TAR Bologna, sez. I, sentenza 2010-05-18, n. 201004771
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N. 04771/2010 REG.SEN.
N. 01875/1996 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 1875 del 1996, proposto da:
Fotocompositrice A S, rappresentata e difesa dagli avv.ti L M e M M, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Bologna, piazza Calderini 1;
contro
Ministero Industria Commercio e Artigianato, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria per legge in Bologna, via Guido Reni 4;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
- del decreto ministeriale n. 140 del 20 settembre 1996, il cui contenuto è stato comunicato con raccomandata del 30 settembre1996 di revoca del credito d'imposta precedentemente concesso alla società ricorrente con decreto ministeriale n. 1 del 29.4.1992;
- di ogni altro atto presupposto o conseguente.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Industria Commercio e Artigianato;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 maggio 2010 il Cons. R T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Il ricorso in oggetto è rivolto avverso il Decreto Ministeriale 20 settembre 1996 n. 140, con cui è stato revocato il credito di imposta di £. 34.000.000 concesso con D.M. 29 aprile 1992 n. 1 ai sensi della legge 5 ottobre 1991 n. 317.
Avendo ricevuto solo la comunicazione dell’emanazione del suddetto decreto e non il decreto, la ricorrente, ipotizzando che la motivazione della revoca sia la medesima di quella di analoghi e coevi provvedimenti, ha dedotto i seguenti motivi:
a) Violazione dell’articolo 13 della legge 5 ottobre 1991 n. 317;eccesso di potere per difetto di presupposto, sviamento e motivazione insufficiente;eccesso di potere per contrarietà a precedente determinazione, per contrarietà a norme regolamentari e in particolare all’articolo 1, commi 6 e 14, del D.M. 247 del 1992, e per motivazione insufficiente.
b) Violazione dell’articolo 10 cpv. della legge 317 del 1991 ed eccesso di potere per contrarietà a precedente determinazione amministrativa e per insufficiente motivazione.
c) Illegittimità costituzionale dell’articolo 10 cpv, ultimo periodo, della legge 317 del 1991, laddove interpretato nel senso di escludere la validità e/o la rilevanza di una perizia giurata redatta in maniera grafica da un perito iscritto nell’albo dei periti estimatori grafici del Tribunale, per contrasto con gli articoli 3 e 35 della Costituzione.
2. - Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, a mezzo dell’Avvocatura dello Stato, chiedendo la reiezione del ricorso e dell’istanza incidentale di sospensione.
3. – Con ordinanza n. 717 del 19 novembre 1996, questo Tribunale “ritenuto che in sede di sommaria delibazione, il ricorso appare assistito dal prescritto fumus boni juris attesa la mancanza nell’atto di revoca di ogni riferimento alla sussistenza o meno del diritto al beneficio a prescindere dalle modalità di esecuzione della perizia”, accoglieva la domanda incidentale di sospensione degli effetti dell’atto gravato.
4. - All’udienza pubblica del 11 marzo 2010 fissata per discussione, il Collegio rilevata la mancanza dell’atto impugnato, con ordinanza collegiale 25 marzo 2010 n. 6 ordinava al Ministero resistente di produrre l’atto in giudizio e rinviava per l’ulteriore trattazione all’udienza pubblica del 6 maggio 2010.
A tale udienza, nonostante l’inadempimento dell’Amministrazione, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
5. – Il ricorso è fondato.
Innanzitutto il Collegio, preso atto dell’inadempimento all’ordinanza istruttoria, non può che stigmatizzare il comportamento dell’Amministrazione e ritenere comprovate ed esatte le motivazioni ipotizzate dalla ricorrente con riferimento ad analoghi e coevi provvedimenti (v. per esempio ricorso n. 1832 del 1996, deciso all’udienza del 11 marzo 2010 con sentenza 25 marzo 2010 n. 2717).
Conseguentemente, si può concretamente sostenere che anche nella fattispecie l’Amministrazione non ha messo in dubbio la sussistenza in capo alla impresa dei requisiti sostanziali per l’ottenimento del credito di imposta, ma ha ritenuto esclusivamente di contestare la perizia giurata allegata alla domanda perché redatta da un tecnico non iscritto agli albi professionali degli ingegneri o dei periti industriali, in violazione di quanto previsto dall’articolo 10, comma 2, della legge 5 ottobre 1991 n. 317.
Quest’ultima norma, invero, prevede che “alla dichiarazione del legale rappresentante dell'impresa deve essere allegata una certificazione - sottoscritta dal presidente del collegio sindacale ovvero, in mancanza, da un revisore dei conti o da un professionista iscritto nell'albo dei dottori commercialisti o in quello dei ragionieri e periti commerciali - attestante l'effettività della realizzazione o dell'acquisto di beni di nuova costruzione ovvero della partecipazione, la regolarità documentale dei medesimi e la loro conformità alle tipologie previste dall'articolo 3, comma 1, dall'articolo 5, comma 1, dall'articolo 7, comma 1, e dall'articolo 8. La predetta certificazione deve essere corredata da una perizia giurata redatta da un ingegnere o da un perito industriale iscritto nei rispettivi albi professionali”.
5.1 - Premesso quanto sopra, la questione all’esame del Collegio va sostanzialmente circoscritta all’autotutela esercitata dall’Amministrazione nel caso di specie, e in particolare alla legittimità della revoca della concessa agevolazione, unicamente a causa dell’accertata inosservanza del requisito inerente alla perizia giurata.
5.2 - Secondo parte ricorrente le ipotesi di revoca del contributo successivamente alla sua concessione sarebbero sempre, ipotesi tipiche, espressamente contemplate dal legislatore nell’articolo 13 (Revoca delle agevolazioni) della legge 5 ottobre 1991 n. 317.
Questo Collegio nella sentenza 2717 del 2010 sopra citata, alla cui integrale motivazione ci si richiama, ha già avuto modo di precisare che:
“ La legge n. 317/91, in un'ottica di promozione dello sviluppo, della competitività e dell'innovazione delle piccole imprese, prevede talune agevolazioni, allorché le stesse imprese pongano in essere determinate tipologie di investimenti (Cons. Stato, Sez. VI, n. 1262/2002).
Nel dettaglio, per quanto riguarda gli investimenti innovativi la materia trova regolamentazione nelle disposizioni di cui agli articoli 5 e 6 della citata legge, ove risultano puntualmente indicate le tipologie di investimenti (art. 5) in relazione alle quali è possibile accedere alle agevolazioni (art. 6) (Cons. Stato, Sez. VI, n. 891/2006).
La legge in questione stabilisce all’art.10 le modalità di richiesta e l’iter di concessione del beneficio.
Con l’articolo 13 disciplina poi le ipotesi di revoca delle agevolazioni successive alla concessione espressamente richiamando, come già visto, l’insussistenza delle condizioni previste dagli articoli 3, 5, 7, 8, 9 e 12.
Le ipotesi di revoca stabilite nel suddetto art.13 contemplano, per quanto riguarda il credito di imposta per investimenti innovativi di cui all’art. 5 della medesima legge, ipotesi di mancanza dei requisiti sostanziali per la concessione del beneficio (riferite alla tipologia dell’investimento) e non ricomprendono l’ipotesi di cui è causa, ovverosia la redazione della perizia da parte di soggetto non iscritto agli albi professionali, né alcuna altra ipotesi inerente alle qualità soggettive o i titoli del professionista che redige la perizia giurata.
In presenza di una norma, come l’art.13, che espressamente attribuisce e disciplina l’esercizio del potere di autotutela, individuando compiutamente i requisiti e le condizioni la cui accertata assenza comporta la revoca, si deve affermare la tipicità delle fattispecie di revoca previste nel medesimo articolo.
Le ipotesi che giustificano (anzi impongono) l’esercizio del potere di autotutela sono state, difatti, valutate positivamente ed esaustivamente dal legislatore.
Per tale motivo non può affermarsi, nella materia in esame, la possibilità di procedere a revoca per fattispecie diverse, invocando la sussistenza di un potere generale in tal senso, derivante dal principio secondo cui l’amministrazione può agire in via di autotutela sui propri atti. ”.
5.3 – Sulla base delle suesposte considerazioni e delle ulteriori ragioni diffusamente esposte nella sentenza di questo Tribunale 25 marzo 2010 n. 2517, deve pertanto ritenersi la fondatezza della pretesa di parte ricorrente.
6. – Il ricorso va pertanto accolto e per l’effetto l’impugnata revoca deve essere annullata.
Quanto alle spese, nonostante il comportamento dell’Amministrazione, alla luce della violazione formale commessa dalla parte ricorrente e in considerazione della risalenza della controversia, il Collegio ritiene che sussistano eccezionali motivi per disporne la compensazione fra le parti.