TAR Genova, sez. I, sentenza 2021-01-20, n. 202100055
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Pubblicato il 20/01/2021
N. 00055/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00534/2018 REG.RIC.
N. 00652/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 534 del 2018, proposto da:
G B, P G e M B, rappresentati e difesi dall’avv. M S, con domicilio digitale come da p.e.c. dei registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M S in Genova, viale Sauli, 5/18;
contro
Comune di Dolceacqua, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’avv. G S, con domicilio digitale come da p.e.c. dei registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Genova, via Corsica, 2;
sul ricorso numero di registro generale 652 del 2019, proposto da:
G B, P G e M B, rappresentati e difesi dall’avv. M S, con domicilio digitale come da p.e.c. dei registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. M S in Genova, viale Sauli, 5/18;
contro
Comune di Dolceacqua, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. G S, con domicilio digitale come da p.e.c. dei registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio del difensore in Genova, via Corsica, 2;
per l’annullamento
quanto al ricorso n. 534 del 2018:
dell’ordinanza n. 7/2018 emessa dal Comune di Dolceacqua, Ufficio Tecnico, in persona del responsabile del Servizio edilizia privata, notificata ai ricorrenti in data 18.5.2018 (prot. n. 3036 del 15.5.2018), nonché di ogni atto del procedimento connesso e/o presupposto;
quanto al ricorso n. 652 del 2019:
del verbale prot. 3775 del 15.6.2019 avente ad oggetto accertamento di inottemperanza alla restituzione in pristino dello stato dei luoghi di cui all’ordinanza n. 7 del 15.5.2018, prot. 3036, presso gli immobili siti in Dolceacqua, Foglio 14, mappale 1289 - Acquisizione dell’area ai sensi e per gli effetti dell’art. 31, comma 4, del DPR 380/2001 e irrogazione sanzione amministrativa, notificato al ricorrente in data 20.6.2019, e del verbale prot. 3773 del 14.6.2019, sempre notificato in data 20.6.2019, nonché di ogni atto del procedimento connesso e/o presupposto.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Dolceacqua;
Visti tutti gli atti dei due giudizi;
Visto l’art. 25 del d.l. n. 137/2020;
Relatore nell’udienza del giorno 16 dicembre 2020 il dott. R G;
Viste le istanze di passaggio in decisione senza discussione presentate dal difensore dei ricorrenti;
Udito il difensore intervenuto per il Comune di Dolceacqua con modalità da remoto, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’ordinanza n. 7 del 15 maggio 2018, il Comune di Dolceacqua ha ingiunto agli odierni ricorrenti di provvedere alla demolizione del manufatto ad uso abitativo, avente superficie complessiva di mq 20,40 e altezza media di m 4,50, abusivamente realizzato in zona soggetta a vincolo paesaggistico.
L’Amministrazione procedente ha ritenuto che tale manufatto, realizzato in sostituzione di un precedente fabbricato già sanzionato con la demolizione, configurasse una nuova costruzione rilevante ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001.
Gli interessati hanno impugnato l’ordinanza di demolizione con ricorso notificato il 13 luglio 2018 e depositato il 3 agosto successivo (r.g. n. 534 del 2018).
Essi deducono un motivo di gravame formalmente unico: “ Violazione di legge per falsa applicazione della norma di cui all’art. 3, comma 1, lett e), d.P.R. 380/2001. Insussistenza dell’ipotesi di nuova costruzione. Carenza di motivazione. Eccesso di potere ”.
Ad avviso degli esponenti, l’Amministrazione non avrebbe considerato le reali caratteristiche del manufatto che costituisce una “struttura mobile” provvisoriamente “parcheggiata” sul terreno di loro proprietà mediante un rimorchio idoneo alla circolazione.
La precarietà di tale struttura e la temporaneità della sua collocazione, ulteriormente dimostrate dall’assenza di ancoraggi al suolo e di collegamenti alla rete idrica, fognaria ed elettrica, comproverebbero che non si tratta di una nuova costruzione.
Costituitosi in resistenza, il Comune di Dolceacqua si oppone all’accoglimento del ricorso in quanto infondato nel merito.
La difesa comunale evidenzia, in particolare, che le dimensioni del manufatto abusivo non consentirebbero di trasportarlo lungo la rete stradale e, infatti, non risulta che esso fosse stato concretamente trasferito dall’attuale ubicazione.
L’istanza cautelare accedente al ricorso è stata respinta con l’ordinanza n. 216 del 7 settembre 2018.
Con p.e.c. del 8 maggio 2019, i proprietari del terreno comunicavano all’Amministrazione di aver provveduto all’integrale demolizione della costruzione abusiva e al ripristino dello stato dei luoghi.
All’esito di sopralluogo, tuttavia, il Comune di Dolceacqua accertava che il manufatto dei ricorrenti era stato solamente spostato di pochi metri ed aveva subito modifiche comportanti la riduzione dell’altezza da m 4,50 a m 2,50.
Con provvedimento del 15 giugno 2019, accertata l’inottemperanza all’ordine di demolizione, è stata disposta l’acquisizione gratuita dell’area ivi indicata.
Quest’ultimo provvedimento è stato impugnato con autonomo ricorso notificato il 14 agosto 2019 e depositato il 12 settembre successivo (r.g. n. 652 del 2019).
Questi i motivi di gravame:
I) “ Violazione di legge per falsa applicazione della norma di cui all’art. 31, comma 4, d.P.R. 380/2001. Mancata indicazione delle modalità con cui l’Ufficio ha individuato l’area. Carenza di motivazione. Eccesso di potere ”.
L’Amministrazione procedente avrebbe omesso di indicare le modalità applicate per individuare l’area oggetto di acquisizione al patrimonio comunale.
II) “ Violazione di legge per falsa applicazione delle norme di cui all’art. 31, d.P.R. 380/2001. Avvenuta rimozione del manufatto. Collocazione temporanea. Carenza di motivazione. Eccesso di potere ”.
Gli esponenti ripropongono le argomentazioni già sviluppate con il precedente ricorso in ordine all’irrilevanza edilizia dell’abuso sanzionato.
Il Comune di Dolceacqua si è costituito anche in questo secondo giudizio.
L’istanza cautelare accedente al ricorso n. 652/2019 è stata accolta con l’ordinanza n. 239 del 11 ottobre 2019 in quanto, ad un primo esame, non risultavano “ specificati i parametri applicati ed esplicitate le ragioni sottese alla determinazione della superficie ” oggetto di acquisizione ulteriore rispetto a quella occupata dalla res abusiva .
A seguito della pronuncia cautelare, il Comune ha avviato il procedimento per l’annullamento in parte qua dell’ordinanza impugnata e l’adozione di un nuovo provvedimento.
Quindi, con verbale del 8 ottobre 2020, è stata accertata la perdurante inottemperanza all’ordine di demolizione e, con provvedimento in pari data, è stata disposta l’acquisizione gratuita dell’area ivi indicata.
Con riferimento a tali sopravvenienze, la difesa comunale chiede che venga dichiarata l’improcedibilità del ricorso n. 652/2019.
I due ricorsi sono stati chiamati all’udienza del 16 dicembre 2020, svoltasi con modalità da remoto, e sono stati trattenuti in decisione.
DIRITTO
Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe in quanto connessi sotto il profilo soggettivo e oggettivo.
Con il ricorso n. 534/2018, è stata impugnata l’ordinanza di demolizione ex art. 31, t.u. edilizia, avente ad oggetto un manufatto così descritto: “ Dimensioni in pianta: ml. 8,00 x 2,55;altezza media: ml. 4,50;copertura del tipo a capanna in pannelli;pareti laterali in legno intonacato e tinteggiato, dotate di finestre e ingresso. La struttura risulta sollevata da terra di circa cm. 70, appoggiato su ruote gommate, elementi in ferro e mattoni. Il pianale sul quale sorge la volumetria sopradescritta è applicata una targa con la dicitura (rimorchio PE 04573) ”.
Sostengono i ricorrenti che il Comune di Dolceacqua avrebbe erroneamente considerato il manufatto in questione alla stregua di nuova costruzione, mentre si tratterebbe di una “ casetta mobile ” destinata a circolare su strada e collocata solo temporaneamente sul terreno di loro proprietà.
Non sarebbe stata realizzato, quindi, alcun tipo di attività edilizia che giustifichi l’esercizio del potere sanzionatorio dell’Ente locale.
Tale prospettazione è infondata.
Nel testo vigente ratione temporis , l’art. 3, comma 1, lett. e.5), t.u. edilizia, stabiliva che deve considerarsi intervento di nuova costruzione “ l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o siano ricompresi in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti, previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, in conformità alle normative regionali di settore ”.
In forza di tale previsione, la necessità del permesso di costruire non deriva dalle caratteristiche materiali dei beni, occorrendo considerare l’uso concreto che ne viene fatto nonché la loro capacità di incidere sullo stato dei luoghi.
Ne consegue che la qualificazione come interventi di nuova costruzione, postulante la necessità del permesso di costruire, non comprende le sole attività di edificazione muraria, ma tutte quelle che determinano una modificazione del territorio per adattarlo ad un impiego diverso rispetto alla sua conformazione naturale.
Si richiede, peraltro, l’esistenza di strutture oggettivamente stabili, ossia connesse ad un uso prolungato nel tempo e non al mero soddisfacimento di esigenze temporanee.
Tanto precisato, ricorrono nel caso in esame i presupposti per ricondurre l’intervento realizzato in assenza di titolo abilitativo edilizio alla categoria della nuova costruzione.
Le dimensioni non trascurabili della “casa mobile”, infatti, comportano un’apprezzabile trasformazione del territorio cui si correla la violazione dell’assetto urbanistico e paesaggistico, trattandosi di zona e destinazione agricola e soggetta a vincolo di tutela ambientale.
In secondo luogo, la pretesa rimovibilità del manufatto abusivo non impedisce di considerarlo come nuova costruzione ai fini edilizi, ferma restando l’implausibilità della tesi secondo cui esso sarebbe abitualmente “messo in circolazione”.
La semplice visione delle fotografie in atti rende evidente, infatti, che il manufatto medesimo non è ubicato lungo la sede viaria o in prossimità di essa, ma su un terreno scosceso, e che il sottostante telaio è sorretto da elementi metallici e mattoni in funzione di ancoraggio al suolo.
Peraltro, come rilevato dalla difesa comunale, l’altezza della “casa mobile” supera i limiti di sagoma previsti dal codice della strada e parte ricorrente non ha offerto alcun elemento di prova in ordine ad effettivi spostamenti della struttura dalla collocazione rilevata all’atto del sopralluogo.
Non rilevando i materiali utilizzati e l’assenza di allacci alle reti di servizi, si configura nella fattispecie un manufatto funzionale al soddisfacimento di esigenze stabili nel tempo che, pertanto, richiedeva il previo rilascio di un permesso di costruire per essere installato e mantenuto nell’area di sedime.
Essendo legittima l’ordinanza di demolizione avente ad oggetto la “casa mobile” stabilmente ubicata sul terreno dei ricorrenti, il ricorso n. 534/2018 è infondato e deve essere respinto.
Come eccepito dalla difesa comunale e non contestato dalla parte ricorrente, il secondo ricorso è divenuto improcedibile in quanto, nelle more del giudizio, l’impugnato provvedimento di acquisizione al patrimonio comunale è stato sostituito da un nuovo provvedimento di analogo contenuto.
Il provvedimento sopravvenuto richiama il verbale del sopralluogo esperito successivamente alla concessione della tutela cautelare e contiene indicazioni più dettagliate in ordine all’individuazione dell’area oggetto di acquisizione gratuita.
Ne deriva l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso inteso all’annullamento di un provvedimento che, in pendenza del giudizio, è stato sostituito da un nuovo atto dotato di autonoma efficacia lesiva della sfera giuridica dei suoi destinatari.
Le spese del primo giudizio seguono la soccombenza e sono equitativamente liquidate in dispositivo;attesa la natura esclusivamente in rito della decisione, le spese del secondo giudizio vanno compensate tra le parti in causa.