TAR Roma, sez. 5T, sentenza 2024-07-04, n. 202413493
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Testo completo
Pubblicato il 04/07/2024
N. 13493/2024 REG.PROV.COLL.
N. 12172/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12172 del 2021, proposto da
-OMISSIS-., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti F T e R F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo avvocato in Roma, Largo Messico, 7;
contro
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Ispettorato Territoriale del Lavoro di Lucca - Massa Carrara, Ministero dell’istruzione, Ufficio Scolastico Regionale Lazio, Ufficio Scolastico Regionale Abruzzo, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, sono domiciliati;
nei confronti
-OMISSIS-, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
- del provvedimento prot. n. -OMISSIS- emesso il 29 settembre 2021 e notificato in pari data, con il quale l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Lucca - Massa Carrara ha disposto l’interdizione dal lavoro della sig.ra -OMISSIS- fino a sette mesi dopo il parto;
- del verbale di primo accesso ispettivo n. -OMISSIS- dell’8 luglio 2021 effettuato dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Lucca - Massa Carrara congiuntamente alla Azienda USL Toscana Nord Ovest - Dipartimento di Prevenzione richiamato nel provvedimento impugnato;
- della nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 553 del 2 aprile 2021 menzionata nel provvedimento prot. n. -OMISSIS- e della risposta all'interpello n. -OMISSIS- nella misura in cui le stesse siano interpretate nel senso indicato dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro e cioè che, anche qualora la lavoratrice sia adibita a mansioni diverse da quelle concernenti il trasporto e il sollevamento pesi, l’Amministrazione può prescindere dalla valutazione del DVR aziendale e disporre il provvedimento di interdizione dal lavoro della donna in stato di allattamento;
nonché per l’accertamento
del diritto al risarcimento di tutti i danni patiti, la cui quantificazione sarà successivamente determinata nel corso del giudizio.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 giugno 2024 la dott.ssa Annalisa Tricarico;
FATTO
1. Con ricorso notificato il 25 novembre 2021, depositato il successivo 29 novembre, -OMISSIS-., azienda della grande distribuzione organizzata operante su tutto il territorio nazionale nel settore food , nel premettere di aver predisposto, a suo tempo, la rimodulazione delle mansioni assegnate alla sig.ra -OMISSIS- nei termini che seguono: “addetta all’operazione di cassa per il 50% del turno lavorativo e per il restante 50% al rifornimento leggero scaffali” , ha impugnato il provvedimento con il quale l’ITL di Lucca-Massa Carrara, dopo aver rigettato una prima istanza presentata ai sensi dell’art. 12, co. 2, d.lgs. n. 151/2001, ha disposto l’interdizione dal lavoro della predetta lavoratrice fino a sette mesi dopo il parto, unitamente agli altri atti indicati in epigrafe.
Il ricorso è affidato alle seguenti censure:
- “1. Violazione e Falsa applicazione degli artt. 7, 11, 12 e 17, comma 2, lett. b) e c) e comma 4 del D. Lgs. 151/2001. Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del D. Lgs. n. 81/2008. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/1990. Eccesso di potere sotto il profilo del travisamento e dell’erronea valutazione dei fatti, carenza assoluta di istruttoria” - sostiene parte ricorrente, che dai verbali dell’ispezione condotta dall’ITL avvalendosi del supporto dell’ASL competente non sarebbe emersa alcuna circostanza idonea a legittimare l’interdizione, in quanto le mansioni assegnate alla lavoratrice non sarebbero vietate dalla legge e la persistenza olfattiva del prodotto utilizzato per la sanificazione delle attrezzature - su cui l’Amministrazione avrebbe preteso di fondare la sua decisione - non potrebbe integrare i presupposti richiesti dalla normativa per l’emanazione del provvedimento di cui si discute, non essendo, tra l’altro, indicato il nesso di causalità tra il rischio per la salute e l’utilizzo del prodotto utilizzato per la sanificazione;
- “2. Violazione di legge: Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. 241/1990 e dell’art. 97 Cost. Violazione e falsa applicazione della nota resa dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro di concerto con il Ministero del Lavoro prot. U-OMISSIS- in materia di interdizione post-partum, nonché della risposta all’interpello n. -OMISSIS- da parte della Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Violazione e falsa applicazione dei principi di proporzionalità, buon andamento, imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa. Eccesso di potere per difetto di istruttoria, difetto di motivazione, erroneità dei presupposti, travisamento di atti e fatti, sviamento e disparità di trattamento” - all’esito della descritta rimodulazione, non sussisterebbero impedimenti derivanti dall’adibizione della sig.ra Bazzano a mansioni vietate ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 151/2001, tabelle A e B; la sussistenza delle condizioni di rischio idonee a legittimare l’adozione di un eventuale provvedimento di interdizione non emergerebbero neanche all’esito della prescritta e specifica valutazione dei rischi per le lavoratrici “in periodo di allattamento” effettuata per entrambe le mansioni; parte ricorrente rileva, inoltre, che la nota INL prot. n. 553/2021 consentirebbe all’autorità competente di prescindere dalla valutazione del rischio effettuata dal DVR per la lavoratrice madre, ma solo ove quest’ultima sia adibita a mansioni di trasporto e sollevamento pesi; sostiene, inoltre, la ricorrente che l’ITL non avrebbe tenuto conto del fatto “che la lavoratrice sarebbe adibita a mansioni di cassiera solamente per il 50% della prestazione lavorativa”, che il “prodotto a base alcolica utilizzato per detergere le casse, [sarebbe] perfettamente identico tra l’altro a quello che qualsiasi soggetto, ivi comprese le lavoratrici gestanti ed in allattamento utilizzano nelle proprie abitazioni”, che le avvertenze , “come quelle presenti su tutti i prodotti di questo tipo, si riferiscono all’inalazione diretta del prodotto stesso e non all’inalazione del medesimo durante l’utilizzo, altrimenti sarebbero prodotti classificati come tossici e nocivi” ; parte ricorrente sostiene altresì che, a motivare “un provvedimento quale quello impugnato” non sarebbe sufficiente la “non irrilevanza” , bensì la “dimostrata rilevanza” del rischio per la lavoratrice;
- “In subordine”, per l’ipotesi in cui “la nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro n. 553 del 2 aprile 2021 e la risposta all’interpello n. -OMISSIS- dovessero essere interpretate nel senso attribuito loro da parte dell’Ispettorato Territoriale resistente, e cioè nel senso di poter prescindere dall’analisi del DVR anche in casi analoghi a quello per cui è causa e dunque differenti da quelli concernenti l’adibizione della lavoratrice-madre a mansioni di trasporto e sollevamento pesi”, secondo la ricorrente “le stesse devono considerarsi illegittime” per i motivi sopra indicati.
2. Le Amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio, eccependo il difetto di competenza del Tar adito, nonché il difetto di legittimazione passiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e chiedendo, comunque, il rigetto del ricorso, perché infondato.
3. In vista della trattazione del merito, le parti hanno depositato memorie e repliche; parte resistente ha eccepito, tra l’altro, l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, in ragione dell’intervenuto decorso, nelle more della decisione, dei sette mesi dopo il parto.
4.