TAR Venezia, sez. II, sentenza 2012-01-25, n. 201200042

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2012-01-25, n. 201200042
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201200042
Data del deposito : 25 gennaio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00662/2010 REG.RIC.

N. 00042/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00662/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 662 del 2010, proposto da R T e J A, rappresentati e difesi dagli avvocati A M e G V S, con domicilio eletto presso quest’ultima in Venezia, San Marco, 5448;

contro

il Comune di Grancona, in persona del Sindaco pro tempore , non costituito in giudizio;

nei confronti di

G Z e M C, rappresentati e difesi dagli avvocati G S e M B, legalmente domiciliati presso la Segreteria del T.A.R., ai sensi dell’art. 25 c.p.a.;

per l'annullamento

del provvedimento comunale del 17.2.2010 n. 2/2010 di ripristino dello stato dei luoghi del muro comune del vano scala.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei controinteressati G Z e M C;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 dicembre 2011 la dott.ssa Marina Perrelli e uditi l’avvocato Mistrorigo per i ricorrenti e l’avvocato Zago, in sostituzione dell’avvocato Sala, per Zanetti e per Cagnato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

A. I ricorrenti, proprietari di una porzione dell’edificio bifamiliare, sito in Grancona, via Zuccante n. 42, adivano il Tribunale di Vicenza per ottenere la tutela e il riconoscimento del loro diritto a mantenere le luci esistenti nel muro di divisione dei vani scala, tamponate dai controinteressati con dei pannelli.

B. Il Tribunale di Vicenza, con ordinanza del 15.5.2008, riteneva acquisito in capo ai ricorrenti il diritto di servitù di luce per usucapione e per destinazione del padre di famiglia e riconosceva il diritto degli stessi a mantenere le luci esistenti sul muro comune.

C. Con l'ordinanza n. 2 del 17.2.2010, qui impugnata, il Comune di Gancona ordinava ai ricorrenti e ai controinteressati di ripristinare lo stato dei luoghi del muro comune del vano scala in conformità a quanto risultante dagli elaborati progettuali giacché le luci presenti sul detto muro al piano terra e al piano seminterrato non erano rispondenti alle caratteristiche previste dall'articolo 901 c.c. e non risultavano graficamente indicate nel progetto autorizzato.

D. I ricorrenti deducono l'illegittimità dell'ordinanza gravata:

1) per violazione di legge per mancato rispetto del termine di 90 giorni che deve intercorrere tra la comunicazione di avvio del procedimento e l’emissione dell’ordinanza conclusiva e per omessa indicazione del responsabile del procedimento;

2) per eccesso di potere per erroneità dei presupposti, difetto di istruttoria, contrasto con il provvedimento del giudice civile, insufficiente, contraddittoria, illogica motivazione e errata interpretazione e applicazione delle norme del codice civile, assenza di un interesse pubblico prevalente su quello dei privati, inadeguatezza della sanzione irrogata.

E. Il Comune di Grancona non si è costituito in giudizio.

F. I controinteressati G Z e M C, ritualmente costituiti in giudizio, hanno concluso per la reiezione del ricorso, evidenziando che la realizzazione delle contestate aperture non sarebbe, comunque, potuta legittimamente avvenire in forza dell'articolo 83 del Regolamento comunale, ai sensi del quale le scale che collegano più di due piani compreso il piano terra devono essere areate e illuminate direttamente dall'esterno a mezzo di finestre di adeguata superficie.

G. Con l’ordinanza n. 275 del 5.5.2010 il Collegio ha accolto la domanda di misure cautelari, sospendendo l’esecutività dell’ordine di ripristino, ritenendo sussistente il fumus quantomeno in relazione alla dedotta violazione dell’art. 37 del d.P.R. n. 380/2001.

H. Con la successiva ordinanza n. 211 del 24.2.2011 il Collegio ha respinto l’istanza di ottemperanza dell’ordinanza cautelare n. 275/2010, non ritenendo possibile “imporre all’Amministrazione comunale di adottare un ulteriore provvedimento per far eliminare ai controinteressati quanto dagli stessi già fatto in esecuzione di un provvedimento all’epoca legittimo ed efficace, né tantomeno ordinare ai privati un facere , vale a dire la demolizione delle tamponature delle aperture del muro comune”.

I. Alla pubblica udienza del 7.12.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento per le seguenti ragioni.

2. Il Collegio ritiene di dover confermare quanto già statuito in sede cautelare risultando assorbente il secondo motivo di ricorso.

3. Dalla documentazione allegata si evince che l'originario costruttore dell'intero complesso immobiliare, nonché unico proprietario dello stesso, realizzava il muro comune divisorio dei due vani scala munendolo sin dall'inizio delle aperture, oggetto dell’ordine di ripristino, in epoca antecedente la vendita delle due unità agli attuali proprietari.

3.1. Tale situazione di fatto emerge anche dal procedimento civile proposto dai ricorrenti per ottenere la tutela del loro diritto a mantenere le due aperture, chiuse da vetri smerigliati e munite di un’inferriata dal lato dei controinteressati, esistenti sui vani scala che portano ai piani superiori, in quanto realizzate dal dante causa dei ricorrenti e dei controinteressati, all’epoca unico proprietario dell’intero fabbricato: procedimento conclusosi con l’accertamento dell’acquisto per usucapione e per destinazione del padre di famiglia della servitù di luce in capo ai ricorrenti (cfr. ordinanza del 15.5.2008).

3.2. Tanto premesso va, allora, osservato che la realizzazione delle predette aperture può ragionevolmente farsi risalire alla variante interna del fabbricato, già autorizzato con la licenza n. 337/1977, richiesta dall’allora unico proprietario per procedere alla suddivisione in due appartamenti, variante rilasciata l’1.9.1983 e seguita anche dal certificato di abitabilità del 5.9.1983.

3.3. Né basta a giustificare l’ordine di ripristino impugnato la mancata rappresentazione grafica delle rammentate aperture nel progetto di variante alla licenza edilizia 337/1977, giacché le stesse in quanto relative al muro interno ad un immobile – e non a quello di confine tra due proprietà – necessitavano, comunque, tutt’al più del rilascio di una D.I.A..

3.4. Alla luce delle suesposte considerazioni appare allora fondata la dedotta violazione dell’art. 37 del d.P.R. n. 380/2001, ai sensi del quale la realizzazione di interventi in assenza o in difformità dalla D.I.A. comporta l’irrogazione della sola sanzione pecuniaria e non di quella ripristinatoria.

3.5. E, infatti, non può essere considerata applicabile la disposta sanzione demolitoria, la quale si riferisce, al massimo (per effetto del richiamo contenuto nell'art. 33 cit., comma 6/bis, all'art. 22, comma 3, e quindi all'articolo 10, comma primo, lett. c, dello stesso D.P.R.) agli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino aumento di unità immobiliari, ovvero modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici (e, quindi, per quanto sopra, ad interventi diversi da quello realizzato nel caso di specie). Poiché, invece, nella specie, si tratta tutt’al più di intervento eseguito in assenza di denuncia di inizio attività, la sanzione applicabile è quella pecuniaria di cui al citato art. 37 (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 5.5.2011 , n. 2528).

4. Per completezza espositiva, è appena il caso di evidenziare che l'impugnato provvedimento di demolizione non fa assolutamente riferimento, nella sua motivazione, ad altre circostanze.

Non può, quindi, darsi ingresso, nel presente giudizio (ai fini della verifica della legittimità del provvedimento impugnato), all’affermazione contenuta nella memoria dei controinteressati (secondo cui la realizzazione delle predette aperture non sarebbe potuta legittimamente avvenire in forza di quanto disposto dall’art. 83 del Regolamento Edilizio), trattandosi di valutazione del tutto estranea alla motivazione del provvedimento impugnato.

5. In conclusione, il ricorso è fondato e deve essere accolto, con conseguente annullamento dell'impugnata ordinanza.

6. Appaiono sussistere giustificati motivi, in considerazione della natura della controversia, per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.

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