TAR Venezia, sez. I, sentenza breve 2023-12-04, n. 202301813

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. I, sentenza breve 2023-12-04, n. 202301813
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202301813
Data del deposito : 4 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/12/2023

N. 01813/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01301/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1301 del 2022, proposto da
S G, rappresentato e difeso dall'avvocato P S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Venezia, San Marco 63;
Provveditorato Interregionale alle Opere Pubbliche Veneto - Trentino-Alto Adige - Friuli-Venezia Giulia, in persona del rappresentante legale pro tempore , non costituito in giudizio;

per l'annullamento,

previa adozione di idonea misura cautelare,

- del provvedimento del Provveditorato Interregionale alle OO. PP. Veneto - Trentino-Alto Adige - Friuli-Venezia Giulia, Ufficio Salvaguardia OO.MM. per il Veneto, del 25 luglio 2022, nella parte in cui dispone che “ Con riferimento all’occupazione senza titolo dell’area demaniale marittima ex conc. n. 1863 (nota Uff. Salvaguardia di Venezia n. 4283/19) e alla nota pec n. 10810 del 22/03/2021 con la quale questa Amministrazione chiedeva a titolo di indennizzo il versamento di 21.023,06, a seguito di verifiche non risulta ad oggi ancora eseguito. A tale importo si aggiunge l’indennità per il periodo di occupazione senza titolo dal 01/01/2021-30/06/2022 per un importo di euro 15.163,07. La somma totale dovuta ammonta pertanto a 32.250,44 ”;

- di ogni altro atto inerente, connesso e/o conseguente, ancorché non conosciuto, ivi inclusa, per quanto occorrer possa, l’indicata e non conosciuta nota dell’Ufficio Salvaguardia di Venezia n. 4283/19.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 20 settembre 2023 il dott. A R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato in data 24 ottobre 2022 e depositato il successivo 3 novembre 2022, il sig. S G ha impugnato il provvedimento in epigrafe descritto – emesso, in data 25 luglio 2022, dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche Veneto - Trentino Alto Adige - Friuli-Venezia Giulia (d’ora innanzi, per brevità, solo Provveditorato) –, recante la richiesta di pagamento di una somma pari a euro 32.250,44 in relazione all’occupazione di un “ immobile su palafitta in località Alberoni - Lido di Venezia ” insistente su suolo demaniale.

Nel dettaglio, la summenzionata richiesta si compone di due distinte voci: l’una riferita all’indennizzo per “ l’occupazione senza titolo dell’area demaniale marittima ex conc. n. 1863 ”, nel “ periodo di riferimento 12/02/2018 - 31/12/2020 ”, per un importo di euro 21.023,06;
l’altra concernente “ l’indennità per il periodo di occupazione senza titolo dal 01/01/2021 - 30/06/2022 , per un importo di euro 15.163,07 ”.

1.1. L’indennizzo così determinato è riconducibile alla detenzione del bene pubblico relativo alla concessione amministrativa n. 1863 del 2012, rilasciata – con decreto del Magistrato delle Acque del 18 dicembre 2012, costituente l’ultimo atto di plurimi rinnovi del medesimo titolo autorizzativo – a favore della sig.ra S L, madre del sig. G.

Concessione avente ad oggetto “ uno spazio acqueo in basso fondale su cui insiste un immobile privato ad uso abitativo su palafitte per una superficie complessiva di 134,50 mq ” (cfr. l’art. 1 del relativo disciplinare sottoscritto tra le parti in data 23 novembre 2012, rep. n. 3056), nel cui diritto di godimento sarebbe subentrato iure hereditatis l’odierno esponente in conseguenza del decesso dell’originaria concessionaria, avvenuto il 12 febbraio 2017, sulla scorta dell’istanza dallo stesso avanzata, in data 18 luglio 2017, dinanzi al Provveditorato ex art. 46 cod. nav.

1.2. Con specifico riguardo al tema del contendere, è opportuno evidenziare che l’Ufficio per la Salvaguardia di Venezia – con precedente nota del 24 maggio 2016 inviata alla sig.ra Luchsich – aveva richiesto l’adeguamento del canone concessorio e del deposito cauzionale in relazione alla volumetria del fabbricato in muratura realizzato sulle palafitte infisse nello specchio acqueo, con ciò rivendicando la proprietà pubblica dello stesso immobile.

Pertanto il sig. G, dopo aver acquisito il bene mortis causa , aveva adito il Tribunale di Venezia al fine di accertare – nei confronti del Provveditorato, oltreché del Ministero dell’Economia e delle Finanza e dell’Agenzia delle Entrate – il proprio diritto di superficie su di esso, in comunione con gli altri eredi della sig.ra Luchsich. Giudizio poi conclusosi con la sentenza n. 1274 del 17 giugno 2021, la quale ha accertato che “ l’attore ha il diritto di proprietà superficiaria dell’immobile […] congiuntamente ai propri coeredi comproprietari, in modo unico ed esclusivo nei confronti di ogni Amministrazione Pubblica citata in questo giudizio, le quali non hanno diritto alcuno sull’immobile specifico di cui è causa ”.

Nondimeno, il Provveditorato – con il provvedimento qui impugnato – ha richiesto all’odierno esponente il pagamento del canone demaniale maggiorato con la quota di volumetria comprendente l’immobile, ritenendo peraltro decaduta la concessione n. 1863 del 2012.

2. Avverso la suddetta richiesta di pagamento insorge in questa sede il sig. G, proponendo un unico motivo di ricorso così rubricato: “ Violazione di legge. Violazione degli articoli 1 e 3, legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione dell’art. 97 della Costituzione. Eccesso di potere. Eccesso di potere per carenza di motivazione. Eccesso di potere per perplessità, illogicità e perplessità della motivazione. Eccesso di potere difetto di presupposto. Eccesso di potere per travisamento ed errore manifesto. Eccesso di potere per elusione dei canoni di trasparenza, efficienza ed imparzialità dell’Azione amministrativa ”.

L’Amministrazione avrebbe fondato la propria pretesa creditoria sull’occupazione senza titolo di un’area demaniale che, nella prospettiva del ricorrente, sarebbe invece dallo stesso tuttora legittimamente detenuta in forza della concessione n. 1863 del 2012, la cui efficacia si estenderebbe sino al 17 dicembre 2027. Sicché il Provveditorato, nel ritenere il titolo concessorio decaduto in seguito al decesso dell’originaria beneficiaria, sarebbe incorso in errore nella valutazione delle risultanze istruttorie, con conseguente vizio di motivazione dell’atto gravato.

Inoltre, l’entità dei canoni richiesti sarebbe stata determinata in contrasto con il contenuto del titolo autorizzativo, ricomprendendo non soltanto lo specchio acqueo, ma anche il volume ad esso sovrastante. Ciò in contraddizione non solo con il disciplinare della concessione n. 1863 del 2012, che delimita il relativo oggetto a un “ bene costituito da uno spazio acqueo in basso fondale ”, ma financo con la sentenza del Tribunale di Venezia n. 1274 del 17 giugno 2021, avente effetti tra le parti del presente giudizio, la quale ha accertato il diritto di comproprietà superficiaria del sig. G sull’immobile.

3. In vista della camera di consiglio fissata per il 16 novembre 2022, volta alla trattazione della domanda cautelare inibitoria degli effetti del provvedimento impugnato, si è costituito in giudizio il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, chiedendo di essere sentito in udienza ai sensi dell’art. 55, comma 7, cod. proc. amm.

Con ordinanza n. 868 del 18 novembre 2022, il Collegio ha innanzitutto ritenuto di approfondire – nel contraddittorio delle parti, ai sensi dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm. – il presupposto processuale della giurisdizione del giudice adito;
inoltre, ha disposto l’acquisizione di una documentata relazione sui fatti di causa da parte dell’Amministrazione, fissando per il prosieguo del giudizio l’udienza camerale del 25 gennaio 2023, con sospensione nelle more degli effetti dell’atto gravato.

3.1. In esito a quest’ultima udienza, il Collegio – preso atto della produzione, da parte dell’Amministrazione, di copia del decreto n. 106 del 7 febbraio 2019 di “ archiviazione della concessione 1863 a suo tempo concessa alla sig.ra Silvana Luksich ( rectius , Luchsich)”;
della mancata prova dell’avvenuta comunicazione o notifica di tale provvedimento di decadenza all’interessato;
della pendenza del giudizio di impugnazione avverso la sentenza n. 1274 del 2021 pronunciata dal Tribunale di Venezia – con l’ordinanza n. 54 del 26 gennaio 2023 ha disposto il rinvio della trattazione della causa, in attesa della definizione del giudizio civile d’appello, alla camera di consiglio “filtro” del 15 giugno 2023, sospendendo nelle more l’esecuzione del provvedimento impugnato .

3.2. Con successiva ordinanza n. 306 del 19 giugno 2023 il Collegio – tenuto conto della mancata pubblicazione della decisione del giudizio civile d’appello e in accoglimento della richiesta del ricorrente – ha rinviato la causa all’udienza camerale del 20 settembre 2023, confermando la misura cautelare.

3.3. Chiamata infine alla camera di consiglio del 20 settembre 2023, la causa è stata trattenuta in decisione ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.: eventualità di cui è stato dato rituale avviso nel corso della stessa udienza, come attestato nel relativo verbale.

4. In via preliminare, va affermata la giurisdizione del giudice amministrativo sulla presente controversia.

Richiamando quanto testé esposto, l’Amministrazione – con il provvedimento impugnato – ha rideterminato il canone per l’occupazione dell’area demaniale marittima concernente la concessione n. 1863 del 2012: nel far ciò, ha deciso di parametrare il contributo in relazione tanto allo specchio acqueo su cui poggiano le palafitte costituenti le fondamenta dell’immobile in muratura, quanto al volume che si eleva dalla superficie acquea, ricomprendendo quindi lo stesso fabbricato ivi esistente, considerato quale bene incamerato nel demanio dello Stato. In tal modo, è stato disconosciuto il diritto di proprietà superficiaria sull’edificio in capo al sig. G.

Siffatta determinazione del canone – che rappresenta una modifica autoritativa della disciplina della concessione – deve ricondursi all’esercizio di poteri discrezionali da parte dell’Amministrazione, non potendo considerarsi come semplice accertamento tecnico dei presupposti fattuali volti a commisurare il quantum del contributo. In sostanza, il Provveditorato – nella scelta di discostarsi dai criteri stabiliti dal disciplinare – ha fissato iure imperii nuovi parametri per il calcolo del canone, senza limitarsi a ridisegnare, su un piano meramente fattuale, l’area ricompresa nel titolo autorizzativo.

Dunque l’attività amministrativa sottesa all’atto gravato va intesa come una nuova valutazione dell’interesse pubblico al più proficuo sfruttamento del bene demaniale, in forza dell’adeguamento del criterio di computazione del canone, anziché come una nuova misurazione dello spazio occupato.

A tal proposito, valga citare il consolidato orientamento del giudice di legittimità secondo cui “ in tema di concessione di beni pubblici, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie con un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere di intervento della P.A. a tutela di interessi generali. Quando, invece, la controversia coinvolga la verifica dell'azione autoritaria della P.A. sul rapporto concessorio sottostante o investa l'esercizio di poteri discrezionali valutativi nella determinazione del canone, e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali (sia nell' an che nel quantum ) la stessa è attratta nell'ambito della giurisdizione del giudice amministrativo ” (cfr., ex plurimis , Cass., Sez. Un., 11 aprile 2023, n. 9654).

Pertanto, in considerazione del criterio di riparto della giurisdizione fondato sul petitum sostanziale, la presente controversia – in quanto coinvolge l’esercizio di poteri discrezionali incidenti sulla determinazione del canone concessorio – ricade entro l’ambito giurisdizionale del giudice amministrativo.

5. Con riferimento al merito del ricorso, esso deve essere accolto nei termini di seguito esposti.

Come anticipato, l’Amministrazione, attraverso l’atto gravato, ha rideterminato l’indennizzo per l’occupazione di un’area demaniale ricomprendendo in essa tanto la superficie acquea, quanto la sua proiezione volumetrica. Il che, tuttavia, risulta in contrasto sia con la disciplina fissata dalle parti per l’utilizzazione del bene pubblico, sia con l’accertamento giurisdizionale del diritto di proprietà superficiaria sull’immobile a vantaggio del titolare della concessione.

A tal riguardo, è doveroso specificare che l’art. 1 del decreto del Magistrato delle Acque del 18 dicembre 2012 individua l’oggetto della concessione nell’uso del “ bene demaniale così identificato: spazio acqueo delle dimensioni complessive di 134,50 mq, con immobile privato in muratura ad uso abitativo, su palafitte di 130 mq e di una passerella di accesso di mq 4,50 ”. L’art. 2 del medesimo atto, inoltre, fissa la durata del diritto di uso esclusivo in “ anni 15, con decorrenza dalla data del presente decreto ”.

Il disciplinare, a sua volta, prescrive – all’art. 1 – l’impegno delle parti al “ mantenimento dell’occupazione dell’area demaniale marittima al Lido (VE) località Alberoni in margine alla sponda est del canale Rocchetta fronte via Droma n. 92 (al mapp. 12 fg. 47), bene costituito da uno spazio acqueo in basso fondale su cui insiste un immobile privato ad uso abitativo su palafitte per una superficie complessiva di 134,50 mq ”.

Dal provvedimento di concessione e dalla connessa pattuizione regolante i diritti e gli obblighi tra le parti emerge che il diritto di occupazione del bene pubblico, avente scadenza il 17 dicembre 2027, sia limitato al solo specchio acqueo lagunare, senza estendersi alla sua proiezione aerea, stante l’espresso riconoscimento della natura giuridica di “ immobile privato ” dell’edificio costruito sulle palafitte. Il che produce un indubbio effetto sull’importo del canone, da parametrare alla sola superficie di 135 mq., posto che – secondo i principi generali del diritto civile – l’esistenza della proprietà privata superficiaria costituisce una deroga all’estensione illimitata, verso l’alto, della proprietà demaniale del suolo.

Sul punto, è necessario precisare – nel solco di quanto statuito dalla Corte d’appello di Venezia, nella sentenza n. 1743 del 4 settembre 2023, resa inter partes – che la concessione in parola, alla luce delle evidenze processuali, deve considerarsi tuttora produttiva di effetti nei confronti del ricorrente.

Infatti, tanto il decreto del Provveditorato n. 106 del 7 febbraio 2019, quanto la relativa proposta contenuta nella nota n. 4283 del 4 febbraio 2019, citata nelle premesse del primo provvedimento, con cui l’Ufficio di Salvaguardia di Venezia avrebbe richiesto di procedere all’archiviazione della concessione a seguito del decesso della sig.ra Luchsich e del rigetto della domanda di subentro proposta dal sig. G, non risultano essere mai stati comunicati o notificati all’interessato, né l’Amministrazione ha fornito la prova della loro pubblicazione legale.

Pertanto, gli stessi vanno qualificati, al più, come atti endoprocedimentali, in ogni caso privi di effetti pregiudizievoli esterni.

Del resto, il riconoscimento della proprietà privata sull’immobile in capo al titolare della concessione è stato statuito anche dal giudice civile, nella causa promossa dal sig. G avverso, tra gli altri, lo stesso Provveditorato.

In particolare, il Tribunale di Venezia, nella sentenza n. 1274 del 17 giugno 2021, ha ritenuto “ evidente che il manufatto sia privato e non pubblico ”, trattandosi peraltro di un edificio “ che è stato venduto nel 1937 proprio dal Demanio dello Stato, all’epoca Intendenza di finanza di Venezia ”: nello specifico, “ la P.A., nel 1937, ha ceduto la piena proprietà al primo acquirente della «catena», sig. F, con effetto immediato ”. Donde l’accoglimento dell’azione di accertamento proposta dall’odierno ricorrente, nel senso di “ dichiara [re] che l’attore ha il diritto di proprietà superficiaria dell’immobile indicato in motivazione congiuntamente ai propri coeredi comproprietari, in modo unico ed esclusivo nei confronti di ogni Amministrazione Pubblica citata in questo giudizio, le quali non hanno diritto alcuno sull’immobile specifico di cui è causa ”.

È doveroso precisare che la decisione di primo grado – già pubblicata al momento dell’emissione del provvedimento impugnato – è stata sostanzialmente confermata dalla Corte d’appello di Venezia, con la testé citata sentenza n. 1743 del 4 settembre 2023.

Il giudice di seconda istanza, infatti, ha stabilito, “ in assenza di prova di un rituale atto di revoca o di decadenza della concessione, […] che allo stato la predetta concessione risulta ancora in vigore per il solo G Sergio, l’unico tra i coeredi ad aver richiesto il subentro entro sei mesi dalla data di decesso dell’originaria concessionaria ”, così concludendo che “ non può ritenersi ancora verificato l’incameramento del bene in favore del demanio ”.

Il che ha condotto la Corte d’appello a “ dichiara [re] che S G, in qualità di coerede di S L in G, ha diritto di proprietà superficiaria a tempo determinato sul bene oggetto di causa, regolato da ultimo con disciplinare di concessione n. 3056 sottoscritto in data 23.11.2012 e approvato con decreto n. 16853 del 18/12/2012, con decorrenza dal 18.12.2012 fino al 17.12.2027 ”.

Ebbene, la mancata valutazione dei molteplici elementi qualificanti il diritto del sig. G sull’immobile come proprietà superficiaria – i quali rivestono carattere dirimente nella determinazione del canone concessorio, in quanto delimitano l’estensione dell’occupazione demaniale alla sola superficie lagunare – porta a ritenere che l’Amministrazione abbia condotto, nel corso del procedimento volto al rilascio dell’atto qui contestato, un’istruttoria insufficiente, oltreché basata sul travisamento dei fatti assunti a presupposto del potere esercitato.

Dal che è derivato financo un difetto di motivazione del provvedimento impugnato, poiché lo stesso non dà conto di alcun elemento che permetta di giustificare l’estensione del diritto dominicale pubblico anche sul volume sovrastante la superficie acquea rilasciata in concessione, sino a ricomprendervi l’immobile ivi edificato.

6. La fondatezza della doglianza avanzata dal sig. G determina l’accoglimento del ricorso, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.

7. Sussistono giusti motivi, data la particolarità della vicenda oggetto del contenzioso, per compensare le spese del giudizio.

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