TAR Torino, sez. II, sentenza 2016-10-06, n. 201601245
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Pubblicato il 06/10/2016
N. 01245/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00694/2009 REG.RIC.
N. 00695/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 694 del 2009, proposto da:
Autocrocetta S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati A S C.F. SCLLSN66M31F351J, S V C.F. VLISRG66A15L219Q, con domicilio eletto presso A S in Torino, corso Montevecchio, 68;
contro
Comune di Moncalieri, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato S M C.F. MRBSVT67S18D009F, domiciliato ex art. 25 cpa presso T.A.R. Piemonte Segreteria in Torino, corso Stati Uniti, 45;
sul ricorso numero di registro generale 695 del 2009, proposto da:
Autocrocetta S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati A S C.F. SCLLSN66M31F351J, S V C.F. VLISRG66A15L219Q, con domicilio eletto presso A S in Torino, corso Montevecchio, 68;
contro
Comune di Moncalieri, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato S M C.F. MRBSVT67S18D009F, domiciliato ex art. 25 cpa presso T.A.R. Piemonte Segreteria in Torino, corso Stati Uniti, 45;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 694 del 2009:
del provvedimento 2.4.2009 prot. n. 17603 di diniego del condono edilizio richiesto per il mutamento di destinazione da locale tecnico a sala riunioni, di cui è stato dato avviso alla ricorrente con lettera raccomandata 8.4.2009 successivamente trasmessa..
quanto al ricorso n. 695 del 2009:
del provvedimento 2.4.2009 prot. n. 17463 di diniego del condono edilizio richiesto per il mutamento di destinazione da parcheggio a deposito autoveicoli, di cui è stato dato avviso alla ricorrente con lettera raccomandata 8.4.2009 successivamente trasmessa..
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in entrambi i giudizi del Comune di Moncalieri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 luglio 2016 la dott.ssa R R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Autocrocetta S.p.A. con contratto del 1° Febbraio 2003 ha assunto in locazione parte dell’edificio pluripiano sito in Moncalieri, Corso Trieste 140, di proprietà delle società Automek s.r.l ed Autovallere S.p.A.
2. Detto fabbricato era stato realizzato in virtù della Concessione edilizia n. 850/94 del 20/12/1994, rilasciata ad Automek s.r.l. dal Comune di Moncalieri in attuazione di Convenzione Edilizia n. 64179 del 18/12/1991, modificata nel 1994, a sua volta stipulata in esecuzione del Programma Urbano dei Parcheggi approvato dal Comune di Moncalieri, con delibera di Giunta Comunale n. 599 del 1994, ex L. 122/89.
3. La citata delibera di approvazione del Programma Urbano dei Parcheggi prevedeva la possibilità di realizzare parte delle aree di sosta necessarie ai sensi della L. 122/89 all’interno di strutture multipiano realizzate a cura di privati, ma ciò a condizione che la superficie interna di tali strutture multipiano fosse destinata almeno per il 60% a parcheggi pubblici, almeno il 25% dei quali fosse riservato a parcheggio di libero accesso e la restante quota a parcheggio autogestito a pagamento, con possibilità per il costruttore di ritenere il corrispettivo del servizio. La Convenzione Edilizia n. 64179 del 18/12/1991 autorizzava pertanto Automek s.r.l., che aveva presentato un programma costruttivo ai sensi del Programma Urbano dei Parcheggi, a realizzare la struttura multipiano di via Trieste 140, determinando per ciascun piano la relativa destinazione d’uso, che il privato si impegnava a non mutare sotto pena di sanzioni.
4. Subentrata Autovallere S.p.A. nella proprietà di una quota dell’immobile, la Concessione Edilizia n. 850/94 veniva rilasciata a favore delle due società, in esecuzione della Convenzione, marginalmente modificata nel 1994. Essa Concessione prevedeva:
- la destinazione a parcheggio pubblico libero dalle 7,30 alle 20,30 di ogni giorno per parte del piano interrato;
- la destinazione a “parcheggio autogestito” per la restante parte del piano interrato, per parte del piano primo e per il secondo piano;
- la destinazione ad attività terziaria veicolare, sub specie di attività di concessionaria per la rivendita di autoveicoli, per il piano terreno e per la restante parte del piano primo;
- la destinazione a locale tecnico del sottotetto.
5. La proprietà denunciava la fine lavori il 17/02/1999 e con istanza del 1/07/1999 richiedeva l’agibilità, concessa in data 8/09/1999 senza preventiva verifica in loco.
6. Come precisato, Automek s.r.l. ed Autovallera S.p.A., con contratto del 1° Febbraio 2003, concedevano in locazione alla ricorrente Autocrocetta S.p.A. l’intero fabbricato, con esclusione del piano interrato, per “ l’esercizio dell’attività di compravendita di autoveicoli, loro deposito ed esercizio di servizi collegati ”.
7. Il 4/09/2003 il Comune di Moncalieri disponeva un sopralluogo al fine di accertare la conformità di quanto realizzato alle destinazioni d’uso indicate nella Convenzione Edilizia, ed in tale occasione accertava alcuni abusi, particolarmente per il fatto che nel piano interrato ed al secondo piano non risultavano essere stati attivati il parcheggio libero e quello autogestito, previsti nella Convenzione, constatandosi invece che i relativi accessi risultavano preclusi al pubblico e che anche la segnaletica orizzontale era inesistente.
8. Il Comune di Moncalieri provvedeva a sanzionare gli abusi in questione con atti che applicavano le penali contrattuali contemplate nella Convenzione. Tali atti venivano impugnati innanzi questo Tribunale: ne seguiva il contenzioso definito con sentenza n. 419/2012, la quale ha chiaramente statuito che in quella sede non venivano in considerazione atti applicativi di sanzioni di natura edilizia, bensi atti di natura negoziale adottati dal Comune in reazione ad inadempimenti contrattuali.
9. Non è chiaro, dagli atti del presente giudizio, se parte delle destinazioni previste nella Convenzione siano state ripristinate;fatto sta che la ricorrente, evidentemente nella sua qualità di locatrice dei soli piani fuori terra, ha provveduto a presentare al Comune di Moncalieri, ai sensi del D.L. 269/03, convertito nella L. 326/2003, due istanze di condono edilizio relative, rispettivamente, a: 1) il cambio di destinazione d’uso del piano secondo, da parcheggio autogestito a deposito di veicoli pertinenziale alla attività della concessionaria di autoveicoli;2) il cambio di destinazione d’uso del sottotetto, da locale tecnico a sala riunioni pertinenziale alla attività della concessionaria di vendita di autoveicoli.
10. Oggetto dei ricorsi indicati in epigrafe sono precisamente i provvedimenti mediante i quali il Comune di Moncalieri ha respinto le citate istanze di condono, motivando le stesse con argomenti simili, e cioè: a) l’essere gli abusi da condonare classificabili nella tipologia 1, di cui alla Tabella I allegata al D.L. 269/03;b) l’essere tali abusi stati commessi su immobile assoggettato, in epoca antecedente alla consumazione degli abusi stessi, a vincoli di varia natura e precisamente: vincolo idrogeologico dipendente dalla approvazione, in data 13/07/2001, del Piano di Integrazione del PAI¸vincolo paesistico dipendente dalla inclusione dell’area sui cui insiste l’immobile nel Progetto Territoriale Operativo per la tutela e valorizzazione delle risorse ambientali del Po, approvato ai sensi dell’art. 8 ter della L.R. 56/77, e nella articolazione di questo costituita dal Piano d’Area del PO, atti entrambi approvati in data 8/03/1995 ed aventi efficacia di piano paesistico.
11. A sostegno dei ricorsi la Autocrocetta S.p.A. ha articolato doglianze simili, deducendo la violazione dell’art. 32 L. 326/2003: sul presupposto che entrambi i mutamenti di destinazione d’uso sarebbero stati effettuati senza alcuna opera edilizia, la ricorrente ha argomentato che essi non influirebbero minimamente sui due vincoli esistenti, tenuto conto del fatto che nessuna modifica esterna all’edificio sarebbe stata apportata, anche per la ragione che la realizzazione di questo era stata a suo tempo autorizzata dalle Autorità preposte alla tutela dei vincoli;la richiesta di parere alle Autorità medesime è ritenuta in generale superflua quando vengano in considerazione opere di modesta portata;l’utilizzazione del sottotetto quale locale principale non comporta mutamento di destinazione d’uso, dal momento che come locale tecnico risultava accessorio alle destinazioni d’uso già impresse all’edificio.
12. Il Comune di Moncalieri si è costituito in entrambi i ricorsi chiedendone la reiezione, deducendo che il mutamento di destinazione d’uso del piano secondo, impresso dalla ricorrente, deve considerarsi urbanisticamente rilevante, come già statuito dalla sentenza di questo Tribunale n. 419/03 pronunciata inter partes . Il Comune ha inoltre rammentato che detto pronunciamento ha in sostanza accertato “ un effetto conformativo del compendio immobiliare realizzato da Automek ed utilizzato da Autocrocetta ”, effetto che si manifesta nell’asservimento di esso compendio, per una determinata superficie, alla destinazione a parcheggio;che il TAR Piemonte, con sentenza n. 179/2014, ha affermato, con riferimento ad un immobile contiguo a quello oggetto dei presenti ricorsi, la sussistenza sia del vincolo derivante dal PAI che di quello paesistico derivante dalla inclusione dell’area nel Progetto Territoriale Operativo per la tutela e valorizzazione del Fiume Po;che l’inclusione dell’immobile oggetto di causa in area assoggettata ai vincoli predetti impedisce il rilascio del condono edilizio, che può essere concesso solo laddove vi sia conformità urbanistica e le opere siano state realizzate in epoca successiva alla imposizione dei vincoli, e sempre che vi sia il parere favorevole delle Autorità preposte alla tutela dei vincoli stessi. Il Comune ha infine dedotto la incompletezza della pratica di condono, per non aver la ricorrente provveduto a presentare una relazione illustrativa né provveduto al pagamento della oblazione.
13. I ricorsi sono stati chiamati alle pubbliche udienze del 18/06/2014 e 25/11/2015, quando sono stati introitati a decisione.
14. Con ordinanza in pari data il Collegio ha disposto verificazione allo scopo di accertare la data di commissione degli abusi, la data di entrata in vigore dei vincoli e l’effettiva portata dei medesimi.
15. Il verificatore ha rassegnato il proprio elaborato in data 22/03/2016, sicché i ricorsi sono stati chiamati nuovamente e trattenuti a decisione alla pubblica udienza del 6/07/2016.
DIRITTO
16. Il Collegio dispone preliminarmente la riunione dei ricorsi indicati in epigrafe, connessi per identità delle parti, per l’oggetto dei provvedimenti impugnati – che riguardano parti diverse di un medesimo fabbricato - e per la identità delle questioni giuridiche trattate.
17. In via ugualmente preliminare il Collegio deve rammentare che con sentenza n. 972/2015 - alle cui ampie argomentazioni si rinvia, la Sezione ha avuto modo di affermare che le opere edilizie realizzate abusivamente in zona precedentemente sottoposta a vincoli debbono ritenersi a priori assolutamente non condonabili, ai sensi dell’art. 32 D.L. 269/2003, convertito nella L. 326/2003, solo quando tali opere ai sensi della tabella I allegata al D.L. 269/2003 siano riconducibili agli abusi di tipologia 1, dovendosi di converso ammettere al condono anche le opere di tipologia 2 e 3 - oltre che quelle di tipologia 4, 5 e 6 – qualora concorrano diverse condizioni e cioè: che le opere abusive non incidano su beni di dichiarati monumento nazionale, che il vincolo non comporti inedificabilità assoluta e che le opere risultino conformi alle previsioni edilizie ed urbanistiche vigenti al momento della entrata in vigore del D.L. 269/2003 come anche al momento della presentazione della domanda di condono;in presenza di tali condizioni, la domanda di condono può essere istruita e, ai fini della concessione del condono, nel corso del procedimento deve essere acquisito anche il parere della Autorità preposta alla tutela del vincolo stesso, il quale deve essere favorevole al mantenimento delle opere abusive.
17.1. Il Collegio non ravvisa allo stato ragioni per discostarsi dal menzionato orientamento: in particolare, come la Sezione ha ulteriormente chiarito con sentenza n. 1799/2015, alla cui motivazione si rinvia, non si ravvisano validi motivi per rivedere l’orientamento sopra citato in forza di quanto statuito dal Consiglio di Stato con sentenza n. 2518 del 18/05/2015.
18. Ciò premesso, risulta anzitutto dirimente, ai fini della decisione, stabilire se l’immobile nel quale Autocrocetta ha realizzato il cambio di destinazione d’uso oggetto di condono risulti effettivamente gravato da vincoli e se essi siano entrati in vigore prima della commissione degli abusi, che nel caso di specie si sono compendiati in cambi di destinazione d’uso, asseritamente attuati senza opere: la risposta al quesito richiede di accertare, da una parte, il momento in cui il cambio di destinazione d’uso è stato attuato, d’altro canto il momento in cui i vincoli eventualmente esistenti sono entrati in vigore.
18.1. Per quanto riguarda il sottotetto il verificatore ha accertato che in data 24/07/1998 era stata presentata una DIA che prevedeva la realizzazione di 5 locali tecnici. Dai progetti allegati alla pratica di condono edilizio risulta invece la realizzazione di un bagno, di un antibagno e di un ampio locale di cui è stata dichiarata la destinazione a sala riunioni, destinazione peraltro che al momento della presentazione della domanda di condono non risultava essere effettiva dal momento che la pavimentazione e gli arredi non risultavano ancora posizionati. La data di fine lavori, come già precisato, è stata indicata al 19/02/1999 e la agibilità concessa al 19/07/1999, senza preventivo accesso in loco. Per quanto riguarda, invece, il secondo piano, è noto che alla data in cui il Comune ha effettuato il sopralluogo del 26/09/2003 l’accesso al piano risultava precluso da cancellate e che non esisteva alcuna segnaletica: il parcheggio autogestito, in sostanza, non risultava essere stato implementato.
18.1.1. Tenuto conto di quanto sopra il Collegio ritiene condivisibile quanto affermato dal verificatore, circa il fatto che le opere assentite - come integrate dalla DIA del 24/07/1998 - non sono mai state portate a termine. D’altro canto è pure evidente che un minimo di opere funzionali al cambio di destinazione è stato effettuato: nel sottotetto per adibire uno o due dei locali tecnici a bagno e antibagno;nel piano secondo per precludere l’accesso al pubblico mediante la allocazione di cancelli. Tali opere sono state poste in essere, ad avviso del Collegio, dalla ricorrente, che del resto è il soggetto che ha presentato domanda di condono: nel contratto d’affitto da essa stipulato il 1/02/2003, infatti, si legge che Autocrocetta S.p.A. era consapevole del fatto che il secondo piano avrebbe dovuto essere adibito a parcheggio autogestito, e tuttavia essa dichiarava di volerlo utilizzare quale deposito auto pertinenziale alla attività di rivendita di autoveicoli, ragione per cui la proprietà si impegnava a fare quanto possibile per ottenere dal Comune le necessarie autorizzazioni. Non consta, invece, che nel contratto di affitto si dicesse qualcosa di specifico sul sottotetto;tuttavia non v’è ragione di credere che la proprietà abbia dato corso alla realizzazione del bagno e dell’antibagno. Il Collegio ritiene quindi che entrambi gli abusi si siano definitivamente consumati in epoca posteriore al 1/02/2003, momento a partire dal quale la ricorrente, che è il soggetto al quale è ascrivibile la definitiva volontà di distogliere certe parti dell’immobile dalla loro destinazione originaria, è entrata nella disponibilità del fabbricato.
18.2. Tanto sopra chiarito, si deve affermare che entrambi gli abusi oggetto di condono sono stati posti in essere in epoca posteriore alla entrata in vigore dei vincoli contestati dal Comune di Moncalieri.
18.2.1. Il vincolo idrogeologico deriva dalla approvazione di un Piano Stralcio di integrazione del PAI che risale al 26/04/2001 e che è stato pubblicato in G.U. il 19/07/2001. Con tale atto l’Autorità di Bacino ha spostato i limiti della fascia B di esondazione del Fiume Po sino al limite est di Corso Trieste, in Moncalieri, così includendovi anche l’area sulla quale insiste il fabbricato oggetto delle istanze di condono. Come riferito dal verificatore, il Comune di Moncalieri in realtà ha approvato la variante di adeguamento al Piano Stralcio del PAI solo nel corso del 2005, includendo la zona di interesse in fascia C anziché in fascia B. Ritiene tuttavia il Collegio che le previsioni del PAI fossero, già prima che il Piano Stralcio fosse formalmente recepito nel PRG, vincolanti. Ciò per la ragione che esso era stato adottato ai sensi dell’art. 18 comma 10 della L. 183/89, la quale, all’art. 17 comma 1, statuiva che “ Il piano di bacino ha valore di piano territoriale di settore ed è lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e la corretta utilizzazione delle acque ….”. Il vincolo in esame, e quindi la relativa inclusione dell’area di interesse nella fascia di esondazione B, quantomeno come misura di salvaguardia era entrato in vigore sin dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’atto di approvazione, e cioè dal 19/07/2001. Sostenere il contrario, affermando che il Progetto di Piano Stralcio del PAI non esplicava efficacia alcuna prima del formale recepimento nello strumento urbanistico generale, significherebbe vanificare le previsioni dei Piani di Assetto Idrogeologico, che per le funzioni preventive che sono chiamati a svolgere non possono tollerare di essere applicati con le lunghe tempistiche che hanno sempre caratterizzato l’approvazione degli strumenti urbanistici generali.
18.2.2. Il vincolo paesistico deriva invece dalla inclusione dell’area sulla quale insiste il fabbricato per cui è causa nell’ambito del Progetto Territoriale Operativo di tutela e valorizzazione del Fiume Po, il quale ai sensi dell’art. 8 ter della L.R. 56/77 è uno strumento di attuazione del Piano Territoriale Regionale, del Piano Territoriale Provinciale e del Piano Metropolitano. Il Progetto Territoriale Operativo è stato approvato in data 8/03/1995, giorno in cui è stato approvato anche il Piano d’Area del Po, che ne costituisce una articolazione.
18.2.2.1. Sostiene la ricorrente che l’area oggetto degli interventi in contestazione era inclusa, alla data del 6/09/1985, nella zona B del Comune di Moncalieri, e che perciò il vincolo paesaggistico scaturente dal PTO non esplicava ivi alcuna efficacia, tenuto conto del fatto che l’art. 142 comma 2 del D. L.vo 42/2004, nella formulazione vigente alla data di entrata in vigore, escludeva l’efficacia dei vincoli paesaggistici ivi contemplati nelle zone che gli strumenti urbanistici classificavano, alla data del 6/09/85, quali zone omogenee A e B. L’osservazione non è pertinente. Intanto va detto che alla data in cui si sono consumati gli abusi oggetto di causa, e cioè alla data del 1/02/2003, era vigente l’omologa norma di cui all’art. 146 del D. L.vo 490/99, in ossequio al quale alcune zone dovevano considerarsi gravate da vincolo paesaggistico a prescindere dall’essere, tali zone, contemplate in specifici strumenti di tutela paesaggistica. L’esclusione della tutela prevista dal comma 2 del citato art. 146 D. L.vo 490/99, e dipoi dal comma 2 dell’art. 142 D. L.vo 42/04, si riferisce quindi solo a quegli specifici vincoli legislativi statali, efficaci -, si ribadisce - a prescindere dal loro formale recepimento negli strumenti urbanistici generali od in altri strumenti di pianificazione territoriale. Il Progetto Territoriale Operativo approvato ai sensi dell’art. 8 ter della L.R. 56/77, di contro, costituisce uno strumento di tutela paesaggistica previsto dalla legislazione piemontese. In particolare esso è strumento attuativo degli strumenti di tutela paesaggistica previsti dalla L.R. 56/77, e cioè del Piano Territoriale Regionale, del Piano Territoriale Provinciale e del Piano Territoriale Metropolitano. Ai sensi dell’art. 8 sexies della L.R. 56/77 le previsioni contenute nel Progetto Territoriale Operativo sono immediatamente efficaci se dichiarate prevalenti sulla disciplina comunale, il che è esattamente quanto avvenuto per il progetto Territoriale Operativo approvato con delibera del Consiglio Regionale del Piemonte n. 981 – 4186 dell’8/03/1995 (che è possibile consultare accedendo al sito web della Regione Piemonte). Non v’è dunque alcun dubbio sul fatto che il Progetto Operativo di che trattasi sin dalla sua approvazione era idoneo a creare un vincolo paesaggistico immediatamente efficace ed opponibile ai privati proprietari. Ai fini del condono edilizio, infine, va ricordato che debbono pacificamente essere tenuti in considerazione non solo i vincoli scaturenti da disposizioni statali, ma anche quelli imposti sulla base di disposizioni regionali, come si evince dall’art. 33 della l. 47/85. Del tutto correttamente, pertanto, il Comune di Moncalieri esaminando le pratiche di condono ha ritenuto di dover opporre anche il vincolo scaturente dal citato Progetto Territoriale Operativo per la tutela del Fiume Po, nel cui ambito ricade – fino a prova contraria, che non è stata fornita – anche il fondo sul quale è stato realizzato l’edificio multipiano oggetto degli abusi in contestazione: che della esistenza di tale vincolo possa non essersi tenuto conto ai fini del rilascio della Concessione Edilizia in variante del 27/11/1998 non prova, evidentemente, che tale vincolo non insistesse sull’area o non fosse in vigore
19. Appurato che gli abusi oggetto dei provvedimenti impugnati sono stati posti in essere in zona che già in epoca precedente risultava gravata da vincoli, il Collegio ritiene di dover precisare che l’ininfluenza degli abusi rispetto ai vincoli medesimi non può comportare che questi ultimi siano considerati, ai fini della procedibilità delle domande di condono oggetto del presente giudizio, tamquam non fuissent .
19.1. La ricorrente invoca l’orientamento di giurisprudenza che afferma non essere necessario il parere delle Autorità preposte alla tutela di vincoli allorquando vengano in considerazione opere di modesta entità o comunque inidonee ad incidere sui beni tutelati da tali vincoli. Secondo Autocrocetta S.p.A. tale situazione sarebbe riscontrabile nel caso di specie proprio per il fatto che gli abusi oggetto di condono si sono compendiati in meri cambiamenti di destinazioni d’uso attuati senza opere interne od esterne e senza violazione delle prescrizioni di tutela e tale assunto appare in verità non destituito di fondamento alla luce di quanto riferito dal verificatore, il quale ha riscontrato che:
– non è stata realizzata alcuna opera esterna, e quindi non v’è alcuna incidenza sul paesaggio se non l’effetto indiretto derivante dalla necessità di adeguare gli standards urbanistici alle nuove destinazioni d’uso, impatto questo che peraltro allo stato non è apprezzabile;
– le prescrizioni di tutela derivanti dal PAI riguardano i piani terreni ed interrati dei fabbricati e quindi non risultano violate né dal cambio di destinazione d’uso del sottotetto, né dal cambio di destinazione d’uso del piano secondo.
19.2. Tali considerazioni non sono tuttavia sufficienti, ad avviso del Collegio, ad affermare che le due pratiche di condono edilizio potevano essere istruite, nel caso di specie, prescindendo dalla esistenza dei vincoli di cui sopra si è detto, poiché ciò in sostanza equivarrebbe ad affermare la giuridica inesistenza, in loco, di vincoli che invece pacificamente esistevano: si sottolinea, al riguardo, che il condono edilizio previsto ai Capi IV e V della L. 47/85, per accedere al quale l’art. 32 comma 25 del D.L. 269/03 ha riaperto i termini, costituisce un rimedio del tutto eccezionale che in sé non rende legittime le opere condonate, ma consente solo di evitarne la rimozione e di poterle commercializzare, non essendo viceversa consentito di porle a base di futuri interventi edilizi diversi da quelli meramente conservativi. Con specifico riferimento agli abusi commessi in zona vincolata lo sfavore del legislatore è poi reso manifesto dal fatto che si richiede, al fine del condono, la conformità edilizia ed urbanistica. Tali considerazioni giustificano l’affermazione per cui la normativa sul condono deve considerarsi di stretta interpretazione ed applicazione, e proprio da tale constatazione discende l’impossibilità di prescindere, in sede applicativa, dalla esistenza di eventuali vincoli solo perché vi sia ragione di ritenere che essi non siano stati compromessi dalle opere oggetto di condono: ciò per la ragione che la norma di riferimento non prevede esplicitamente che non si tiene conto dei vincoli preesistenti quando le opere abusive siano inidonee a comprometterli e tanto meno la norma intesta ai comuni il potere di valutare ed affermare che le opere da condonare sono inidonee a compromettere i beni tutelati dai vincoli, al fine di qualificare ed istruire in termini differenti la pratica di condono. Del resto, la stessa valutazione di irrilevanza degli abusi rispetto ad eventuali vincoli spetta alle Autorità preposte alla tutela dei vincoli medesimi, alle quali non può sostituirsi il Comune, in sede di istruttoria delle pratiche edilizie, né un organo giurisdizionale. Il Collegio, pertanto, avrebbe potuto conoscere della questione in sede di impugnativa dell’eventuale parere negativo che le Autorità competenti avessero espresso in ordine al mantenimento degli abusi commessi dalla ricorrente, mentre non può, nell’ambito del presente giudizio, accertare l’irrilevanza dei vincoli ai fini di affermare che le pratiche di condono presentate dalla ricorrente avrebbero dovuto essere istruite come se avessero avuto ad oggetto abusi commessi in zona non vincolata.
20. Il Comune ha, ancorquì in modo corretto, affermato la non conformità urbanistica degli interventi oggetto delle domande di condono.
20.1. Come riferito e sottolineato dal verificatore, i titoli edilizi rilasciati per la realizzazione del fabbricato indicavano con precisione la superficie per le varie destinazioni, e ciò in maniera che corrispondeva perfettamente a quanto stabilito nel Programma Urbano dei Parcheggi e nella Convenzione Edilizia stipulata il 18/12/1991 tra il Comune di Moncalieri e la società proprietaria del terreno. In sostanza per mezzo della citata Convenzione Edilizia, assimilabile ad un Piano Esecutivo Convenzionato ai sensi dell’art. 43 L.R. 56/77, le previsioni dello strumento urbanistico generale, da intendersi integrato dal Piano Urbano dei Parcheggi, sono state ulteriormente precisate e conformate, prevedendo per il piano secondo la sola destinazione a parcheggio autogestito e la destinazione ad attività terziaria solo per il piano primo e per parte del piano terreno, non anche per il piano sottotetto. Il fatto che lo strumento urbanistico generale prevedesse, sull’area di interesse, anche l’attività terziaria non toglie che con la stipula della Convenzione Edilizia del 18/12/1991, le previsioni dello strumento urbanistico generale sono state precisate e definite, e che rispetto a quanto previsto nella citata Convenzione, che in sostanza costituisce strumento urbanistico attuativo, la destinazione ad attività terziaria del piano secondo e del piano sottotetto è incompatibile. Ai fini del condono edilizio, l’art. 32 comma 27 lett. d) del D.L. 269/03 prevede che le opere oggetto di condono e commesse in zona vincolata devono risultare conformi “ alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ”, senza distinzione alcuna, e quindi, laddove l’assetto urbanistico di una zona risulti dalla combinazione di più strumenti urbanistici, la conformità deve essere riscontrata rispetto a ciascuno di essi. Nel caso di specie non si può quindi prescindere da quanto previsto dalla Convenzione Edilizia stipulata il 18/12/1991, rispetto alla quale il cambio di destinazione d’uso impresso al piano secondo ed al piano sottotetto del fabbricato risulta palesemente in contrasto, senza che sia necessario andare a verificare se l’area disponesse di ulteriore volumetria utile da utilizzare per destinazione terziaria. Per il piano sottotetto si aggiunga che la difformità dalle prescrizioni urbanistiche vigenti discende anche dall’art. 28-12-6 delle N.T.A., dalla cui applicazione discende che la SUL con destinazione terziaria era già esaurita.
21. A questo punto ai fini della verifica della legittimità degli atti di diniego impugnati con i ricorsi indicati in epigrafe diventa assolutamente dirimente stabilire, alla luce dell’orientamento assunto dalla Sezione con la sentenza n. 972/2015, se i mutamenti di destinazione d’uso posti in essere dalla ricorrente possano essere considerati quali abusi di tipologia 1, secondo la tabella I allegata al D.L. 269/03: ciò per la ragione che, venendo in considerazione abusi commessi in zona vincolata e non conformi alle norme e prescrizioni urbanistiche, di essi il condono risulta a priori possibile solo se riconducibili agli abusi che la tabella I allegata al D.L. 269/03 indica come di tipologia 3, 4,5 o 6, tipologie per le quali il condono è possibile anche in mancanza di conformità urbanistica.
21.1. Per costante giurisprudenza il mutamento di destinazione d’uso, ancorché attuato senza opere, non costituisce attività libera e richiede un preventivo atto di assenso quando sia urbanisticamente rilevante, quando - cioè - comporti variazioni degli standards urbanistici indicati dal D.M. 1444/68 (ex multis, fra le più recenti: C.d.S. Sez. V, n. 1684 del 13/05/2016), venendo in considerazione destinazioni d’uso afferenti diverse categorie tipologiche.
21.2. Il verificatore ha accertato che i cambi di destinazione d’uso attuati dalla ricorrente, ampliando notevolmente la superficie destinata a terziario, comportano la necessità per il Comune di adeguare gli standards urbanistici relativi ai parcheggi pubblici, in considerazione della maggiore utenza che ci si può aspettare affluisca alla concessionaria in relazione all’aumento di superficie utile che tale attività ora occupa. Oltre a ciò non si può sottacere che una incidenza sugli standards urbanistici nella fattispecie si realizza comunque per il fatto che una rilevante superficie destinata a parcheggi pubblici è stata sottratta a tale destinazione, con conseguente onere per il Comune di reperire altrove le aree di sosta perdute. Quindi, a prescindere da quelle che potevano essere le previsioni dello strumento urbanistico generale e del fatto che si possa riscontrare una certa somiglianza di uso tra la destinazione a deposito di autoveicoli e la destinazione a parcheggio pubblico, non è seriamente contestabile che tra le due utilizzazioni esiste una significativa differenza ontologica, che le rende incompatibili e quindi comunque assimilabili a diverse categorie funzionali. In applicazione dell’orientamento citato al paragrafo che precede, nonché dell’art. 32 comma 1 del D.p.R. 380/01, i mutamenti di destinazione d’uso attuati dalla ricorrente debbono, conclusivamente, considerarsi urbanisticamente rilevanti.
21.3. Tanto non determinerebbe, ad avviso della ricorrente, l’esclusione del condono, e ciò per la ragione che il mutamento di destinazione d’uso attuato senza opere non sarebbe assimilabile ad alcuna delle tipologie di cui alla tabella allegata sub I al D.L. 269/03, dalla quale si evince che “ ai fini della applicabilità del comma 27 dell’art. 32, l’abuso deve quindi tradursi nella modificazione dell’aspetto edilizio del fabbricato nella sua consistenza fisica ”.
21.4. Questa soluzione non può essere accolta perché porterebbe a risultati iniqui e per certi versi discriminatori, poiché il mutamento di destinazione d’uso attuato abusivamente e senza opere dovrebbe essere ritenuto alternativamente non condonabile, e quindi sempre sanzionabile con il ripristino, contrariamente ad ogni altra tipologia di abuso (in questo senso sarebbe perciò una interpretazione discriminatoria);ovvero dovrebbe ritenersi sempre irrilevante e come tale neppure bisognoso di condono, nonostante l’incidenza sugli standards urbanistici che esso comporta, il che costituirebbe un trattamento evidentemente privilegiato di un comportamento riprovevole al pari di altri.
21.5. Ad avviso del Collegio nella misura in cui un mutamento di destinazione d’uso, ancorché attuato senza opere, sia urbanisticamente rilevante deve essere sanzionato e come tale può anche essere condonato ove ricorrano tutti i requisiti di legge. Ai fini delle norme sul condono questa tipologia di abuso deve trovare collocazione in una delle tipologie individuate dalla tabella I allegata al D.L. 269/03, interpretando il termine “opere”, utilizzato nella citata tabella per descrivere gli abusi edilizi, in senso ampio e cioé nel senso di “comportamenti abusivi”.
21.6. Con la recente sentenza n. 900/2016 la Sezione ha già avuto occasione di affermare che tutti gli interventi non riconducibili agli interventi di ristrutturazione edilizia, restauro e risanamento conservativo, manutenzione ordinaria e straordinaria, come definiti dall’art. 3 del D.p.R. 380/01, espressamente richiamato dalla tabella per descrivere gli abusi di tipologia 3, 4, 5 e 6, non possono che confluire nelle tipologie 2 o 1, “ opere realizzate in assenza o in difformità dal titolo edilizio ”, a seconda che siano o meno conformi alle norme e prescrizioni urbanistiche. Orbene, ad avviso del Collegio, un mutamento di destinazione d’uso attuato senza opere o con opere assolutamente esigue, come nel caso di specie, non può sussumersi nell’ambito della ristrutturazione edilizia, né del restauro o della manutenzione, interventi questi che comunque presuppongono l’esistenza di una continuità d’uso del fabbricato ante operam e post operam . Questa continuità non è ravvisabile nel cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante, che proprio per questo può essere assimilato ad una nuova costruzione, a fronte della implicita rinuncia al progetto originario. Per tale ragione, tenuto conto del fatto che i mutamenti di destinazione d’uso attuati dalla ricorrente risultano difformi dalle norme e prescrizioni urbanistiche vigenti, essi debbono essere assimilati ad abusi di tipologia 1 ai sensi della tabella I allegata al D.L. 269/03.
21.7. Né potrebbe comunque affermarsi che il cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante può essere assimilato agli interventi di restauro e risanamento conservativo, in applicazione della circolare del presidente della Giunta Regionale n. 5/SG./URB del 27/04/1984, la quale circolare ha la finalità di chiarire le tipologie edilizie ai fini della applicazione dell’art. 13 della L.R. 56/77 e che non è evidentemente vincolante ai fini della applicazione della normativa sul condono edilizio.
22. Concludendo la disamina dei ricorsi, il Collegio, richiamato l’orientamento espresso con sentenza n. 972/2015, ritiene che i mutamenti di destinazione d’uso che la ricorrente ha chiesto di poter condonare ai sensi del D.L. 269/03, convertito in L. 326/03, debbano ritenersi a priori non suscettibili di condono, in quanto da considerarsi abusi di tipologia 1 commessi in zona vincolata in epoca precedente la commissione dell’abuso.
23. I ricorsi in epigrafe indicati vanno conseguentemente respinti, non ravvisandosi nei provvedimenti impugnati alcuna violazione dell’art. 32 D.L. 269/03.
24. Le spese sostenute dalle parti possono essere compensate in ragione della complessità e parziale novità delle questioni trattate. Le spese di verificazione sono poste a carico di tutte le parti in ugual misura e saranno liquidate con separato provvedimento.