TAR Bari, sez. II, sentenza 2021-06-28, n. 202101097

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2021-06-28, n. 202101097
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202101097
Data del deposito : 28 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/06/2021

N. 01097/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00665/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 665 del 2016, proposto dal signor G B, rappresentato e difeso dall'avv. R G, con domicilio digitale come da P.E.C. iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);

contro

Agenzia del demanio, Direzione regionale per la Puglia e la Basilicata, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Bari alla via Melo n. 97;

per l'annullamento

- del provvedimento di autotutela demaniale, ai sensi dell’art. 823 del codice civile, prot. n. 5637 del 18 marzo 2016, adottato dall’Agenzia del Demanio - Direzione regionale di Puglia e Basilicata e comunicato a mezzo lettera raccomandata, notificata in data 4 aprile 2016;

- nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia del demanio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 aprile 2021 il dott. L I;

Dato atto che l’udienza si tiene mediante collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 25 del decreto-legge 28 ottobre 2020 n. 137 e dall’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020 n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020 n. 70, mediante la piattaforma in uso presso la Giustizia amministrativa, di cui all’allegato 3 al decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 22 maggio 2020 n. 134;

Dato atto a verbale d’udienza della presenza dell’avv. Gargano, a seguito del deposito di note d’udienza ai sensi dell’art. 4 del decreto-legge 30 aprile 2020 n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020 n. 70;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Con ricorso depositato come previsto in rito, l’istante impugnava il provvedimento di autotutela demaniale, emanato ai sensi dell’art. 823, comma 2°, del codice civile dalla competente Direzione regionale dell’Agenzia del demanio, che ordinava di rilasciare il terrazzo-piazzale dell’immobile demaniale sito in Giovinazzo (BA) alla via Marco Polo n. 11, invero porzione di più ampio immobile, libero da persone e cose entro il termine perentorio di sessanta giorni a pena di esecuzione con l’ausilio della forza pubblica.

In particolare, deduceva vizi di violazione di legge e svariati profili di eccesso di potere, assumendo nella sostanza che i gravati provvedimento finale e atti istruttori connessi fossero gravemente ingiusti e lesivi della propria posizione giuridica, in quanto non comprovanti il titolo demaniale, violativi di precedente giudicato del Giudice amministrativo e del possesso legittimo acclarato in procedimento possessorio svoltosi davanti al Giudice ordinario.

2.- Si costituiva l’intimata Amministrazione a mezzo dell’Avvocatura erariale, deducendo invece che alcun’illegittimità era contenuta negli atti adottati, siccome impugnati, essendo indubitabile la natura demaniale e di bene culturale della porzione dell’immobile in contestazione.

3.- Indi, la Sezione, con sentenza in forma semplificata del 23 agosto 2016 n. 1059, dichiarava il difetto di giurisdizione, rilevando, nella sostanza, che la causa petendi del ricorso fosse in realtà rappresentata dall’accertamento della proprietà del bene controverso (ovvero del terrazzo-piazzale) e del carattere demaniale dello stesso, che solo potrebbe giustificare l’uso dei poteri autoritativi previsti dall’art. 823, comma 2°, del codice civile da parte dell’Amministrazione.

4.- In appello, il Consiglio di Stato, sez. IV, con sentenza del 29 luglio 2019 n. 5340 accoglieva il gravame con rinvio alla Sezione, assumendo che non tutte le questioni poste dal ricorso esulassero dalla giurisdizione del giudice amministrativo.

5.- Di conseguenza, il ricorso, previa riassunzione, ritornava alla delibazione del giudice di primo grado, davanti a questa Sezione.

6.- Scambiati ulteriori documenti, memorie e repliche, alla fissata udienza pubblica, la Sezione disponeva, con ordinanza, incombenti istruttori, richiedendo in particolare all’Amministrazione una relazione illustrativa di precisazione del titolo demaniale sul terrazzo-piazzale in controversia, nonché la produzione di documenti a comprova.

7.- Espletato l’incombente istruttorio, anche con produzione di documenti in parte nient’affatto leggibili, indi scambiati ulteriori documenti, memorie e repliche, alla successiva udienza pubblica, il ricorso veniva introitato in decisione.

8.- Il ricorso è fondato.

8.1.- In prima battuta, va osservato che la questione è stata già delibata dal T.A.R. Puglia, sez. III, sentenza del 17 novembre 2014 n. 1369, passata in giudicato, pronunciata tra il signor B (ricorrente), l’Agenzia del demanio (resistente) e la concessionaria del bene la “Associazione Vedetta sul mediterraneo” (controinteressato), in ordine all’impugnazione della nota prot. n. 14096 del 14 giugno 2005, prodotta nell’ambito di un procedimento possessorio inerente lo stesso bene, nella quale si dichiarava l’estensione della concessione con relative planimetrie, che comprendevano il terrazzo-piazzale (e altri ambiti).

La predetta sentenza ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ponendosi questioni di delimitazione dei relativi titoli di proprietà e/o di possesso e/o di servitù e/o di titolarità di parti comuni, delibabili però esclusivamente da parte del giudice ordinario e la cui considerazione assume una valenza prioritaria rispetto agli stessi atti di concessione.

Peraltro – com’è pacifico tra le parti – sussiste da tempo controversia in ordine ai predetti profili di indole civilistica. Ancor più, già v’è stata pronuncia in sede di tutela possessoria che, previa istruttoria mediante la disposta consulenza tecnica d’ufficio, ha riconosciuto nel signor B il compossesso della detta terrazza-piazzale.

Perciò la vicenda avrebbe dovuto trovare il naturale epilogo in un più proficuo atto transattivo-conciliativo di ricostruzione storica dei titoli di proprietà e/o di possesso, oppure, nel caso di inconciliabilità delle posizioni speculari delle parti, in un giudizio contenzioso davanti al giudice ordinario, così come indicato dalla sentenza del T.A.R. Puglia, sez. III, 17 novembre 2014 n. 1369, passata in giudicato.

Tuttavia, né l’Agenzia del demanio, né ogni altra parte interessata sono addivenute a transazione o hanno attivato alcun giudizio davanti al giudice ordinario.

8.2.- Con provvedimento in autotutela datato 18 marzo 2016, l’Agenzia del demanio ha richiesto lo sgombero dell’area in controversia, adoperando i poteri autoritativi di cui all’art. 823, comma 2°, del codice civile, la cui legittimità e fondamento il ricorrente censura per svariati profili.

8.2.1.- Con il primo motivo , viene censurata la violazione di legge (art. 823, comma 2°, codice civile) in quanto l’immobile conteso non ricadrebbe tra i beni demaniali indisponibili, per cui non potrebbe esser oggetto di poteri di autotutela autoritativi;
viene altresì dedotto l’eccesso di potere per difetto d’istruttoria, indeterminatezza e inesistenza dei presupposti, infine è contestato lo sviamento del potere per violazione del giudicato possessorio formatosi davanti al giudice ordinario.

Su tale motivo, il Consiglio di Stato, in sede di impugnazione, ha confermato il difetto di giurisdizione pronunciato in primo grado, limitatamente però al profilo che direttamente intenderebbe saggiare la proprietà (e la natura demaniale) della porzione di bene in contesa, ritenendo invece sugli altri profili e sugli altri motivi distintamente rubricati, sebbene non in toto enucleati, sussistere la giurisdizione del giudice amministrativo.

8.2.2.- Con il secondo e il terzo motivo , viene dedotto l’eccesso di potere per sviamento, essendo acclarata, nel giudizio possessorio, la natura non abusiva del compossesso del signor B e indi venendo nella sostanza il potere autoritativo artatamente adoperato per superare il pronunciamento possessorio del giudice ordinario.

8.2.3.- Con il quarto motivo , viene in ultimo censurato l’eccesso di potere per difetto di motivazione e carenza d’istruttoria, anche in considerazione del giudicato cautelare, l’ingiustizia manifesta, la violazione dei principi di correttezza.

8.3.- Ritiene il Collegio che i motivi di censura possano esser considerati unitariamente, atteso che tutti intendono contestare la legittimità dell’utilizzo del potere autoritativo di autotutela demaniale, in una fattispecie nella quale invero il titolo demaniale, relativo alla porzione di area controversa, è ben incerto, ma soprattutto non precisamente indicato nel provvedimento impugnato.

Né peraltro v’è una adeguata motivazione circa la scelta dell’utilizzo del potere autoritativo e il suo contenuto concreto, anche in considerazione dei precedenti pronunciamenti, sia del giudice ordinario in sede possessoria, sia del giudice amministrativo di primo grado (passato in giudicato) sul contenuto della concessione.

Ciò premesso, ritiene il Collegio che assuma portata dirimente la censura sulla carente motivazione del provvedimento di autotutela adottato dall’Amministrazione del demanio. Ciò per più profili.

L’ordinamento attribuisce alla P.A., con la previsione dell'art. 823, comma 2°, del codice civile, la possibilità di ricorrere tanto all’autotutela amministrativa quanto ai mezzi ordinari giurisdizionali a difesa della proprietà o del possesso (Cass., sez. un. civ., 28 dicembre 2018 n. 33657), a tutela sia dei beni pubblici demaniali sia dei beni pubblici patrimoniali indisponibili ( ex multis , Cass., sez. un. civ., 10 ottobre 1980 n. 5332;
Cass., sez. un. civ., 18 ottobre 1986 n. 6129;
Cons. St., sez. V, 1° ottobre 1999 n. 1224;
T.A.R. Campania, sez. VII, 5 gennaio 2007 n. 67;
T.A.R. Sardegna, sez. I, 27 ottobre 2017 n. 676;
T.A.R. Basilicata, sez. I, 3 marzo 2016 n. 169). Tantoché il provvedimento di autotutela esecutiva di polizia amministrativa demaniale esercitato, sul quale v’è giurisdizione del giudice amministrativo, è finalizzato all’immediato ripristino dello stato di fatto preesistente, in modo da reintegrare la collettività indifferenziata nel godimento dei beni appartenenti al pubblico demanio e/o al patrimonio indisponibile (T.A.R. Puglia, sez. II, 15 novembre 2018 n. 1475).

Perché la pubblica amministrazione, ai sensi dell'art. 823, comma 2°, del codice civile, possa poi esercitare il potere di autotutela, adottando un’ordinanza di rilascio di un bene demaniale occupato, è necessario che l’occupazione sia predicabile come abusiva (Cons. St. sez. IV, 9 gennaio 2017 n. 18;
T.A.R. Puglia, sez. Lecce, sez. II, 11 luglio 2014 n. 1740;
T.A.R. Campania, sez. Salerno, sez. II, 23 settembre 2013 n. 1924).

Il provvedimento di rilascio del bene, costituendo manifestazione di un potere autoritativo, adottato indi nell’interesse pubblico, con riguardo a beni indiscutibilmente pubblici (demaniali o patrimoniali indisponibili), deve dar evidenza dell’interesse pubblico perseguito sul piano motivazionale (T.A.R. Lazio, sez. II, 8 luglio 2015 n. 9188).

Al contrario, nel caso di specie, il potere di autotutela esercitato ha l’effetto di ledere il compossesso, accertato come legittimo dal giudice ordinario;
peraltro, nel provvedimento che ordina lo sgombero nel bene non è precisamente indicata la fonte della qualificazione di bene pubblico del “conteso” terrazzo-piazzale, né riesce a evincersi con certezza, in base ai documenti versati agli atti del processo e neppure richiamati per relationem nel provvedimento di autotutela datato 18 marzo 2016 e oggetto di impugnazione. Ivi, peraltro, si sostiene – unilateralmente e senza richiamo ad alcun atto o documento – che l’intero immobile denominato “Vedetta sul Mediterraneo” ( ex stazione di vedetta della Marina, o vedetta sul mare), riportato in catasto al foglio n. 3 particella n. 176, in proprietà demaniale, comprenda anche il terrazzo-piazzale, dato poi in concessione demaniale alla “Associazione Vedetta sul Mediterraneo”.

Né, considerato un simile quadro d’assieme, è possibile accettare l’eterointegrazione motivazionale dello ‘scarno’ provvedimento di autotutela adottato, ad opera della relazione dell’Amministrazione o di documentazione, peraltro non conclusiva, o a mezzo della difesa dell’Agenzia del demanio. Tuttavia, come dedotto da parte ricorrente e relazionato anche dall’Agenzia del demanio, il complesso immobiliare in questione, avente interesse di bene culturale, è in parte proprietà pubblica demaniale e in altra parte proprietà privata, giunta a seguito di svariati atti di compravendita succedutisi nell’arco di cent’anni (dal 1907 al 2007) infine al signor B.

Tutto però troverebbe origine, in base alla perizia di parte e al primo degli atti di compravendita prodotti in causa datato 29 marzo 1907, a uno o più antichi atti di divisione risalenti al XIX secolo.

In questa sede, quel che va rilevato è che, a fronte di una situazione di mancanza di chiarezza nella delimitazione degli ambiti di proprietà e/o di possesso, non può esser utilizzato, per di più senza adeguata motivazione, che dia conto dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche (art. 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241), il potere autoritativo di autotutela esecutiva.

Specie quando si vorrebbe “contrastare” la pronuncia giurisdizionale del Giudice ordinario (ordinanza in sede di reclamo del Tribunale di Bari, sez. I civ., del 7 giugno 2012), emanata in un apposito giudizio possessorio reso in contraddittorio tra il signor B e l’associazione “Vedetta sul Mediterraneo”.

Il potere di autotutela esecutiva non può esser dunque utilizzato, al fine di dirimere una controversia, in ordine alla fruizione del terrazzo-vedetta in questione, or latente da tempo (vi sono altri pregressi giudizi e copiosa corrispondenza legale), or attivata (con esercizio di poteri unilaterali), tra la P.A. demaniale, l’associazione privata concessionaria e il terzo proprietario confinante, compossessore di una porzione della costruzione.

Pertanto, l’Amministrazione demaniale ha adottato un atto privo di adeguata motivazione, ma anche viziato da eccesso di potere per sviamento della causa tipica, avendo adoperato il potere non al fine di reintegrare un illegittimo spossessamento del bene pubblico, bensì per dirimere una controversia, inerente la delimitazione dei reciproci ambiti di proprietà e di possesso.

Peraltro, può ricordarsi come, per i beni demaniali marittimi, nell’ipotesi in cui si discuta, non della natura demaniale del bene, ma circa l’esatta delimitazione dei confini, è necessario esperire il procedimento amministrativo in contraddittorio, di cui all'art. 32 del codice della navigazione e all’art. 58 del relativo regolamento (Cass., sez. un. civ, 15 marzo 2012 n. 4127).

Ciò a comprova dell’argomento decisivo per cui ogni qual volta si discuta di confini e, può ben ritenersi, anche di parti comuni o di situazioni di compossesso o di servitù, l’autorità amministrativa non può affrettatamente ricorrere allo strumento unilaterale dell’autotutela esecutiva, in quanto è in nuce insussistente il carattere dell’abusività del possesso di altri e/o dello spossessamento subito.

9.- In conclusione, sussistono i denunciati vizi di adeguata motivazione del provvedimento e l’eccesso di potere per sviamento della causa tipica, per le sopraesposte ragioni, motivo per cui il ricorso va accolto, con annullamento degli atti siccome impugnati.

10.- Le spese seguono il principio della soccombenza, stigmatizzandosi la produzione documentale priva di rubrica e di cattiva qualità grafica da parte dell’Amministrazione, e sono liquidate come in dispositivo. Il contributo unificato va rifuso, in applicazione dell’art. 13, comma 6- bis.1 , del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

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