TAR Salerno, sez. I, sentenza 2019-03-21, n. 201900418

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2019-03-21, n. 201900418
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 201900418
Data del deposito : 21 marzo 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/03/2019

N. 00418/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00806/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 806 del 2018, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato U T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via dei Greci, 36;

contro

il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio eletto in Salerno, c.so Vittorio Emanuele, 58;

nei confronti

la società -OMISSIS-. in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento emesso dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti – Direzione Generale Territoriale per il Sud – Ufficio Provinciale di Salerno – -OMISSIS-– Albo Autotrasportatori in data 13/03/2018, prot. n. -OMISSIS-/Albo con il quale si è disposto di non accogliere l'istanza di variazione gestore


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 gennaio 2019 la dott.ssa A F e uditi per le parti i difensori avvocato Truglio per il ricorrente e avvocato Pepe per l’Avvocatura dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Nel presente giudizio è controversa la legittimità del provvedimento con il quale il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti ha disposto di non accogliere l’istanza di variazione gestore, presentata dalla impresa -OMISSIS-, per presunta accertata carenza del requisito di onorabilità del sig. -OMISSIS-.

Quest’ultimo, con articolate censure, impugna il predetto diniego chiedendone l’annullamento.

2. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la illegittimità del provvedimento impugnato il quale avrebbe applicato in via retroattiva i principi del d. lgs 395 del 2000.

Il ricorrente, sul presupposto che tale norma abbia effetti sanzionatori, ritiene che il provvedimento adottato in applicazione di essa sia violativo dei principi costituzionali che vietano la retroattività della norma sanzionatoria.

Con il secondo motivo di ricorso, è dedotta la violazione dell’art. 5, comma 2, lett. d) del d. lgs 395 del 2000.

Secondo la prospettiva del ricorrente, l’ambito di applicabilità della norma è circoscritto alle fattispecie in cui l’interessato ha riportato una condanna a pena detentiva complessivamente superiore a due anni e sei mesi e, tuttavia, tali condizioni non ricorrono nel caso di specie.

Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la illegittimità del provvedimento impugnato per eccesso di potere in quanto esso sarebbe stato adottato dall’amministrazione dopo moltissimi anni dalle intervenute condanne e senza che l’amministrazione abbia adeguatamente valutato la sussistenza di un interesse pubblico prevalente.

3. Si è costituita in giudizio l’amministrazione resistente chiedendo la reiezione del ricorso.

Alla pubblica udienza del 22 gennaio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Per ragioni di ordine logico deve essere prioritariamente scrutinata la censura contenuta nel secondo motivo di ricorso.

Essa non è condivisibile.

Dalla piana lettura dell’art. 5, comma 2, lett. d) del d.lgs 395 del 2000 emerge che “ Non sussiste, o cessa di sussistere, il requisito dell'onorabilità' in capo alla persona che:

abbia riportato, con sentenza definitiva, una condanna a pena detentiva per uno dei delitti di cui al capo I del titolo II o ai capi II e III del titolo VII del libro secondo del codice penale o per uno dei delitti di cui agli articoli, 416, 416-bis, 513-bis, 589, comma 2, 624, 628, 629, 630, 640, 641, 644, 648, 648-bis e 648-ter del codice penale;
per uno dei delitti di cui all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75;
per uno dei delitti di cui alla legge 2 ottobre 1967, n. 895;
per uno dei delitti di cui agli articoli 73, comma 1, e 74 del d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309;
per il delitto di cui all'articolo 189, comma 6 e comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
per il delitto di cui all'articolo 52, comma 3 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
per uno dei delitti di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286;…”.

Diversamente da quanto prospettato dal ricorrente, la norma non indica soglie di punibilità alle quali è collegato l’effetto inibitorio della riconoscibilità in capo all’interessato del requisito di onorabilità.

Il legislatore, infatti, ha ritenuto che a seguito di condanna definitiva per taluno dei reati indicati nella lettera d) del comma 2, venisse meno in capo all’interessato il requisito di onorabilità a prescindere della misura della pena irrogata al reo, tenendo conto solo della particolare natura dei reati commessi.

Viceversa, alla lettera c) del medesimo comma 2, la rilevanza della condanna dipende dalla misura della pena inflitta, riguardando la disciplina ogni reato non colposo.

5. Il primo ed il terzo motivo possono essere trattati congiuntamente, data la loro evidente connessione.

Il ricorrente, infatti, in entrambi i motivi, deduce la illegittimità del provvedimento impugnato avendo riguardo agli effetti di una norma (quella dell’art. 5 del d. lgs 395 del 2000) che egli ritiene di natura sanzionatoria e sopravvenuta alla sua iscrizione nell’albo dei trasportatori.

L’efficacia retroattiva della disposizione violerebbe l’art. 25 della Costituzione ed il legittimo affidamento dell’interessato.

Le censure non possono essere condivise.

Va in primo luogo evidenziato che l’art. 5 del d. lgs 395 del 2000 non ha natura sanzionatoria.

Essa, piuttosto, disciplina i casi in cui, in presenza di determinati presupposti riconducibili a specifiche condotte degli interessati, viene meno il requisito di onorabilità ed in conseguenza di ciò non può essere conseguita l’iscrizione nell’albo dei trasportatori.

La Corte Costituzionale, nel respingere le prospettate questioni di illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 2, lettera g) del d. lgs 395 del 2000, ha precisato che: “ 3.2 Le disposizioni censurate, dunque, delineano un meccanismo automatico di perdita dei requisiti di onorabilità, sulla base di un bilanciamento in astratto effettuato dal legislatore, che ha imposto un’attività rigidamente vincolata all’amministrazione.

La giurisprudenza costituzionale ha ritenuto in più casi non legittimi gli automatismi legislativi, anche in materie ove sia riconosciuta un’ampia discrezionalità al legislatore, come è accaduto per la sanzione della destituzione automatica nei confronti dei pubblici dipendenti e dei professionisti, senza la mediazione del procedimento disciplinare (sentenze n. 268 del 2016, n. 234 del 2015, n. 329 del 2007, n. 2 del 1999, n. 363 e n. 239 del 1996, n. 16 del 1991, n. 158 e n. 40 del 1990 e n. 971 del 1988). In tali casi, infatti, questa Corte ha sostenuto che il principio di proporzionalità postula l’adeguatezza della sanzione al caso concreto e tale adeguatezza non può essere raggiunta se non attraverso la concreta valutazione degli specifici comportamenti messi in atto nella commissione dell’illecito (sentenza n. 170 del 2015;
nello stesso senso le sentenze n. 265 del 2010 e n. 220 del 1995).

Tuttavia, tale principio non è stato ritenuto applicabile “nei casi in cui la legge preveda la decadenza automatica da ruoli o da autorizzazioni all’esercizio di determinate attività come conseguenza della perdita di un requisito soggettivo necessario per l’accesso e per la permanenza nel ruolo o per la prosecuzione del rapporto autorizzatorio” (sentenza n. 2 del 1999).

Tale è il caso disciplinato dall’art. 5 del d.lgs. n. 395 del 2000. Il provvedimento di revoca e cancellazione, infatti, non ha carattere punitivo o afflittivo e non si configura quale pena accessoria, che sarebbe invece inibita al decreto penale di condanna, ma è una misura conseguente alla constatazione della sopravvenuta perdita dei “requisiti di onorabilità” prescritti per l’esercizio dell’attività in questione, che devono permanere in corso di attività.”. (Corte Costituzionale, sentenza n. 161 del 2018).

Ciò posto, superata ogni questione sulla natura punitiva della norma in esame, va rilevato come essa conferisca alla amministrazione un potere di natura vincolata.

In presenza dei presupposti indicati dalla norma ed in specie rappresentati dall’aver riportato l’interessato due condanne definitive per taluni dei reati indicati nell’art. 5, comma 2, lett. d) del D. Lgs 395 del 2000, doverosamente l’amministrazione ha ritenuto non sussistente in capo all’interessato il requisito di onorabilità richiesto ai fini della iscrizione nell’albo dei trasportatori, adottando il provvedimento di diniego impugnato.

6. Per quanto sin qui esposto, il ricorso è infondato e va respinto.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

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