di assicurare non solo la possibilità di sfruttamento delle acque demaniali, ma anche (e soprattutto) il libero deflusso delle acque scorrenti nei fiumi, torrenti, canali e scolatoi pubblici, e, quindi, la prevenzione dal rischio di esondazioni (cfr., tra le tante Consiglio di Stato sent. n. 5537/2019).

9. Il CGA in un parere reso in sede di ricorso straordinario al Presidente della Regione ha affermato di recente: “ Trattandosi, quindi, di una regola tesa a garantire le normali operazioni di ripulitura/manutenzione e a impedire le esondazioni delle acque e a scongiurare l'occupazione edificatoria degli spazi prossimi al reticolo idrico, sia a tutela del regolare scorrimento delle acque, sia in funzione preventiva rispetto ai rischi per le persone e le cose che potrebbero derivare da esondazioni;
si ritiene, che il divieto di edificabilità operi con un effetto conformativo particolarmente ampio, determinando l'inedificabilità assoluta della fascia di rispetto (cfr. T.A.R. per la Lombardia, sede di Milano, sez. II, 7 gennaio 2020, n. 37). Tale divieto di costruzione di opere dagli argini dei corsi d'acqua, pertanto, ha carattere legale, assoluto e inderogabile (cfr., più di recente, T.A.R. per la Campania, sede di Napoli, sez. II, 21 febbraio 2022, n. 1152)”
(parere 345/2023).

10. Le finalità sottese alla previsione legale del vincolo verrebbero totalmente frustrate al ritenere lo stesso operante solo in presenza di argini frutto di opera antropica, posto che ugualmente anche in presenza di sponde naturali si può porre un’esigenza di intervento sul corso d’acqua sia per un suo sfruttamento che per evitare una situazione di pericolo concreto.

11. Il terzo e quarto motivo – che possono essere trattati congiuntamente stante la loro connessione- sono infondati. Il diniego fa riferimento all’accertamento effettuato dal Comune di cui alla nota-OMISSIS-del 29.01.2020 e dunque ad una concreta valutazione della sussistenza del vincolo.

12. La diversa ricostruzione effettuata dalla parte ricorrente (cfr. tav. 3), che calcola la distanza dall’alveo anziché dalla sommità della sponda scoscesa, non persuade e induce a conclusioni diverse.

13. Nello stesso senso si è pronunciata la giurisprudenza del T.S.A.P. (v sentenza n. 146 - 12 novembre 2003, così anche 140/2003, 10/2003), che ha precisato che l'art. 96 lett. f) T.U. 25 luglio 1904 n. 523, nello stabilire la distanza di dieci metri dall'argine dei fiumi per introdurre il divieto di ivi realizzare costruzioni, avendo la finalità di assicurare un agevole accesso agli argini in caso di interventi da effettuare su di essi, di qualsiasi natura, e di non creare ostacoli al deflusso delle acque nel caso di esondazioni, va interpretato nel senso che la distanza deve esser calcolata dal piede esterno dell'argine stesso e non da quello interno.

Sempre il Tribunale Superiore ha altresì specificato che "se il piede dell'argine fosse quello interno, il disposto dell'art. 96 lett. f) del T.U. n. 523 del 1904 non potrebbe svolgere i compiti di tutela che gli sono demandati in quanto, altrimenti, in presenza di costruzioni realizzate a ridosso della parte esterna di argini eccedenti i mt. 10 di larghezza misurati al piede interno dell'alveo, sarebbe legittima ogni costruzione così realizzata;
ciò che contrasta con la finalità della norma che è, da un lato, quella di assicurare un agevole accesso agli argini in caso di interventi su di essi di qualsiasi natura (per riparazioni, innalzamenti o altre opere);
dall'altro, quella di non creare ostacoli insormontabili al deflusso delle acque in prossimità degli argini nel caso di esondazioni"
(così

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