TAR Napoli, sez. V, sentenza 2023-05-16, n. 202302987

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2023-05-16, n. 202302987
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202302987
Data del deposito : 16 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/05/2023

N. 02987/2023 REG.PROV.COLL.

N. 03188/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3188 del 2022, proposto da
-OMISSIS- rappresentata e difesa dall'avvocato A O, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Casalnuovo di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Casalnuovo Di Napoli, via Arcora, 110/Palazzo Gecos;

nei confronti

-OMISSIS- non costituiti in giudizio;

per l'annullamento:

a) della nota senza protocollo inviata a mezzo pec alla procuratrice della ricorrente Avv. Elisa D'Onofrio in data 28/4/2022, con la quale il Segretario Generale del Comune di Casalnuovo di Napoli ha respinto la istanza di assegnazione di alloggio pubblico formulata dalla ricorrente in data 1/4/2022, rifiutandosi altresì di porre in essere le attività, rientranti nei doveri di ufficio del Responsabile delle Politiche della Casa, richieste con il medesimo atto stragiudiziale di diffida e messa in mora del 1/4/2022;

b) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, se ed in quanto lesivo degli interessi dela ricorrente.

Per l'accertamento della illegittimità e il conseguente annullamento:

a) della inerzia del Comune di Casalnuovo di Napoli relativamente all'atto di diffida inoltrato dalla ricorrente in data 1/4/2022;

b) della correlata inerzia della medesima Amministrazione Comunale relativamente all'obbligo di:

1) “verificare se gli attuali occupanti degli alloggi ERP all'interno del comparto 219 abbiano titolo alla occupazione di un alloggio ERP, accertando in particolare se esista per ciascuno di essi un regolare provvedimento di assegnazione e se gli stessi siano in regola con il versamento dei canoni di locazione”;

2) “verificare se gli attuali occupanti degli alloggi situati all'interno dei Centri di Assistenza Abitativa Temporanea oggetto delle Delibere di C.C. n. 11 del 28/3/2018, n. 3 del 15/3/2016 e n. 49 del 24/11/2015 abbiano titolo alla occupazione di un alloggio ERP, accertando in particolare se esista per ciascuno di essi un regolare provvedimento di assegnazione e se gli stessi siano in regola con il versamento dei canoni di locazione e/o delle indennità di occupazione”;

3) “verificare se gli immobili acquisiti al patrimonio comunale ai sensi dell'art. 31 comma 3 del D.P.R. n. 380/2001 siano tutti liberi e, in caso di occupazione, se gli attuali occupanti abbiano titolo alla occupazione, accertando in particolare se esista per ciascuno di essi un regolare provvedimento di assegnazione e se gli stessi siano in regola con il versamento dei canoni di locazione e/o delle indennità di occupazione”;

4) “all'esito di tali verifiche, provvedere allo sgombero degli occupanti illegittimi e/o morosi, indicendo procedure pubbliche per l'assegnazione degli alloggi così liberati”;

5) “verificare la possibilità di destinare gli immobili acquisiti al patrimonio comunale ai sensi dell'art. 31 comma 3 del D.P.R. n. 380/2001 ad alloggi ERP e/o “Centri di Assistenza Abitativa Temporanea”, così come peraltro già fatto con le delibere di C.C. n. 11 del 28/3/2018, n. 3 del 15/3/2016 e n. 49 del 24/11/2015, adottando all'esito i provvedimenti consequenziali”;

6) “In ogni caso, dare seguito ai deliberati di cui alle delibere di C.C. n. 11 del 28/3/2018, n. 3 del 15/3/2016 e n. 49 del 24/11/2015, destinando effettivamente a Centri di Assistenza Abitativa Temporanea gli immobili interessati, oggi a quanto è dato sapere ancora occupati dagli autori degli abusi e/o dai loro aventi causa”;

e per la conseguente assegnazione

al Comune di Casalnuovo di Napoli, in persona del legale rapp.te p.t., del termine di 30 giorni per provvedere, con contestuale nomina del Commissario ad Acta per la ipotesi di perdurante inerzia.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Casalnuovo di Napoli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2023 il dott. F M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Con il ricorso in esame è impugnata la nota in epigrafe con cui il Segretario Generale del Comune di Casalnuovo, a riscontro della specifica diffida e messa in mora inoltrata dalla ricorrente - occupante abusiva di un immobile di proprietà comunale (“ex asilo nido” realizzato ai sensi della L. n. 219/1981) ed attinta da ordinanza di sgombero impugnato con distinto ricorso - non ha accolto la richiesta di assegnazione di un alloggio pubblico.

L’atto impugnato si fonda sulla seguente motivazione: l’istanza presentata avrebbe equiparato due fattispecie distinte, ovverosia: a) l’assegnazione ordinaria di alloggi pubblici che rientra nella competenza di altra amministrazione (Regione) e che richiede l’inoltro della domanda tramite piattaforma telematica ex art. 11 del Reg. Reg. n. 11/2019 (Nuova disciplina per l'assegnazione, per la gestione e per la determinazione dei canoni di locazione degli alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica) con svolgimento di un procedimento di evidenza pubblica, previa pubblicazione dell’avviso da parte della Regione Campania;
b) l’assegnazione temporanea o in via provvisoria ad opera del Comune, che non può essere accolta non ravvisandosi specifiche situazioni emergenziali, tenuto conto che sono state individuate dai competenti uffici soluzioni alternative per le situazioni più critiche.

Inoltre, la ricorrente domanda accertarsi l’illegittimità del silenzio rifiuto serbato dall’ente locale sulla predetta istanza, nella parte in cui si chiedeva di riferire in ordine alla situazione sia degli alloggi di ERP all’interno del “comparto 219” e degli alloggi situati all’interno dei centri di assistenza abitativa temporanea oggetto delle delibere consiliari n. 11/2018, n. 3/2016, n. 49/2015 (regolarità delle assegnazioni e nel versamento dei canoni di locazione), sia degli immobili acquisiti al patrimonio comunale ai sensi dell’art. 31 del T.U. Edilizia (se fossero liberi oppure occupati e, in tale ipotesi, se sussistesse provvedimento di assegnazione e se i detentori fossero in regola con il pagamento dei canoni e/o delle indennità di occupazione), chiarendo altresì se fossero stati adottati eventuali provvedimenti di sgombero degli occupanti illegittimi nonché avviate le procedure di assegnazione degli alloggi così liberati, al precipuo ulteriore scopo di precisare l’attuale destinazione degli immobili acquisiti ex art. 31 del D.P.R. n. 380/2001 ad alloggi ERP ovvero a centri di assistenza abitativa temporanea.

Nell’impugnare l’indicata nota, la ricorrente ha affidato il gravame ad un duplice ordine di motivi, volti, per un verso, a censurare il provvedimento di diniego e, per l’altro, a stigmatizzare la condotta omissiva tenuta dall’amministrazione sulle istanze formulate.

Più in particolare, con riferimento alle censure demolitorie, sollevate avverso il provvedimento di diniego, ha in sintesi sostenuto:

1) contrariamente a quanto opposto dall’ente locale, sussisterebbe la competenza del Comune in materia di assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica in quanto il Reg. Reg. 11/2019, attributivo alla Regione della competenza ad indire apposite procedure selettive, entrerebbe in vigore soltanto a decorrere dall’1.1.2023;

2) con le delibere del Consiglio Comunale n. 11 del 28/3/2018, n. 3 del 15/3/2016 e n. 49 del 24/11/2015 è stato istituito l’innovativo servizio di “assistenza abitativa temporanea”, destinando a tale funzione gli edifici abusivi, così da sottrarli alla demolizione ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, cosicché la ricorrente vanterebbe un diritto all’assegnazione di uno di tali alloggi pubblici ai sensi dell’art. 1 della L. n. 13 del 14/4/2000 (“Per tutti coloro, invece, che risultano occupanti di strutture del Patrimonio Pubblico, realizzate ai sensi del titolo VIII della Legge n. 219/81, diversi dagli alloggi utilizzati ad uso abitativo alla data del 31 dicembre 98 e che, pertanto, non sono regolarizzabili, sono anch’essi da considerarsi aventi diritto all’assegnazione di un alloggio di E.R.P.”), atteso che sul territorio comunale insisterebbero altri alloggi di proprietà comunale destinati al servizio di assistenza abitativa;

3) si contesta il difetto di motivazione con riguardo alla parte del provvedimento con cui è stata rigettata la richiesta di assegnazione temporanea o in via provvisoria, poiché le attività richieste con l’atto di diffida (verifica sul possesso degli assegnatari di alloggi di ERP e in assegnazione temporanea e, ancora, sugli immobili abusivi acquisiti di diritto ex art. 31 T.U. Edilizia) corrispondono all’esercizio di funzioni pubbliche pacificamente riconducibili alle competenze dell’ente locale;

5) violazione dell’art. 10 bis, per omessa notifica del preavviso di rigetto.

Riguardo alla domanda ex artt. 31 e 117 c.p.a., la ricorrente si duole che il Comune non avrebbe adottato alcuna determinazione sulla richiesta di esercizio dei poteri invocati (gestione di immobili comunali, verifiche sulla regolarità delle assegnazioni, sulla esecuzione di provvedimenti sanzionatori in materia edilizia ex art. 31 e sulla destinazione delle abitazioni agli aventi diritto).

Evidenzia che il Comune è tenuto a vigilare sul possesso dei requisiti per l’assegnazione degli alloggi di ERP e sulla eventuale decadenza degli assegnatari (artt. 17 e 27 Reg. Reg. 11/2019) anche in applicazione del potere di autotutela possessoria (art. 378 della L. n. 2248/1865 allegato F e art. 823 c.c.) e 31 T.U. Edilizia.

Il Comune si è costituito per resistere al gravame proposto ex adverso.

Il T.A.R. ha rigettato la domanda cautelare con ordinanza n. 1390/2022, confermata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 4394/2022.

All’udienza del 18.4.2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

2.- Preliminarmente, come già rilevato in fase cautelare, occorre dare atto, in rito, che il giudizio in trattazione ha ad oggetto sia una domanda impugnatoria ex art. 29 c.p.a., spiegata avverso il diniego di assegnazione, anche in via provvisoria, di alloggi di edilizia residenziale pubblica, sia una domanda di accertamento della illegittimità del silenzio – rifiuto serbato dal resistente Comune sulla richiesta di informazioni in ordine alle assegnazioni dei predetti alloggi disponibili sul territorio cittadino;
pertanto, trattandosi di azioni soggette a riti diversi, si applica quello ordinario ai sensi dell’art. 32 c.p.a., non sussistendo la fattispecie derogatoria di cui al Titolo V del Libro IV (art. 32, comma 1, c.p.a.).

3.- Iniziando la disamina dalla prima azione proposta, le censure all’uopo articolate si palesano complessivamente infondate alla luce delle seguenti considerazioni.

3.1.- Riguardo alla richiesta di assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, la pretesa attorea si infrange contro le condivisibili motivazioni contenute nel provvedimento impugnato, con cui si rileva che l’esercizio di tale potere rientra nella competenza di altra amministrazione (Regione) – e non del Comune adito - e richiede l’inoltro della domanda tramite piattaforma telematica ex art. 11 del Reg. Reg. n. 11/2019 (Nuova disciplina per l'assegnazione, per la gestione e per la determinazione dei canoni di locazione degli alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica) con svolgimento di un procedimento di evidenza pubblica, previa pubblicazione dell’avviso da parte della Regione Campania.

Non è opinabile l’applicazione ratione temporis della predetta disciplina, visto che detto Regolamento Regionale è entrato in vigore il 29.10.2019 (cfr. art. 36) e solo l’applicazione dell’art. 22 (canoni di locazione con nuova disciplina fondata sull’ISEE anziché sulla condizione reddituale accertata ai sensi della L. Reg. 19/1997) è stata differita all’1.1.2023 a causa della grave situazione economica e sociale dovuta alla situazione pandemica da Covid 19 (delibera G.R. n. 623/2021).

Al riguardo, l’art. 11 prevede che la Regione pubblichi un avviso per l’assegnazione degli alloggi ed approvi la graduatoria provvisoria e definitiva, di talché non può dubitarsi in ordine alla incompetenza del Comune a provvedere in ordine alla gestione della procedura comparativa. Per contro, spetta all’ente locale (art. 13) il solo potere di verificare i requisiti dei beneficiari e assegnare gli alloggi a coloro che risultino utilmente graduati;
si tratta quindi di un potere succedaneo a quello della Regione cui compete, in prima battuta, l’indizione della procedura.

Al riguardo, non possono trarsi argomenti di segno contrario né dall’art. 60 del D.Lgs. n. 112/1998 (“Sono conferite alle Regioni e agli enti locali tutte le funzioni amministrative non espressamente indicate tra quelle mantenute allo Stato ai sensi dell'articolo 59 e, in particolare, quelle relative: … e) alla fissazione dei criteri per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale destinati all'assistenza abitativa, nonché alla determinazione dei relativi canoni), né dall’art. 95 del D.P.R. n. 616/1977 (“Le funzioni amministrative concernenti l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica sono attribuite ai comuni, salva la competenza dello Stato per l'assegnazione di alloggi da destinare a dipendenti civili e militari dello Stato per esigenze di servizio”).

Difatti, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 94/2007, ha precisato che, anche all’indomani della riforma del Titolo V della Costituzione, la materia “edilizia residenziale pubblica”, si compone di tre aspetti: programmazione, costruzione e gestione di alloggi destinati a soddisfare le esigenze abitative dei ceti sociali meno abbienti (cfr. Corte cost., n. 27/1996). Si è al riguardo precisato che, nell’attuale assetto costituzionale, quanto al riparto delle competenze legislative tra lo Stato e le Regioni, “la materia dell'edilizia residenziale pubblica si estende su tre livelli normativi. Il primo riguarda la determinazione dell'offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti. In tale determinazione – che, qualora esercitata, rientra nella competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. – si inserisce la fissazione di principi che valgano a garantire l'uniformità dei criteri di assegnazione su tutto il territorio nazionale, secondo quanto prescritto dalla sentenza n. 486 del 1995. Il secondo livello normativo riguarda la programmazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica, che ricade nella materia «governo del territorio», ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost., come precisato di recente da questa Corte con la sentenza n. 451 del 2006. Il terzo livello normativo, rientrante nel quarto comma dell'art. 117 Cost., riguarda la gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale pubblica di proprietà degli Istituti autonomi per le case popolari o degli altri enti che a questi sono stati sostituiti ad opera della legislazione regionale” (Corte cost., 94/2007).

A fronte del suddetto quadro di riparto legislativo non può interpretarsi l’art. 60, D.Lgs. n. 112/1998, nel senso che la fissazione dei criteri per l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale destinati all'assistenza abitativa sia rimessa ai Comuni, invece che alle Regioni. D’altro canto l’art. 95, D.P.R. n. 616/1977, nella parte in cui stabilisce che: “Le funzioni amministrative concernenti l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica sono attribuite ai comuni…”, deve essere interpretato alla luce del mutato quadro costituzionale di riferimento, nel senso resta ferma la competenza legislativa regionale esclusiva in tema di gestione del patrimonio immobiliare di edilizia residenziale.

3.2.- In riferimento, poi, alla richiesta di assegnazione di alloggi comunali in via provvisoria di cui alle delibere del Consiglio Comunale n. 11/2018, n. 3/2016, n. 49/2015, la pretesa è infondata in punto di fatto, avendo l’amministrazione prodotto le relazioni del Capo Settore V del 15.3.2022 e dell’11.7.2022 – non specificamente confutate dall’istante -, che attestano l’indisponibilità di immobili comunali adibiti a centri di assistenza temporanea, che risultano allo stato grezzo oppure già occupati e, quindi, non utilizzabili.

In ogni caso, anche in caso di acclarata disponibilità di alloggi (nella fattispecie, insussistente, per le ragioni evidenziate), non è predicabile alcun diritto di prelazione della ricorrente, in qualità di occupante abusiva di immobili comunali all’assegnazione di alloggi in via provvisoria;
tale tesi si pone palesemente in contrasto con i principi di uguaglianza, parità di trattamento, favor partecipationis alle procedure concorsuali di assegnazione di ERP, inoltre si presterebbe agevolmente ad uso strumentale, potendo incoraggiare la realizzazione di condotte illecite appropriative di beni pubblici al fine di precostituirsi un titolo preferenziale per l’assegnazione di alloggi pubblici che, di contro, vanno attribuiti all’esito di apposite procedure concorsuali o comunque comparative.

Peraltro, detta prelazione è sfornita di fondamento giuridico;
in particolare, non possono trarsi argomenti dall’art. 1 della L. n. 13/2020 (“Per tutti coloro, invece, che risultano occupanti di strutture del Patrimonio Pubblico, realizzate ai sensi del titolo VIII della Legge n. 219/81, diversi dagli alloggi utilizzati ad uso abitativo alla data del 31 dicembre 98 e che, pertanto, non sono regolarizzabili, sono anch’essi da considerarsi aventi diritto all’assegnazione di un alloggio di E.R.P.”) che, semplicemente, attribuisce un diritto di partecipazione alla procedura selettiva di assegnazione di ERP – non anche una preferenza nell’assegnazioni di alloggi di proprietà comunale rispetto agli altri partecipanti.

D’altronde, costituisce ius receptum che l'occupazione di fatto di immobili pubblici non è idonea ad instaurare un valido ed efficace rapporto tra l'ente proprietario e l'occupante abusivo ed anzi l'occupazione di fatto, ossia senza titolo, lungi dal consolidarsi con il decorso del tempo, integra una situazione illegittima non in grado di legittimare l'occupante abusivo alla presentazione della domanda di regolarizzazione;
di conseguenza l'accertamento dell'occupazione abusiva dell'alloggio costituisce ex se ragione sufficiente per respingere la domanda di regolarizzazione che, costituendo atto dovuto, in quanto primo atto del procedimento preordinato a recuperare l'immobile abusivamente occupato da destinarsi agli aventi diritto, non è subordinato alla previa comunicazione ex art. 10 bis, l. 7 agosto 1990, n. 241 dei motivi ostativi all'accoglimento della domanda (Consiglio di Stato, sez. V, 23/12/2015, n.5816).

3.3.- Analoghe considerazioni reiettive vanno rese in ordine alla richiesta di assegnazione di immobili abusivi acquisiti al patrimonio comunale ex art. 31 del D.P.R. n. 380/2001. Sul punto, giova rammentare che, ai sensi del comma 5 del richiamato articolo, "l'opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico".

Come è stato sottolineato in giurisprudenza (Consiglio di Stato, Sez. II, n. 3546/2022), la traslazione del diritto di proprietà al Comune non esaurisce il dovere dell'amministrazione comunale;
tale disposizione - a chiusura di un articolato sistema sanzionatorio suscettibile di operare a fronte di edificazioni non legittime e non altrimenti recuperabili alla legittimità a favore dei privati - dispone infatti che l'opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici, offrendo una "via di uscita (consentendo, di fatto, alla mano pubblica ciò che non è permesso alla parte privata)" rispetto alla soluzione finale della demolizione dell'edificazione abusiva, permettendo che - questa volta in mano pubblica - l'edificazione non legittima resti pur sempre in situ (Cons. St., sez. VI, 9 gennaio 2020, n. 183).

Nel caso in esame, non vi è prova che, riguardo ad immobili abusivi acquisiti ai sensi delle precitate disposizioni, sia stata dichiarata la sussistenza di prevalenti interessi pubblici alla conservazione di beni acquisiti che consentirebbe di evitare la demolizione, in applicazione del potere – dovere di reprimere gli illeciti edilizi.

In ogni caso, ancora una volta, va ribadita l’insussistenza di un presunto diritto di prelazione all’assegnazione di immobili conseguente alla occupazione abusiva posta in essere dagli istanti.

È incontroverso, oltreché rispondente ad un basilare principio di legalità, che colui che occupi abusivamente il bene demaniale, quand'anche l'occupazione abusiva si protragga da diversi anni, non vanta alcuna aspettativa giuridicamente rilevante o alcun titolo preferenziale al rilascio della concessione, potendo quest'ultima essere conseguita solo all'esito di una procedura comparativa ad evidenza pubblica (Consiglio di Stato, sez. VI, 31/01/2017, n. 394).

3.4.- Va rigettato il profilo di gravame con cui si lamenta la violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990 per omessa notifica del preavviso di rigetto;
tanto, in applicazione della irrilevanza dell’apporto procedimentale ai sensi dell’art. 21 octies della L. n. 241/1990. Secondo consolidati approdi giurisprudenziali, l’istituto partecipativo pretermesso va interpretato non in senso formalistico, ma avendo riguardo all'effettivo e oggettivo pregiudizio che la sua inosservanza abbia causato alle ragioni del soggetto privato nello specifico rapporto con la pubblica amministrazione, sicché il mancato o l'incompleto preavviso di rigetto non comporta l'automatica illegittimità del provvedimento finale, quando, in ipotesi, il giudice non può annullare il provvedimento per vizi formali, che non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale di un provvedimento, il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (Consiglio di Stato, Sez. II, n. 1081/2020).

4.- Passando alla disamina della domanda di accertamento della illegittimità del silenzio ex artt. 31 e 117 c.p.a., il Collegio, stante la sua palese infondatezza, deve concludere, analogamente alla domanda impugnatoria, per la sua completa reiezione.

Ed invero, ai sensi dell'art. 22 della L. n. 241/1990, il diritto d'accesso è riconosciuto al titolare di interesse personale, differenziato, serio e non emulativo alla conoscenza dei documenti amministrativi quale esternazione e rappresentazione di atti e provvedimenti amministrativi, in funzione della tutela di situazioni giuridicamente rilevanti ed in correlazione alla loro cura e difesa.

Peraltro, è consolidato in giurisprudenza l’orientamento secondo cui l'istanza ostensiva, ai sensi dell'art. 24, comma 3, della L. n. 241/1990, non deve essere uno strumento surrettizio di sindacato generalizzato sull'azione amministrativa, conseguentemente deve ritenersi inammissibile un ricorso avverso il silenzio - rigetto della P.A. in merito ad un'istanza di accesso agli atti nel caso in cui la domanda di accesso abbia un oggetto generico e indeterminato, sia finalizzata ad un controllo generalizzato sull'operato dei destinatari dell'istanza ovvero, per taluni profili, non riguardi documenti esistenti, ma postuli una attività di elaborazione di dati.

Difatti, il diritto di accesso non garantisce al privato un potere esplorativo di vigilanza da esercitare attraverso il diritto all'acquisizione conoscitiva di atti o documenti, al fine di stabilire se l'esercizio dell'attività amministrativa possa ritenersi svolta secondo i canoni di trasparenza. In altre parole, la disciplina sull'accesso tutela solo l'interesse alla conoscenza e non l'interesse ad effettuare un controllo sull'amministrazione, allo scopo di verificare eventuali e non ancora definite forme di lesione della sfera dei privati (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 07/10/2022, n. 12751).

Al riguardo, in riferimento all’accesso alle assegnazioni di immobili da parte dei centri di assistenza abitativa temporanea e alla sorte degli immobili acquisiti al patrimonio comunale ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, parte ricorrente si duole del mancato esercizio di poteri repressivi ma non allega la prova di situazioni di irregolarità nelle assegnazioni o di inadempimento al pagamento dei canoni, sicché la censura si palesa meramente esplorativa e volta ad operare un controllo sull’operato dell’ente (T.A.R. Lazio, Roma, n. 10660/2020: “l’accesso agli atti della P.A., infatti, deve avere ad oggetto una specifica documentazione in possesso dell'amministrazione indicata in modo sufficientemente preciso e circoscritto e non può riguardare dati ed informazioni generiche relative ad un complesso non individuato di atti di cui non si conosce neppure con certezza la consistenza, il contenuto e finanche la effettiva sussistenza, assumendo un sostanziale carattere di natura meramente esplorativa;
- per consolidata giurisprudenza il diniego di accesso agli atti può essere, dunque, legittimamente opposto in ragione della genericità dell'istanza, sia sotto il profilo dei documenti richiesti, sia sotto quello del labile interesse all'ostensione, atteggiandosi l'indeterminatezza della domanda ad un sostanziale controllo generalizzato sull'attività amministrativa”).

Inoltre, è inconferente il precedente di questo T.A.R. indicato nel ricorso (T.A.R. Campania, Sez. II, n. 441/2020) che, invero riguardava una fattispecie distinta (silenzio su richiesta di esercizio dei poteri sanzionatori in caso di abuso edilizio) in cui, peraltro, la richiesta era diretta contro uno specifico circostanziato illecito riferito a soggetti determinati.

In ogni caso, mette conto evidenziare che, come sopra riportato, l’amministrazione ha dato seguito alle richieste di ostensione producendo agli atti di causa: I) le relazioni del Capo Settore V del 15.3.2022 e dell’11.7.2022 con le quali il Comune ha fornito ragguagliate informazioni in ordine agli immobili comunali a destinazione residenziale, alcuni dei quali risultano allo stato grezzo, altri risultano occupati, altri infine destinati a “centri di assistenza abitativa temporanea”;
II) la relazione del 16.3.2022 del Responsabile del Settore IX Antiabusivimo in ordine alla destinazione degli immobili abusivamente realizzati nel Comune di Casalnuovo di Napoli, da cui emerge che alcuni dei fabbricati realizzati sono stati demoliti, mentre, per quelli per i quali pende il procedimento di acquisizione al patrimonio comunale, occorre verificare la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità degli edifici e degli impianti secondo le vigenti normative.

In conclusione, il ricorso va interamente respinto.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 3225/2017;
n. 3229/2017;
Cassazione civile, Sez. V, n. 7663/2012). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

5.- Può disporsi la compensazione delle spese di giudizio avuto riguardo alla peculiare natura delle questioni esaminate.

6.- Infine, l'accertata manifesta infondatezza del proposto gravame poiché, in parte, confliggente con una giurisprudenza ampiamente stratificata e, in parte, volto a reclamare un inammissibile sindacato di merito sulle scelte amministrative di gestione del patrimonio comunale, impone di revocare alla ricorrente, ai sensi dell'art. 136, secondo comma, del d.P.R. 30.5.2002 n. 115, il gratuito patrocinio concessole in via anticipata e provvisoria, giusta decreto del Presidente della competente Commissione costituita n. 82/2022 (cfr. TAR Lazio, III, 4.6.2007, n. 5134;
7.8.2006, n. 7082;
16.1.2007, n. 275;
2.3.2007, n. 1959;
TAR Toscana, I, n. 390/2006 e n. 157/2006;
TAR Campania, Napoli, IV, n. 1879/2006 e n. 1042/2006) e ciò, in quanto, ai sensi dell'art. 126, primo comma, del decreto citato, costituisce presupposto per l'ammissibilità al gratuito patrocinio la circostanza che "le pretese che l'interessato intende far valere non appaiono manifestamente infondate".

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