TAR Torino, sez. II, sentenza 2023-01-27, n. 202300109

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. II, sentenza 2023-01-27, n. 202300109
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202300109
Data del deposito : 27 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/01/2023

N. 00109/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00551/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 551 del 2021, proposto da
-OMISSIS- e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato F D P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Vignole Borbera, rappresentato e difeso dagli avvocati M C, G G e G R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Antonio Fiore in Torino, corso De Gasperi n. 21;

per l'annullamento

- dell'ordinanza n. -OMISSIS-, con la quale il Responsabile del Servizio del Comune di VIGNOLE BORBERA ha ordinato ai signori -OMISSIS- e -OMISSIS-, ai sensi dell'art. 31, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001 e ss.mm.ii., “la rimozione e/o demolizione delle opere realizzate in assenza di titolo abilitativo in premessa riportate e descritte ai punti da (A) a (N) e nell'allegata planimetria ed il ripristino dello stato dei luoghi entro e non oltre il termine di 60 (sessanta) giorni”;

- di tutti gli atti e provvedimenti ad esso presupposti, connessi e/o consequenziali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Vignole Borbera;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2023 il dott. Gianluca Bellucci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il Comune di Vignole Borbera, ad esito di sopralluogo del -OMISSIS-, con ordinanza n. -OMISSIS- ha ingiunto la demolizione di vari manufatti realizzati senza titolo edilizio, costituiti da un manufatto in lamiera aderente a fabbricato, da fabbricato in legno e lamiera (addossato a manufatto in muratura, già adibito a ricovero per capre, anch’esso abusivo), manufatto in materiali vari, tettoia in legno e lamiera aderente a pollaio chiuso (anch’esso abusivo), fabbricato aperto, locale di deposito, tettoia in legno, cisterna, baracca in legno e altra cisterna su basamento in cemento.

Avverso tale provvedimento i ricorrenti hanno dedotto varie censure.

Si è costituito in giudizio il Comune di Vignole Borbera.

All’udienza del 24 gennaio 2023 la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

Con la prima censura i ricorrenti, premesso che l’atto impugnato riporta il medesimo elenco delle opere indicate nella ordinanza di demolizione del 2010 (alla quale il Comune non ha dato seguito), deducono che, come da atto di notorietà del signor -OMISSIS- presentato il -OMISSIS-, i manufatti indicati nei punti da A ad H dell’ordinanza impugnata risalgono a prima della legge n. 765 del 6.8.1967 e sono al di fuori del centro abitato;
aggiungono che il Comune avrebbe dovuto comprovare che l’attività costruttiva è stata svolta dopo il 1967, anche alla luce della sentenza penale (pubblicata il -OMISSIS-) che assolse il signor -OMISSIS- dal reato di falsa attestazione che le tettoie chiuse e aperte, situate sui mappali ex 315 e sul mappale accorpato al mappale 448 del foglio 7, erano state realizzate prima dell’entrata in vigore della legge n. 765/1967.

Il motivo è infondato.

E’ onere del privato comprovare la data di realizzazione dell’opera priva di titolo edilizio, senza che possa assolvere all’onere probatorio l’atto di notorietà.

« L'onere della prova in ordine alla data di realizzazione dell'opera edilizia — sia al fine di poter fruire del beneficio del condono edilizio sia al fine di poterne escludere la necessità di tiolo abilitativo per essere realizzata al di fuori del centro abitato in epoca antecedente alla legge “ponte” n. 765 del 1967 — grava sul privato » (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 24 maggio 2016 n. 2179)…«inoltre, le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà non sono utilizzabili nel processo amministrativo e non rivestono alcun effettivo valore probatorio, potendo costituire solo indizi che, in mancanza di altri elementi nuovi, precisi e concordanti, non risultano ex se idonei a scalfire l'attività istruttoria dell'amministrazione. Esse, infatti, non sono sufficienti alla prova della data di ultimazione dei lavori, dovendo essere supportate da ulteriori riscontri documentari, eventualmente indiziari, purché altamente probanti, ritenendosi all'uopo utili peculiari atti, quali fatture, ricevute relative all'esecuzione dei lavori ed all'acquisto dei materiali, bolle di consegna » (Cons. Stato, VI, 6.9.2017, n. 4243).

Inoltre, nel caso di specie sussiste la prova che le opere in questione sono successive al 1967, in quanto l’ex tecnico comunale ha dichiarato che negli anni ’80 “sul terreno in questione non c’era alcun fabbricato” (come riportato nell’atto impugnato e nella citata sentenza del Tribunale penale di Alessandria), mentre il signor -OMISSIS- ha dichiarato che nel 1978 il mappale 315 era sgombero da costruzioni (come da verbale di sommarie informazioni del -OMISSIS-, richiamato nell’ordinanza di demolizione).

D’altro canto, le dichiarazioni riportate nella sentenza penale di assoluzione non sono idonee a dimostrare che le opere sono antecedenti alla vigenza della legge n. 765/1967: secondo quanto in essa indicato, l’ex tecnico comunale ha precisato che le strutture di modesta entità non venivano riportate nell’aggiornamento cartografico (ma ciò, ad avviso del Collegio, non vale ad escludere che i manufatti de quibus fossero successivi al 1967), mentre altri testimoni hanno riferito che 30 o 40 anni prima esistevano già alcune costruzioni precarie (alcuni di essi hanno precisato di ricordare l’esistenza di una struttura adibita a forno, altri testi hanno dichiarato che, intorno alla metà degli anni ’60, sul luogo erano situati un fabbricato col forno e alcune baracche).

Trattasi di testimonianze generiche e non dirimenti, alcune delle quali non recano uno specifico riferimento temporale, giacché radicano il ricordo dello stato del luogo in trenta o quaranta anni prima (ovvero in epoca comunque successiva al 1967), e sono comunque generiche nell’indicazione dei manufatti preesistenti (laddove riferiscono di “costruzioni precarie”), mentre altre operano un indistinto richiamo al ricordo della remota esistenza di un fabbricato col forno (non più esistente e quindi estraneo alla gravata ordinanza) e di “baracche”, di cui non è dato comprendere se coincidessero o meno con qualcuno dei dodici manufatti oggetto dell’ingiunzione a demolire.

Con la seconda doglianza i ricorrenti contestano la relazione tecnica richiamata nell’impugnato provvedimento, secondo la quale alcuni spigoli dei manufatti ricadono nella proprietà comunale.

La censura è inammissibile, in quanto la motivazione incentrata sulla mancanza di titolo edilizio per i dodici manufatti elencati è sufficiente a sorreggere la legittimità del provvedimento impugnato, adottato in dichiarata applicazione dell’art. 31, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001.

Con il terzo mezzo i ricorrenti invocano l’affidamento formatosi in capo a loro per effetto del lungo lasso di tempo intercorso tra la realizzazione delle opere e la notificazione dell’ordinanza di demolizione;
in ragione di ciò, essi lamentano la mancanza di un interesse pubblico addotto a giustificazione della sanzione demolitoria.

Il rilievo non ha pregio.

L’esistenza di abusi edilizi, ovvero di manufatti privi della necessaria concessione edilizia, vincola l’amministrazione ad assicurare il ripristino dello stato dei luoghi, a prescindere dal tempo trascorso dalla realizzazione delle opere. Il decorso di un lasso di tempo anche consistente e l'assenza di interventi sanzionatori da parte dell'amministrazione preposta alla vigilanza sull'attività edilizia non radicano, in capo al proprietario di un fabbricato abusivo, alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione antigiuridica che l'ordinamento, al contrario, impone di rimuovere (Cons. Stato, A.P. n. 9/2017).

Con il quarto motivo gli esponenti deducono che le opere in questione, sebbene accatastate, non sono state recepite dal PRG, mentre nell’area B3 sono indicati edifici che in realtà non esistono.

La censura non ha alcun pregio ed è anzi inconferente.

La circostanza lamentata non inficia la legittimità dell’atto impugnato.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo.

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