TAR Bari, sez. II, sentenza 2011-01-21, n. 201100127

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2011-01-21, n. 201100127
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201100127
Data del deposito : 21 gennaio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01532/2006 REG.RIC.

N. 00127/2011 REG.PROV.COLL.

N. 01532/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1532 del 2006, proposto da:
F A, rappresentato e difeso dagli avv. C A C e A M, con domicilio eletto presso C A C in Bari - S. Spirito, via Fratelli Mannarino, 45 Sc. B, int. 1;

contro

Università degli Studi di Bari, rappresentata e difesa dagli avv. D C e P S, con domicilio eletto presso il proprio Ufficio Legale in Bari, piazza Umberto I, 1;
Azienda Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico di Bari, rappresentata e difesa dall’avv. A D D, con domicilio eletto presso A D D in Bari, piazza Giulio Cesare, 11;
Regione Puglia, rappresentata e difesa dall’avv. Lucrezia Girone, con domicilio eletto presso l’Avvocatura della Regione Puglia in Bari, Lungomare Nazario Sauro, 31-33;

per l’accertamento

del diritto del ricorrente a percepire l’indennità retributiva di posizione variabile a far tempo dal 1998;

e per la condanna dell’Università degli Studi di Bari al pagamento in favore del ricorrente, a titolo di retribuzione di posizione variabile, dell’importo di €. 34.605,37, oltre agli interessi legali ed alla rivalutazione monetaria a far tempo dalla maturazione delle singole voci di credito e sino al dì dell’effettivo soddisfo;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Università degli Studi di Bari, della Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari e della Regione Puglia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2010 il dott. F C e uditi per le parti i difensori l’avv. Carmine A. Catacchio, l’avv. Bianca Massarelli, su delega dell’avv. D.co Carbonara, l’avv. L. Girone e l’avv. A D D;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Il presente ricorso deve essere respinto in quanto infondato.

A tal riguardo va evidenziato preliminarmente che la fattispecie oggetto del ricorso in esame è sostanzialmente coincidente - in punto di diritto - con quella recentemente decisa dal Consiglio di Stato con sentenza n. 7242/2010.

Pertanto, stante la manifesta infondatezza del ricorso introduttivo alla luce del principio di diritto affermato da Cons. Stato, Sez. VI, 30 settembre 2010, n. 7242, ritiene questo Collegio di adottare una sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 74 cod. proc. amm. con motivazione consistente in “un sintetico riferimento al precedente conforme” rappresentato appunto dalla citata decisione del Consiglio di Stato.

Invero, secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato nella menzionata decisione:

«…………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………

FATTO

1.Il prof. M Q ed altri medici specializzati che, quali docenti dipendenti dell’Università degli Studi di Bari, prestavano attività di assistenza ai malati in regime di convenzione con l’Azienda ospedaliero-universitaria del Policlinico di Bari, adivano, con più ricorsi, il T.a.r. della Puglia, Bari, chiedendo il riconoscimento del diritto alla equiparazione del proprio trattamento economico stipendiale a quello del personale medico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) di pari funzioni, mansioni ed anzianità, con conseguente condanna dell’Amministrazione al pagamento delle somme dovute a tale titolo, quantificate mediante l’applicazione del contratto collettivo nazionale di categoria, oltre ad interessi e rivalutazione nonché al versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi dovuti.

Nei loro gravami i ricorrenti denunciavano, in sostanza, l’illegittimità del comportamento dell’Amministrazione universitaria che, in relazione alla espressa richiesta di pagamento delle somme a loro spettanti a titolo di quota variabile delle indennità di posizione e di risultato, nonché di incrementi contrattuali relativi agli emolumenti stipendiali fissi e alle parti fissa e variabile delle citate indennità, aveva riconosciuto, in astratto, il diritto degli istanti alla richiesta equiparazione, ma, in concreto, aveva “tergiversato”, rinviando, quindi, l’effettiva corresponsione dei relativi emolumenti a causa dell’asserita necessità di definire gli aspetti tecnici inerenti la determinazione e la destinazione dei fondi relativi con le altre amministrazioni interessate.

Questi, comunque, i motivi essenziali dedotti a sostegno dei ricorsi:

a) violazione dell’art. 31 del D.P.R. n. 761 del 1979, dell’art. 102 comma 2 del D.P.R. n. 382 del 1980, degli artt. 5 e 6 del D. Lgs. n. 517 del 1999, dell’art. 3 comma 2 del D.P.C.M. 24 maggio 2001;

b) violazione dell’art. 6 del D. Lgs. n. 517/1999, dell’art. 3, comma 2, lett. d) del D.P.C.M. del 24 maggio 2001 e dell’art. 7 del Protocollo d’Intesa tra Regione Puglia e Università degli Studi di Bari siglato il 12 marzo 2003.

L’Università degli Studi di Bari, costituitasi in giudizio, chiedeva in via preliminare l’autorizzazione alla chiamata in causa dell’Azienda ospedaliero-universitaria del Policlinico barese e della Regione Puglia, ritenendo la causa ad esse comune;
nel merito concludeva per il rigetto dei ricorsi attesa la loro infondatezza.

2. Con le sentenze in epigrafe specificate, l’adito T.a.r. accoglieva i gravami come sopra proposti, dichiarando, in loro parziale accoglimento, il diritto degli istanti alla equiparazione del loro trattamento economico stipendiale a quello del personale medico del SSN di pari funzioni, mansioni ed anzianità e al pagamento delle somme dovute a tale titolo, sulla base dei criteri di congruità e proporzione dei trattamenti aggiuntivi di posizione e di risultato da definirsi nell’”atto aziendale” ai sensi dell’art. 7 del Protocollo d’intesa del 12.3.2003 stipulato tra la Regione Puglia e l’Università degli Studi di Bari, con decorrenza dalla data della effettiva assunzione delle funzioni (oltre ad interessi e rivalutazione nonché al versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi dovuti) e condannava, per l’effetto, l’Ateneo a corrispondere ai ricorrenti le pretese indennità, con interessi e rivalutazione, dopo avere dichiarato inammissibile la domanda di condanna al pagamento delle voci indennitarie sopra menzionate calcolate mediante l’applicazione del CCNL vigente nonché di quantificazione degli importi ritenuti dovuti, in assenza dell’atto aziendale e della determinazione di criteri di congruità e proporzione.

3. Avverso tali sentenze ha interposto gli appelli in epigrafe indicati l’Università degli Studi di Bari, la quale - nel sostenere l’erroneità delle statuizioni dei primi giudici, con riguardo, in particolare, al riconoscimento in favore dei ricorrenti, in “aggiunta” alla indennità di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 761/1979, delle retribuzioni di posizione e di risultato di cui all’art. 6 del D.Lgs. n. 517/1999 - ha dedotto i seguenti motivi di diritto:

A) “violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del D.P.R. n. 761/1991, dell’art. 6 del D.Lgs. n. 517/1999, del D.P.C.M. 24.5.2001, dell’art. 7 del Protocollo d’intesa tra Regione Puglia e Università”;
in quanto gli appellati odierni, e quindi anche il

TAR

Puglia che ha accolto le loro domande, sono incorsi in una errata interpretazione e applicazione delle disposizioni anzidette, avendo ritenuto che “le indennità di posizione e di risultato di cui al primo comma dell’art. 6 D.Lgs. n. 517/99 ….. non sono previste in sostituzione dell’indennità equiparativa (di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 761/1999) ma in aggiunta alla stessa”, giacché “non sono fungibili tra loro assolvendo ciascuna ad una propria specifica funzione”;
assunto questo del tutto erroneo poiché le indennità, ad avviso degli appellanti, sono da ritenersi invece in rapporto di rigida alternatività tra loro;

B) “ illegittimità del rigetto della richiesta di chiamata in garanzia dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Bari e della Regione Puglia”, atteso che tali soggetti sono obbligati alla provvista, in favore dell’Università appellante, dei mezzi finanziari necessari per assicurare la “equiparazione” di cui si discute, e tanto mediante l’adozione dell’atto aziendale da parte della detta Azienda, peraltro specificamente richiamato nella sentenza impugnata.

Nelle conclusioni l’Ateneo appellante ha chiesto che le gravate pronunce, nei limiti indicati, siano riformate, previa loro sospensione, e per l’effetto, che i ricorsi di primo grado siano respinti.

Ricostituitosi il contraddittorio nella presente fase di giudizio, gli originari ricorrenti hanno replicato, con articolate memorie, alle deduzioni ex adverso svolte dall’Università degli Studi di Bari, contestandone la fondatezza e concludendo per la reiezione dei gravami in appello.

Nella camera di consiglio del 9 gennaio 2009, fissata per l’esame delle istanze cautelari, il Consiglio di Stato, Sezione VI, ha accolto, con varie ordinanze, le istanze medesime, sospendendo

per l’effetto l’esecuzione delle decisioni impugnate.

Successivamente, avverso le stesse sentenze in epigrafe specificate, è stato proposto, da parte degli originari ricorrenti, appello incidentale, con cui è stata chiesta (in via principale) la riforma delle sentenze stesse nella parte in cui il giudice di prime cure ha ritenuto inammissibile la quantificazione degli importi dovuti a titolo di indennità di posizione e risultato, in assenza dell’atto aziendale e della determinazione di criteri di congruità e proporzione, da definirsi ai sensi dell’art.7 del Protocollo di intesa (con condanna dell’Amministrazione universitaria a corrispondere agli interessati le rivendicate indennità) ed, inoltre, (in via subordinata) la parziale riforma delle impugnate sentenze, con conseguente riconoscimento del diritto dei ricorrenti originari alla corresponsione del trattamento equiparativo riconosciuto dalla legge fino alla concreta applicazione dell’art.6 del D.gs. n.517/1999 e, quindi, alla corresponsione delle indennità aggiuntive di risultato e di posizione nella quantificazione specificata nei ricorsi di primo grado.

Con apposite memorie l’Università degli Studi di Bari ha controdedotto, poi, alle argomentazioni degli appelli incidentali anzidetti, eccependone l’inammissibilità per intervenuta acquiescenza alle sentenze sopra menzionate, per difetto di interesse e per “generica riproposizione delle censure avanzate in primo grado e mancanza di specifici motivi di doglianza” e sostenendone, nel merito, l’infondatezza. Ha concluso, quindi, l’Ateneo ricorrente, da un parte, per l’accoglimento degli appelli principali, con conseguente riforma delle sentenze impugnate, nei limiti ivi previsti, e reiezione dei ricorsi di primo grado;
dall’altra, per il rigetto in toto degli appelli incidentali perché inammissibili e infondati.

La parte appellata, con memoria successivamente depositata, ha replicato, infine, alle deduzioni svolte dall’Università, concludendo per la reiezione degli appelli principali e per l’accoglimento di quelli incidentali.

4. Nella pubblica udienza del giorno 28.5.2010, le cause, sulle conclusioni ivi precisate dalle parti, sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

1.Il Collegio ritiene, preliminarmente, che debba disporsi la riunione, ai fini di un’unica decisione, di tutti ricorsi in appello in epigrafe indicati, in quanto concernenti le stesse questioni di diritto e soggettivamente connessi.

2.Nel merito i ricorsi stessi devono essere accolti.

3.Prima di esaminare i rilievi mossi negli odierni appelli, giova fare cenno, anzitutto, al quadro normativo di riferimento, che, per quanto qui interessa, può essere così delineato con riguardo alla disciplina più recente:

I) in primo luogo, va fatto cenno al D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 e al D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, i quali (rispettivamente all’art. 31 e all’art. 102) hanno provveduto ad assicurare la equiparazione del trattamento economico complessivo del personale sanitario universitario a quello del personale, di pari mansioni, funzioni e anzianità, dipendente dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN), riconoscendo agli universitari il diritto a percepire un’indennità avente natura integrativa e stipendiale;
più specificamente, mentre il D.P.R. n. 761/1979 ha previsto che al personale universitario che presta servizio presso policlinici, cliniche ed istituti universitari di ricovero e cura convenzionati con le Regioni e le Unità sanitarie locali è corrisposta una indennità nella misura occorrente per equiparare il trattamento economico a quello goduto dal personale delle Unità sanitarie locali di pari funzioni, mansioni ed anzianità, con onere a carico dell’Università, l’art. 102 cit. ha fissato le corrispondenze funzionali tra il personale medico del S.S.N. e quello universitario, prevedendo che i ricercatori che prestano attività assistenziale presso le cliniche e gli istituti di ricovero e cura, convenzionati ai sensi della legge n. 833 del 1978, assumono, per ciò che concerne l’assistenza, i medesimi diritti del personale di corrispondente qualifica del ruolo sanitario, disponendo inoltre che deve essere assicurata l’equiparazione del trattamento economico complessivo, corrispondente a quello del personale, di pari mansioni, funzioni ed anzianità, dipendente dal SSN.

II) in secondo luogo, va ricordato il D. Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, avente ad oggetto la disciplina dei rapporti fra SSN e Università, che disciplina il trattamento economico dei docenti universitari che svolgono attività assistenziale, prevedendo, tra l’altro:

- all’art. 5, comma 2, che siano estese ai professori e ricercatori universitari, per quanto attiene all’esercizio dell’attività assistenziale, al rapporto con le aziende e a quello con il direttore generale, le norme stabilite per il personale del SSN e che dell’adempimento dei doveri assistenziali il personale universitario risponde al direttore generale, al pari del personale ospedaliero;

- all’art. 5,comma 13, che gli incarichi di direzione di struttura semplice o complessa nonché quella di direzione dei programmi, attribuiti a professori e ricercatori universitari, siano soggetti alle valutazioni e verifiche previste dalle norme vigenti per il personale del servizio sanitario nazionale;

- all’art. 6, comma 1, che, oltre ai compensi legati alle particolari condizioni di lavoro, ove spettanti, e oltre al trattamento economico erogato dall’università, sia riconosciuta l’attribuzione di due trattamenti aggiuntivi graduati rispettivamente in relazione alle responsabilità e ai risultati;

- all’art. 6, comma 2, che i trattamenti di cui al comma 1 siano “erogati nei limiti delle risorse da attribuire ai sensi dell’articolo 102, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 382 del 1980, globalmente considerate” e siano definiti “secondo criteri di congruità e proporzione rispetto a quelle previste al medesimo scopo dai contratti collettivi nazionali di lavoro di cui all’articolo 15 del decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modificazioni”(trattamenti questi da adeguarsi “in base agli incrementi previsti dai contratti collettivi nazionali per il personale sanitario del servizio sanitario nazionale) e che, inoltre, il trattamento economico di equiparazione in godimento all’atto dell’entrata in vigore del presente decreto debba essere “conservato fino all’applicazione delle disposizioni di cui al comma 1”;
fermo restando, come precisato al comma 4, che ove siano incompatibili con il decreto stesso “sono comunque abrogate le parti dell’articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica n. 382/1980 che disciplinano l’attribuzione del trattamento economico integrativo”;

- infine, anche all’art. 8, comma 8, del medesimo D. Lgs. n. 517 del 1999, relativo alle “norme transitorie e finali”, secondo cui “le disposizioni del presente decreto concernenti il personale universitario si applicano a tutto il personale universitario in servizio presso le aziende ed i presìdi di cui all’articolo 2 ivi compresi gli attuali policlinici a gestione diretta, le aziende ospedaliere in cui insiste la prevalenza del biennio clinico della facoltà di medicina, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonché al personale universitario comunque in servizio presso altri istituti e strutture pubbliche o private che erogano assistenza sanitaria”.

Dal quadro normativo sopra delineato emerge, in definitiva, l’avvenuta istituzione, con il D.Lgs n. 517 del 1999, di un nuovo regime economico per i docenti e i ricercatori medici, caratterizzato dai trattamenti aggiuntivi di posizione e di risultato;
l’abrogazione dell’art. 102 del D.P.R. n. 382/1980, ai sensi del comma 4 sopra citato, nella parte in cui si prevedeva il trattamento economico integrativo di equiparazione (cd. indennità De Maria) e, infine, la conservazione del predetto trattamento di equiparazione fino all’entrata in vigore del nuovo regime retributivo di cui al citato art. 6.

4. Alla stregua della richiamata normativa, deve essere ora affrontato il “thema decidendum”, riproposto dall’Università degli studi di Bari nell’attuale fase di giudizio, che attiene, nella sostanza, al problema se le indennità di posizione e di risultato di cui all’art. 6, comma 1, del D. Lgs. n. 517 del 1999, siano previste in sostituzione dell’indennità equiparativa, ovvero siano previste in aggiunta alla stessa e se, quindi, debba riconoscersi o no, nel caso in esame, il diritto alla corresponsione dell’indennità perequativa in favore dei ricorrenti originari e perciò l’obbligo di pagamento, a carico dell’Amministrazione, della medesima indennità anche qualora si sia già verificata l’attribuzione delle indennità di posizione e risultato suddette in favore degli interessati.

4.1. In proposito il T.a.r. - nell’accogliere il primo motivo dei ricorsi originari, volto a denunciare la violazione dell’art. 31 del D.P.R. n. 761 del 1979, dell’art. 102 c. 2 del D.P.R. n. 382 del 1980, degli artt. 5 e 6 del D. Lgs. n. 517 del 1999 dell’art. 3 c. 2 del D.P.C.M. 24 maggio 2001 e , quindi, delle norme che, nel loro combinato disposto, hanno previsto, l’equiparazione del trattamento retributivo del medico universitario che svolge attività assistenziale a quello percepito dal personale sanitario ospedaliero di pari mansioni, funzioni ed anzianità - ha rilevato, in particolare:

- che l’art. 6 del D. Lgs. n. 517 del 1999, non ha abolito il trattamento economico di equiparazione, ma si è limitato ad adeguare il regime retributivo del personale universitario che svolge attività assistenziale a quello previsto per il personale ospedaliero, giacché dalle relative disposizioni si evince che il personale universitario che svolge attività assistenziale mantiene il diritto alla equiparazione, tant’è che i trattamenti aggiuntivi di cui al comma 1 del medesimo art. 6 cit. sono riconosciuti ai professori e ricercatori universitari che svolgono attività assistenziale in aggiunta ed "oltre al trattamento economico erogato dall’università";

- che una delle voci che compongono il "trattamento economico erogato dall’università" è proprio l’indennità di equiparazione la quale, quindi, viene garantita comunque;

- che la stessa giurisprudenza costituzionale ha affermato che l’indennità di equiparazione costituisce una componente del complessivo trattamento economico spettante al professore universitario quando svolga attività assistenziale sanitaria e come tale essa è utile ai fini assistenziali e previdenziali;

- che, di conseguenza, le indennità di posizione e di risultato di cui all’art. 6, comma 1, del D. Lgs. n. 517 del 1999, non sono previste in sostituzione dell’indennità equiparativa, ma in aggiunta alla stessa, non essendo queste fungibili tra loro per assolvere ciascuna ad una propria specifica funzione;

- che dunque - sebbene nel caso di specie l’Ateneo di Bari abbia riconosciuto, in astratto, il diritto del personale universitario in convenzione all’equiparazione economico-giuridica al corrispondente personale ospedaliero, rinviando, tuttavia, a successiva data da destinarsi la fissazione di un incontro con i vertici dell’Azienda Policlinico per la definizione della controversia e postergando, quindi, l’erogazione delle indennità in questione alla regolamentazione interna dei rapporti con l’azienda ospedaliera - l’ Ateneo medesimo ha, di fatto, “illegittimamente vulnerato il diritto di parte ricorrente a percepire il trattamento economico equiparativo al corrispondente personale ospedaliero”;
sicché andava riconosciuto, in accoglimento delle censure dedotte dagli interessati, il loro diritto alla equiparazione del relativo trattamento economico stipendiale a quello del personale medico del SSN di pari funzioni, mansioni ed anzianità e al pagamento delle somme dovute a tale titolo, dalla data della effettiva assunzione delle funzioni, oltre ad interessi e rivalutazione, nonché al versamento dei contributi previdenziali ed assicurativi dovuti.

4.2 Le anzidette statuizioni dei primi giudici vengono ora contestate negli appelli in esame proposti dall’Università degli studi di Bari, attraverso i seguenti rilievi.

A) i ricorrenti originari sarebbero incorsi, e così pure il giudice di prime cure, in un’erronea interpretazione dell’art. 31 D. n. 761/1979 e dell’art. 6 del D. Lgs. n. 517/1999 nel pretendere che in applicazione delle disposizioni citate fossero riconosciute, cumulandole, sia l’attribuzione della c.d. indennità De Maria (che prevede l’equiparazione economica dei medici universitari a quelli dipendenti dal SSN), sia l’attribuzione del trattamento economico ai sensi dell’art. 6 L. n.517/1999, con un calcolo per entrambi i trattamenti mediante applicazione del CCNL ospedaliero;

B) il riconoscimento delle retribuzioni “”aggiuntive” di posizione e di risultato, di cui all’art. 6 cit., sarebbe subordinato alla individuazione dei criteri di congruità e proporzione, da definirsi nell’ “atto aziendale” ai sensi dell’art. 7 del Protocollo d’intesa del 13.3.2003.

C) nel caso in esame sarebbe stata applicata, nelle more dell’applicazione dell’art. 6 cit., ai docenti medici la c.d. “clausola di garanzia” consistente nella conservazione del trattamento economico di equiparazione in godimento (indennità De Maria) corrisposto a titolo di acconto;

D) infine, avrebbe errato il T.a.r., condividendo al riguardo le argomentazioni degli originari ricorrenti, nel ritenere, da una parte, che le indennità di posizione e di risultato ex art. 6 cit. “non sono previste in sostituzione dell’indennità equiparativa, ma in aggiunta alla stessa”, non essendo queste tra loro fungibili “per assolvere ciascuna “ad una propria specifica funzione”, e nel non considerare, dall’altra, che siffatta conclusione avrebbe portato a riconoscere ai medici universitari un trattamento retributivo di gran lunga superiore a quello dei medici ospedalieri, giacché, oltre all’indennità cd De Maria (che assolve esclusivamente ad una funzione di equiparazione dei trattamenti economici) si sarebbero riconosciute “in aggiunta” anche le retribuzioni di posizione e di risultato di cui all’art. 6 cit., con evidente illegittimo incremento delle retribuzioni in favore dei docenti universitari medici.

4.3 Tali rilievi dell’Amministrazione appellante vanno condivisi.

Il Collegio, infatti, valutando positivamente le argomentazioni svolte in proposito negli appelli dell’Università, deve ritenere che i due istituti economici sopra menzionati, ossia quello relativo alla equiparazione derivante dalla c.d. legge De Maria e quello relativo alle retribuzioni aggiuntive ex art. 6 della legge n. 517/1999, non siano affatto cumulabili, in quanto il trattamento ex L. n. 537/1999, una volta determinato, non viene ad incrementare quello derivante dall’applicazione della legge c.d. De Maria, bensì - come ben evidenziato negli appelli stessi - lo sostituisce.

Ciò emerge infatti, chiaramente, dall’accennato quadro normativo di riferimento, nell’ambito del quale occorre menzionare in particolare, oltre all’art. 31 del D.P.R. n. 761/1979 - secondo cui il trattamento dei docenti universitari conferiti in convenzione con il sistema sanitario nazionale (SSN) viene incrementato mediante il riconoscimento di un’indennità, volta appunto ad equiparare la posizione di detto personale con quello del ruolo sanitario regionale (a parità di funzioni, mansioni e anzianità) - la nuova disciplina dei rapporti tra SSN e Università introdotta dal legislatore con il D.Lgs. n. 517/1999, che ha abolito il precedente impianto giuridico, sopra accennato, facendo venire meno, in particolare (con l’art. 6 cit.), per i docenti e ricercatori universitari medici, l’automatica equiparazione del trattamento stipendiale rispetto al personale sanitario del SSN di pari funzioni, mansioni e anzianità garantita, come accennato dianzi, dalla c.d. indennità De Maria, riconoscendo in favore del personale universitario medico, oltre al trattamento erogato dalle Università, un trattamento giuridico graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico (cd. indennità di posizione) ed un trattamento aggiuntivo graduato in relazione ai risultati ottenuti nell’attività svolta (c.d. indennità di risultato).

In particolare, dall’art. 6 sopra riportato risulta con chiarezza che è stato istituito, come già accennato, un nuovo regime economico per i docenti e i ricercatori medici.

Regime incentrato sui trattamenti aggiuntivi di posizione e di risultato;
sull’abrogazione dell’art. 102 del

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