TAR Milano, sez. III, sentenza 2012-02-10, n. 201200476

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. III, sentenza 2012-02-10, n. 201200476
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 201200476
Data del deposito : 10 febbraio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02671/2011 REG.RIC.

N. 00476/2012 REG.PROV.COLL.

N. 02671/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2671 del 2011, proposto da:
SIEMENS HEALTHCARE DIAGNOSTICS s.r.l. (già Dade Behring S.p.A. nonchè già Siemens Medical Solution Diagnostics S.r.l.), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. M B B, con domicilio eletto pressolo studio di quest’ultimo in Milano, P.zza S.Ambrogio n. 8;

contro

AZIENDA COMPLESSO OSPEDALIERO SAN FILIPPO NERI, con sede in Roma, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita;

per l'ottemperanza

al decreto ingiuntivo n. 33790/2010 emesso in data 27 settembre 2010 dal Tribunale Ordinario di Milano.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2011 il dott. Stefano Celeste Cozzi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con decreto ingiuntivo n. 33790/2010 emesso in data 27 settembre 2010, non opposto, munito di formula esecutiva il 14 febbraio 2011 e notificato in tale forma in data 30 marzo 2011, il Tribunale Ordinario di Milano ha ingiunto all’Azienda intimata di pagare alla società ricorrente, entro 40 giorni dalla notifica del decreto, la somma di Euro 21.146, 74 oltre interessi e spese.

La ricorrente lamenta che il decreto ingiuntivo è non è stato eseguito dall’amministrazione;
per questa ragione ne chiede l’ottemperanza.

Preliminarmente il Tribunale rileva che al giudizio di ottemperanza di cui si tratta non sono riferibili i limiti previsti dall’art. 1, comma 51, della legge 2010 n. 220.

La norma citata dispone che “al fine di assicurare il regolare svolgimento dei pagamenti dei debiti oggetto della ricognizione di cui all'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per le regioni già sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari, sottoscritti ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, e già commissariate alla data di entrata in vigore della presente legge, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime, fino al 31 dicembre 2011. I pignoramenti e le prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle regioni di cui al presente comma alle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime, effettuati prima della data di entrata in vigore del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, non producono effetti dalla suddetta data fino al 31 dicembre 2011 e non vincolano gli enti del servizio sanitario regionale e i tesorieri, i quali possono disporre, per le finalità istituzionali dei predetti enti, delle somme agli stessi trasferite durante il suddetto periodo”.

Il tenore letterale della disposizione, che espressamente si riferisce a pignoramenti e prenotazioni a debito, è indice della necessità di riferire la preclusione alle sole azioni esecutive in senso stretto, alle quali resta estraneo il giudizio di ottemperanza.

In tale senso, la giurisprudenza rileva che il giudizio di esecuzione e quello di ottemperanza non sono sovrapponibili per natura e funzione, ferma restando la loro complementarietà (cfr. Cass., sez. trib., 12 marzo 2009, n. 5925).

Invero il giudizio di ottemperanza, a differenza di quello di esecuzione, non è finalizzato all’espropriazione dei beni dell’amministrazione debitrice, ma a fare in modo che l’amministrazione stessa si adegui a quanto statuito nella sentenza passata in giudicato, attraverso l’attività sostitutiva del giudice o del commissario ad acta da questi nominato.

Va poi evidenziato che, a parere del Collegio, la normativa suindicata appare contraria alle disposizioni contenute nella Direttiva 29 giugno 2000 n. 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (applicabile ratione temporis al caso in esame ai sensi dell’art. 13 della Direttiva 16 febbraio 2011 n. 2011/7/UE, nonostante l’avvenuta abrogazione).

In proposito vale la pena osservare che nel settimo e nel nono considerando, contenuti nelle premesse della Direttiva, si afferma esplicitamente che i periodi di pagamento eccessivi e i ritardi di pagamento impongono pesanti oneri amministrativi e finanziari alle imprese, ed in particolare a quelle di piccole e medie dimensioni;
che tali problemi costituiscono una tra le principali cause d'insolvenza e determinano la perdita di numerosi posti di lavoro;
e che le differenze tra le norme in tema di pagamento e le prassi seguite negli Stati membri costituiscono un ostacolo al buon funzionamento del mercato interno.

Appare pertanto evidente come l’introduzione nello Stato italiano di una normativa che, nella sostanza, consente alle Aziende del Servizio Sanitario Nazionale in difficoltà finanziarie di adempiere ai propri obblighi contrattuali di pagamento con notevole ritardo, possa porsi in contrasto con la suindicata Direttiva e, in particolare, con il suo articolo 5 il quale prevede che la procedura di recupero dei crediti non contestati sia conclusa entro breve termine.

Ne discende che un’interpretazione diversa da quella sopra fornita dell’art. 11, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, richiamato dall’art. 1, comma 51, della legge 2010 n. 220, farebbe divenire rilevante in questa sede la questione di compatibilità comunitaria della relativa disciplina.

Vale evidenziare, infine, un ulteriore profilo proprio della fattispecie in esame, comunque ex se ostativo all’applicazione del blocco delle esecuzioni stabilito dagli artt. 11, comma 2, del d.l. 2010, n. 78 e 11, comma 51, della legge 2010, n. 220.

Secondo l’orientamento costantemente seguito dalla Sezione, il divieto di intraprendere o proseguire azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere presuppone: a) che esse operino in regioni commissariate secondo la procedura di cui all'articolo 8, comma 1, della legge 5 giugno 2003, n. 131;
b) che siano stati predisposti piani di rientro dai disavanzi sanitari, ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 finalizzati alla riorganizzazione, riqualificazione o al potenziamento del servizio sanitario regionale;
c) che sia stata effettuata la ricognizione dei debiti di cui all'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78.

Ne deriva che l’operatività della disciplina dettata dalle norme citate presuppone che l’amministrazione regionale abbia proceduto alla ricognizione dei debiti prevista proprio dall’art. 11, comma 2, del d.l. 2010, n. 78.

Tale circostanza, siccome integra un fatto diretto ad applicare una normativa tesa a paralizzare la pretesa del ricorrente, deve essere dimostrata proprio dall’amministrazione resistente, ai sensi dell’art. 2697, comma 2, c.c..

Nondimeno, tale circostanza non è stata né allegata, né provata dall’Azienda Sanitaria nemmeno costituita in giudizio.

Tanto premesso, al Tribunale non resta che prendere atto della mancata esecuzione del decreto ingiuntivo suindicato ed adottare le conseguenti misure ai sensi dell’art. 114 c.p.a..

In particolare, il Tribunale ritiene opportuno procedere alla nomina di un Commissario ad acta , individuandolo nel Prefetto di Roma, affinché provveda all’esecuzione del decreto ingiuntivo nei termini e con le modalità indicate in dispositivo.

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