TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2012-05-28, n. 201204832

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2012-05-28, n. 201204832
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201204832
Data del deposito : 28 maggio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09740/1998 REG.RIC.

N. 04832/2012 REG.PROV.COLL.

N. 09740/1998 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9740 del 1998, proposto da:
Azienda Agricola Filippi Cesare e Michele, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv. L M, L V, A D F, M G, M A, con domicilio eletto presso Amedeo Tonachella in Roma, via di Villa Grazioli, 5;

contro

- Azienda di Stato Interventi nel Mercato Agricolo – AIMA (ora AGEA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
- Ministero delle Politiche Agricole (ora delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali), in persona del Ministro in carica, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- della nota del 18 aprile 1998 con cui è stata comunicata la “quota latte” di riferimento (QRI) per le annate 1995/96, 1996/97, 1997/98 e 1998/99 e l’esito dell’accertamento del quantitativo di latte prodotto nei periodi 1995/96 e 1996/97;

- del D.M. 17 febbraio 1998;

- di tutti gli atti connessi.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Azienda di Stato Interventi nel Mercato Agricolo – Aima (ora AGEA);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 marzo 2012 il Cons. Germana Panzironi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente, con il gravame in esame, ha impugnato, per l’annullamento, l’atto – comunicato con nota inviata ai sensi dell’art. 2, comma 5, della legge n. 5 del 1998 - con cui AIMA (ora AGEA), con riferimento alle due annate 1995/96 e 1996/97, ha determinato i quantitativi di latte prodotti nelle predette annate ed ha assegnato i “quantitativi di riferimento individuali” (QRI) di riferimento per le campagne dal 1995/1996 al 1998/1999. Contestualmente, la ricorrente ha chiesto l’annullamento del D.M. 17 febbraio 1998 che ha regolato le procedure di accertamento dei quantitativi di latte prodotto e commercializzato nelle annate 1995/96 e 1996/97.

Al riguardo, la parte ricorrente, dopo aver ricostruito la normativa comunitaria e nazionale sul regime delle c.d. “quote latte”, propone, in sintesi, le seguenti censure:

- illegittimità della assegnazione retroattiva delle QRI per violazione dei principi di derivazione comunitaria di certezza del diritto e di affidamento, oltre all’illegittimità del D.M. 17 febbraio 1998 che ha consentito ad AIMA l’accertamento dei dati di produzione di latte solo in via presuntiva;

- violazione della normativa comunitaria in quanto le quote individuali sono state assegnate sulla base di dati inattendibili, come confermato dalle risultanze della Commissione di indagine istituita sul tema;

- illegittimità comunitaria del sistema nazionale delle quote A e B e mancanza di motivazione del taglio della quota “B”;

- illegittimità della procedura di approvazione D.M. 17 febbraio 1998 che, avendo natura regolamentare, avrebbe dovuto essere adottato con la procedura di cui all’art. 17 della legge n. 400 del 1988;

- violazione della sentenza n. 520/1995 della Corte Costituzionale che, per la determinazione delle QRI da assegnare ai produttori, ha sancito la necessità dell’acquisizione del parere degli enti territoriali.

Con ordinanza n. 1912/1998, è stata accolta la domanda di sospensiva.

Alla pubblica udienza del 14 marzo 2012, il Collegio, dopo la discussione delle parti, ha trattenuto la causa in decisione.

DIRITTO

Il Collegio ha già avuto modo di approfondire le questioni in cause di analogo tenore (sentenza della Sezione del 6 luglio 2011, n. 5975 ed altre dello stesso tenore: in particolare, cfr

TAR

Lazio, sez. Seconda Ter, 12 luglio 2011, nn. 6191, 6184, 6221 e 6224), con cui sono state, altresì, richiamate ulteriori pronunce della giurisprudenza amministrativa che, nel tempo, ha avuto modo di affrontare le questioni riguardanti la complessa vicenda delle c.d. “quote latte”.

Trattandosi, quindi, di questioni analoghe affrontate con le citate sentenze, il Collegio, non avendo motivi di discostarsene, si richiama integralmente alle argomentazioni ivi contenute.

Il Collegio, tuttavia, in aggiunta a quanto già esposto nelle sentenze citate, non vuole esimersi, anche in ragione di quanto emerso durante la pubblica udienza, dallo svolgere ulteriori considerazioni con particolare riferimento all’assegnazione retroattiva delle QRI, al mancato coinvolgimento delle Regioni dopo la pronuncia della Corte Costituzionale n. 520 del 1995.

Per quanto riguarda la problematica relativa all’assegnazione retroattiva delle QRI, va ulteriormente osservato, a sostegno dell’infondatezza delle censure sul punto, quanto segue:

- la legge n. 468 del 1992 (artt. 2 e 4) ha previsto che il sistema di assegnazione delle quote individuali avvenisse attraverso la pubblicazione di bollettini annuali articolati per Provincia che le Regioni avevano l’obbligo di mettere a disposizione dei produttori di ciascuna provincia. In particolare, l’art. 4, comma 2, della citata legge n. 468 del 1992 prevedeva che l’AIMA pubblicasse, in appositi bollettini, gli elenchi aggiornati dei produttori titolari di quota;

- tale sistema di pubblicazione ha riguardato anche le annate 1994/95 e 1995/96 ed è stato utilizzato fino all’entrata in vigore della legge n. 5 del 1998 (art. 2, comma 5) che ha introdotto il sistema della comunicazione individuale della quota (QRI) al singolo produttore;

- il sistema della pubblicazione tramite bollettini è stata oggetto di attenzione da parte della Corte di Giustizia delle Comunità europee con la sentenza del 25 marzo 2004 la quale, proprio argomentando con riferimento al rispetto del principio di certezza del diritto, non ne ha comunque sancito l’illegittimità per violazione del suddetto principio, con ciò rimettendo la questione nell’ambito del diritto interno posto che la normativa comunitaria nulla prevedeva di specifico al riguardo (cfr punto 86 della sentenza nella parte in cui la Corte afferma che “…non è escluso che una comunicazione dei quantitativi di riferimento individuali a mezzo di una pubblicazione in bollettini, quale quella controversa nella causa principale, possa soddisfare tale condizione, tenuto conto anche del fatto che, come ha affermato il governo italiano, i detti bollettini erano stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana. Tuttavia, spetta al giudice nazionale decidere, sulla base delle precedenti considerazioni e degli elementi di fatto di cui dispone, se ciò si verifichi nelle cause principali”);

- ciò posto con riferimento alle pubblicazioni delle quote tramite bollettini, non si può ritenere che i produttori non siano stati posti nelle condizioni di conoscere la propria quota di riferimento - decurtata - sin dal 1995 (relativamente quindi alla campagna 1995/96 ovvero all’annata in cui si è proceduto al taglio della quota “B”): sul punto va infatti rilevato che, come già anticipato, tale modalità di pubblicazione tramite bollettini era espressamente prevista da una fonte di rango primario (si consideri che, per l’annata 1995/96, il primo bollettino è stato pubblicato in data 31 marzo 1995 ed il secondo, ai sensi del D.L. n. 124 del 1996, in data 29 marzo 1996, e che in tale ultimo bollettino è stato peraltro riportato – in via definitiva - un “quantitativo globale garantito” maggiore rispetto a quello indicato nel bollettino dell’anno precedente – cfr pg. 22 della relazione della Corte dei Conti n. 3/2002);
e d’altra parte va considerato che gli acquirenti - ai quali veniva consegnato il latte dai produttori - dovevano essere a conoscenza delle quote assegnate ai conferenti, avendo essi l’obbligo, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 468 del 1992, di trattenere le somme nel caso di consegne che oltrepassassero la quota di riferimento risultante dai bollettini;
deve di conseguenza ritenersi che i produttori, anche in ragione dei rapporti esistenti con gli acquirenti, già dal 1995 avevano a disposizione un’altra fonte di conoscenza dell’ammontare del proprio QRI;

- ciò che si vuole dire è che, come nel caso di specie, sebbene la comunicazione individuale qui impugnata sia stata comunicata nell’aprile 1998, ciò non significa che la parte ricorrente - prima di quella data - non sia stata messa nelle condizioni di conoscere il quantitativo di riferimento per l’annata 1995/96 (primo anno in cui si è proceduto alla decurtazione della quota “B”) e ciò risulta dallo stesso atto impugnato laddove, invero, si fa riferimento anche al bollettino relativo all’annata 1995/96 che reca lo stesso ammontare di QRI ora (nuovamente) assegnato per le campagne dal 1995/96 al 1998/99, ai sensi della legge n. 5 del 1998;

- a ciò si aggiunga che, a fronte della (presunzione di) conoscenza della quota assegnata per l’annata 1995/96, a nulla vale il fatto che, negli anni successivi, la comunicazione della QRI possa essere stata recapitata in ritardo in quanto era previsto che il produttore interessato dovesse comunque far riferimento alla c.d. “quota storica” ovvero al QRI assegnata per l’annata precedente (nel senso che, in assenza di una tempestiva comunicazione del QRI per l’annata di riferimento, il produttore, nell’ambito della programmazione aziendale, non avrebbe comunque potuto fare affidamento su una quota diversa da quella assegnata per l’annata precedente).

Con riferimento, invece, al mancato coinvolgimento delle Regioni nell’assegnazione delle quote ai produttori dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 520 del 1995, il Collegio, oltre a richiamare le considerazioni già svolte da questa Sezione nelle sentenze citate, rileva che il D.L. 1° dicembre 1997, n. 411 convertito in legge 28 gennaio 1998, n. 5 (art. 2), nel disciplinare la procedura di accertamento della produzione di latte per le annate 1995/96 e 1996/97 (finalizzata poi all’assegnazione individuale delle relative quote - QRI), ha previsto il pieno coinvolgimento delle Regioni e delle Province autonome in tale fase di accertamento, come dimostra il ruolo centrale dalle stesse rivestito nella fase istruttoria e decisoria dei ricorsi per il riesame sull’accertamento della produzione e sull’assegnazione dei QRI presentati dalle aziende produttrici sulla base della normativa da ultimo citata.

Ed invero, come risulta dal contenuto del D.M. 17 febbraio 1998, adottato in attuazione del citato D.L. n. 411 del 1997, le Regioni e le Province autonome sono gli enti a cui sono stati totalmente demandati, in sede di riesame, l’accertamento della produzione commercializzata dalle ditte interessate e l’indicazione dell’ammontare dei QRI alle stesse assegnate.

Da ciò si può ritenere che le nuove modalità di accertamento della produzione e di individuazione delle QRI da assegnare ai produttori rispettino i dettami espressi dalla Corte Costituzionale n. 520 del 1995 sul coinvolgimento degli enti territoriali nella procedura di assegnazione dei QRI.

Con riferimento, infine, alla relazione del Comando Carabinieri del mese di aprile 2010, questa Sezione, già con la sentenza 6 luglio 2011, n. 5975 (e le altre di analogo tenore), aveva osservato, in particolare, quanto segue:

- nella relazione, i militari dell’Arma, nel segnalare alcune situazioni di non piena compatibilità tra le banche dati ufficiali (Banca dati nazionale bovina - BDN dell’Istituto zooprofilattico di Teramo e quello dell’Associazione italiana allevatori – AIA) e quelle utilizzate da AGEA (Sistema Informativo Agricolo Nazionale - SIAN) con specifico riferimento alla consistenza del patrimonio bovino nazionale e, di conseguenza, al quantitativo di latte prodotto annualmente, hanno concluso per la necessità di operare, comunque, ulteriori approfondimenti;

- al riguardo, AGEA ed il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali hanno svolto ulteriori approfondimenti (come risulta dalla documentazione depositata in giudizio in altri analoghi ricorsi della specie in esecuzione di ordinanze istruttorie della Sezione) dai quali è emerso, in sintesi, che esiste una coerenza tra la BDN ed il SIAN di AGEA dovuta al fatto che le due banche dati “colloquiano” costantemente in modo tale da garantire l’allineamento delle informazioni ivi contenute. È stato altresì evidenziato che il patrimonio bovino nazionale, sulla base della produzione media di una mucca da latte, è coerente con l’intera produzione nazionale registrata nelle varie annate e, comunque, non è in grado di far emergere fattori di anomalia tali da mettere in discussione l’affidabilità dell’intero sistema delle “quote latte”;

- con riferimento, poi, alla individuazione delle aziende produttrici di latte, è stato chiarito che la banca dati SIAN contiene dati assoggettati ad un processo di accertamento “validato” dall’Unione europea (in quanto coerente con il Reg. CE n. 73/2009 in materia di sistema integrato di gestione e controllo - SIGC) e che le predette informazioni sono “incrociate” con quelle contenute nelle banche dati dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia del territorio, il che consente, tra l’altro, un continuo monitoraggio delle aziende produttrici di latte esistenti nel territorio nazionale;

- dagli approfondimenti sopra riferiti, è risultato quindi che i dati presenti nella banca dati del SIAN sono compatibili con le produzioni dichiarate nel tempo dagli agricoltori e che il patrimonio nazionale bovino, oltre ad essere coerente con gli elementi ricavabili dalla BDN, è altresì congruente e, comunque, non incompatibile con le produzioni commercializzate nelle varie annate lattiere;

- al riguardo, lo stesso Comando Carabinieri, a fronte di una richiesta della Procura della Corte dei Conti della Lombardia del 13 luglio 2010, ha ribadito, in data 16 luglio 2010, che gli elementi emersi nella relazione dell’aprile 2010 comportano la necessità di svolgere ulteriori ed approfonditi accertamenti prima di addivenire a considerazioni concludenti;

- allo stato, poi, a fronte di notizie di indagini in corso di svolgimento da parte di varie Procure della Repubblica, non si ha notizia di accertamenti che abbiano stabilito la sussistenza di ipotesi di reato tali da far dubitare della veridicità delle dichiarazioni rese nel tempo dai produttori e dai primi acquirenti (in particolare, modelli L1) riguardanti le produzioni commercializzate nelle varie annate lattiere e tali, di conseguenza, da mettere in discussione l’affidabilità dell’intero sistema delle “quote latte”.

Sempre in quella sede, il Collegio ha nuovamente ribadito che tali risultanze (riguardanti l’attendibilità dei dati utilizzati nel tempo da AIMA) non erano in grado di scardinare l’intero sistema nazionale delle c.d. “quote latte” né erano sufficienti a far ritenere assolto in capo ai produttori, e quindi alla parte ricorrente l’onere probatorio in modo tale da spostare sulla parte resistente l’obbligo di provare la bontà e la stessa veridicità dei dati utilizzati per l’assegnazione della QRI di riferimento e, di conseguenza, il prelievo supplementare da imputare in caso di sforamento della quota attribuita.

Ciò che si è voluto ribadire è che, a fronte dei dubbi sull’attendibilità dei dati su cui continua a concentrarsi la difesa di parte ricorrente, rimane tuttavia il fatto che, nel tempo, è stata introdotta, a livello normativo ed amministrativo, una serie di procedure che avevano l’obiettivo di accertare, anche attraverso controlli a campione dei modelli L1 e riesami richiesti dai singoli produttori, i dati reali sulla produzione lattiera.

L’esito di tali procedure di accertamento e di controllo ha portato, in sintesi, alla redazione di documentazione ufficiale, riversata nella banca dati di AGEA, la cui veridicità, come detto, non è stata ancora smentita dalle autorità (giudiziarie) preposte, dal che deriva che i dubbi sulla attendibilità di dati possono essere considerati indizi non qualificati che non consentono di mettere in discussione l’affidabilità dell’intero sistema nazionale delle c.d. “quote latte”.

Del resto, è sulla base della predetta documentazione ufficiale, basata peraltro su dati certificati dal produttore e dal primo acquirente e assoggettati al controllo di AGEA, che è stato determinato il livello di produzione lattiera;
dati che, fino ad oggi, come detto, non sono stati mai stati smentiti in via definitiva o, comunque, non sono mai stati confutati in modo tale da mettere in discussione l’intero sistema.

Ciò ribadito, aggiunge ora il Collegio, nel tentativo di rendere ancora più intellegibile il ragionamento già svolto e sopra sintetizzato, che, a fronte dei dubbi riportati nella relazione dei Carabinieri del 15 aprile 2010 con particolare riferimento alla “popolazione bovina” ed ai dati della produzione nazionale di latte, le indagini e gli approfondimenti svolti dai vari organismi che, nel tempo, si sono occupati del problema “quote latte”, recano risultanze che non confermano i predetti dubbi (o, comunque, non li fanno assurgere a indizi qualificati in grado di smentire il sistema delle c.d “quote latte” come risulta dalla documentazione ufficiale). In particolare:

- la commissione governativa del 1997 ha, di fatto, accertato la coerenza, rispetto alla documentazione controllata, della produzione di latte dichiarata nei periodi presi in considerazione;

- la commissione ministeriale del 2002 ha rappresentato, con l’approfondita relazione del 20 marzo 2003, che nelle stalle italiane era presente un patrimonio bovino sufficiente a giustificare le produzione dichiarate nella documentazione (cfr pg. 99). In quella sede, la Commissione - dopo un’accurata attività di indagine durante la quale è stato operato un controllo incrociato tra le banche dati dell’AGEA, gli esiti dei controlli svolti dalle Regioni e dall’Ispettorato centrale repressione frodi, le banche dati dell’AIA e quelle dell’Agenzia delle dogane (cfr pg. 98) - ha evidenziato che, a fronte di 1.804.000 capi di bestiame dichiarati nei modelli L1, nelle stalle italiane erano presenti (quantomeno fino al 2003) almeno 2.077.000 capi potenzialmente in grado di produrre latte, un numero cioè in grado di giustificare le produzione (fino a quel momento) dichiarata a livello nazionale. È altresì emerso, dalla predetta indagine e dai dati acquisiti dall’Agenzia delle Dogane, che le importazioni di latte dall’estero non hanno inciso sulle fattispecie di “non corretta contabilizzazione” (importazione di latte “in nero”), poiché ogni transazione controllata è risultata puntualmente attribuita al soggetto estero dal quale è stata generata (cfr pg 100 della relazione);

- la commissione del 2009 sul tenore della materia grassa non ha comunque messo in discussione l’esattezza dei dati relativi alla produzione di latte;

- l’analisi del Comando Carabinieri del 15 aprile 2010, pur segnalando situazioni di non piena coerenza tra le banche dati ufficiali, ha comunque concluso per la necessità di ulteriori approfondimenti (come ribadito dallo stesso Comando, con nota del 16 luglio 2010, in risposta alla richiesta del 13 luglio 2010, della Procura Regionale della Corte dei Conti della Lombardia) mentre gli approfondimenti svolti da AGEA e dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali nel mese di giugno e di ottobre 2010 hanno invece portato alla conclusione che nessun nuovo elemento oggettivo induceva a mettere in discussione la validità delle procedure svolte negli anni precedenti.

Da ultimo, poi, sono state depositate due nuove relazioni del Comando Carabinieri Politiche Agricole e Alimentari del 15 novembre 2010 e del 21 febbraio 2011 (indirizzate alla Procura della Repubblica di Roma) di approfondimento delle risultanze emerse in quella del 15 aprile 2010 da cui risulta, in sintesi, che:

- alcuni funzionari di AGEA avrebbero alterato gli algoritmi delle banche dati del SIAN così da innalzare, in maniera inverosimile, l’età dei bovini da latte, ciò al fine di rendere coerenti i dati della produzione nazionale di latte (con ciò facendo dubitare dell’esistenza, a livello nazionale, di un numero di vacche tali da giustificare l’intera produzione di latte);

- AGEA non avrebbe proceduto, prendendo a riferimento l’annata 2003/2004, a revocare, come prevede la normativa vigente, i QRI assegnati ad aziende produttrici che, invece, risultavano non aver prodotto latte (ciò per un totale di 741.013,85 quintali). La mancata riassegnazione agli altri produttori delle quote revocate non avrebbe consentito a questi di poter usufruire di una meno gravosa imputazione del prelievo supplementare.

Ora, con riferimento a tali evoluzioni (anche se, nella discussione di altri ricorsi della specie, è emerso che alcune Procure della Repubblica hanno concluso le indagini depositando una richiesta di archiviazione), non può non rilevarsi, già in questa sede, che, dalle relazioni dei Carabinieri del 15 novembre 2010 e del 21 febbraio 2011, non è dato comprendere se ed in che modo le predette alterazioni degli algoritmi abbiano coinvolto le annate lattiere (1995/1996 e 1996/1997) di cui al ricorso in esame. Ciò che si vuole dire è che, dai predetti approfondimenti, non è dato comprendere se tali alterazioni (peraltro ancora da accertare), perpetrate su uno strumento informatico (banca dati AGEA), abbiano determinato un giudizio di totale o anche solo di parziale inattendibilità dei dati relativi alla produzione nazionale di latte relativamente alle campagne lattiere 1995/1996 e 1996/1997, oggetto – come detto - del gravame RG n. 9046/1998.

Del resto, anche la questione delle mancate revoche riguarda l’annata 2003/2004 (e, forse, le annate successive), mentre nulla viene riferito alle campagne oggetto dell’impugnativa in esame.

Ciò posto, a fronte di tali risultanze ed in assenza degli esiti delle indagini in corso di svolgimento da parte delle Procure della Repubblica interessate ovvero di accertamenti che abbiano stabilito la sussistenza di ipotesi di reato tali da far dubitare della veridicità delle dichiarazioni rese nel tempo dai produttori e dai primi acquirenti (in particolare, modelli L1) riguardanti le produzioni commercializzate nelle varie annate lattiere, il Collegio deve ribadire che tali risultanze (riguardanti l’attendibilità dei dati utilizzati nel tempo da AGEA), proprio alla luce degli esiti dei numerosi approfondimenti svolti a partire dal 1997, non sono sufficienti a far ritenere assolto in capo ai produttori e quindi alla ricorrente l’onere probatorio su di essi incombente, anche al solo fine di indurre il Collegio a svolgere “l’ennesimo” accertamento di carattere istruttorio che non avrebbe altro effetto che replicare quelli già effettuati. In altre parole, i dubbi emersi anche di recente non hanno raggiunto un grado di concretezza tale da minare l’attendibilità e la stessa veridicità dei dati utilizzati per l’assegnazione del QRI di riferimento e, di conseguenza, per il calcolo del prelievo supplementare da imputare in caso di sforamento della quota attribuita (in questo senso, da ultimo, la Relazione Speciale della Corte dei Conti, approvata con delibera n.2/2012 del 13 febbraio 2012, in materia di prelievo supplementare nel settore lattiero caseario, cfr., in particolare, le affermazioni contenute alle pagine 1 e 2 e le conclusioni rassegnate alle pagine 56-59).

Di certo, gli ultimi sviluppi che emergono dalle relazioni redatte (in forma dubitativa) da organi istituzionali non sono in grado di smentire le risultanze derivanti dal calcolo della produzione per le annate oggetto dell’impugnativa in esame (RG. n. 9046/1998) né i calcoli per determinare l’ammontare dei quantitativi di riferimento individuali assegnati ai ricorrenti con riferimento alle campagne 1995/1996 e 1996/1997.

In conclusione, il ricorso in esame va respinto.

Le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti, in coerenza con quanto deciso nelle citate sentenze della Sezione.

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