TAR Salerno, sez. I, sentenza 2019-11-07, n. 201901924

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2019-11-07, n. 201901924
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 201901924
Data del deposito : 7 novembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/11/2019

N. 01924/2019 REG.PROV.COLL.

N. 02097/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2097 del 2008, proposto da
L S, rappresentato e difeso dagli avvocati G P e S V, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G P in Salerno, via Roma,61;

contro

il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stao, e per l’effetto domiciliato in Salerno, corso Vittorio Emanuele n.58;

per l'annullamento

del provvedimento prot.n.4405/08 di reiezione dell'istanza del 9/9/08 intesa ad ottenere i benefici ex art.50 comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e dall’art. 5 della legge 5 agosto 1998, n. 303.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 8 ottobre 2019 la dott.ssa A F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente è un magistrato ordinario, collocato a riposo con decorrenza dal 4 agosto 1994 quando era in possesso della qualifica di magistrato di cassazione, idoneo alle funzioni direttive superiori.

In data 9 settembre 2008, ha chiesto al Ministero della giustizia l’attribuzione dei benefici previsti dall’art. 50, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e dall’art. 5 della legge 5 agosto 1998, n. 303.

Con l’atto n. 4405 del 7 ottobre 2008, il Ministero ha respinto l’istanza, rilevando che i benefici in questione non spettano, poiché il richiedente è risultato ‘ già destinatario di provvedimento di rideterminazione stipendiale, conseguente alla applicazione delle norme soppresse dal decreto legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito con modificazioni con legge 8 agosto 1992, n. 359’ .

2. Con il ricorso in esame, l’interessato ha impugnato tale nota ed ha chiesto la condanna del Ministero a rideterminare il suo trattamento economico ed a corrispondergli le differenze retributive ritenute spettanti, con gli accessori di legge.

L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio ed ha chiesto la reiezione del ricorso, deducendo che l’interessato – sulla base dell’istituto dell’allineamento stipendiale - ha anche conseguito un beneficio maggiore rispetto a quello attribuibile ai sensi dell’art. 50, comma 4, della legge n. 388 del 2000.

3. A fondamento del ricorso, il ricorrente ha proposto due articolati motivi.

Con il primo è lamentata la violazione dell’art. 50 della legge n. 388 del 2000, delle leggi n. 393 del 1951 e n. 425 del 1984, degli articoli 3 e 36 della Costituzione, nonché la sussistenza di vari profili di eccesso di potere.

Il ricorrente ha dedotto che:

- si dovrebbe tenere conto della finalità perseguita dal comma 4 dell’art. 50, sicché, malgrado il suo tenore testuale, esso dovrebbe essere interpretato nel senso che comunque spetta il beneficio ivi riconosciuto, quando il precedente provvedimento di allineamento stipendiale abbia attribuito un beneficio di importo inferiore a quello conseguente all’applicazione del medesimo comma;

- diversamente opinando, si verificherebbe una ingiustificata disparità di trattamento.

Con il secondo motivo, è lamentata la violazione della medesima normativa, nonché dell’art. 22, comma 36, della legge n. 724 del 1994 e dell’art. 16, comma 6, della legge n. 412 del 1992, nonché la sussistenza di altri profili di eccesso di potere.

Nel ripetere le considerazioni di cui al primo motivo, il ricorrente ha dedotto che ai sensi dell’art. 50, comma 4, della legge n. 388 del 2000 spetterebbe il riconoscimento della maggiore anzianità prevista dall’art. 5, comma 1, della legge n. 303 del 1998, nonché la retrodatazione ai fini economici della dichiarazione di idoneità alle funzioni direttive superiori.

4. Così sintetizzate le deduzioni del ricorrente (da esaminare congiuntamente per la loro stretta connessione), esse risultano infondate e vanno respinte.

4.1. Va premesso che l’art. 5 della legge n. 303 del 1998 ha disciplinato il trattamento economico spettante al magistrato nominato consigliere di cassazione in attuazione dell’art. 106 della Costituzione e, a tal fine, ha previsto la spettanza del trattamento economico spettante al magistrato ordinario dichiarato idoneo ai fini del conferimento delle funzioni di magistrato di cassazione, avente ‘venti anni di anzianità complessiva nelle qualifiche inferiori e quattro anni di anzianità nella qualifica di magistrato di cassazione’.

In pratica, rispetto ai magistrati ordinari risultati vincitori del relativo concorso (ai quali per la legge n. 425 del 1984 il trattamento economico conseguente alla idoneità per i conferimento delle funzioni di magistrato di cassazione spetta dopo complessivi venti anni di servizio), per i consiglieri di cassazione nominati ai sensi dell’art. 106 della Costituzione l’art. 5 delle legge n. 303 del 1998 aveva previsto la spettanza di un trattamento economico superiore, consistente nel riconoscimento di una ulteriore anzianità figurativa, pari a ‘quattro anni di anzianità nella qualifica di magistrato di cassazione’.

Con l’entrata in vigore dell’art. 5 di tale legge, era stato dunque differenziato il trattamento economico spettante ai magistrati ordinari con funzioni di consigliere di cassazione, poiché ai consiglieri nominati ai sensi dell’art. 106 della Costituzione era stata attribuita una anzianità figurativa ulteriore di quattro anni, con un beneficio consistente nella attribuzione di due scatti biennali di anzianità.

4.2. L’art. 50, comma 4, della legge n. 388 del 2000 ha previsto quanto segue:

‘A decorrere dal 1° gennaio 2001, senza diritto alla corresponsione di arretrati e con assorbimento di ogni anzianità pregressa, ai magistrati di cassazione …. che non hanno fruito degli allineamenti stipendiali conseguenti all’applicazione delle norme soppresse dal decreto legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito con modificazioni dalla legge 8agosto 1992, n. 359, è attribuito, all’atto del conseguimento … della qualifica di consigliere … il trattamento economico complessivo annuo pari a quello spettante ai magistrati di cassazione di cui all’art. 5 della legge 5 agosto 1998, n. 303’.

Con tale disposizione, il legislatore ha attribuito un beneficio ai magistrati ordinari (e alle qualifiche equiparate delle magistrature speciali e della Avvocatura dello Stato), consistente nella attribuzione della anzianità figurativa pari a quattro anni.

L’art. 50, comma 4, ha però subordinato la spettanza di tale beneficio (e di quello consistente nella corrispondente anticipazione del trattamento economico del consigliere idoneo alle funzioni direttive) al non aver ‘fruito degli allineamenti stipendiali’.

Contrariamente a quanto ha dedotto il ricorrente, tale presupposto oggettivo va considerato indefettibile: la disposizione è testuale e chiara sul punto e non è suscettibile di una interpretazione sostanzialmente abrogatrice, che viceversa amplierebbe l’ambito di applicazione del beneficio in questione.

4.3. Il Collegio ritiene che il dato testuale del sopra riportato art. 50, comma 4, della legge n. 388 del 2000 non si pone in contrasto con gli articoli 3 e 36 della Costituzione.

In coerenza con le disposizioni del decreto legge n. 333 del 1992, convertito nella legge n. 359 del 1992, il comma 4 dell’art. 50 ha inteso evitare duplicazioni di benefici, che avrebbero comportato l’ulteriore insorgenza di disparità di trattamento, basate su fattori del tutto casuali, basate sulla mera collocazione nell’ordine del ruolo di appartenenza.

Rileva in materia la pacifica giurisprudenza della Corte Costituzionale, per la quale la ratio dell’art. 2, quarto comma, del decreto legge n. 333 del 1992 è stata quella di eliminare le ‘diseguaglianze’ in materia di trattamenti retributivi, ‘determinate da fattori del tutto casuali (oltre che imprevedibili e incontrollabili)’ (Corte Cost., 26 gennaio 1994, n. 7, § 8;
cfr. anche ord. 24 marzo 1994, n. 105;
ord. 17 novembre 1994, n. 394).

In considerazione della esigenza di evitare il ripetersi di ulteriori ‘diseguaglianze’, con una linea di continuità dapprima il legislatore del 1992 ha soppresso l’istituto dell’allineamento stipendiale e poi l’art. 50, comma 4, della legge n. 388 del 2000 ha attribuito un beneficio ‘a regime’ ai magistrati di carriera aventi la qualifica di consigliere, escludendo la sua spettanza in favore dei magistrati che già avevano avuto in precedenza il beneficio dell’allineamento stipendiale.

Poiché la soppressione dell’istituto in questione si è anche basata sull’esigenza di contenere la spesa pubblica, va esclusa la manifesta irragionevolezza della scelta del legislatore di individuare i beneficiari del beneficio di cui al citato comma 4 esclusivamente tra coloro che non avessero in precedenza fruito dell’allineamento, sicché le relative questioni di costituzionalità si devono dichiarare manifestamente infondate.

5. Per le ragioni che precedono, il ricorso va respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

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