TAR Palermo, sez. I, sentenza 2013-04-23, n. 201300906

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2013-04-23, n. 201300906
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201300906
Data del deposito : 23 aprile 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03045/2000 REG.RIC.

N. 00906/2013 REG.PROV.COLL.

N. 03045/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3045 del 2000, proposto da:
L D, rappresentato e difeso dall’avv. C I, con domicilio eletto presso lo studio del predetto difensore in Palermo, via Sciuti n. 55;

contro

- l’Università degli Studi di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui Uffici, siti in Palermo, via A. De Gasperi n. 81, è per legge domiciliato;

per la condanna

dell’Università degli Studi di Palermo al pagamento, in favore del ricorrente, delle somme, di cui il predetto è creditore, per le causali di cui in ricorso o, in via subordinata e residuale, a titolo di ingiustificato arricchimento;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi di Palermo;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti di causa;

Relatore il primo referendario dott. M C;

Uditi alla pubblica udienza del giorno 26 marzo 2013 i difensori delle parti, presenti come da verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

A. – Con ricorso notificato in data 11 settembre 2000 e depositato il successivo 10 ottobre, il ricorrente – dipendente dell’Università degli Studi di Palermo con la qualifica di Coordinatore Generale Tecnico esecutivo con decorrenza giuridica dal 27.02.1986 ed economica dal 01.01.1988, giusto Decreto Rettorale n. 2608/1994 – si duole di non avere ricevuto le differenze retributive statali, in applicazione del citato Decreto, per gli anni 1988/1990, nonché le differenze ospedaliere relative agli anni 1990/1994.

Chiede, quindi, la condanna dell’intimata amministrazione alla corresponsione delle somme dovute in applicazione del decreto rettorale sopra menzionato, con il favore delle spese.

B. – Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Palermo, contestando il fondamento del ricorso e chiedendone il rigetto.

C. – Parte ricorrente ha depositato memoria difensiva con la quale ha insistito sulla doverosa applicazione del provvedimento emesso dal Rettore, ribadendo le conclusioni già rassegnate con il ricorso.

D. – Alla pubblica udienza del 26 marzo 2013, su conforme richiesta dei difensori delle parti, presenti come da verbale, il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

A. – Viene in decisione il gravame con cui l’odierno ricorrente – vincitore di un concorso bandito dall’Università con l. n. 23/1986 e destinatario di un provvedimento di inquadramento con effetti economici retroattivi – ha chiesto la condanna dell’amministrazione al pagamento delle differenze retributive spettanti in base a detto provvedimento.

A.1. – Il ricorso non è fondato.

La problematica è stata affrontata, e risolta in senso favorevole all’amministrazione, sia da questo Tribunale, sia dal Giudice di Appello.

E’ stato, in particolare, affermato che “ In base ai principi vigenti in tema di pubblico impiego, il provvedimento di nomina del pubblico dipendente ha effetto costitutivo tanto nel caso che dia vita, per la prima volta, al rapporto d’impiego con la Pubblica amministrazione, quanto che dia luogo (come avviene nella specie) ad una progressione nella carriera.

Dall’anzidetta natura consegue che, a meno di una differente ed esplicita previsione normativa, l’espletamento di mansioni superiori, anteriormente alla nomina, ancorchè corrispondenti a quelle della nuova qualifica formalmente conferita, resti improduttivo di effetti sia giuridici che economici senza che, d’altra parte, l’eventuale retrodatazione ai fini giuridici debba comportare anche, necessariamente, retroattivi effetti economici, questi ultimi essendo strettamente collegati all’espletamento delle mansioni proprie della posizione giuridica formalmente conferita… ” (T.a.r. Sicilia, I, 26 settembre 2001, n. 1311, confermata da C.g.a., 23 luglio 2007, n. 708).

Si è, quindi, ritenuta del tutto priva di fondamento la pretesa volta ad ottenere la retrodatazione degli effetti economici del nuovo inquadramento ottenuto – come nel caso di specie – all’esito di un concorso, proprio in virtù degli effetti costitutivi dell’atto di nomina, anche se, in ipotesi, le mansioni oggetto del nuovo superiore inquadramento fossero state già espletate dal lavoratore.

A tale ferrea regola potrebbe, invero, derogarsi solo in caso di esistenza di una previsione legislativa ad hoc, che deroghi al principio generale.

Ora, nel caso di specie, non si rinviene alcuna disposizione specifica in tal senso derogatoria;
né detta disposizione è contenuta negli artt. 22 e 23 della l. n. 23/1986, o nell’art. 20, co. 4, del d.P.R. n. 567/1987 – di cui la p.a. ha fatto applicazione - sicché gli effetti economici debbono farsi decorrere dalla data della nomina, cui va ricollegato l’effettivo inizio delle funzioni alla stessa connesse.

Non convince neppure l’argomento, per cui la p.a. sarebbe obbligata a dare puntuale esecuzione al decreto rettorale, con cui si è disposta la decorrenza retroattiva agli effetti economici, atteso che quell’ atto, avente, per tale parte, natura meramente ricognitiva, non è idoneo a modificare la realtà giuridica e tanto meno a fare sorgere la relativa obbligazione in quanto adottato in assenza della necessaria norma attributiva del potere (v. in tal senso: T.a.r. Sicilia, I, 28 febbraio 2002, n. 604, confermata da C.g.a., 25 marzo 2009, n. 164).

B. – Per le osservazioni che precedono, il ricorso, in quanto infondato, deve essere rigettato.

C. – Il lungo lasso di tempo trascorso dalla proposizione del ricorso induce il Collegio a compensare tra le parti le spese di giudizio.

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