TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2021-12-06, n. 202112577

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2021-12-06, n. 202112577
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202112577
Data del deposito : 6 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/12/2021

N. 12577/2021 REG.PROV.COLL.

N. 14140/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14140 del 2015, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A F T, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Medaglie D'Oro, 266;

contro

Ministero della Difesa, Ministero dell'Economia e delle Finanze, Stato Maggiore della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comitato di Verifica per Le Cause di Servizio, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

del decreto 3453 del 7.09.2015 con il quale non è stata accolta l'istanza volta ad ottenere il riconoscimento di infermità dipendente da causa di servizio e dell’equo indennizzo;

del parere negativo (posizione n. 10589/2015), reso nell’Adunanza n. 186/2015, del 23.06.2015, del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio;

e per l'accertamento

del diritto del ricorrente al riconoscimento della:

a) dipendenza da causa di servizio dell'infermità "-OMISSIS-";

b) concessione del relativo equo indennizzo in misura congrua e, comunque, non inferiore ad una SA categoria Tabella "A", annessa al D.P.R. n. 915178;

e per l'effetto condannare le resistenti Amministrazioni a corrispondere al ricorrente il relativo trattamento economico con interessi legali e rivalutazione monetaria decorrenti dalla data di maturazione del diritto fino a quella dell'effettivo soddisfo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa, e del Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Stato Maggiore della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 ottobre 2021 la dott.ssa R P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso notificato in data 2 novembre 2015 e depositato il successivo 26 novembre 2015, il Sig. -OMISSIS-, Caporal Maggiore Capo Scelto dell'Esercito Italiano, esponeva quanto segue.

1.1 Rappresentava di avere, nel corso del servizio, in relazione alla propria elevata qualificazione professionale, atteso ad attività tecnico-tattico-operative in Bosnia, Macedonia e Kosovo e vigilato sulle operazioni di aiuto umanitario, effettuando lunghi spostamenti a bordo di mezzi scoperti su strade accidentate e in zone massicciamente bombardate con armamenti pesanti fra cui quelle contenenti uranio depleto, senza protezioni specifiche in ambienti altamente contaminati dall'utilizzo di materiale bellico ad alto potenziale (anche all'uranio impoverito);
di avere bevuto acqua e mangiato cibo approvvigionati in loco senza essere stato informato dei gravi rischi alla salute derivanti dalla ingestione e/o inalazione delle predette micro e nano particelle di metalli pesanti;
di essere stato sottoposto alla massiccia somministrazione di vaccini e di aver operato in condizioni di grande stress.

1.2 Nel novembre 2013 gli veniva -OMISSIS-). Il 26 maggio 2013 gli veniva rilasciato un certificato medico nel quale si attestava la sussistenza -OMISSIS-.

1.3 Con istanza presentata in data 18 giugno 2014, il ricorrente chiedeva il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per l’infermità sofferta, “-OMISSIS-” e la concessione dell’equo indennizzo, deducendo un rapporto di causalità tra la lesione subita ed il servizio prestato.

1.4 Con verbale datato 25 marzo 2015, la Commissione Medica Ospedaliera 2^ - Dipartimento Militare di medicina legale di Messina dichiarava il ricorrente permanentemente non idoneo al servizio militare incondizionato nell’EI in modo assoluto e da porre in congedo assoluto (ma reimpiegabile nei ruoli dell’Amministrazione Civile della Difesa).

1.5 Con parere n. 10589, emesso nell’adunanza n. 186 del 23 giugno 2015, il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio si esprimeva negativamente in merito alla dipendenza della infermità da causa di servizio, ritenendo che l’insorgenza della malattia diagnosticata al Sig. -OMISSIS- non fosse riconducibile in via causale all’esposizione alle particelle di metalli pesanti che avevano contaminato le zone di guerra “in quanto, nei precedenti di servizio dell'interessato, non risultano fattori specifici potenzialmente idonei a dar luogo -OMISSIS-. Pertanto è da escludere ogni nesso di causalità o di concausalità non sussistendo, altresì nel caso di specie, precedenti infermità o lesioni imputabili al servizio che col tempo possano essere evolute in senso -OMISSIS-.”

1.6 Visto il parere del Comitato di Verifica, il Ministero della Difesa, con decreto n. 3453/N del 7 settembre 2015, dichiarava la non dipendenza da causa di servizio dell’infermità che aveva afflitto il-OMISSIS-e, conseguentemente, negava la concessione dell’equo indennizzo, per mancanza dei presupposti di legge.

1.7 Avverso il suddetto decreto, unitamente al parere negativo del Comitato di Verifica, l’odierno esponente si gravava con il ricorso in epigrafe, per chiederne l’annullamento, deducendo i seguenti motivi:

I. Violazione degli artt. 24 della Costituzione, in relazione all’art. 10-bis della L. n. 241/1990 (violazione del principio del giusto procedimento e del relativo contraddittorio procedimentale).

Violazione dell’art. 68 del D.P.R. n. 3/1957 “Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato” (Aspettativa per infermità – Equo indennizzo per perdita della integrità fisica dipendente da causa di servizio) in relazione all’art. 1882 del D.lgs. n. 66/2010 “Codice dell’Ordinamento Militare” (Equo indennizzo).

Violazione dell’art. 64, comma 2, del D.P.R. n. 1092/1973 “Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato”, in relazione all’art. 40, comma del 2, del r.d. n. 603/1895 “Approvazione del regolamento per l’esecuzione del testo unico delle leggi sulle pensioni civili e militari del 21 febbraio u.s., n. 70” (valutazione dei fatti di servizio e dei rischi conseguenti meritevoli d’attenzione sotto il profilo della dipendenza).

Violazione dell’art. 64, comma 3, del D.P.R. n. 1092/1973 (valutazione medico-legale del nesso eziologico in merito alla causa o concausa di servizio).

Violazione dell’art. 3 della L. n. 241/1990 (omessa e/o erronea motivazione).

Violazione del D.P.R. n. 243/2006, n. 37/2009, n. 90/2010, n. 40/2012 e del relativo rischio tipizzato .

L’atto impugnato non sarebbe stato preceduto da alcun preavviso di diniego, in violazione dell’art. 10-bis della L. n. 241/1990.

Avendo il ricorrente operato, privo di specifiche protezioni individuali, in territori caratterizzati da elevatissimo fattore di rischio connesso al contatto con ambiente contaminato dall’utilizzo di munizionamento all’Uranio impoverito ed in genere da forte inquinamento bellico, l’affermazione per cui la patologia riscontrata nel militare non sia derivante da fatti di servizio sarebbe apodittica, erronea, illogica, inattendibile ed irrazionale. Difatti, le condizioni ambientali in cui il ricorrente si è trovato ad operare sarebbero state idonee a determinare l’insorgenza della patologia tumorale che lo ha colpito, quantomeno sotto il profilo della concausalità.

II. Eccesso di potere per erronea interpretazione della situazione di fatto, errore sul presupposto, illogicità, incongruità, inattendibilità, insufficienza ed apoditticità della motivazione;
contraddittorietà ed illogicità manifeste
.

Il ricorrente assume di aver contratto la patologia in questione a causa del servizio prestato dal 1997 al 2004 presso l'Esercito Italiano in Bosnia, Macedonia e Kosovo.

Afferma che l’insorgenza della patologia contratta sia da imputarsi eziologicamente alle contaminazioni tossiche dell’ambiente di lavoro in cui aveva prestato servizio nel corso delle indicate missioni: il nesso di causalità tra l’esposizione all’uranio impoverito e ad altre sostanze nocive e l’insorgenza della patologia tumorale sarebbe stato accertato da studi scientifici e dalla giurisprudenza ormai costante maturatasi in materia.

A supporto della tesi della sussistenza del nesso eziologico tra l'insorgenza della patologia, con conseguente menomazione dell'integrità fisica, ed il servizio prestato, il ricorrente produce documentazione sanitaria, tra cui il rapporto n. 20/2015 del 13 luglio 2015 (“Valutazione di reperto bioptico tramite indagine nano diagnostica di microscopia elettronica a scansione e microanalisi a raggi X”) del laboratorio “Nanodiagnostric S.r.l.”, diretto dalla d.ssa Antonietta Gatti (all. 4 Ricorrente).

Dopo avere posto in evidenza, tra l’altro, la violazione degli obblighi di sicurezza gravanti sull’Amministrazione, richiama - a supporto della pretesa avanzata - il secondo rapporto della c.d. Commissione Mandelli, reso noto nel maggio 2001, e numerosi studi condotti da docenti universitari nonché precedenti giurisprudenziali in materia.

Lamenta che, nonostante la documentazione acquisita all’istruttoria e l’evidenza delle risultanze, l’Amministrazione, a fronte della domanda di riconoscimento della causa di servizio e del relativo equo indennizzo presentata dal ricorrente, l’avrebbe rigettata facendo totale rinvio alle apodittiche, quanto erronee, illogiche, incongrue ed inattendibili considerazioni del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio.

Infine, il rigetto dell’istanza del ricorrente non sarebbe assistito da una motivazione plausibile.

2. Il Ministero della Difesa si costituiva in giudizio per resistere al ricorso e con distinta memoria contestava le deduzioni attoree, insistendo per il rigetto del gravame.

3. In vista della pubblica udienza del 1° luglio 2020, con memoria del 29 maggio 2020, il ricorrente, nel riprodurre le proprie deduzioni e conclusioni, rappresentava di essersi sottoposto, in corso di causa, ad esame condotto mediante spettrometria di massa condotto dal Prof. M dell’Università di Torino (con relativa Relazione illustrativa a firma della dott.ssa R C), di cui produceva i risultati (all. 2 e all. 3 alla memoria). In data 16 novembre 2020 depositava altresì parere un medico-legale della Dott.ssa R C.

4. Con ordinanza collegiale n. 10906/2020 la Sezione disponeva una verificazione, finalizzata ad “accertare dal punto di vista medico la sussistenza o meno del nesso di causalità tra le attività svolte dal ricorrente e l’insorgenza della patologia sofferta”, all’uopo incaricando il Dirigente scientifico dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena o un suo delegato avente specifica competenza nella materia de qu a.

7. In data 19 luglio 2021, veniva depositata una relazione, nella quale – sulla base di specifici rilievi – i sanitari delegati per l’esecuzione della verificazione concludevano, in sintesi, che “non ritengono accertata dal punto di vista medico la sussistenza del nesso di causalità tra le attività svolte dal ricorrente e l’insorgenza della patologia da lui sofferta”.

7. Seguiva la produzione da parte del ricorrente di “Commenti alla bozza verificazione (Tar Lazio, Sezione Prima bis, Sezione I bis - R.G. 14140/2015) affidata ai dottori F e V.”, a firma della dott.ssa R C, in data 7 ottobre 2021.

8. In vista della pubblica udienza di discussione del ricorso, il ricorrente depositava commenti alla relazione di verificazione, a firma della dott.ssa C, del 6.9.2021.

9. Alla pubblica udienza del 27 ottobre 2021 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto per le ragioni che di seguito si passano ad illustrare.

2. In primo luogo, non risulta condivisibile la censura inerente alla violazione del diritto di difesa (ex art. 24 Cost.), lamentata dal ricorrente in relazione al mancato preavviso di rigetto (ex art. 10 bis l.241/90) che l’Amministrazione resistente avrebbe dovuto dare prima di adottare il decreto impugnato, con il quale è stato negato il riconoscimento di infermità dipendente da causa di servizio.

2.1 Sul punto, il Collegio rileva che l’Amministrazione, lungi dall’esercitare un’attività di tipo discrezionale, si è semplicemente allineata al parere negativo (vincolante) reso dal Comitato di Verifica, i cui accertamenti sulla dipendenza delle infermità da causa di servizio rientrano nell’alveo della discrezionalità tecnica, essendo fondati sulle cognizioni della scienza medica e specialistica.

2.2 Dunque, potendosi configurare il decreto impugnato alla stregua di un provvedimento vincolato, trova applicazione la regola secondo cui la violazione di una norma sul procedimento non ne comporta l’annullabilità quando è palese che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso (art. 21 octies, comma 2, l. 241/90).

2.3 A conferma della vincolatività dei pareri espressi dal C.V.C.S, il Consiglio di Stato si è di recente espresso nei seguenti termini: “ La disciplina vigente in materia di equo indennizzo e di pensioni privilegiate configura il C.V.C.S come un organo amministrativo decidente dotato di competenza esclusiva, che si esprime sulla base di valutazioni tecniche di natura medica. Il d.P.R. n. 461 del 2001 dispone che l’Autorità amministrativa che acquisisce il parere del comitato è tenuta ad uniformarvisi, salva la facoltà di formulare – una sola volta – una motivata richiesta di riesame. Nell’eventuale fase dell’impugnazione giurisdizionale davanti al giudice amministrativo, i pareri del C.V.C.S – espressione di un potere autoritativo – sono sindacabili solo per travisamento di fatti o manifesta illogicità, non potendo il giudice amministrativo sostituire le proprie valutazioni a quelle effettuate dalle competenti autorità, in sede amministrativa ” (Cons. Stato, sez. IV, n. 6305/2019).

3. Parimenti non risultano violate le altre disposizioni di legge invocate dal ricorrente col primo mezzo sul presupposto, non sufficientemente dimostrato, della sussistenza di un nesso di causalità tra patologia diagnosticata e attività di servizio svolta, come pure infondata si rivela la censura relativa all’eccesso di potere sotto molteplici profili, articolata con il secondo motivo di ricorso.

3.1 Preliminarmente osserva il Collegio che le valutazioni del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, ai sensi del D.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461, anche in relazione all’equo indennizzo, sono valutazioni di carattere tecnico, fondate su accertamenti condotti assumendo a base le cognizioni della scienza medica e specialistica.

3.2 Pertanto, il giudizio del Comitato non può essere sindacato nel merito, non potendo il giudice amministrativo ad esso sostituirsi (Cons. Stato, sez. IV, n. 1454/2014;
id., n. 3500/2009;
id., n. 1435/2017;
id., n. 5357/2017).

In altre parole, il sindacato che il Giudice della legittimità è autorizzato a compiere sulle determinazioni assunte dagli organi tecnici, ai quali la normativa vigente attribuisce una competenza esclusiva in materia, deve necessariamente intendersi limitato ai soli casi di travisamento dei fatti e di macroscopica illogicità ictu oculi rilevabili, non essendo consentito in alcun caso al giudicante di sovrapporre il proprio convincimento a quello espresso dall'organo tecnico nell'esercizio di una attività tipicamente discrezionale e giustificata dal possesso di un patrimonio di conoscenze specialistiche del tutto estranee al patrimonio culturale di detto giudice (Cons. Stato, sez. IV,. n. 2140/2018;
n. 4619/2017;
n. 1702/2010;
T.A.R. Lazio, Roma, sez. I bis, n. 3130/2018).

3.3 Nella fattispecie, il Comitato di verifica ha negato la dipendenza dal servizio prestato della patologia dalla quale è risultato affetto il ricorrente non ravvisando la sussistenza del nesso causale tra l’esposizione ai fattori di rischio e l’insorgenza della malattia, con valutazioni che si palesano immuni da vizi logici e incongruenze.

A tal proposito, va rammentato che, trattandosi di valutazioni medico – legali, basate su nozioni scientifiche e su dati di esperienza propri della disciplina applicata, tali apprezzamenti sono sindacabili solo nei limiti della manifesta irragionevolezza, arbitrarietà e travisamento dei fatti (Cons. Stato, sez. IV, 22 settembre 2005, n. 4950) nonché della correttezza dei criteri tecnici e del procedimento seguito (Cons. St., sez. IV, 9.4.1999 n. 601).

3.4 D’altra parte, per costante giurisprudenza, il parere del Comitato di Verifica si impone nel suo contenuto tecnico-discrezionale all'Amministrazione, la quale, nell'adottare il provvedimento finale, è tenuta esclusivamente, nell'esercizio dei poteri ad essa peculiari di amministrazione attiva, alla verifica estrinseca della completezza e regolarità del precedente iter valutativo e non ad attivare una nuova ed autonoma valutazione che investa il merito tecnico, essendo tenuta ad esprimere una specifica motivazione solamente nei casi in cui l'Amministrazione, in base ad elementi di cui disponga e che non siano stati vagliati dal Comitato, ovvero in presenza di evidenti omissioni e violazioni delle regole procedimentali, ritenga di non poter aderire al parere del Comitato anzidetto (cfr. ex multis Cons. St., Sez. VI, 31.3.2009, n. 1889;
11.2.2002 n.779;

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