TAR Milano, sez. III, sentenza 2018-01-22, n. 201800154

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. III, sentenza 2018-01-22, n. 201800154
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 201800154
Data del deposito : 22 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/01/2018

N. 00154/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01830/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1830 del 2014, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe D'Alonzo, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo sito in Milano, piazza Grandi, n. 24;

contro

- il Ministero dell’interno - Questura di Milano, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato presso i cui uffici distrettuali è per legge domiciliato in Milano, via Freguglia, n. 1;

per l'annullamento

- del decreto del 9.4.2014 n.2.8/14318, con cui il Questore di Milano, richiamato il foglio di addebito disciplinare notificato in data 20.1.2014, ha irrogato al ricorrente la sanzione disciplinare del «richiamo scritto»;

- di qualsiasi altro atto che sia o possa considerarsi presupposto o conseguenza degli atti come sopra impugnati e che con gli stessi sia comunque posto in rapporto di correlazione.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti l’atto di costituzione in giudizio e la memoria del Ministero dell’interno;

Vista l’ordinanza n. 938/2014 con la quale è stata respinta l’istanza cautelare proposta dalla parte ricorrente;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore il dott. G L G;

Uditi nell’udienza pubblica del 12 dicembre 2017 l’avv. D'Alonzo per la parte ricorrente e l’avvocato dello Stato Montagnoli per il Ministero dell’interno;

Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1.- Oggetto della domanda di annullamento proposta con l’odierno ricorso è il provvedimento del Questore di Milano con il quale è stata irrogata al ricorrente - assistente della Polizia di Stato - la sanzione disciplinare del richiamo scritto poiché in data 20 luglio 2013, al fine di impedire la fuga di un soggetto arrestato affidato (anche) alla sua custodia, sparava colpi in aria a scopo intimidatorio con una pistola legalmente detenuta ma diversa da quella d’ordinanza. Il ricorrente lamenta l’illegittimità della sanzione poiché per gli stessi fatti il GIP ha archiviato il procedimento penale a suo carico.

Il ricorso si articola in tre motivi di doglianza con i quali il ricorrente ha dedotto i seguenti vizi:

1) violazione dell’art. 11 del d. P.r. n. 737 del 1981 ed eccesso di potere. Poiché il procedimento disciplinare è stato attivato mentre era pendente il procedimento penale poi conclusosi con l’archiviazione, il primo avrebbe dovuto essere sospeso in attesa della definizione del secondo. Sotto altro profilo, l’archiviazione disposta dal Giudice penale avrebbe dovuto essere considerata ai fini dell’esclusione della responsabilità sul piano disciplinare;

2) Ingiustizia ed illogicità manifeste. Sussisterebbe una disparità di trattamento tra gli appartenenti alla Polizia di Stato e quelli appartenenti all’Arma dei carabinieri ed alla Guardia di Finanza sul rilievo che il divieto di porto d’armi diverse da quelle d’ordinanza sarebbe espressamente previsto dall’art. 77 della l. n. 121 del 1981 soltanto per gli appartenenti alla Polizia di Stato, ciò che darebbe luogo ad asseriti profili di incostituzionalità della previsione essendo prevista soltanto per i primi un divieto con conseguente fattispecie di reato;

3) Difetto di motivazione. L’Amministrazione non avrebbe congruamente motivato in ordine ai presupposti per l’applicazione della sanzione avuto riguardo all’avvenuta archiviazione del procedimento penale che avrebbe escluso ogni responsabilità.

2.- Si è costituito in giudizio il Ministero dell’interno che con memoria ha concluso per l’infondatezza del gravame.

3.- All’udienza pubblica del 12 dicembre 2017 presenti i procuratori delle parti che si sono riportati agli scritti difensivi, il ricorso, su richiesta degli stessi, è stato trattenuto in decisione.

4.-Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

5.- Va preliminarmente disatteso il motivo tendente ad evidenziare l’illegittimità del procedimento disciplinare in ragione della sua mancata sospensione per la pendenza del procedimento penale. Sul punto, sulla base della più recente giurisprudenza del Giudice d’appello che il Collegio condivide, deve essere osservato che non «sussiste la lamentata violazione dell’art. 11 del D.P.R. 737/81 [..] in quanto […] l’Amministrazione non aveva il dovere, nella fattispecie, di sospendere il procedimento disciplinare tenuto conto che, per giurisprudenza pacifica, l’obbligo di sospensione si determina solo quando l’appartenente ai ruoli dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza assume la qualità di imputato, con la richiesta di rinvio a giudizio […]» (Cons. St., III, n. 5228 del 2013). Come evidenziato dall’Avvocatura dello Stato, nel caso di specie il procedimento disciplinare si è svolto, in punto di fatto, prima della richiesta di archiviazione del Pubblico ministero.

Ciò precisato, l’avvenuta archiviazione del procedimento penale non dà luogo all’automatica esclusione di responsabilità sul piano disciplinare sul rilievo che diversi sono i parametri normativi di riferimento sulla base dei quali verificare la conformità della condotta all’ordinamento ed agli obblighi che incombono sul dipendente in ragione del rapporto di lavoro. In tal senso, il provvedimento impugnato va qui giudicato congruamente motivato in ragione del richiamo, in esso contenuto, al «fatto» storico contestato, ossia alla detenzione ed utilizzo in servizio di arma diversa da quella d’ordinanza in violazione della surrichiamata disposizione.

Deve, pertanto, concludersi che gli obblighi motivazionali vnno ritenuti qui rispettati da parte dell’Amministrazione avendo essa fatto applicazione delle regole che rendono distinti gli accertamenti penali e disciplinari ed avendo graduato la sanzione applicata.

6.- D’altronde, al di là degli esiti del procedimento penale, il primo comma dell’art. 77 della l. n. 121 del 1981 è chiaro nell’affermare che «l'appartenente alla Polizia di Stato che altera in qualsiasi modo le caratteristiche delle armi proprie o del munizionamento in dotazione o che porta in servizio armi diverse da quelle in dotazione è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032». La disposizione, peraltro, non appare presentare i dedotti profili di incompatibilità costituzionale invocati dalla parte ricorrente: la censurata differente disciplina sul piano primario discende da esigenze organizzative dei singoli Corpi di Polizia che ben il legislatore può modulare con regole e modalità diverse senza che ciò integri un’ipotesi di disparità di trattamento tra gli appartenenti alle diverse Amministrazioni quantunque in presenza di regole che, talora, sotto certi profili, rendono omogenee le attività svolte da tutti i Corpi di Polizia.

7.- Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso, poiché infondato, deve essere rigettato.

8.- Le spese possono essere compensate avuto riguardo alla natura degli interessi che sottendono la controversia.

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