TAR Palermo, sez. II, sentenza 2012-11-23, n. 201202442

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. II, sentenza 2012-11-23, n. 201202442
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201202442
Data del deposito : 23 novembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01094/2012 REG.RIC.

N. 02442/2012 REG.PROV.COLL.

N. 01094/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1094 del 2012, proposto da --OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avv. G C e I S, con domicilio eletto presso il loro studio in Palermo, via Rodi 1,

contro

il Comune di Agrigento, in persona del Sco pro tempore, non costituito in giudizio;
l’Ufficio Centrale Elettorale per il Turno di Ballottaggio, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliata in Palermo, via A. De Gasperi 81;

nei confronti

-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avv. Girolamo Rubino, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via G. Oberdan n 5;
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avv. Loredana Danile, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via N.Turrisi n.59;
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avv. Virginia Giglio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Bondi' in Palermo, viale Regina Margherita 21.

.

per l’annullamento

del verbale dell’Ufficio Centrale Elettorale del Comune di Agrigento del -OMISSIS-, che ha proclamato gli eletti al consiglio comunale di Agrigento e negato al gruppo di liste collegate al Sco eletto, -OMISSIS-, il premio di maggioranza interno alla compagine consiliare;

e per la correzione

del risultato elettorale con la proclamazione dei ricorrenti a consigliere comunale al posto dei controinteressati intimati.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

visto l'art. 130, co. 7, cod. proc. amm.;

visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato, di -OMISSIS--;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 novembre 2012 il Referendario dott.ssa M B C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale..


FATTO

1. Con ricorso depositato il 22 giugno 2012, successivamente notificato unitamente al pedissequo decreto presidenziale di fissazione dell’udienza pubblica, i ricorrenti hanno impugnato il verbale dell’Ufficio Centrale Elettorale del -OMISSIS-, che ha proclamato gli eletti al consiglio comunale di Agrigento e negato al gruppo di liste collegate al Sco eletto, -OMISSIS-, il premio di maggioranza interno alla compagine consiliare.

I ricorrenti, infatti, sono stati candidati alle elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Agrigento tenutesi il 6 e 7 maggio 2012, rispettivamente per le liste n. 8 “ Patto per il territorio –-OMISSIS- Sco” (-OMISSIS-) e n. 6 “ Casini Libertas UDC” (-OMISSIS-), entrambe collegate al candidato Sco, poi eletto, -OMISSIS-, ma non sono risultati eletti al consiglio comunale, non avendo potuto usufruire del citato premio di maggioranza, previsto dall’art. 4, co. 6, della l.r. 35/97.

Queste le vicende collegate all’odierna impugnativa:

-) all’esito del primo turno elettorale, nessun candidato alla carica di Sco ha raggiunto la maggioranza assoluta dei voti;
pertanto, sono andati al turno di ballottaggio -OMISSIS- (collegato alle liste “ Casini” e “Patto per il Territorio”) nonché -OMISSIS- (collegato alle liste “Popolo della Libertà”, “ Grande Sud Miccichè”, “ Cantiere Popolare” e “ Epolis”), che avevano ottenuto le percentuali più alte;

-) avvalendosi della possibilità concessa dalla legge elettorale (art. 3, co. 6, l.r. 35/77), il candidato -OMISSIS- ha dichiarato di collegarsi con liste ulteriori rispetto a quelle del primo turno, e precisamente “ Fini Futuro e Libertà” e “

MPA

Movimento per le Autonomie”;

-) il candidato-OMISSIS- non si è avvalso di questa possibilità, mantenendo a sostegno della propria candidatura le due liste originarie;

- ) il turno di ballottaggio è stato vinto da -OMISSIS-, che però non ha ottenuto il premio di maggioranza alla luce dell’art. 4, co. 6 della citata legge regionale in quanto altro gruppo di liste ha superato il 50% dei voti validi;

-) infatti, le liste a sostegno del candidato -OMISSIS-, come risultanti a seguito degli apparentamenti successivi al primo turno elettorale, hanno riportato una percentuale di voti superiore al 50%, computandosi i voti ottenuti dalle liste originariamente associate a quest’ultimo già al primo turno (pari al 36,372 %) con quelli già ottenuti dalle liste apparentate in occasione del secondo turno (20,605 %), per un totale di 56,977 %;

-) pertanto, il riparto dei seggi in consiglio comunale è avvenuto tenendo conto delle percentuali delle singole liste, quindi in base a un sistema proporzionale puro, senza attribuzione di seggi a titolo di premio di maggioranza;

-) in conclusione, alle due liste associate al candidato eletto sindaco-OMISSIS- sono stati attribuiti 9 seggi;
alle sei liste collegate a -OMISSIS- sono stati attribuiti 19 seggi.

2. Alla luce di quanto esposto, i ricorrenti hanno impugnato la decisione dell’Ufficio Centrale Elettorale, con un’unica censura nella quale hanno lamentato la “ violazione e falsa applicazione dell’art. 4, co. 6, della l.r. 15 settembre 1997 n. 37, in relazione all’art. 3, commi 2 e 6”.

L’art. 4 comma 6 disciplina l’attribuzione del premio di maggioranza per il candidato eletto sindaco, e parimenti disciplina l’unica eccezione a tale regola: il premio, infatti, non è attribuibile se altre liste o gruppo di liste hanno “già superato” il 50% dei voti validi.

Secondo i ricorrenti, che hanno fornito diverse prospettazioni al riguardo, la suddetta norma va interpretata alla luce dell’art. 3 della l.r. 37/97, tenuto però conto degli apparentamenti del solo primo turno di votazioni, e non di quelli del turno di ballottaggio, come invece ha fatto l’Ufficio Centrale Elettorale.

Limitandosi il calcolo ai soli apparentamenti del primo turno, le liste collegate a -OMISSIS- non avrebbero superato la maggioranza del 50% e, quindi, alle liste collegate al candidato eletto Sco sarebbe spettato il premio di maggioranza.

2.1. In via subordinata, i ricorrenti hanno anche sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, co. 6 della l.r. 37/97, per contrasto con gli artt. 3, 49 e 117, comma 2 lett. p) Cost., nonché art. 14 lett. o) dello Statuto Siciliano, in quanto – in sintesi – la legge regionale siciliana sarebbe irragionevolmente diversa da quella nazionale, che fa espressamente riferimento al “primo turno” per l’attribuzione del premio di maggioranza alle liste che abbiano ottenuto il 50% dei voti, a differenza della legge siciliana.

3. In conclusione, i ricorrenti hanno chiesto l’annullamento del verbale di proclamazione degli eletti al consiglio comunale di Agrigento (tornata elettorale del 6-7 maggio 2012) nella parte in cui dichiara eletti gli odierni controinteressati, altresì chiedendone la correzione con contestuale sostituzione degli stessi.

4.Il ricorso, con il pedissequo decreto presidenziale di fissazione di udienza e di nomina del relatore, è stato a cura dei ricorrenti notificato al Comune ed al Consiglio Comunale di Agrigento , all'ufficio Centrale Elettorale ed ai controinteressati intimati. Copia di esso, con la prova delle avvenute notifiche, è stata depositata in Segreteria.

5. Si è costituito l’Ufficio Elettorale Centrale per il turno di ballottaggio, eccependo il difetto di legittimazione passiva ai sensi dell’art. 130, comma 3.

6. Con memorie depositate tra il 13 e il 16 luglio 2012, si sono costituiti -OMISSIS- (avv. L. Danile), -OMISSIS- (avv. G. Rubino), -OMISSIS- (avv. V. Giglio), contestando la ricostruzione in diritto operata dai ricorrenti e chiedendo il rigetto del ricorso.

7. Alla udienza pubblica del 14 novembre 2012, sentiti i difensori delle parti, il collegio ha trattenuto la causa in decisione.

DIRITTO

1. In primo luogo, va preliminarmente accolta l’eccezione di difetto di legittimazione a resistere dell’Ufficio Centrale Elettorale, prospettata dall’Avvocatura distrettuale dello Stato.

Infatti, per giurisprudenza pacifica e consolidata, tale ufficio non è centro di imputazione sostanziale degli interessi dedotti in giudizio e, quindi, non è parte necessaria del relativo contenzioso.

Gli uffici elettorali, stante la loro natura di organi straordinari e temporanei in posizione neutra, investiti solo del compito di dichiarare la volontà del corpo elettorale, esauriscono la loro funzione con la proclamazione degli eletti, e quindi non sono direttamente o indirettamente toccati dall’esito del giudizio elettorale davanti al T.a.r.

Infatti, l'art. 130 comma 3, c.p.a., prescrivendo che il ricorso relativo alle operazioni elettorali riguardanti le consultazioni amministrative debba essere notificato "all'ente della cui elezione si tratta", oltre che alle altre parti che vi abbiano interesse, individua quale unica parte pubblica necessaria l'ente locale interessato alle elezioni, cui vanno imputati i risultati elettorali ed al quale soltanto spetta la legittimazione passiva (ex plurimis Cons. Stato, 23 luglio 2010 n. 4851;
C.G.A. 18 maggio 2007 n. 396;
T.a.r. Sicilia, Palermo, sez. II, 15 ottobre 2012, n. 2005 e 05 marzo 2012, n. 494;
T.a.r. Emilia Romagna, Bologna, sez. I, 10 luglio 2012 n. 266;
T.a.r. Puglia, Bari, sez. I, 09 dicembre 2010, n. 4115;
T.a.r. Calabria, Catanzaro, 28 ottobre 2010, n. 2648;
T.a.r. Piemonte, sez. I, 28 luglio 2010, n. 3136;
T.a.r. Lombardia, Milano, sez. IV, 2 febbraio 2010, n. 231;
T.a.r. Lazio, Latina, 29 gennaio 2010, n. 45).

Deve essere, pertanto, dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell'Ufficio Centrale Elettorale, con estromissione dello stesso dal presente giudizio.

2. La questione in diritto proposta all’attenzione del collegio è chiara, perché concerne l’interpretazione di un’unica disposizione della normativa regionale riguardante lo svolgimento delle elezioni nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti.

Si tratta di questione “antica”, che è stata più volte sottoposta all’attenzione dei Tribunali Amministrativi siciliani e dello stesso C.G.A., che hanno mantenuto, sino ad ora, un orientamento costante, che in questa sede i ricorrenti auspicano venga mutato alla luce delle considerazioni esposte nel corpo del ricorso ed ulteriormente e suggestivamente illustrate in sede di discussione del ricorso medesimo in pubblica udienza.

Il comma 6 dell’art. 4 della l.r. 35/97, che è la norma che si ritiene violata, afferma che “ alla lista o al gruppo di liste collegate al candidato proclamato eletto che non abbia già conseguito almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio viene assegnato, comunque, il 60 per cento dei seggi, semprechè nessun' altra lista o gruppo di liste collegate abbia già superato il 50 per cento dei voti validi. I restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate, ai sensi del comma 4. Il premio di maggioranza previsto per la lista o le liste collegate al sindaco eletto al primo turno nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti viene attribuito solo nel caso in cui la lista o le liste abbiano conseguito almeno il 40 per cento dei voti valid i”.

Orbene, i ricorrenti sostengono che il superamento della soglia del 50% da parte di una lista o gruppo di liste, che determina l’impossibilità di attribuire il premio di maggioranza alle liste che sostengono il Sco neo eletto, debba essere considerato esclusivamente con riguardo al primo turno elettorale, e non alle vicende a questo successive: in pratica, gli apparentamenti di liste del turno di ballottaggio, anche se aventi l’effetto (come nel caso di specie) di portare un gruppo di liste oltre il 50% dei voti validi, non avrebbero alcuna conseguenza ai fini dell’attribuzione del “premio”, in quanto la legge privilegia il principio della previa dichiarazione del collegamento tra candidato Sco e liste (cfr. art. 3, co. 2, che prevede la dichiarazione degli apparentamenti al momento della candidatura).

Infatti, secondo i ricorrenti:

a) il tenore letterale del comma 6 dell’art. 4 (“ semprechè nessun' altra lista o gruppo di liste collegate abbia già superato il 50 per cento dei voti valid i”) lascia intendere che si faccia riferimento al passato già esaurito , e dunque al primo turno (in tal senso depone l’avverbio “già”);

b) la normativa statale relativa alla elezione del Sco nei Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti stabilisce che il premio di maggioranza viene attribuito sempreché nessuna lista abbia “ già superato nel primo turno il 50% dei voti validi” (art. 7, co. 6, l. 81/93). La medesima disposizione è stata riprodotta al comma 10 dell’art. 73 del d.lgs 267/2000 (T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).

c) la composizione del consiglio comunale, che dovrebbe rispecchiare l’esito del voto del primo turno (l’unico nel quale si vota per il consiglio comunale), sarebbe condizionato dall’accordo di apparentamento fatto tra il candidato sindaco ed altre liste, in occasione del turno di ballottaggio;
in tal modo, essendo noti anche prima del ballottaggio i risultati elettorali delle singole liste, è possibile sapere anche prima del voto se un candidato Sco sarà o meno privo della maggioranza consiliare, avendo in partenza l’impossibilità del premio di maggioranza (come nel caso di specie);
ciò significa che, potenzialmente, gli elettori, se fossero stati resi edotti della circostanza, avrebbero potuto non votare per il candidato-OMISSIS-, in quanto impossibilitato a conseguire, anche se eletto, il premio di maggioranza atto a garantire la governabilità del Comune.

2.1. Il Collegio premette che tale interpretazione della normativa regionale vigente è certamente degna di considerazione e riflessione: essa mette in evidenza una significativa discrasia tra la normativa regionale e quella nazionale, ed attribuisce pertanto una valenza precisa ad un avverbio temporale che, collocato così come è nella norma regionale senza più alcuna precisa indicazione relativa al momento esatto del computo dei voti, come invece accade a livello nazionale (“primo turno”), si presta ad una interpretazione ambivalente, e l’odierno ricorso ne è la dimostrazione.

A ciò si aggiunga che l’interpretazione offerta dalla difesa dei ricorrenti è comunque volta alla massima valorizzazione del voto elettorale, nel senso di attribuire alla volontà del cittadino elettore il massimo della sua potenzialità, evitando che la stessa, ormai cristallizzata al termine della votazione, che coincide con il primo turno elettorale, venga - nella successiva e del tutto eventuale fase del ballottaggio – “strumentalizzata” dai partiti per la creazione di maggioranze consiliari apparentemente estranee alla volontà del singolo votante.

2.2. Ciò premesso, il collegio non condivide tuttavia tale interpretazione, come ha avuto modo di ribadire nella recente decisione del 5 marzo 2012 n. 494, che a sua volta ha tenuto conto di precedenti pronunciamenti conformi della sezione (18 marzo 2002 n. 758, 5 marzo 2001 n. 357;
8 aprile 1999 n. 771), e del C.G.A. (1 agosto 2005, n. 514;
id., 26 luglio 2006 n. 432), nonché del T.A.R. Sicilia-Catania (Sez. III, 2 gennaio 2008 n. 1 e 15 dicembre 2008 n. 2345), ed infine, con riguardo alla corrispondente norma nazionale, della Corte Costituzionale (12 settembre 1995 n. 430) e del Consiglio di Stato ( ex multis, Sez. V, 2 marzo 2009 n. 1159)

Con dette pronunce, che il Collegio privilegia, si è pervenuto alla conclusione, anche con specifico riguardo alla citata disposizione di legge regionale, che se il gruppo di liste collegate con il candidato sindaco non eletto consegua il 50% di voti validi mediante aggregazione di ulteriori liste nel secondo turno (ovviamente in base ai voti espressi a favore delle singole liste nel primo turno, stante che nel turno di ballottaggio non si vota per le liste), ciò preclude l'attribuzione del premio di maggioranza alla lista o gruppo di liste collegate con il sindaco eletto.

Come illustrato nella citata sentenza 494/2012, “ posto che la finalità della legge non consiste solo nel perseguimento della stabilità del governo delle amministrazioni locali attraverso l'attribuzione del c.d. premio di maggioranza alla lista o al raggruppamento delle liste collegate con il candidato eletto sindaco, ma anche nella eliminazione delle frantumazioni delle minoranze in seno ai consigli comunali, in modo che la compattezza della minoranza si concretizzi in un proficuo contrappeso alla maggioranza, a beneficio del complessivo andamento dell'amministrazione locale, il turno di ballottaggio non è stato previsto come modalità diretta unicamente alla elezione del sindaco nella competizione dei due candidati sindaci ammessi allo stesso ballottaggio, nella quale le forze politiche si schierano a favore dell'uno o dell'altro senza ulteriori effetti.”

A sostegno di siffatta interpretazione depone proprio il comma 6 dell’art. 3 della l.r. 35/1997, che consente, in sede di ballottaggio, che i raggruppamenti delle liste possano essere diversi da quelli del primo turno elettorale, sulla base di apparentamenti successivi e parimenti resi noti alla popolazione votante.

“Appare, dunque, all'evidenza che un diverso patto di collegamento, con cui le forze politiche ritengono di presentarsi al giudizio del corpo elettorale nel turno di ballottaggio, non può non riversare i suoi effetti sia sul gruppo delle liste collegatesi con il candidato sindaco eletto, sia sul gruppo delle liste collegatesi con il candidato sindaco non eletto.” (Tar Palermo, 494/2012, cit.)

2.3. Fermo restando che questa è la ratio della norma in oggetto, quale scaturisce dalla giurisprudenza da ultimo richiamata, il collegio ritiene di rimeditarla alla luce degli argomenti specifici dedotti dai ricorrenti a sostegno della loro tesi, i quali non risultano decisivi.

2.3.1. Si deve indagare l’impianto complessivo della normativa in questione, ed in particolare le disposizioni che attengono alla fase degli apparentamenti tra liste successivi allo svolgimento del primo turno elettorale.

Questi, infatti, sono espressamente consentiti dal comma 6 dell’art. 3 della l.r. 35/97, secondo il quale “ per i candidati ammessi al ballottaggio rimangono fermi i collegamenti con le liste per l'elezione del Consiglio dichiarati al primo turno. I candidati ammessi al ballottaggio hanno tuttavia facoltà, entro sette giorni dalla prima votazione, di dichiarare il collegamento con ulteriori liste rispetto a quella o quelle con cui è stato effettuato il collegamento nel primo turno. Tutte le dichiarazioni di collegamento hanno efficacia solo se convergenti con analoghe dichiarazioni rese dai delegati delle liste interessate.

Ci si chiede, dunque - perché è questo il cuore della vicenda odierna - quale sia lo scopo del Legislatore regionale nel consentire tali alleanze successive allo svolgimento della prima tornata, nella quale, se pure si sono ormai cristallizzati i voti riportati dalle singole liste, non si è ancora pervenuti alla elezione del Sco, in quanto, evidentemente, nessun candidato ha riportato la maggioranza assoluta dei voti validamente espressi.

Soprattutto, è ragionevole chiedersi a quali parti giovi l’alleanza, posto che, trattandosi comunque di accordo, in esso sono coinvolti da un lato i due candidati Sci in ballottaggio (e le liste che li sostengono ab origine ), dall’altro le liste che, in occasione del secondo turno, accettano l’apparentamento con l’uno o l’altro dei contendenti.

A tal riguardo, deve sicuramente farsi riferimento al comma 8 della medesima disposizione: “ dopo il secondo turno è proclamato eletto Sco il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parità di voti è proclamato eletto Sco il candidato collegato, ai sensi del comma 6, con la lista o il gruppo di liste per l'elezione del Consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è proclamato eletto Sco il candidato più anziano di età.

Tale disposizione, riguardata dal punto di vista del Sco (d’altra parte, l’art. 3 disciplina l’elezione diretta “ del Sco”, e, quindi, sotto questo punto di vista va esaminata) consente di comprendere che per il candidato Sco che va al ballottaggio, l’apparentamento ha essenzialmente due scopi:

- ottenere più voti dell’altro candidato e farsi eleggere Sco (il che può ottenersi riuscendo a conseguire l’appoggio di più liste possibili, oltre alle proprie, così da attirare su di sé i voti dell’elettorato che al primo turno aveva votato per altri candidati);

- avere la garanzia che, in caso di parità di voti, avrà il sostegno di una maggioranza tale da ottenere comunque la vittoria. Stabilisce, infatti, il comma 8 dell’art. 3, che “sarà proclamato eletto Sco il candidato collegato, ai sensi del comma 6, con la lista o il gruppo di liste per l'elezione del Consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva”.

È pertanto evidente che, dal punto di vista del Sco, l’apparentamento serve per ottenere un sostegno da parte di liste che garantiscano, in forza dei numeri riportati nella votazione del primo turno (l’unica nella quale si vota per il consiglio comunale) la ragionevole certezza circa una sicura elezione.

Al di là di questo, non possono esservi dubbi che il comma 8, richiamando espressamente il comma 6, consideri la cifra elettorale delle liste alleate in occasione del secondo turno, non del primo.

2.3.2. La questione, tuttavia, non può essere riguardata esclusivamente dal punto di vista del candidato Sco che si trovi ad affrontare il ballottaggio.

Evidentemente, per una logica di scambio e di esercizio della funzione politica che è connaturata all’essenza della politica stessa (anche se spesso fonte di deprecabili degenerazioni), anche le liste che hanno acconsentito espressamente all’apparentamento devono trovare un loro legittimo tornaconto, altrimenti poco senso avrebbe l’alleanza ufficiale, di cui al comma 6, in assenza di ritorni politici di qualche tipo.

È quanto meno poco sensato, infatti, ritenere che l’alleanza al secondo turno tra liste e Sco implichi semplicemente l’effetto di orientare il proprio elettorato per il candidato “ meno sgradito”, come pure, in sede di discussione, la difesa dei ricorrenti ha paventato.

Tale ragionamento, infatti, sarebbe logico in un contesto in cui la vittoria di uno dei due candidati sia fine a se stessa e non produca conseguenze sulla composizione della compagine consiliare e, comunque, sulle sorti dei candidati delle singole liste (per fare il medesimo esempio portato all’attenzione del collegio durante la discussione orale dalla difesa dei ricorrenti, nel caso dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica in un sistema elettorale a doppio turno, nel quale, tuttavia, la vittoria elettorale attribuisce solo la carica, ma non premi di maggioranza, essendosi la stessa determinata sulla base delle diverse elezioni relative alle Camere nazionali), ma non lo è laddove la legge attribuisca alla vittoria finale di un candidato l’effetto di “ sbloccare”, in favore delle liste a suo sostegno, un numero di seggi pari al 60% del totale.

D’altra parte, se così non fosse, l’appoggio politico di ulteriori liste nella fase di ballottaggio avrebbe un effetto politico di gran lunga attenuato, lasciandosi alla buona volontà del neo eletto quello di ricompensare l’appoggio ottenuto mediante, ad esempio, la nomina di Assessori aventi orientamento politico conforme alle liste che lo hanno appoggiato nel ballottaggio.

Si tratta, all’evidenza, di evenienze di fatto del tutto imponderabili e certamente non conformi alla logica politica dell’alleanza ufficiale, in un contesto nel quale uno degli effetti dell’elezione del candidato appoggiato in seconda battuta, è chiaramente quello di far ottenere alle liste a suo sostegno il premio di maggioranza, con l’unica eccezione di cui si darà conto in seguito.

Se dunque la logica delle alleanze è quella sopra illustrata, l’interpretazione del comma 6 dell’art. 4 deve tenerne necessariamente conto, avuto riguardo anche alle disposizioni che lo precedono.

In quest’ottica, quando il comma 6 fa riferimento “alla lista o al gruppo di liste collegate al candidato proclamato eletto che non abbia già conseguito almeno il 60 per cento dei seggi del Consiglio” alle quali “ viene assegnato, comunque, il 60 per cento dei seggi” (premio di maggioranza), è logico pensare che si riferisca alle liste collegate in occasione del secondo turno, e non del primo, in quanto, diversamente opinando, l’alleanza non avrebbe un significato politico rilevante.

In questa maniera, attraverso l’attribuzione del premio di maggioranza, o comunque attraverso la formazione di una maggioranza consiliare superiore al 60%, la ripartizione dei seggi (che avviene in base al comma 4), privilegia l’esistenza di una compagine estesa, che per ciò stesso sottrae alla parte avversaria seggi in consiglio.

Infatti, il comma 4 del medesimo articolo, che regola la ripartizione dei seggi in base al metodo cd. d’Hondt, fa espressamente “ salvo “ il comma 6 per l'assegnazione del numero dei consiglieri a ciascuna lista o a ciascun gruppo di liste collegate con i rispettivi candidati alla carica di Sco.

Se dunque questa è la maniera più logica di leggere il primo periodo del comma 6 dell’art. 4, nella medesima ottica deve essere letto il periodo successivo, che è quello oggetto dell’interpretazione alternativa proposta dai ricorrenti.

Tale periodo, infatti, stabilisce che il premio di maggioranza è attribuito “ sempreché nessun'altra lista o gruppo di liste collegate abbia già superato il 50 per cento dei voti validi.”

Se dunque per l’attribuzione del premio di maggioranza si fa riferimento all’esito del secondo turno, con le alleanze in tale sede consolidatesi e, quindi, con le rispettive cifre elettorali complessive, non si vede per quale motivo, ai fini del calcolo della cifra elettorale delle liste diverse da quelle alleate col vincitore (e che, nel caso superino il 50% dei voti validi, rappresentano l’unica eccezione all’attribuzione del premio di maggioranza nelle elezioni che si concludono col ballottaggio al secondo turno), debba tenersi conto esclusivamente delle alleanze del primo turno.

Al di là del fatto che ciò è da escludersi in base a quanto appena riferito, nonché alla chiara specularità e armonia della disposizione considerata nel suo complesso, non può escludersi che l’alleanza sia determinata da una logica di apparentamento politico “ di blocco”, nel senso che la previa conoscenza della consistenza della compagine politica formatasi a seguito di apparentamento al secondo turno serve al candidato Sco non solo per cercare di ottenere più voti possibili ai fini dell’auspicabile elezione a primo cittadino, ma anche, come si è verificato ad Agrigento, a precostituirsi una maggioranza consiliare che sterilizzi gli effetti politici della vittoria dell’avversario, in caso di mancata elezione.

Tale evenienza, pertanto, non può considerarsi anomala, o illogica, e, come tale, incontemplabile dalla normativa regionale.

Al contrario, rientra comunque nella logica politica, che da sempre sfrutta le alleanze postume con finalità non sempre e non solo di governo, ma, altresì, di opposizione costruttiva e democratica, posto che non può negarsi che l’attribuzione del premio di maggioranza, se pur finalizzato alla migliore governabilità dell’ente, può avere anche l’effetto distorsivo e antidemocratico di marginalizzare la minoranza, escludendola dalle decisioni di governo, fatte sempre salve alleanze estemporanee.

Applicandosi invece l’art. 4, comma 6, nel senso sopra illustrato, il legislatore regionale ha mostrato di attribuire alla maggioranza “ politica”, se pur non a sostegno del candidato eletto Sco, un ruolo determinante nelle future scelte di amministrazione dell’ente locale, esponendola anche a responsabilità politiche nei confronti dell’elettorato.

Tutto questo, però, non avrebbe senso se tale maggioranza politica venisse limitata esclusivamente a quella formatasi nel primo turno elettorale, in quanto, se così fosse, non solo verrebbe sminuito il voto di coloro che, pur votando per una lista minore, possono comunque vederlo valorizzato a seguito della decisione della lista di allearsi con l’uno o l’altro candidato, ma verrebbe altresì a crearsi una discrasia ingiustificabile tra le liste collegate al Sco eletto quando usufruissero del premio di maggioranza, e liste collegate al Sco non eletto quando, come nel caso concreto, impedissero l’attribuzione del suddetto premio.

In sostanza, il comma 6 va interpretato seguendo un’unica logica di base, che è quella che il collegio ha sopra illustrato attraverso un’interpretazione sistematica della legislazione vigente In Sicilia.

2.4. Alla luce di quanto detto, perdono rilievo gli argomenti sia pur pregevolmente esposti dalla difesa dei ricorrenti.

2.4.1. Quanto all’avverbio “già”, contenuto nella frase del comma 6 “ semprechè nessun' altra lista o gruppo di liste collegate abbia già superato il 50 per cento dei voti validi ”, cui i ricorrenti ricollegano il significato di “ riferimento al passato già esaurito, ossia al primo turno ”, ci si rimette a quanto appena detto, senza potergli attribuire un significato decisivo ai fini della collocazione al “primo turno” del momento in cui effettuare i conteggi dei voti riportati dalle liste.

Come correttamente prospettato dalla difesa dei controinteressati, tale momento va inteso con riferimento alla prima fase del procedimento, intesa come fase di determinazione delle percentuali di voti validi conseguiti dalle varie liste e di determinazione del numero di seggi ad esse spettanti, che poi è quella cui fa riferimento il comma 4 della medesima disposizione, che disciplina il metodo per la distribuzione dei seggi tra le liste al termine delle votazioni, facendo espressamente salvo “ quanto disposto dal comma 6 ”.

Per l'appunto, le due disposizioni (commi 4 e 6 dell’art. 4) vanno lette congiuntamente, in quanto la distribuzione dei seggi avviene: a) tenuto conto del premio di maggioranza calcolato all’esito del procedimento elettorale nella sua interezza;
b) ovvero tenuto conto della mancata attribuzione del premio, alla luce dell’avveramento della condizione ostativa del superamento del 50% da parte delle liste non collegate al vincitore.

Ed allora, come precisato dal Tar Sicilia – Catania, 31 dicembre 2004 n. 4104, “anche nell'ipotesi in esame, l'uso dell'avverbio "già" non è significativo (anzi risulta del tutto pleonastico), essendosi voluta soltanto indicare l'antecedenza temporale del conseguimento del 50 per cento dei voti validi da parte di una lista (o gruppo di liste) contrapposta al sindaco eletto, rispetto alle operazioni di attribuzione del c.d. premio di maggioranza.”

Ne consegue che quando il comma 6, nel prosieguo, fa riferimento alla percentuale del 50 % dei voti guadagnati dalle liste collegate (“ semprechè nessun' altra lista o gruppo di liste collegate abbia già superato il 50 per cento dei voti validi”), intende riferirsi comunque ad un percentuale data dalla sommatoria dei voti complessivamente ottenuti da liste tra loro collegate, indipendentemente che si tratti di primo o secondo turno.

Chiaramente, quando trattasi di secondo turno, il collegamento non può che essere quello consentito al comma 6 dell’art. 3 della medesima legge, ossia l’apparentamento successivo da dichiarare entro sette giorni dal voto, laddove per il caso di elezioni al primo turno vale il collegamento originario e l’ulteriore restrittiva condizione del superamento della soglia minima del 40%.

2.4.2. Anche l’argomento sistematico, riferito alla legislazione nazionale, non è condivisibile, anzi, può ritorcersi contro gli esponenti: la circostanza che la legge nazionale parli espressamente di “primo turno”, dimostra che il legislatore siciliano, potendolo fare, si è appositamente discostato dalla normativa nazionale, volendo tener conto degli apparentamenti concordati tra liste in vista del ballottaggio, e questo al fine di privilegiare una logica di maggioranza consiliare non necessariamente espressione delle forze politiche che sostengono il Sco.

La circostanza è stata chiarita dal C.G.A, parere 11 novembre 1997, n. 1010 e da questa sezione, 18 marzo 2002, n. 758, posto che l’eliminazione del riferimento al primo turno rientra nella libera scelta del legislatore regionale di valorizzare i collegamenti tra liste posti in essere sia al primo che al secondo turno.

Questo significa che ai fini del calcolo del numero dei consiglieri attraverso la metodologia di cui al comma 4 dell’art. 4, si terrà conto degli eventuali nuovi collegamenti effettuati nel turno di ballottaggio, adottandosi un criterio omogeneo.

D’altra parte, poiché ciò è comunque frutto di una scelta degli elettori, non può accogliersi la perplessità dei ricorrenti circa la violazione della par condicio tra candidati, posto che l’elettore potrebbe privilegiare la scelta di un candidato che abbia dalla sua una forte maggioranza, a seguito degli apparentamenti, e questo al fine sia di vederne l’elezione a Sco, sia di sapere che tale maggioranza, in caso di non elezione, consentirà comunque una sana democrazia all’interno dell’ente.

Quest’ultima evenienza, per quanto statisticamente meno probabile, è comunque possibile, ed in effetti è proprio ciò che si è verificato ad Agrigento.

Come chiarito dal C.G.A. nella citata decisione 614/2005, “è’ pur vero poi che, quanto alle liste, tale volontà si è espressa al primo turno e che gli apparentamenti al secondo turno hanno attitudine a precostituire maggioranze consiliari non direttamente volute dall’elettorato. Ma è evidente che tale possibilità, ancorché dipenda da accordi tra i candidati sindaci e i rappresentanti delle liste elettorali, è pur sempre indirettamente riferibile all’elettore, che è in grado di conoscere la possibilità per legge di un apparentamento (con i relativi effetti) al secondo turno della lista da lui votata ad altre liste e ad altro candidato sindaco.“

3. Da ultimo, va presa in considerazione la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 della L.r. n. 6/2011 con riferimento agli artt. 3, 49 e 117, comma 2, lett. p) della Costituzione.

I ricorrenti sostengono che la differenza tra la normativa regionale e quella nazionale (che tiene conto dei soli apparentamenti del primo turno) non sarebbe giustificata dalla presenza di quelle “ condizioni locali peculiari” che, secondo la Corte Costituzionale (sentenze nn. 67/2012, 283/2007, 306/2003) giustificherebbero l’adozione di discipline regionali del tutto peculiari e differenti da quelle nazionali (considerando che si tratta di potestà comunque esclusive, sia per lo Stato che per la Regione Siciliana.

La questione, ad avviso del collegio, è manifestamente infondata.

Le decisioni della Corte citate dalla difesa dei ricorrenti hanno ad oggetto l’esercizio del potere legislativo regionale in materia di ineleggibilità e incompatibilità alle cariche elettive, in ordine alle quali vige il rispetto del principio di eguaglianza sancito dall’art. 51 Cost.

È pertanto evidente che la legislazione regionale “esclusiva” che operasse delle differenziazioni rispetto alla legge nazionale (così determinando una evidente disparità di trattamento nell’accesso alle cariche elettive a secondo del luogo di svolgimento delle elezioni) è incostituzionale se non offre delle giustificazioni rispetto alle peculiari condizioni locali.

Tale ragionamento, tuttavia, non può valere per la disciplina del sistema elettorale, che, se di potestà legislativa esclusiva della Regione a Statuto speciale come in Sicilia (ai sensi dell’art. 14, lett. o) dello Statuto Siciliano, la Regione Sicilia ha potestà esclusiva sul “ regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative”), ben può essere diversa dalla normativa nazionale, senza alcuna necessità di motivazioni in ordine alla situazione locale.

Non sarebbe d’altra parte la prima volta che la legge siciliana prevede differenze, anche di particolare rilievo, con la legge nazionale, come correttamente rilevato dalla difesa di alcuni controinteressati.

Sembra altresì indubbio che, con regime degli enti locali, lo Statuto consenta la disciplina autonoma della normativa elettorale, perlomeno nelle disposizioni di dettaglio.

Infine, quanto alla pretesa violazione dell’art. 49 Cost. (strumentalizzazione del voto, già espresso, dell’elettore, da parte dei partiti, in caso di apparentamento al secondo turno), si è già ribadito in motivazione che tale esito è comunque frutto della volontà del cittadino elettore, che deve conoscere la legge e che votando ben è edotto della possibilità che, in caso di ballottaggio, vi sia una nuova strutturazione delle alleanze.

Il ricorso va dunque respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo

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