TAR Venezia, sez. I, sentenza 2023-05-02, n. 202300589

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza 2023-05-02, n. 202300589
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202300589
Data del deposito : 2 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2023

N. 00589/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00031/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 31 del 2023, proposto da
M P, rappresentato e difeso dall'avvocato F M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Padova, via Emanuele Filiberto n. 3;



contro

Comune di Verona, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G M e F S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso la sede dell’Avvocatura Civica in Verona, piazza Bra' 1;
Ministero dell'Interno e Sindaco del Comune di Verona quale ufficiale del governo, in persona del Ministro pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura distrettuale Stato, domiciliata in Venezia, piazza S. Marco, 63;



per l'annullamento

del diniego opposto con nota PEC prot. 435528/2022 del 30 novembre 2022 alla richiesta di rilascio di documentazione presentata dal dott. Petrin inviata con PEC prot. PG 405143/2022, che recava allegata la sentenza del Consiglio di Stato n. 9380 del 2022.

e per l'accertamento,

della sussistenza del diritto del richiedente ad ottenere copia della documentazione richiesta.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Verona, del Ministero dell'Interno e del Sindaco del Comune di Verona quale ufficiale del governo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2023 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO

Il ricorrente Sig. M P, in data 1° novembre 2022, ha presentato al Comune di Verona una domanda di accesso agli indici decennali di nascita e matrimonio del periodo 1871 – 1901 dei Comuni, accorpati a quello di Verona di cui oggi costituiscono delle frazioni, di Avesa, Ca’ di David, Mizzole, Montorio, Quinto, Quinzano, Parona, San Massimo, San Michele Extra e Santa Maria in Stelle.

Nella domanda si afferma che la conoscenza dei documenti è necessaria “ per una ricerca storica sull’emigrazione veneta in Sud America ”.

Il Comune di Verona, con provvedimento del 30 novembre 2022, ha respinto l’istanza con un’articolata motivazione con la quale, in estrema sintesi, ha affermato che gli indici decennali fanno parte dei registri di stato civile, e pur non potendo qualificarsi in senso stretto come atti di stato civile, contengono dati personali, con la conseguenza che sono soggetti ad una secretazione perenne e ad un divieto di accesso da parte del privato.

A sostegno di tale conclusione il Comune rileva che l’art. 27, comma 1, lett. c), del D.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, recante disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento UE n. 2016/679, ha abrogato l’art. 177 del D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, norma che consentiva il rilascio degli estratti degli atti dello stato civile, senza limitazioni di tipo soggettivo od oggettivo, decorsi settanta anni dalla formazione dell’atto.

Secondo il provvedimento di diniego per effetto di tale abrogazione non sarebbero più configurabili deroghe al generale divieto di rilascio di questa tipologia di documenti con la conseguenza che, non essendo intervenuta alcuna normativa speciale successiva in senso diverso, l’accessibilità agli indici decennali deve ritenersi esclusa.

Con il ricorso in epigrafe il diniego è impugnato con un unico motivo.

Il ricorrente riferisce di essere impegnato, con il figlio, in una ricerca storica sul fenomeno migratorio dal Veneto al Sudamerica a cavallo dei secoli XIX e XX, di aver rivolto analoghe istanze di accesso a diversi Comuni che le hanno accolte, e di aver presentato tre ricorsi giurisdizionali avverso i dinieghi formulati dai Comuni di Pieve di Soligo, Altivole e Villafranca di Verona, e che i ricorsi sono stati accolti, con la conseguente affermazione del diritto di accedere agli atti richiesti, con le sentenze di questa Sezione, rispettivamente 24 giugno 2022, n. 1074, 2 marzo 2022, n. 383, e 13 ottobre 2021, n. 1213, quest’ultima confermata in appello con sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 31 ottobre 2022, n. 9380.

Nel ricorso si deduce la violazione dell’art. 25 della legge 7 agosto 1990, n. 241, la contraddittorietà, nonché l’errore nella valutazione dei presupposti, perché oggetto della domanda di accesso non sono le certificazioni anagrafiche, ma i soli indici decennali che alcuni Comuni rendono direttamente consultabili on line , tramite il portale “ Antenati ” curato dall’Istituto Centrale per gli Archivi (ICAR) del Ministero della Cultura, che sono privi di dati personali dei soggetti elencati, dato che contengono oltre al nome e cognome della persona, l’anno di nascita o di celebrazione del matrimonio. Circa l’ostensibilità degli atti, il ricorrente cita anche dei pareri resi nel 2006, nel 2007 e nel 2008 dalle Prefetture di Padova, Treviso e Venezia che si sono espresse in senso favorevole.

Si è costituito in giudizio il Comune di Verona, eccependo in rito il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto parte del giudizio dovrebbe essere il Sindaco nella sua qualità di ufficiale del governo perché oggetto della controversia sono degli atti dello stato civile, nonché il difetto di giurisdizione ai sensi dell’art. 95 del D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.

Nel merito il Comune, circa la non ostensibilità degli atti richiesti, richiama l’art. 107, del D.P.R. n. 396 del 2000, che consente il rilascio degli estratti e dei certificati solo a chi ne faccia richiesta e vi abbia interesse, cita il Massimario dello stato civile che afferma la non accessibilità degli indici decennali in quanto contenenti dati personali, anche dopo il decorso di settanta anni e osserva che nella nota del Ministero dell’Interno n. 2135 del 30 ottobre 1996, in risposta ad un quesito formulato dalla Sovrintendenza archivistica per l’Emilia Romagna, si afferma l’esistenza di un principio implicito di secretazione perenne degli atti di stato civile ed anagrafici rispetto a chi non abbia titolo perché non direttamente contemplato nella documentazione richiesta. Ricorda inoltre che l’art. 177 del D.lgs. n. 196 del 2003 - che consentiva il rilascio degli estratti degli atti dello stato civile decorsi settanta anni dalla formazione dell’atto – è stato abrogato dal richiamato art. 27 del D.lgs. n. 101 del 2018.

Il Comune sulla base delle norme richiamate afferma che il ricorrente non può pertanto accedere in modo integrale e diretto agli elenchi che contengono dati sensibili, e che il medesimo è comunque privo del necessario interesse personale e diretto alla conoscenza di tali dati, e non ha dimostrato quale sia il nesso logico intercorrente tra la ricerca sull’emigrazione verso i Paesi sudamericani che afferma di svolgere e l’elenco delle persone nate e coniugate nel Comune nel periodo richiesto.

Il Comune infine contesta la correttezza dei precedenti di questa Sezione e del Consiglio di Stato che hanno affermato l’accessibilità di questi documenti, osservando che, mentre le pronunce di primo grado hanno fondato la propria decisione sulla disposizione di cui all’art. 122, comma 1, lett. b), ultimo periodo, del D.lgs. n. 42 del 2004, il quale sancisce che gli atti idonei a rivelare rapporti riservati di tipo familiare, sono consultabili decorsi settanta anni, il giudice di appello, discostandosi da tale motivazione, ha fondato la propria decisione sull’art. 177, comma 3, del D.lgs. n. 196 del 2003, che consente l’accessibilità degli estratti degli atti di stato civile decorsi settanta anni dalla formazione dell’atto. Rispetto alla pronuncia del Consiglio di Stato, il Comune ricorda l’intervenuta abrogazione espressa della norma assunta a fondamento della decisione per effetto dell’art. 27 del D.lgs. n. 101 del 2018.

Si sono altresì costituiti in giudizio il Sindaco di Verona nella sua qualità di ufficiale del governo ed il Ministero dell’Interno con l’Avvocatura distrettuale dello Stato, affermando di essere in via esclusiva gli unici soggetti passivi per le controversie aventi ad oggetto atti dello stato civile i quali non sarebbero sussumibili entro la categoria degli atti amministrativi ai fini dell’accesso, ed eccependo per le stesse ragioni il difetto di giurisdizione, in quanto la controversia avrebbe dovuto essere proposta avanti al giudice ordinario ai sensi dell’art. 95 del D.P.R. n. 396 del 2000.

Nel merito l’Avvocatura dello Stato articola delle difese corrispondenti a quelle già proposte dal Comune, sottolineando che l’abrogazione dell’art. 177, comma 3, del D.lgs. n. 196 del 2003 deve ritenersi dovuta alla volontà del legislatore di escludere l’accessibilità di questi atti alla luce del Regolamento UE 2016/679.

Alla camera di consiglio del 22 marzo 2023, la causa è stata trattenuta in decisione.



DIRITTO

1. Torna all’attenzione della Sezione la questione dell’accessibilità o meno degli indici decennali di nascita e matrimonio relativi al periodo a cavallo dei secoli XIX e XX, proposta dall’odierno ricorrente a diversi Comuni, risolta in suo favore in tre precedenti pronunce, una delle quali confermata in appello, i cui estremi sono indicati nella parte narrativa in fatto.

1.2 Rispetto a tali pronunce, nel caso in esame vengono per la prima volta proposte delle questioni in rito che devono essere esaminate in via preliminare.

Il Comune

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