TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2019-06-13, n. 201903247
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Testo completo
Pubblicato il 13/06/2019
N. 03247/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00651/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 651 del 2019, proposto da
X H, rappresentata e difesa dagli avvocati F L F e F A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio in Napoli alla via E. Gianturco n. 92;
contro
Poste Italiane s.p.a., in persona del rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati F A S e A R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
del silenzio serbato sull’istanza di accesso inoltrata a mezzo PEC in data 18 dicembre 2018;
nonché, per l’accertamento del diritto della ricorrente di accedere agli atti di cui all’istanza;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Poste Italiane S.p.A.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 maggio 2019 la dott.ssa Paola Palmarini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Espone la ricorrente, cittadina cinese, di aver presentato per il tramite del servizio postale il “kit” per il rinnovo del permesso di soggiorno e di aver perso durante un viaggio in treno nel luglio 2018 “le ricevute postali attestanti l’invio del suddetto kit postale, nonché il bollettino di pagamento della tassa di soggiorno e la lettera di convocazione presso gli uffici della Questura di Napoli indicante la data per la consegna dei documenti e per la sottoposizione ai rilievi foto-dattiloscopici”.
Nel novembre si rivolgeva quindi alla Questura per ottenere informazioni sulla pratica: la Questura il 28 novembre 2018 le comunicava “di non essere in grado di rinvenire sui propri terminali con i soli dati anagrafici della straniera il n. di assicurata e l’appuntamento fissato da poste italiane per il foto-segnalamento e la consegna della documentazione utile e necessaria al rinnovo del permesso di soggiorno” e le suggeriva di rivolgersi a Poste Italiane s.p.a.
In data 12 dicembre 2018 denunciava lo smarrimento ai Carabinieri del Comando di Terzigno e il successivo 18 dicembre 2018 rivolgeva a Poste italiane s.p.a. una istanza di accesso (procedimentale e civico generalizzato) con cui chiedeva: “tutte le informazioni in vs possesso circa la pratica inerente al procedimento del kit postale inoltrato presso i Vs uffici, di consentire l’accesso alle banche dati in dotazione, di cui si chiedono estratti cartacei relativi alla pratica dell’istante;di poter prendere visione ed estrarre copia dell’assicurata, del bollettino della tassa di soggiorno, nonché della lettera di convocazione presso gli uffici della Questura competente per la formalizzazione della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno; di poter prendere visone ed estrarre copia di ogni altro documento inerente la pratica di inoltro del kit postale presso i Vs uffici”.
Formatosi il silenzio era presentato il ricorso all’esame con cui la ricorrente chiede la condanna di Poste Italiane s.p.a. all’esibizione della documentazione vanamente richiesta.
Poste Italiane s.p.a. si è costituita in giudizio evidenziando in punto di fatto che dai controlli eseguiti è risultato che la ricorrente non ha mai presentato in epoca anteriore alla istanza di accesso alcun kit postale per il rinnovo del permesso di soggiorno. Dai controlli eseguiti è infatti risultato che l’interessata non si è mai presentata ad un ufficio postale per spedire il kit postale risultando a suo nome soltanto un “precaricamento dati tramite il Patronato EPAS del comune di Terzigno eseguito il 13 luglio 2018” al quale non è mai seguita la presentazione a un ufficio postale abilitato per la vera e propria spedizione del kit postale. In sostanza i documenti menzionati nella istanza di accesso e che la ricorrente sostiene di aver perduto semplicemente non esistono (probabilmente la ricorrente – presumendo la sua buona fede – si è confusa non comprendendo la differenza tra presentazione del kit attraverso ufficio postale e precaricamento del modulo attraverso patronato abilitato e confondendo tra il modulo in pdf consegnatole dal patronato – e che ella avrebbe poi dovuto presentare a un ufficio postale per l’ulteriore corso della procedura - e la documentazione che viene consegnata da Poste a seguito della spedizione del kit postale).
Di qui la richiesta di Poste Italiane di reiezione del ricorso in quanto l’accesso non può che avere ad oggetto documenti di fatto esistenti.
Alla camera di consiglio fissata per l’esame del ricorso il difensore della ricorrente ha dichiarato di non aver più interesse alla decisione sul ricorso insistendo per la condanna dell’amministrazione al pagamento delle spese di giudizio.
Il ricorso va quindi dichiarato improcedibile.
In ordine alle spese ritiene il Collegio di disporne la integrale compensazione per le considerazioni che seguono.
Va premesso che in base alla giurisprudenza, anche di questo Tribunale, il diritto di accesso presuppone che il documento (o i documenti) richiesti esistano;se essi non esistono in linea di principio il ricorso è infondato perché per ragioni prima logiche che giuridiche non può esistere un diritto all’esibizione di un documento che non esiste;è ovvio però che chi formula un’istanza di accesso avente a oggetto un documento inesistente potrebbe anche ignorare questa circostanza;del resto l’esercizio del diritto di accesso ha proprio la funzione di permettere all’interessato di acquisire informazioni;proprio in considerazione di ciò la giurisprudenza, anche di questo tribunale, ritiene che – allorchè l’interessato richieda l’esibizione di un documento inesistente (o anche non più esistente) – l’amministrazione ha l’obbligo di certificare questa circostanza al richiedente (e anzi la giurisprudenza ha precisato che questa attestazione deve essere rilasciata dall’amministrazione non costituendo un’equipollente la dichiarazione del difensore contenuta negli atti difensivi).
Il caso all’esame presenta – rispetto ai principi appena enunciati – un’ulteriore peculiarità costituita dalla circostanza che la ricorrente ha chiesto l’esibizione di documenti inesistenti (dato che ella non contesta gli assunti dell’amministrazione in ordine alla inesistenza di un kit postale presentato in data anteriore all’asserito smarrimento) e l’inesistenza dei quali ella avrebbe dovuto ben conoscere;in questa prospettiva il ricorso dovrebbe essere respinto, come richiesto da Poste Italiane s.p.a., e le spese andrebbero quindi poste a carico della ricorrente non potendosi applicare il principio secondo cui in caso di richiesta di documenti dei quali l’interessato ignori l’esistenza è onere dell’amministrazione certificarne l’inesistenza.
Tuttavia il Collegio ritiene che, essendo la ricorrente una straniera ed essendo possibile che ella in buona fede ignorasse la differenza tra presentazione del kit a ufficio postale e precaricamento dati attraverso patronato abilitato (non seguito dall’inoltro attraverso Poste Italiane), il ricorso non potesse essere respinto e dovesse essere accolto nel senso di ordinare a Poste Italiane s.p.a. di rilasciare alla ricorrente un’attestazione avente ad oggetto l’inesistenza dei documenti richiesti (che sarebbe potuta risultare utile ove, avendo la ricorrente inoltrato in ritardo nel dicembre 2018 un diverso kit postale, le fosse stata chiesta giustificazione di tale ritardo come è prassi di alcuni uffici immigrazione).
Quanto precede implicherebbe la condanna della resistente al pagamento delle spese di giudizio;la compensazione è però giustificata dalle circostanze che non solo l’istanza di accesso aveva ad oggetto documenti di fatto inesistenti ma essa era del tutto generica (nemmeno indicava l’ufficio postale o la località di presentazione del “kit”) e quindi tale da trarre in errore Poste Italiane rendendo difficoltoso l’accertamento di quale fosse la situazione di fatto e così concausando il ritardo nel soddisfacimento del diritto di accesso.