TAR Ancona, sez. I, sentenza 2010-07-16, n. 201003105

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2010-07-16, n. 201003105
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 201003105
Data del deposito : 16 luglio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01700/1989 REG.RIC.

N. 03105/2010 REG.SEN.

N. 01700/1989 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 1700 dell’anno 1989 Reg. Gen., proposto da P.S., nata il 26.12.1949, residente in Pesaro, rappresentata e difesa dagli avv.ti M T e S C, anche disgiuntamente, con domicilio già eletto in Ancona, al Corso Stamira, n. 40, presso lo studio dell’avv. A P B, e, quindi, con domicilio eletto in Ancona, alla Via de Bosis, n. 3, presso lo studio dell’avv. G C;

contro

- il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Ancona ed in Ancona, presso gli uffici della medesima Avvocatura Distrettuale, legalmente domiciliato;

- la Direzione Provinciale delle Poste e Telecomunicazioni di Pesaro e Urbino, in persona del Direttore p.t.;

a) per l'annullamento

della determinazione prot. n. DCP/5/2/2546/88/PL, assunta in data 8 agosto 1989 dal Direttore Centrale per il Personale del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni – Direzione Generale – Direzione Centrale Personale, con la quale si è stabilito che l’infortunio occorso il 31.5.1988 all’Operatore Specializzato di Esercizio -OMISSIS- (e consistente nella “frattura piatto tibiale esterno ginocchio sn”, riportata cadendo sulla strada, mentre, con la propria bicicletta, ritornava a casa, dopo aver terminato il servizio) non veniva “riconosciuto indennizzabile”;

………………………….. b) per l’annullamento ………………….

di ogni altro atto antecedente, connesso e/o conseguente alla determinazione direttoriale di cui sopra;
ed, in particolare:

- della comunicazione del Direttore Provinciale P.T. di Pesaro e Urbino prot. n. 39904/1-S in data 13.5.1989, con la quale la ricorrente è stata resa edotta, ai sensi e per gli effetti dell’art. 104 del D.P.R. 30.6.1965, n. 1124, che ella era stata dichiarata guarita con postumi del 15% a decorrere dal 15.2.89;

………………………… c) per la declaratoria …………………….

del diritto della ricorrente alla corresponsione della rendita di invalidità ex art. 2 del D.P.R. 30.6.1965, n. 1124 nella misura prevista per il grado di inabilità permanente che sarebbe stato accertato con separato giudizio;

………………………… d) e per la declaratoria …………………

del diritto della ricorrente ad un equo indennizzo per infermità ai sensi dell’art. 68, 8° comma del D.P.R. 10.1.1975, n. 3;

- Visto il ricorso, datato il 10.11.1989, con i relativi allegati;

- Visto l’atto di costituzione del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni, in persona del Ministro in carica, prodotto il 14.3.1992;

- Viste le memorie prodotte dalla ricorrente il 22.2.2007 e dal Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni l’1.3.2007, a sostegno delle rispettive difese;

- Visti gli atti tutti della causa;

- Relatore, alla pubblica udienza del 21 marzo 2007, il Consigliere avv. L T;

- Udito l'avv. S C per la ricorrente.

- Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO



1. Con il presente ricorso giurisdizionale amministrativo la sig.ra -OMISSIS-, nata a Cantiano il 26.12.1949, all’epoca dipendente dell’Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni con la qualifica di “operatore specializzato di esercizio”, in servizio con mansioni di sportellista presso la Direzione Provinciale P.T. di Pesaro e Urbino ed essendo addetta all’Ufficio principale di Pesaro – Città, chiedeva:

- A) l’annullamento della determinazione DCP/5/2/2546/88/PL, assunta in data 8.8.1989 dal Direttore Centrale per il personale del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni – Direzione Generale – Direzione Centrale Personale, con la quale si era stabilito che l’infortunio a lei occorso il 31.5.1988, alle ore 13,10 (e consistente nella “frattura piatto tibiale esterno ginocchio sn”, riportata cadendo sulla strada, mentre, con la propria bicicletta, ritornava a casa, dopo aver terminato il servizio) non veniva “riconosciuto indennizzabile” (capo A dell’epigrafe);

- B) l’annullamento di ogni altro atto antecedente, connesso e/o conseguente, con particolare riferimento alla comunicazione del Direttore Provinciale P.T. di Pesaro e Urbino prot. n. 39904/1-S in data 13.5.1989, con la quale la ricorrente era stata resa edotta, ai sensi e per gli effetti dell’art. 104 del D.P.R. 30.6.1965, n. 1124, che ella era stata dichiarata guarita con postumi del 15% a decorrere dal 15.2.1989 (capo B dell’epigrafe);

- C) l’accertamento del proprio diritto alla corresponsione della rendita di invalidità ex art. 2 del D.P.R. 30.6.1965, n. 1124 nella misura prevista per il grado di inabilità permanente che sarebbe stato accertato con separato giudizio (capo C dell’epigrafe);

- D) l’accertamento del proprio diritto ad un equo indennizzo per infermità secondo la previsione dell’art. 68, 8° comma del D.P.R. 10.1.1957, n. 3 (capo D dell’epigrafe).

A sostegno del gravame la ricorrente esponeva in fatto:

- di aver subito un infortunio il giorno 31.5.1988, allorché si apprestava a raggiungere in bicicletta la propria abitazione al termine dell’attività lavorativa espletata con orario 7 – 13 presso l’Ufficio principale di Pesaro – Città;

- che l’incidente si era verificato alle ore 13,10 circa in via G. Bruno, nel tratto antistante l’uscita di servizio del personale;

- che all’Ospedale di Pesaro, dove era stata trasportata, le era stata diagnosticata la frattura del piatto tibiale esterno del ginocchio sinistro;
per il che ella subiva un intervento chirurgico, con applicazione di una piastra e di undici chiodi metallici;

- che, rientrata a casa dopo diciassette giorni di degenza, si sottoponeva a lunghe cure riabilitative con modesti risultati, tanto che i medici curanti consigliavano un secondo intervento chirurgico, all’epoca non ancora eseguito;

- che era rientrata in servizio il 15.2.1989;

- che, però, aveva dovuto interromperlo dal 29.4. al 13.9.1989, per seguire un ulteriore ciclo di cure;

- che, con lettera n. 39904/1-S del 13.5.1989, il Direttore Provinciale le aveva comunicato che l’Amministrazione la dichiarava guarita a decorrere dal 15.2.1989 con postumi del 15 per cento;

- che tale giudizio medico era stato da lei contestato a mezzo di certificato medico recante una quantificazione dell’invalidità permanente del 25 per cento;

- che, con nota del Direttore Provinciale in data 8.9.1989, le era stata successivamente trasmessa la qui impugnata determinazione assunta l’8.8.1989 dalla Direzione Centrale del personale, con cui si stabiliva che l’infortunio occorsole non era “riconosciuto indennizzabile”;

e deduceva il seguente, articolato motivo di diritto:

Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del D.P.R. 30.6.1965, n. 1124. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, incongruità e difetto di motivazione.

- L’impugnata determinazione, escludendo l’indennizzabilità dell’infortunio occorso alla ricorrente, costituiva violazione e falsa applicazione dell’art. 2 de D.P.R. n. 1124/1965, norma applicabile anche ai dipendenti dello Stato e delle aziende autonome statali ai sensi dell’art. 190 dello stesso D.P.R.

- Secondo l’Amministrazione postale, l’infortunio non sarebbe stato indennizzabile non ricorrendo le condizioni previste nella circolare n. 5/1984 e per contrasto con una non meglio definita “giurisprudenza più attuale”.

- O, proprio esaminando tale Circolare, si ricavava il principio dell’indennizzabilità degli infortuni in itinere qualora le circostanze in cui essi si erano verificati fossero tali da determinare un vincolo con la prestazione dell’attività lavorativa;
ed, al di fuori dei casi di incidenti subiti dai dipendenti a bordo dei mezzi messi a disposizione dell’Amministrazione, si ricavava pure che erano indennizzabili gli infortuni subiti dal personale che “per motivi di urgenza o per particolari evenienze fosse costretto a fare uso di mezzi diversi di quelli pubblici”;
e si dettavano precise disposizioni per verificare se l’uso di mezzi privati trovasse giustificazione nelle specifiche situazioni di fatto relative ai dipendenti interessati.

La ricorrente si serviva abitualmente della bicicletta per raggiungere la propria abitazione al fine di evitare il disagio di una prolungata assenza dalla famiglia, tenuto conto della vicinanza dell’abitazione stessa dalla sede dell’ufficio – il quale era ubicato in zona preclusa alla circolazione degli autoveicoli privati e pubblici – e tenuto conto della frequenza, prevista ogni trenta minuti, delle corse dell’autobus in servizio nella zona della abitazione stessa. In tale situazione, la bicicletta era l’unico mezzo per raggiungere casa in breve tempo.

Dunque sussistevano le condizioni per l’indennizzabilità dell’infortunio seppur nella ristretta previsione della circolare.

- Secondo l’insegnamento costante del Consiglio di Stato, l’infortunio subito dal lavoratore nel percorrere, con mezzo proprio, la distanza tra la sua abitazione ed il luogo di lavoro andava ascritto a causa di servizio anche in mancanza di un rischio specifico e aggravato e, più in generale, ogni qualvolta non ricorresse la colpa grave del dipendente.

- Nella fattispecie, la dinamica dell’incidente e la mancanza di specifica contestazione da parte dell’Amministrazione escludevano la colpa grave della ricorrente. Ne conseguiva l’indennizzabilità dell’infortunio: la ricorrente aveva seguito un percorso normale ed abituale, nel quale non sussistevano rischi speciali;
e non erano rinvenibili, nella sua condotta, né dolo né colpa grave.

- Analogo orientamento era stato reiteratamente espresso dalla S.C. di Cassazione, la quale riteneva indennizzabile l’infortunio in itinere nelle ipotesi in cui si accertasse: a) la sussistenza di un nesso eziologico tra il percorso seguito e l’evento, nel senso che tale percorso costituiva per l’infortunato l’iter normale per recarsi al lavoro o per tornare alla sua abitazione;
b) la sussistenza di un nesso causale tra itinerario ed attività lavorativa, nel senso che il primo non doveva essere percorso dal dipendente per ragioni personali o in orari non ricollegabili, nella loro immediatezza temporale, alla seconda;
c) la necessità dell’uso del mezzo privato adoperato dal lavoratore per il collegamento tra abitazione e luogo di lavoro, considerati gli orari lavorativi e dei pubblici servizi di trasporto.

Le particolari circostanze di tempo e di luogo in cui si era svolto l’evento, nonché la vicinanza tra l’ufficio e l’abitazione della ricorrente, riconducevano, secondo l’indirizzo della S.C., al riconoscimento dell’indennizzabilità dell’infortunio in itinere da lei subito.

- Inoltre la determinazione impugnata appariva priva di una motivazione autonoma ed esauriente, rinviando ad una non ben precisata “giurisprudenza più attuale” che sarebbe stata riportata anche nella circolare n. 5/1984.

L’esame della circolare stessa portava invece a rilevare la totale assenza di qualunque giurisprudenza civilistica o amministrativa, con la conseguenza che la determinazione impugnata era illegittima anche per inesistenza dei presupposti e carenza di motivazione (Cfr. Cons. di Stato, V^ Sez., 24.5.1988, n. 355, secondo cui gli atti amministrativi incidenti negativamente sulla sfera giuridica degli interessati necessitavano di una congrua motivazione, sì da permettere la verifica, in sede giurisdizionale, dell’iter logico seguito e delle ragioni che li avevano determinati).

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