TAR Napoli, sez. I, sentenza 2020-11-27, n. 202005585

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2020-11-27, n. 202005585
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202005585
Data del deposito : 27 novembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/11/2020

N. 05585/2020 REG.PROV.COLL.

N. 06313/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6313 del 2015, proposto da
Ico Sud S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato L T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto in Napoli, alla via Toledo n. 323;

contro

Trenitalia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati M C e F V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto in Napoli, alla piazza G. Rodino' n. 18;

per il risarcimento del danno

conseguente al colposo comportamento della stazione appaltante, così come concretizzatosi nell’illegittimo provvedimento prot. n. 47659 del 15.9.2015, di revoca della aggiudicazione precedentemente disposta in favore della ICO SUD con nota prot. 44981 del 1.9.2015, relativamente alla procedura di gara per l’affidamento del servizio di esecuzione di lavorazioni meccaniche e di carpenteria su componenti metallici nonché eventuale fornitura di particolari metallici e di piccola minuteria per l'IMC ETR di Napoli della Divisione Passeggeri Long Haul di Trenitalia S.p.A.;

previo accertamento

della illegittimità dei seguenti atti: 1) nota della Trenitalia S.p.A., prot. n. 47659 del 15.9.2015, di revoca della aggiudicazione precedentemente disposta in favore della ICO SUD;
2) Nota della Trenitalia S.p.A., prot. n. 50422 del 29.9.2015, di segnalazione dell’operatore economico all’ANAC;

nonché per l’accertamento

della nullità/annullabilità della clausola escludente inserita nella lex specialis a pag. 4 del modello di domanda di partecipazione (allegato al bando) laddove prevede la esclusione per falsa dichiarazione in caso di omessa dichiarazione dell’esistenza di sentenze depenalizzate ovvero soggette al beneficio della non menzione.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Trenitalia S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2020 Rocco Vampa e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con avviso del 3.5.2015, Trenitalia S.p.A. indiceva pubblica procedura per l’aggiudicazione dell’appalto avente ad oggetto l’affidamento del “ Servizio di esecuzione di lavorazioni meccaniche e di carpenteria su componenti metallici nonché eventuale fornitura di particolari metallici e di piccola minuteria per l’IMC ETR di Napoli della Divisione Passeggeri Long Haul di Trenitalia S.p.A. ”, per la durata di dodici mesi, rinnovabile per ulteriori dodici mesi.

1.1. La società ricorrente presentava domanda di partecipazione alla gara, utilizzando il modello di cui all’allegato A del bando, nella quale si indicavano i nominativi dell’amministratore unico e del direttore tecnico, espressamente dichiarando, tra l’altro, che nei confronti di tali ultimi soggetti “ non è stata pronunciata sentenza definitiva di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. ”.

1.2. All’esito della gara, la ricorrente risultava aggiudicataria, giusta provvedimento dell’1.9.2015.

1.3. Tuttavia, con successivo provvedimento del 15 settembre 2015 la resistente società revocava la già disposta aggiudicazione, attesa la emersione a carico del direttore tecnico della ricorrente di due condanne penali, non menzionate nella domanda di partecipazione, consistenti in:

- un decreto penale del G.I.P. di Napoli, divenuto esecutivo il 7/7/1994 per i reati di furto continuato e frode dell’imposta erariale sul consumo di gas ed energia elettrica, con applicazione di una multa e beneficio della non menzione;

- sentenza del Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Afragola, divenuta irrevocabile il 2.3.2004, per il reato di omissione di lavori in edifici che minacciano rovina, reato per il quale era stata applicata un’ammenda.

1.4. Con il ricorso in esame, notificato a partire dal 16 dicembre 2015, la ricorrente esperiva azione risarcitoria volta, previo accertamento della illegittimità della revoca della aggiudicazione nonché della nullità della clausola escludente inserita nella lex specialis a pag. 4 del modello di domanda di partecipazione, al riconoscimento della responsabilità della intimata società, ed al ristoro dei danni conseguentemente ritratti, consistenti nel:

- lucro cessante, id est nell’utile non ritratto a cagione del mancato conseguimento dell’appalto, nella misura del 10% dell’importo offerto;

- danno curriculare, nella misura del 5% dell’importo a base di gara;

- danno all’immagine, costituito dal “ danno recato all’operatore economico che a seguito un’illegittima revoca dell’aggiudicazione vede pregiudicata la partecipazione ad altre gare del settore ”, da liquidarsi in via equitativa.

1.5. La ricorrente lamentava, in particolare:

- la omessa comunicazione di avvio del procedimento, che avrebbe peraltro sostanzialmente conculcato le guarentigie difensive spettanti alla aggiudicataria, impedendole di formulare apposite deduzioni volte alla emersione della insussistenza di una dichiarazione mendace, della assenza di un contegno negligente, della ininfluenza dei reati contestati rispetto alla affidabilità professionale della ricorrente;
circostanze, queste, rappresentate solo in sede giurisdizionale e avanti all’Anac che, non a caso, avrebbe archiviato il procedimento sanzionatorio ex art. 38, comma 1- ter , d.lgs. 163/06 (con atto del 28 dicembre 2016) “ aderendo in toto alle prospettazioni dell’odierna ricorrente ”;

- in ogni caso, la insussistenza di una dichiarazione mendace, resa sulla scorta di un certificato del casellario giudiziale intestato alla persona del direttore tecnico e recante la dicitura “nulla”, nonché di due negativi certificati carichi pendenti dell’11.10.2006 e del 21.9.2015;

- la illegittimità della clausola del bando (pag. 4 del modello di domanda allegato al bando) ove interpretata nel senso di legittimare la esclusione anche nel caso –ricorrente nella specie- di condanne per reati depenalizzati ovvero rese con il beneficio della non menzione;
e, invero, nella fattispecie si verterebbe in tema di fatti di lievissima entità, commessi in epoca risalente, oggetto in un caso di depenalizzazione e nell’altro di estinzione.

1.6. Si costituiva Trenitalia s.p.a. che, in via preliminare, eccepiva la inammissibilità della domanda risarcitoria per mancata impugnazione del provvedimento di revoca della aggiudicazione, concludendo in ogni caso per la sua infondatezza, non essendo risarcibile il danno lamentato in quanto evitabile con l’uso della ordinaria diligenza ex art. 1227 c.c. ( id est , con la tempestiva impugnazione dell’atto lesivo) e, in ogni caso, a cagione della legittimità dell’ actio posta in essere dalla stazione appaltante.

1.7. La causa, al fine, illustrate le ispettive posizioni con memorie illustrative e atto di replica, veniva introitata per la decisione all’esito della pubblica udienza del 14 ottobre 2020.

DIRITTO

2. La domanda risarcitoria veicolata con il ricorso, che prescinde dalla impugnazione e dalla caducazione del provvedimento di revoca della aggiudicazione, benchè ammissibile, non è fondata.

2.1. Va, all’uopo e in via liminare, disvelata la evanescenza della preliminare eccezione di inammissibilità formulata dalla resistente società.

2.1.1. E’ noto che il codice del processo amministrativo, ponendo fine alla disputa di inizio secolo tra i due massimi Consessi giurisdizionali –Consiglio di Stato e Corte di Cassazione- ha espressamente riconosciuto la possibilità di proporre in via autonoma domanda di risarcimento dei danni ritratti dalla actio amministrativa (art. 30, c.p.a.), nel termine decadenziale di 120 giorni (decorrenti dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento de il danno deriva direttamente da questo), con l’accertamento incidenter tantum della legittimità dell’atto amministrativo, che digrada in uno degli elementi del fatto illecito generatore della responsabilità, al pari degli altri ex art. 2043 c.c. (evento dannoso, elemento soggettivo, nesso di causalità).

2.1.2. Il superamento della cd. “pregiudiziale amministrativa”, con i termini di poi riconosciuti per l’esercizio della autonoma azione di risarcimento (termine prescrizionale di cinque anni;
termine decadenziale di 120 giorni contemplato dal c.p.a.), è valso esclusivamente ad ampliare le possibilità di tutela del privato, non più costretto a chiedere la tutela in forma specifica (caducatoria) ma libero di “scegliere” l’esperimento, autonomo, di quella per equivalente pecuniario.

2.1.3. La espressa previsione normativa della autonomia della azione di risarcimento dei danni da attività provvedimentale (artt. 7, comma 4, e 30, c.p.a.), si inscrive giustappunto nella logica di assegnare la massima preminenza alla volontà della parte e, dunque, alla sua libera electio circa le tecniche di tutela reputate maggiormente idonee a soddisfare i propri interessi e a reintegrare la propria sfera giuridica, lesa dall’ agere illegittimo della P.A. (TAR Lazio, I, 28 settembre 2019, n. 11389).

2.1.4. Di talchè, in ossequio al principio dispositivo che connota anche il giudizio amministrativo (artt. 30, 34, comma 1, c.p.a.;
artt. 99, 100 e 112 c.p.c., art. 2907 c.c., ed il principio della domanda quale “clausola generale” della giurisdizione di diritto soggettivo: CdS, A.P., 5/2015 e Cass., SS.UU., 26242 e 26243/14;
TAR Campania, I, 3414/20) il ricorrente può:

- ab initio concretamente modulare la propria domanda, al fine di ritrarre la massima utilitas dal processo, rinunziando alla tutela in forma specifica, quando questa non sia conveniente ovvero non sia più utile, ed instando esclusivamente per il risarcimento dei danni;

- nel corso del giudizio di annullamento, o anche dopo la sua conclusione, proporre la domanda risarcitoria ;

- nel corso del giudizio di annullamento, chiedere al Giudice, quando la caducazione dell’atto non sia più “utile”, di accertare incidentalmente la illegittimità dell’atto ai fini risarcitori, con una sorta di conversione tipica dell’azione, codificata all’art. 34, comma 3, c.p.a..

2.1.5. L’ordinamento, indi, espressamente riconosce al soggetto inciso dalla azione dei pubblici poteri di “disporre” delle proprie guarentigie di tutela giurisdizionale, optando ab initio per l’esperimento di una domanda esclusivamente di matrice risarcitoria –rinunziando, indi, alla più incisiva e diretta reintegrazione in forma specifica ottenibile con l’annullamento dell’atto lesivo- in ossequio a libere scelte e valutazioni, ed alla concreta utilitas ritraibile.

2.1.6. Ora, la domanda di tutela giurisdizionale de qua è stata in concreto modulata dalla società ricorrente, avvalendosi delle proprie indefettibili guarentigie difensive ed in ossequio al principio dispositivo che connota il presente giudizio, in guisa da perseguire:

- non già l’interesse finale ab initio –al momento della partecipazione alla gara- avuto di mira, costituito all’evidenza dalla aggiudicazione della pubblica commessa;

- bensì il diverso interesse , succedaneo, alla integrità della propria sfera giuridica patrimoniale, al fine di preservarla da atti di lesione e/o compressione posti in essere dalla stazione appaltante a cagione della illegittima attivazione del procedimento di revoca della già disposta aggiudicazione, siccome foggiata all’art. 38, comma 2- bis , d.lgs. 63/06, ratione temporis applicabile.

2.1.7. Orbene, i principi della domanda e della corrispondenza tra chiesto e pronunciato (artt. 2907 c.c., 99 e 112 c.p.c., 34, comma 1, 40, c.p.a.) permeanti il processo amministrativo non meno di quello civile (CdS, a.p. 5/15;
Cass., SS.UU., 26242 e 26243/14;
TAR Lombardia, I, 13 maggio 2019, n. 1065;
TAR Lombardia, I, 6 febbraio 2019, n. 268), ben consentono al soggetto inciso dall’ actio dei pubblici poteri:

- di deflettere dall’esperimento della azione caducatoria, formulando esclusivamente una domanda risarcitoria;

- ovvero di esperire domanda risarcitoria contestualmente all’azione di annullamento, ab initio ovvero nel corso del giudizio, ovvero anche successivamente al giudizio di annullamento e alla sua vittoriosa definizione (e fino a “ centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza ”: art. 30, comma 5, c.p.c.).

2.1.8. Ancor prima, è rimessa alla libera valutazione dell’amministrato la stessa opzione di avvalersi o meno della tutela giudiziale.

2.1.9. Di talchè, pertiene al destinatario di un provvedimento lesivo la scelta relativa (TAR Campania, I, 29 luglio 2020, n. 3414):

- sull’an , all’accesso alla tutela giurisdizionale o giustiziale, pel tramite dell’esperimento del ricorso al Giudice amministrativo ovvero al Presidente della Repubblica;

- sul quid , alle forme di tutela, caducatoria e/o risarcitoria, ai provvedimenti ovvero alle statuizioni provvedimentali -che, benchè formalmente contenute in un unico atto, assumono autonoma attitudine lesiva- da sottoporre allo scrutinio giudiziale;

- sul quomodo , provvedendo ad una rituale graduazione delle censure, ritualmente e tempestivamente introdotte in giudizio.

2.1.10. Ne discende, irrefragabile, la ammissibilità della pretesa azionata dalla ricorrente.

2.2. La domanda risarcitoria, benchè ammissibile, non è fondata .

2.2.1. Va, in limine , rilevato che il contegno ascritto alla società ricorrente – e che ha giustificato il “ritiro” della aggiudicazione già disposta in suo favore - è stato dalla stazione appaltante sussunto nel paradigma normativo:

- di cui all’art. 38, comma 2, d.lgs. 163/2006, a tenore del quale “ il candidato o il concorrente attesta il possesso dei requisiti mediante dichiarazione sostitutiva in conformità alle previsioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, in cui indica tutte le condanne penali riportate, ivi comprese quelle per le quali abbia beneficiato della non menzione ”;

- della lex specialis (allegato A del Bando e nota n. 3) che espressamente richiedeva alle imprese partecipanti la indicazione di tutti i provvedimenti di condanna emanati nei confronti dei “ soggetti elencati nel precedente punto a) ”, inclusi quelli per i quali si fosse ottenuto il beneficio della non menzione (con dictio che riecheggia, per vero, quella connotante il citato art. 38, comma 2) con obbligo la cui inosservanza era expressis verbis sanzionata con la esclusione dalla gara e con la segnalazione all’ANAC ex art. 38, comma 1- ter , d.lgs. 163/06.

2.2.2. La stazione appaltante, indi, ha:

- qualificato il contegno omissivo tenuto dalla ricorrente –con la mancata menzione dei due provvedimenti penali di condanna inflitti al proprio direttore tecnico- nei termini di violazione delle prescrizioni rivenienti dall’art. 38, comma 2, d.lgs. 163/06 e dalla lex specialis ;
e, dunque, per avere reso una “ falsa dichiarazione ”;

- da siffatta qualificazione ha fatto discendere –quale portato di un’ actio vincolata, giusta le espresse previsioni contenute nella legge di gara oltre che all’art. 38 d.lgs. 163/06- la esclusione della ricorrente dalla gara e, indi, la revoca della aggiudicazione già in suo favore disposta;
e ciò in quanto la falsa dichiarazione relativa ai ridetti provvedimenti giurisdizionali di condanna “ costituisce causa autonoma di esclusione dalla gara ”.

2.2.3. Ora, la regola foggiata nel bando ( recte nell’allegato A, e segnatamente nella nota 3) ed applicata da Trenitalia munisce di espressa sanctio iuris il generale obbligo di clare loqui –a sua volta espressione dei canoni fondamentali di buona fede e correttezza che devono sempre e comunque informare i rapporti tra le parti, sin dal momento del loro primo “contatto”- allo scopo di rendere effettivo il flusso di informazioni che deve pervenire alla stazione appaltante ad opra dei partecipanti, sancendo l’autonoma rilevanza della veridicità delle dichiarazioni rese nella domanda di partecipazione.

2.3. Orbene, lo scrutinio della legittimità dell’operato della resistente società –e, segnatamente, della qualificazione della condotta tenuta dalla ricorrente- non può che prendere le mosse dalla retta individuazione e delimitazione dell’obbligo dichiarativo gravante in capo ai partecipanti alla procedura.

2.3.2. A tal fine, non possono non venire in rilievo le ipotesi suscettibili di determinare la esclusione del partecipante dalla gara: necessarie, ed esigibili dal partecipante alla gara, sono tutte le informazioni utili all’esercizio, da parte della stazione appaltante dei propri indefettibili munera valutativi e decisori.

2.3.3. La natura ancillare e strumentale dell’obbligo di informazione, rispetto alle ipotesi legittimanti la esclusione, vale dunque a disvelarne l’effettivo contenuto.

Le informazioni da fornire alla stazione appaltante –ed i correlati obblighi gravanti in capo ai concorrenti- sono quelle che, anche solo in linea di principio, la Amministrazione dovrebbe ottenere per poter esplicare appieno, plena cognitio , la propria potestas di conduzione della gara e di aggiudicazione della pubblica commessa all’offerente “migliore”, anche perchè pienamente affidabile sotto il profilo della onorabilità e professionalità.

2.4. Nulla quaestio , in proposito, sulle cause di esclusione tipicamente contemplate dalla legge, comechè afferenti alle dichiarazioni relative ai fatti ostativi tipizzati all’art. 38, comma 1, d.lgs. 163/06- laddove viene assegnata normativa rilevanza ex se (senza che residui alcun margine di discrezionalità in capo alla stazione appaltante) a provvedimenti pel tramite dei quali è stata accertata da Autorità “altre” (rispetto alla stazione appaltante) la violazione di precetti penalmente rilevanti (sentenze ovvero decreti di condanna penale) ovvero la commissione di illeciti amministrativi (ad opra delle competenti Autorità amministrative).

2.5. Analogo discorso è a farsi, altresì, allorquando la legge di gara abbia chiaramente delineato un puntuale obbligo di dichiarativo, munito peraltro della espressa sanctio iuris della esclusione.

2.5.1. E, invero, salvo quanto sopra esposto in relazione alle circostanze irrimediabilmente ostative tipizzate in via generale ed astratta dalla legge -in relazione alle quali non possono residuare dubbi sulla esistenza dell’obbligo dichiarativo, e sulla sua percepibilità in capo all’operatore professionale- la chiara delimitazione delle ulteriori informazioni necessarie alla formulazione del giudizio di piena “affidabilità” ed “integrità” non può che essere effettuata dalla medesima stazione appaltante con la legge di gara, in guisa:

- da preventivamente apprestare, secondo la qualificata diligenza esigibile anche dalla Amministrazione, i “ mezzi adeguati ” per acquisire un compiuto patrimonio informativo, al di là ed a prescindere dalla possibilità di officiosamente avvalersi delle informazioni contenute nel casellario tenuto dall’Anac;

- poter consapevolmente ed effettivamente assolvere all’onere, in capo ad essa Amministrazione gravante, di dimostrare la esistenza di quelle gravi violazioni professionali, idonee ad incrinare il giudizio di affidabilità ed integrità della impresa ex art. 38, comma 1, lett. f), d.lgs. 163/06;

- consentire a tutti i concorrenti di percepire, ex ante e secondo la professionale diligenza da loro esigibile, la effettiva portata degli obblighi di informazione “ ulteriori ” di cui la stazione appaltante abbisogna ( ulteriori rispetto a quelli naturaliter discendenti dalle prescrizioni di legge ed afferenti alle circostanze che ex se valgono ad integrare i motivi di esclusione tipizzati all’art. 38, comma 1, d.lgs. 163/06).

2.5.2. E ciò in coerenza con l’insegnamento giurisprudenziale per cui, a mente dei principi del diritto dell’Unione, il concorrente può legittimamente essere escluso dalla gara anche per “ una lacuna di carattere formale e dichiarativo ” sempre che la relativa prescrizione –fonte dell’obbligo inadempiuto- sia percepibile e conoscibile ex ante da un soggetto professionalmente qualificato, secondo la diligenza da lui normativamente esigibile (CGUE, 6 novembre 2014, C-42/13, Cartiera dell’Adda).

2.5.3. Di qui l’onere per la stazione appaltante di chiarire nella disciplina di gara la effettiva portata e natura delle informazioni all’uopo richieste, che possono anche variare a seconda della natura dell’appalto, del contesto economico e sociale di riferimento, della presumibile composizione della platea degli aspiranti aggiudicatari, delle stesse valutazioni di opportunità ex ante formulate dalla Amministrazione. E ciò anche in ossequio al principio di auto responsabilità , precipitato degli obblighi di buona fede e correttezza che reciprocamente gravano sulle parti del rapporto o del contatto (TAR Lombardia, I, 15 novembre 2019, n. 2421).

2.6. Orbene, nella fattispecie in esame:

- il modulo di domanda di partecipazione era chiaramente formulato nel senso di esigere la indicazione di tutti i provvedimenti di condanna inflitti ai soggetti rilevanti , ivi compreso il direttore tecnico;

- nella nota a piè di pagina n. 3 è testualmente dato leggere che “ ai sensi di quanto previsto dall’art. 38, comma 2, secondo periodo, del d.lgs. n. 163/2006 devono essere dichiarati tutti i provvedimenti di condanna definitivi, ivi compresi quelli per i quali si abbia beneficiato della non menzione. In difetto si procederà all’esclusione dalla gara del concorrente per falsa dichiarazione, ed alla successiva dichiarazione all’ANAC ”.

2.7. In claris non fit interpretatio .

2.7.1. E’ evidente che –anche a voler tenere in non cale l’ordito normativo di fonte primario, che pure sul punto non si presta ad equivoci;
cfr., art. 38, commi 2 e 1, lett. c), d.lgs. 163/06- sono le speciali regole di gara ad assumere la valenza di lex perfecta , munita di sanzione in caso di inosservanza, e dunque di lex quae vetat aliquid et, si factum sit, rescindit .

2.7.2. Di talchè –in disparte la rilevanza che dette informazioni già ex se possono assumere a’ sensi dell’art. 38, commi 1 lett. c) e 2, d.lgs. 163/06- i dati la cui “omissione” è stata ascritta da Trenitalia alla società ricorrente –cui si imputa, in forza di tale omissione, un contegno mendace- afferiscono a fatti che pacificamente costituiscono oggetto di specifici obblighi dichiarativi foggiati dalla stazione appaltante, e di poi trasfusi nella lex specialis , recte nei moduli predisposti per la partecipazione alla gara.

2.7.3. E tanto basta a giustificare il provvedimento di revoca della aggiudicazione e di esclusione della gara della ricorrente.

2.8. E, invero, in base alle generali categorie penalistiche che non possono non venire in rilievo anche in subiecta materia , la “ non veridicità ” delle dichiarazioni fornite dalla impresa alla stazione appaltante presuppone la esistenza:

- a latere oggettivo , di un obbligo di informazione e di dichiarazione, sufficientemente specifico e determinato, e relativo a fatti (e non già a giudizi o “qualificazioni ”);

- a latere soggettivo , nella coscienza e volontà di rendere una dichiarazione falsa ovvero, comunque, di contravvenire ad un puntuale obbligo dichiarativo.

2.8.1. Nella fattispecie che ne occupa, sussistono entrambi gli elementi sopra individuati, stante:

- la chiara ed inequivocabile esistenza dell’obbligo di dichiarare i fatti e le circostanze de quibus , oggetto di una specifica richiesta all’uopo contenuta nelle prescrizioni della lex specialis ;

- la esistenza dell’elemento soggettivo in capo alla società ricorrente che, pure in presenza di tali inequivocabili prescrizioni, non ha provveduto a fare menzione dei fatti e delle circostanze richieste, dichiarando in sede di partecipazione, che “ nei propri confronti e nei confronti dei soggetti di cui al punto a) non è stata pronunciata sentenza definitiva di condanna passata in giudicato, o emesso decreto penale di condanna divenuto irrevocabile oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. .”.

2.8.2. Né possono rilevare le argomentazioni della ricorrente volte a perorare la tesi della “ lieve entità ” dei fatti oggetto dei provvedimenti di condanna, peraltro caratterizzati dalla concessione del beneficio della non menzione ovvero dalla successiva estinzione in ragione del decorso dello spatium temporis all’uopo contemplato, atteso che:

- quanto al beneficio della non menzione, si tratta di circostanza che non vale ad elidere o a stemperare gli obblighi dichiarativi de quibus , già a mente dell’art. 38, comma 2, d.lgs. 163/06, con prescrizioni di poi puntualmente reiterata nella legge di gara;

- in ossequio ai principi di buona fede e correttezza, nonché di trasparenza e par condicio , in presenza di chiare prescrizioni di gara –costitutive di obblighi ragionevoli, proporzionati ed esigibili, potendo essere assolti peraltro in guisa tutt’affatto agevole- i concorrenti “ devono dichiarare ogni episodio della vita professionale astrattamente rilevante ai fini della esclusione, pena la impossibilità per la stazione appaltante di verificare l’effettiva rilevanza di tali episodi sul piano della ‘integrità professionale’ dell’operatore economico ” (CdS, III, 22 maggio 2019, n. 3331;
CdS, V, 24 gennaio 2019, n. 591;
Id. id., 3 settembre 2018, n. 5142);

- di talchè “ non è configurabile in capo all’impresa alcun filtro valutativo o facoltà di scegliere i fatti da dichiarare, sussistendo l’obbligo della onnicomprensività della dichiarazione, in modo da permettere alla stazione appaltante di espletare, con piena cognizione di causa, le valutazioni di sua competenza (cfr. Cons. Stato, V, n. 4532/2018;
n. 3592/2018;
n. 6530/2018);
vale a dire, non è possibile che la relativa valutazione sia eseguita, a monte, dalla concorrente la quale autonomamente giudichi irrilevanti i propri precedenti negativi, omettendo di segnalarli con la prescritta dichiarazione (cfr. Cons. Stato, V, n. 1935/2018), così da nascondere alla stazione appaltante situazioni pregiudizievoli, rendendo false o incomplete dichiarazioni al fine di evitare possibili esclusioni dalla gara (cfr. Cons. Stato, III, n. 4192/2017;
n. 6787/2018);
al contrario, affinché la valutazione della stazione appaltante possa essere effettiva è necessario che essa abbia a disposizioni quante più informazioni possibili, e di ciò deve farsi carico l’operatore economico, il quale se si rende mancante in tale onere può incorrere in un grave errore professionale endoprocedurale
” (cfr. Cons. Stato, V, n. 5142/2018).

2.8.3. E ciò, valga il ribadirlo, allorquando dette informazioni siano state espressamente e puntualmente richieste dalla stazione appaltante nell’esercizio della ragionevole discrezionalità di modulazione della legge di gara (arg. da TAR Lombardia, I, 2421/19, cit.).

2.8.4. E, invero, la latitudine ed intensità degli obblighi di collaborazione del partecipante alla gara e che si inscrivono nell’alveo dei generali principi di buona fede, correttezza, lealtà e trasparenza, non può che attestarsi alle soglie della ragionevole “esigibilità ” del contegno, all’evidenza rinvenibile nel caso di specie, in cui la esistenza dell’obbligo era oggettivamente percepibile in quanto ben individuata e lumeggiata nella lex specialis .

2.9. Le suesposte considerazioni valgono altresì a disvelare la legittimità della previsione del bando, comechè:

- ragionevolmente funzionale alla acquisizione da parte della stazione appaltante del più ambio bagaglio informativo funzionale alla delibazione, plena cognitio , circa la affidabilità delle imprese partecipanti;

- costitutivo di obblighi di immediata percepibilità e di agevole assolvimento da parte dei concorrenti, il cui contegno omissivo –e per tale verso, mendace- vale ex se a sorreggere, di poi, il necessitato provvedimento espulsivo che ne è conseguito.

2.9.1. Di qui la rilevanza ex se delle informazioni de quibus , al di là ed a prescindere dalla loro sostanziale valenza e significanza, comechè oggetto di una inequivocabile previsione di gara.

2.9.2. Quanto, poi, al decreto di condanna del GIP di Napoli del 7.7.2014 e alla asserita estinzione del reato, è noto che il mero decorso del termine di legge per l'estinzione del reato non esime l'operatore dal dichiarare la condanna riportata, fino a quando l'estinzione non sia stata accertata dal Giudice dell'esecuzione penale, che è l'unico soggetto al quale l'ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria ( e pluribus , CdS, V, 5972/14;
TAR Lazio, II, 6 marzo 2019, n. 3024);
né può rilevare in contrario l’orientamento del Giudice penale, affermato ai fini dell'individuazione della decorrenza anticipata degli effetti dell'estinzione a tutela del condannato, “ ma che prescinde dalla considerazione del contesto procedimentale nel quale, invece, l'estinzione rileva ai fini in questione. La stazione appaltante si trova a dover considerare, senza il dovere (e talvolta neanche la possibilità) di poter sospendere la propria valutazione, la rilevanza di una condanna, e non può che tener conto della sua esistenza, fino a che non sia intervenuta una valutazione dell'unico giudice competente, quello penale, in ordine al venir meno dei suoi effetti ed all'adozione del conseguente provvedimento dichiarativo ” (CdS 2548/17).

2.10. Non può accedersi, poi, alla tesi della ricorrente circa la “incolpevolezza” del contegno omissivo che ne occupa, essendo stata la dichiarazione in questione resa dalla legale rappresentante della società “ per quanto di sua conoscenza ” - trattandosi di fatti concernenti un terza persona, id est il direttore tecnico- e, peraltro, sulla scorta di due certificati di carichi pendenti dell’11.10.2006 e del 21.9.2015, dai quali nulla sarebbe emerso.

2.10.1. E, invero:

- lo specifico obbligo dichiarativo de quo agitur non poteva che gravare in capo alla persona giuridica partecipante alla gara e, indi e de relato , in capo alla persona fisica legalmente deputata alla manifestazione ed alla esternazione della voluntas dell’ente collettivo;
la riconducibilità di tali informazioni alla persona del direttore tecnico della impresa (un soggetto di cui essa impresa si avvale) non incide sulla latitudine degli obblighi di controllo e di informazione gravanti in capo ai soggetti apicali, che si appalesano, di contro, vieppiù pregnanti proprio perché relativi alla sfera di onorabilità della persona chiamata ad assolvere un importante munus per conto di essa e che, non a caso, è tipicamente contemplato all’art. 38 d.lgs. 163/06;
di talchè, cuius commoda, eius et incommoda ;

- non conducente si appalesa, altresì, il richiamo a certificati di carichi pendenti, che, per definizione, non contengono informazioni relative a procedimenti penali conchiusi con provvedimenti irrevocabili;
nel mentre, siccome dimostrato dalla stessa documentazione quivi versata in atti dalla società ricorrente, il certificato del casellario giudiziale –benchè tardivamente richiesto, siccome recante la data del 21 settembre 2015- ben contemplava una delle condanne inflitte al direttore tecnico.

2.10.2. Infine, anche la invocata delibera di archiviazione assunta dall’Anac in data 30 novembre 2016 non può venire in soccorso della ricorrente, atteso che:

- la potestas demandata alla Autorità dall’art. 38, comma 1- ter , d.lgs. 163/06 è volta giustappunto a reprimere condotte riprovevoli, connotate dal massimo grado di disvalore del dolo e della colpa grave, e dunque non è in alcun sovrapponibile alle ben diverse valutazioni che è chiamata a fare la stazione appaltante in sede di conduzione della procedura concorsuale e di vigilanza sulla retta e puntuale osservanza delle prescrizioni di gara;
la natura qualitativamente diversa e quantitativamente più intensa del giudizio di riprovevolezza spettante alla Autorità in subiecta materia , emerge chiaramente dallo stesso tenore letterale della norma di attribuzione, a mente del quale “ in caso di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione, nelle procedure di gara e negli affidamenti di subappalto, la stazione appaltante ne dà segnalazione all'Autorità che, se ritiene che siano state rese con dolo o colpa grave in considerazione della rilevanza o della gravità dei fatti oggetto della falsa dichiarazione o della presentazione di falsa documentazione, dispone (…) ” (art. 38, comma 1- ter );

- in ogni caso, e siccome sopra già esposto, il contenuto degli invocati certificati di carichi pendenti non poteva assumere alcuna valenza “affidante” per la legale rappresentante della società ricorrente, nel mentre dal certificato del casellario giudiziale quivi versato in atti (benchè riportante una data successiva a quella di emanazione del provvedimento di revoca) ben emergeva una delle condanne inflitte al direttore tecnico.

Ne discende la inescusabilità del contegno inadempiente ed omissivo della società ricorrente e, indi, la legittimità dell’operato della stazione appaltante.

2.11. Le suesposte considerazioni, volte a lumeggiare il carattere necessitato della esclusione della gara e della revoca della aggiudicazione, valgono altresì a deprivare di rilievo la doglianza preliminare afferente alla lesione delle garanzie procedimentali, atteso che:

- il contenuto dispositivo del provvedimento di revoca non mai avrebbe potuto essere diverso;

- la certazione giudiziale della legittimità della azione provvedimentale quivi censurata rende irrilevante la censurata pretermissione procedimentale, attesa la inidoneità di un qualsiasi apporto collaborativo a determinare una differente conclusione della vicenda.

La ricaduta patologica di tale lamentata violazione “ formale e/o procedimentale ” è quindi sterilizzata dall’applicazione dell’art. 21- octies della legge 241/90, norma che ben si attaglia alla fattispecie de qua agitur , in quanto costituente espressione di actio vincolata , resa all’esito della oggettiva violazione di uno specifico obbligo dichiarativo irremissibilmente foggiato negli atti di gara e munito, altresì, di espressa sanctio iuris in caso di inosservanza.

3. Non si rinvengono ragioni, infine, per deflettere dalla regola generale in forza della quale le spese di lite seguono la soccombenza, nei valori indicati in dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi