TAR Cagliari, sez. II, sentenza 2010-02-02, n. 201000119
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N. 00119/2010 REG.SEN.
N. 00416/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 416 del 2009, proposto da:
Telecom Italia s.p.a., rappresentato e difeso dagli avv. G L, F L, C V, con domicilio eletto presso G L in Cagliari, viale Diaz n. 86;
contro
Comune di Villaspeciosa, rappresentato e difeso dall'avv. F L, con domicilio eletto presso il suo studio, in Cagliari, via Alghero n. 22;
nei confronti di
S P, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
- del provvedimento del Comune di Villaspeciosa, Area tecnica, Servizio urbanistica, edilizia privata e tecnico manutentiva, 19 febbraio 2009, prot. n. 1323;
- di ogni altro atto connesso presupposto o conseguente ivi compreso il regolamento edilizio o urbanistico, non conosciuto, che nel comune dovesse aver vietato la realizzazione di palificazione;
nonché per la declaratoria;
- della formazione del silenzio assenso a seguito dello scadere del termine perentorio previsto dall'art. 88 del d.lgs. 259/2003 e dell'avvenuto assentimento dell'autorizzazione ad eseguire i lavori come richiesti da Telecom Italia.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Villaspeciosa in Persona del Sindaco P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 novembre 2009 il dott. A Pisant e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con il ricorso in esame TELECOM ITALIA s.p.a. impugna la determinazione 19 febbraio 2003, n. 1323, con cui il Dirigente dell’Area Tecnica del Comune di Villaspeciosa ha accolto solo in parte la sua istanza di autorizzazione, datata 17 luglio 2008, alla installazione di una infrastruttura strumentale al servizio di telefonia fissa, consentendo, in particolare, la realizzazione degli scavi ma negando la possibilità di impiantare i due “ pali in vetroresina con tiranti ” che la società ricorrente intendeva utilizzare nel nuovo punto di trasmissione e ciò “ in osservanza delle vigenti disposizioni nazionali, regionali e comunali in materia di edilizia, di urbanistica, di igiene, di polizia locale, di circolazione stradale, di sicurezza sul lavoro, di sicurezza degli impianti tecnici” .
Il gravame è affidato alle seguenti censure: 1) Difetto di motivazione ed istruttoria;2) Incompetenza, violazione dell’art. 3 e dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, motivazione insufficiente e irrazionale, eccesso di potere per difetto di presupposto e travisamento del fatto;3) Violazione e falsa applicazione degli artt. 4, 53, 86, 87 e 90 del d.lgs n. 259/2003, violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della Dir. 2002/22 CE, eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria, carenza di motivazione.
Nella camera di consiglio del 20 maggio 2009 - giusta l’ordinanza di questa Sezione in pari data, n. 206/2009 - l’istanza cautelare contenuta nel ricorso è stata accolta.
Con successiva memoria difensiva la ricorrente ha ulteriormente argomentato le proprie tesi.
Alla pubblica udienza dell’11 novembre 2009 la causa è stata assunta in decisione.
DIRITTO
1) Con il primo motivo la ricorrente denuncia il difetto di motivazione ed istruttoria, nonché l’illogicità del provvedimento nella parte in cui, vietando la posa in opera di pali e sostanzialmente imponendo l’interramento dei nuovi cavi, avrebbe introdotto un limite tecnologicamente ingiustificato.
Merita accoglimento la prima parte dell’enunciata censura.
Il provvedimento autorizzatorio impugnato non risulta, infatti, fondato su una motivazione esauriente ed una istruttoria adeguata in relazione al contestato limite tecnologico, essendosi l’Ufficio tecnico limitato ad imporre “ l’assoluta esclusione della possibilità di posa in opera di pali in vetroresina con tiranti sotto l’osservanza delle vigenti disposizioni nazionali, regionali e comunali in materia di edilizia e urbanistica, di igiene, di polizia locale, di circolazione stradale, di sicurezza sul lavoro, di sicurezza degli impianti tecnici” , senza nulla precisare in ordine alla concreta situazione di fatto, alla normativa applicabile ed alle ragioni di pubblico interesse sottese alla modalità di esecuzione imposta.
Un simile atteggiarsi del potere contrasta - oltre che con principi consolidati di carattere generale - con uno specifico ed univoco orientamento giurisprudenziale, relativo al settore delle telecomunicazioni, in base al quale i comuni, nell’adottare misure volte alla protezione della salute pubblica, (pure invocate nel caso di specie) devono farle precedere da una adeguata istruttoria tecnica, che consenta loro di dar conto in motivazione delle ragioni delle scelte adottate (cfr. TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 12 settembre 2006, n. 4412). Né, al riguardo, assumono rilievo le motivazioni addotte dal Comune con la propria memoria difensiva, trattandosi di integrazione postuma della motivazione, certamente inammissibile in una vicenda, come quella in esame, connotata da elevato grado di discrezionalità, alla quale, pertanto, non può applicarsi il meccanismo di cui all’art. 21 octies della legge 241/1990 e s.m.i.
L’ulteriore profilo oggetto della censura in esame - quello relativo alla pretesa illogicità del limite tecnologico imposto - non può essere, invece, condiviso, perché implica il diretto sconfinamento in valutazioni tecnico-discrezionali che il Comune, entro certi limiti, può esprimere anche nel settore degli impianti strumentali alle telecomunicazioni, come più specificamente si vedrà in relazione alla seconda censura.
Quest’ultima ha ad oggetto la violazione del vigente quadro di riferimento normativo in materia di impianti per le telecomunicazioni, avendo il Comune resistente introdotto un generalizzato divieto di installazione sul proprio territorio di strutture aeree per il passaggio dei cavi, il che renderebbe illegittimamente più onerosa la gestione del servizio da parte della ricorrente.
La censura non merita accoglimento.
E, difatti, ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge 22 febbraio 2001, n. 36, così come ai sensi del nuovo Codice sulle telecomunicazioni approvato con d.lgs. 259/2003, i comuni conservano un certo potere di assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti di telefonia, garantendo l’armonizzazione tra l’interesse pubblico al corretto svolgimento del servizio di telecomunicazione e gli altri interessi pubblici coinvolti. E, difatti, se è vero che l'ente locale non può adottare misure derogatorie ai limiti di esposizione fissati dallo Stato, né introdurre divieti generalizzati di installazione in tutte le zone territoriali omogenee e neppure introdurre misure che - pur tipicamente urbanistiche (distanze, altezze, ecc.) - non risultino funzionali al governo del territorio (cfr. Cons.Stato, Sez. VI, 15 giugno 2006, n. 3534;Sez. IV, 3 giugno 2002, n. 3095;TAR Abruzzo, Pescara, 3 aprile 2007, n. 376), è altrettanto indiscutibile che lo stesso, nel rispetto del quadro statale di riferimento, possa dettare prescrizioni di carattere integrativo, volte ad imporre caratteristiche o accorgimenti tecnici particolari da adottare nella realizzazione degli impianti (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 5 giugno 2006, n. 3332;Sez. VI, 5 dicembre 2005, n. 6961).
Ciò comporta il rigetto della domanda di annullamento nella parte in cui la stessa è rivolta - in modo, peraltro, del tutto generico - nei confronti del regolamento edilizio comunale, in quanto lo stesso costituisce la sede naturale in cui l’ente locale può introdurre, pur nei limiti dianzi esposti, prescrizioni all’installazione di infrastrutture tecnologiche finalizzate alle telecomunicazioni.
3) Con il terzo motivo la ricorrente denuncia l’illegittimità del provvedimento autorizzatorio laddove lo stesso fissa in 30 giorni il termine per l’avvio dei lavori e prevede il pagamento di 30 euro per diritti di segreteria.
La censura merita accoglimento.
Riguardo al termine di inizio dei lavori, esso - oltre che ictu oculi illogico e insufficiente - è privo di qualsivoglia fondamento in alcuna disposizione legislativa o regolamentare e, come tale, illegittimo.
Quanto poi ai diritti di segreteria, la relativa statuizione contrasta con l’art. 93, comma 2, del d.lgvo 259/2003, che vieta ai comuni di subordinare il rilascio delle autorizzazioni in materia di telecomunicazioni ad oneri economici diversi rispetto a quelli individuati dal legislatore statale. A ciò consegue l’illegittimità di un’imposizione liberamente stabilita dall’ente locale e, come tale, non rientrante nell’ambito dell’elencazione ammessa dal Codice delle telecomunicazioni.
Resta da esaminare l’ulteriore domanda formulata dalla società ricorrente, avente ad oggetto l’accertamento del silenzio - assenso previsto dall’art. 88 del d.lgs. 259/2003.
La richiesta è fondata.
E, difatti, a fronte di un’istanza di autorizzazione presentata da Telecom in data 17 luglio 2008, il provvedimento espresso del Comune risale al 19 febbraio 2009, ben oltre il termine di 90 giorni previsto - ai fini della formazione del silenzio-assenso - dall’art. 88, comma 7, del d.lgs. 259/2003. Non resta, quindi, al Collegio che accertare l’avvenuto perfezionamento del meccanismo provvedimentale tacito di cui alla citata disposizione normativa (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717, ove si riconosce, in via generale, al g.a. il potere di emettere pronunce di mero accertamento anche nel giudizio di legittimità), il che non priva ovviamente l’Amministrazione del potere di tornare sulla questione, esercitando, peraltro, il relativo potere nel rispetto dei generali canoni di “motivazione rafforzata” propri del meccanismo dell’autotutela (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 9 ottobre 2007, n. 5228).
In conclusione, meritano accoglimento la domanda di annullamento del provvedimento autorizzatorio e la domanda di accertamento dell’avvenuta formazione del silenzio assenso, mentre deve essere respinta la domanda di annullamento del regolamento edilizio comunale.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese processuali, in ragione della parziale reciproca soccombenza.