TAR Roma, sez. I, sentenza 2018-11-19, n. 201811178
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Testo completo
Pubblicato il 19/11/2018
N. 11178/2018 REG.PROV.COLL.
N. 02944/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2944 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da
DO CE, AN SI, OL Di IM, OV AN, PE HE, LU AN, OR ZI, ND ER, ND EN, NA PE, AE SS, OR SA, rappresentati e difesi dall'avvocato Franco Gaetano Scoca, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gaetano Scoca in MA, via G. Paisiello, 55;
contro
Ministero della Giustizia e Consiglio Superiore della Magistratura, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in MA, via dei Portoghesi, 12;
per
A) quanto al ricorso introduttivo,
I) l'accertamento, ex art 133, comma 1, lett. i), cod.proc.amm., del diritto dei ricorrenti a percepire l'indennità di trasferta di cui all'art. 3, comma 79, della legge 350 del 24.12.03, a far data dal decreto del primo Presidente della Corte di Cassazione datato 3.4.15, di assegnazione dei suddetti alle funzioni di assistente di studio presso le Sezioni Civili della Corte di Cassazione,
II) la condanna, ex artt. 30 e 34 del cod.proc.amm., del Ministero della Giustizia al pagamento della suddetta indennità;
III) l’annullamento della nota del Ministero della Giustizia prot. 464/M del 1° ottobre 2015, che ha negato ai ricorrenti la spettanza della predetta indennità, con interessi legali e rivalutazione monetaria;
B) quanto ai motivi aggiunti depositati il 5 ottobre 2017:
I) l'accertamento, ex art 133, comma 1, lett. i), cod.proc.amm., del diritto dei ricorrenti a percepire l'indennità di trasferta di cui all'art. 3, comma 79, della legge 350 del 24.12.03, a far data dal decreto del primo Presidente della Corte di Cassazione datato 3.4.15, di assegnazione dei suddetti alle funzioni di assistente di studio presso le Sezioni Civili della Corte di Cassazione;
II) la condanna, ex artt. 30 e 34 del cod.proc.amm., del Ministero della Giustizia al pagamento della suddetta indennità, con interessi legali e rivalutazione monetaria;
III) l’annullamento della nota del Ministero della Giustizia prot. 464/M del 1° ottobre 2015, che ha negato ai ricorrenti la spettanza della predetta indennità;
IV) l’annullamento della nota del Ministero della Giustizia prot. 14390 del 14 luglio 2017, che ha ribadito il diniego ai ricorrenti della indennità di trasferta;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e del Consiglio Superiore della Magistratura;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2018 la dott.ssa Roberta Ravasio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. I ricorrenti sono tutti magistrati ordinari in servizio, dal 3 aprile 2015, presso le Sezioni civili della Corte di Cassazione con funzioni di “assistente di studio”.
2. Con nota del 13 maggio 2015 essi hanno chiesto al Ministero della Giustizia di riconoscere loro l’indennità di trasferta prevista dall’art. 3, comma 79, della L. n. 350/2013: l’istanza è stata evasa dal Ministero con nota n. 464/M del 1° ottobre 2015, che ha negato ai ricorrenti la spettanza della predetta indennità sul rilievo che, per espressa previsione normativa, tale indennità è riconosciuta dalla legge solo a favore dei magistrati che, ove residenti fuori dal distretto della Corte d’Appello di MA, esercitino “ effettive funzioni di legittimità ” presso la Corte di Cassazione e la relativa Procura generale.
3. Con il ricorso in epigrafe indicato, sul presupposto che nel caso di specie venga in considerazione l’accertamento di una situazione avente consistenza di diritto soggettivo, afferente un rapporto di lavoro soggetto a regime di diritto pubblico, essi hanno chiesto l’annullamento della nota ministeriale del 1° ottobre 2015 e l’accertamento del loro diritto a percepire l’indennità richiesta, con conseguente condanna del Ministero, ai sensi degli artt. 30 e 34 c.p.a., alla corresponsione di essa.
4. I ricorrenti hanno in particolare dedotto l’illegittimità della nota ministeriale impugnata, per:
I) violazione dell’art. 3, comma 79, della L. 350/2013, dei principi di uguaglianza e ragionevolezza ex art. 3 Cost., del principio di proporzionalità della retribuzione ex art. 36 Cost., dei principi di autonomia ed indipendenza della magistratura ex artt. 101, comma 2, e 104, comma 1, Cost., del principio di unicità della Corte Suprema, di cui agli artt. 104, comma 3, e 111, comma 7, ed 8 Cost. Con tale censura i ricorrenti in pratica sostengono di svolgere, in qualità di assistenti di studio, “funzioni di legittimità” equivalenti, sul piano qualitativo e quantitativo, a quelle svolte dai Consiglieri di ruolo della Corte di Cassazione e che proprio per tale ragione essi rientrano nel novero dei magistrati cui può e deve essere riconosciuta l’indennità di trasferta; una diversa interpretazione della norma finirebbe per scoraggiare i magistrati non residenti nel distretto della Corte d’Appello di MA dal prestare servizio presso la Corte di Cassazione in qualità di addetti al AR o di assistenti di studio, e così frustrerebbe l’intento del legislatore di consentire al Primo Presidente della Corte di Cassazione di disporre, all’occorrenza, di un pool di magistrati destinati allo smaltimento dell’arretrato; soprattutto, la diversa interpretazione della norma accreditata dal Ministero comporterebbe una inammissibile lesione dei principi costituzionali indicati in rubrica.
II) in subordine, incostituzionalità dell’art. 3, comma 79, della L. 350/2013, ove interpretata nel senso che essa non prevede la corresponsione della indennità di trasferta anche ai magistrati che prestano servizio presso la Corte di Cassazione come assistenti di studio: ciò perché tale interpretazione comporta una irragionevole disparità di trattamento tra situazioni uguali, una mancanza di proporzione tra prestazione e retribuzione nonché lesione della autonomia ed indipendenza della magistratura, che viene garantita anche mediante il riconoscimento di quei meccanismi che consentono di adeguare la retribuzione alle condizioni lavorative.
5. Con atto ritualmente notificato, depositato in giudizio il 5 ottobre 2017, i ricorrenti hanno esposto di essere stati applicati, con Decreto del Primo Presidente della Corte di Cassazione n. 463 del 24 febbraio 2017, alle Sezioni civili e penali della Corte, con funzioni di legittimità, ai sensi dell’art. 115 Ord. Giud., come modificato dall’art. 1, comma 1, del D.L. n. 168/2016, convertito nella L. 197/2016, e di aver chiesto nuovamente al Ministero, con nota del 28 febbraio 2017, il riconoscimento della indennità di trasferta prevista dall’art. 3, comma 79, L. 350/2013; tuttavia il Ministero, con nota n. 14390 del 14 luglio 2017, ha reiterato il diniego sul rilievo che l’indennità di trasferta è stabilita solo a favore dei Consiglieri di Cassazione stabilmente inseriti nell’organico della Corte, tanto che nessuna copertura finanziaria sussisterebbe per il maggior onere derivante a carico del bilancio dello Stato dall’eventuale obbligo di corrispondere le indennità anche ai magistrati che non sono nel ruolo dei Consiglieri di Cassazione.
5.1. I ricorrenti hanno pertanto impugnato la nota ministeriale da ultimo citata, fondando il ricorso sugli stessi motivi già articolati nel ricorso introduttivo del giudizio, nonché sui seguenti ulteriori motivi:
I) violazione dell’art. 3, comma 79, della L. 350/2013, dei principi di uguaglianza e ragionevolezza ex art. 3 Cost., del principio di proporzionalità della retribuzione ex art. 36 Cost., dei principi di autonomia ed indipendenza della magistratura ex artt. 101, comma 2, e 104, comma 1, Cost., del principio di unicità della Corte Suprema, di cui agli artt. 104, comma 3, e 111, commi 7 ed 8 Cost., del principio di buon andamento dell’amministrazione ex art. 97 Cost. In particolare si deve rammentare che l’art. 3, comma 79, della L. 350/2013 deve leggersi in combinato disposto con l’art. 209 Ord. Giud., che riconosce il trattamento di missione ai magistrati chiamati ad esercitare funzioni fuori della ordinaria sede di servizio: il mancato riconoscimento ai ricorrenti della indennità di trasferta non può dunque legittimamente fondarsi sulla temporaneità delle funzioni giurisdizionali che essi sono chiamati ad esercitare, anche perché le pertinenti disposizioni della Costituzione non evidenziano alcuna distinzione tra i magistrati, a seconda della temporaneità o meno delle funzioni svolte, potendosi distinguere solo a seconda delle funzioni svolte; contrariamente a quanto affermato dal Ministero, la copertura finanziaria dell’onere di che trattasi è dato dall’art. 11, comma 5, del D.L. 168/2016, che consente al Ministero di effettuare sui capitoli di bilancio gli aggiustamenti necessari; i ricorrenti, inoltre, patiscono il medesimo disagio che giustifica il trattamento di missione e che è anche alla base della corresponsione della indennità di trasferta;
II) in via subordinata i ricorrenti sollevano questione di costituzionalità dell’art. 1, comma 1, del D.L. 168/2016 per violazione del principio di uguaglianza, poiché nella interpretazione fattane dal Ministero tale norma tratta in maniera diseguale situazioni oggettivamente identiche: per violazione dell’art. 36 Cost., il quale esige che a parità di prestazioni sia corrisposta una uguale retribuzione; per violazione degli artt. 101, 104 e 107 Cost., perché il mancato riconoscimento ai ricorrenti della indennità di trasferta, che è parte della retribuzione, è potenzialmente idoneo a ledere la loro autonomia e indipendenza, oltre che il buon andamento e l’imparzialità dell’azione