TAR Torino, sez. I, sentenza 2023-01-05, n. 202300018
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Testo completo
Pubblicato il 05/01/2023
N. 00018/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00920/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 920 del 2021, proposto da
-Ricorrente-, rappresentato e difeso dall'avvocato A R O, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Questura di Torino, in persona del Questore pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale di Torino, domiciliataria ex lege in Torino, via dell'Arsenale, n. 21;
per l'annullamento
del provvedimento del Questore di Torino Prot. nr. -OMISSIS- notificato in data 25 agosto 2021 mediante il quale viene revocato il permesso di soggiorno;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Questura di Torino;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2022 la dott.ssa Flavia Risso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il gravame indicato in epigrafe, il ricorrente impugna il provvedimento del Questore di Torino mediante il quale viene revocato il permesso di soggiorno per lavoro autonomo.
Avverso il provvedimento impugnato il ricorrente ha dedotto l’illegittimità per: 1) Violazione di legge, con riferimento agli articoli 9, comma 10, del d.l. 76/13, convertito in legge n. 99/13, d.lgs. n. 109/12, di attuazione della direttiva 2009/52/CE e circolare 35 /13 del Ministero dell’Interno; 2) Eccesso di potere per difetto d’istruttoria, sviamento dei fatti, manifesta ingiustizia e contraddittorietà della motivazione, mancanza di idonei parametri di riferimento e contrasto con l’articolo 13 della Costituzione.
Si è costituita in giudizio la Questura di Torino, depositando documentazione a supporto del provvedimento impugnato.
Con ordinanza n. 476 del 25 novembre 2021 questo Tribunale ha respinto l’istanza cautelare, evidenziando che, allo stato, non sussistevano i presupposti di fondatezza del ricorso, avuto riguardo alla condanna per grave reato riportata dal ricorrente.
All’udienza pubblica del 9 novembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorrente, in sintesi, sostiene genericamente che, per quanto attiene la condanna in Lussemburgo, emessa dal Tribunale di Primo Grado, la stessa sarebbe stata ritenuta definitiva, pur non essendo state rispettate le garanzie previste dalla normativa per il riconoscimento delle sentenze penali pronunciate all’estero, richiamando l’art. 730 e seguenti c.p.p., che non risultava che la procedura di riconoscimento fosse mai stata attivata e che la sentenza a carico del ricorrente non risultava essere stata riconosciuta sul territorio dello Stato.
Inoltre, nel gravame, altrettanto genericamente, si afferma che la decisione dell’Amministrazione trarrebbe la motivazione da considerazioni di carattere economico, ignorando completamente i risvolti della vicenda umana del ricorrente, il quale sarebbe persona impegnata in una fattiva ricerca, in un Paese straniero, di inserimento sociale tramite lavoro sia subordinato, sia autonomo.
Il ricorrente lamenta un’asserita carenza di istruttoria, in quanto a suo dire, il provvedimento non sembrerebbe accentrare l’attenzione su alcuni elementi specifici della vicenda.
Infine, per quanto riguarda il contrasto con l’articolo 13 della Costituzione, nel ricorso si afferma, sempre genericamente, che il diniego costituisce l’antecedente logico-giuridico per l’adozione del provvedimento di espulsione e che esso pertanto rappresenterebbe un provvedimento restrittivo della libertà personale con la necessità, a pena di illegittimità, di norme precise e dettagliate che ne configurino la sussistenza e lo scenario di operatività.
Il Collegio, a prescindere dalla genericità delle censure dedotte, si limita ad osservare che la motivazione principale del provvedimento impugnato è concentrata sulla condanna da parte del Tribunale di Primo Grado del Lussemburgo, divisione Arlon (Belgio) alla pena di anni tre di reclusione per reati inerenti gli stupefacenti, in considerazione del fatto che tale provvedimento sarebbe ostativo alla permanenza in area Schengen ai sensi degli articoli 71 e 96 della Convenzione Schengen, ratificata con legge 30.9.1993 n. 388 e che l’art. 4 del d.lgs. n. 286 del 1998 cita espressamente, e alla contestuale assenza del reddito minimo richiesto per la regolare permanenza sul territorio nazionale pari all’importo annuo dell’assegno sociale.
Per quanto riguarda la prima parte della motivazione, l’Avvocatura dello Stato ha evidenziato che a maggio 2021 era pervenuta alla Questura di Torino la nota del Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza – Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere che segnalava che lo straniero era stato condannato dal Tribunale di Arlon (Lussembrugo) per la violazione della normativa sugli stupefacenti ed era ivi ristretto in carcere, condanna inserita nel sistema Schengen per la non ammissione sul territorio, depositando in giudizio la sentenza di che trattasi.
Per quanto riguarda la seconda parte della motivazione, l’Avvocatura dello Stato ha evidenziato che il ricorrente risultava irreperibile alla banca dati dell’Agenzia delle Entrate e, soprattutto, che il ricorrente risultava privo di reddito, depositando in giudizio documentazione INPS a supporto di tale affermazione.
In via preliminare, il Collegio evidenzia che la Convenzione di Schengen istituisce, all’art. 92, il Sistema d’Informazione Schengen (SIS) “… costituito da una sezione nazionale presso ciascuna Parte contraente e da un'unità