TAR Firenze, sez. II, sentenza 2011-11-17, n. 201101757
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N. 01757/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01551/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1551 del 2010, proposto dal sig.
A R G, rappresentato e difeso dall’avv. E V e con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R., in Firenze, via Ricasoli n. 40
contro
Ministero dell’Interno e Questura di Livorno, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Firenze e domiciliati presso gli Uffici di questa, in Firenze, via degli Arazzieri n. 4
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
del decreto del Questore di Livorno CAT.A.12.Str./2010 del 10 agosto 2010, notificato il 19 agosto 2010, contenente rifiuto sull’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di giustizia, presentata dall’odierno ricorrente.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal ricorrente;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Questura di Livorno;
Viste la memoria della difesa erariale e la documentazione ad essa allegata;
Vista l’ordinanza n. 213/2010 del 13 ottobre 2010, con cui è stata accolta l’istanza cautelare;
Vista l’ulteriore documentazione depositata dalla Questura di Livorno in data 9 novembre 2011;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore nell’udienza pubblica del 6 ottobre 2011 il dott. Pietro De Berardinis;
Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, sig. Ali Reza Gereksar, cittadino turco di nazionalità curda, espone di essere giunto in Italia il 10 dicembre 2008 e di avere chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato politico, ai sensi della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951.
1.1. Nonostante i fatti rappresentati dall’esponente, la Commissione Territoriale di Gorizia decideva di non riconoscergli la protezione internazionale con decreto notificato in data 19 novembre 2009, avverso il quale lo straniero presentava ricorso ai sensi dell’art. 35 del d.lgs. n. 25/2008, respinto dal Tribunale Civile di Trieste.
1.2. Il 5 luglio 2010 il sig. Gereksar proponeva reclamo alla Corte d’Appello di Trieste nei confronti della suindicata pronuncia del Tribunale. Nonostante ciò – aggiunge – la sua richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di giustizia veniva respinta dal Questore di Livorno con decreto n. CAT.A.12.Str./2010 del 10 agosto 2010. Il decreto è basato proprio sul mancato riconoscimento in favore dell’esponente della protezione internazionale e sulla declaratoria di inammissibilità (rectius, rigetto) del ricorso proposto al riguardo dallo stesso, senza che la P.A. abbia tenuto conto – lamenta lo straniero – della pendenza del reclamo avverso siffatta decisione.
2. Avverso il menzionato diniego di rinnovo del permesso di soggiorno è insorto il sig. Gereksar, impugnandolo con il ricorso indicato in epigrafe.
2.1. A supporto del ricorso, con cui ha chiesto l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, del provvedimento impugnato, lo straniero ha formulato i seguenti motivi:
- eccesso di potere e violazione dell’art. 35, comma 6, del d.lgs. n. 25/2008, in quanto il rigetto della richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato, ove tempestivamente impugnato, non potrebbe essere addotto dalla P.A. per denegare il rinnovo del permesso di soggiorno, venendo sospeso nella sua efficacia dalla suddetta impugnativa;
- eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto, nonché carenza e manifesta illogicità della motivazione e violazione di legge, giacché la P.A. avrebbe erroneamente considerato il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno quale conseguenza automatica del mancato riconoscimento dello status di rifugiato politico, trascurando la possibilità di rilasciare al ricorrente il permesso per motivi umanitari e non tenendo conto dei pericoli che questi correrebbe rientrando nel Paese d’origine;
- violazione dell’art. 2, comma 1, lett. e) e lett. g), e dell’art. 7 del d.lgs. n. 251/2007, poiché la P.A. avrebbe omesso di valutare la sussistenza delle condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari e/o la sussistenza di motivi che impediscono allo straniero il ritorno nel Paese d’origine, ex artt. 9, comma 2, e 15, comma 2, del d.lgs. n. 251/2007;
- violazione del giusto procedimento, violazione della l. n. 241/1990, insufficiente motivazione, in quanto nel caso di specie la P.A. avrebbe omesso di effettuare la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, prevista dall’art. 10-bis della l. n. 241/1990.
2.2. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Questura di Livorno, depositando una memoria difensiva, con documentazione allegata.
2.3. Nella Camera di consiglio del 12 ottobre 2010 il Collegio, ritenuta la sussistenza del periculum in mora, con ordinanza n. 913/2010 ha accolto l’istanza cautelare.
2.4. In vista dell’udienza pubblica la Questura di Livorno ha depositato una breve nota, con allegata la sentenza della Corte di Appello di Trieste che ha respinto il reclamo dello straniero nei confronti della decisione di rigetto del ricorso proposto ex art. 35 cit. contro il mancato riconoscimento dello status di rifugiato politico.
2.5. All’udienza pubblica del 6 ottobre 2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
3. Il ricorso è infondato.
3.1. Va, anzitutto, respinto il primo motivo di ricorso, atteso che, se è vero che, ai sensi dell’art. 35, comma 6, del d.lgs. n. 25/2008, la proposizione del ricorso avverso il provvedimento che rigetta la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato (ovvero di persona cui è accordata la protezione sussidiaria) sospende l’efficacia del provvedimento gravato, è altresì vero che, in base al successivo comma 12, il reclamo proponibile avverso la sentenza emessa sul predetto ricorso non sospende gli effetti della sentenza stessa. Al riguardo si precisa che, sebbene i commi 6 e 12 dell’art. 35 risultino abrogati dal d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, essi sono pienamente applicabili al giudizio che il sig. Gereksar ha instaurato avverso il diniego di riconoscimento dello status di rifugiato politico, sia per la definizione del relativo grado di appello in data anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 cit. (v. il documento depositato dalla Questura in data 9 agosto 2011), sia, in ogni caso, perché, ai sensi dell’art. 36 del d.lgs. n. 150/2011, la disciplina da questo introdotta si applica solamente ai processi instaurati successivamente alla sua data di entrata in vigore. Tanto premesso, ad avviso del Collegio l’art. 35, comma 12, del d.lgs. n. 25/2008, nel disporre che il reclamo contro la sentenza emessa sul ricorso avverso il mancato riconoscimento dello status di rifugiato politico non sospende gli effetti di tale sentenza, sta indiscutibilmente a significare che la sentenza stessa, ove di rigetto del ricorso, ripristina l’efficacia del diniego dello status di rifugiato: efficacia sospesa, ex art. 35, comma 6, cit., dalla proposizione del ricorso medesimo. Né ciò comporta una deminutio nella tutela dello straniero reclamante, prevedendo il suddetto comma 12 la possibilità per la Corte di Appello – su istanza del ricorrente – di disporre la sospensione dell’esecuzione della sentenza (e, pertanto, di tener ferma la sospensione dell’efficacia del diniego impugnato discendente dalla proposizione di detto ricorso), a condizione che sussistano gravi e fondati motivi.
3.2. Andando ad applicare alla fattispecie in esame i commi 6 e 12 dell’art. 35 del d.lgs. n. 25/2008, deve concludersi per la legittimità, sotto questo profilo, dell’operato della P.A.: essendo intervenuta, infatti, una sentenza di rigetto del ricorso proposto dal sig. Gereksar ai sensi del medesimo art. 35 e non avendo questi comprovato l’ottenimento della sospensione dell’esecuzione di detta sentenza ad opera della Corte di Appello adita in sede di reclamo, correttamente la P.A. ha respinto l’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di giustizia. La P.A., facendo – si ribadisce – corretta applicazione dell’art. 35, comma 12, cit., ha tenuto conto dell’efficacia della sentenza di rigetto del ricorso contro il diniego dello status di rifugiato e del ripristino dell’efficacia di tale diniego, e ne ha dato atto nel provvedimento, menzionando sia la sentenza, sia il diniego. Sono, perciò, inconferenti le citazioni giurisprudenziali effettuate dal ricorrente, concernendo esse fattispecie di pendenza del ricorso ex art. 35 del d.lgs. n. 25 cit., non di pendenza del reclamo avverso la decisione (sfavorevole allo straniero) sul predetto ricorso.
3.3. Devono essere, altresì, respinti gli ulteriori motivi di gravame, che per ragioni di ordine logico necessitano di trattazione congiunta. La più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato ha, infatti, acclarato l’infondatezza della la tesi secondo cui, ove allo straniero non sia riconosciuto lo status di rifugiato politico, la P.A. non potrebbe limitarsi a negare il permesso di soggiorno per effetto di tale mancato riconoscimento, ma dovrebbe prima interrogarsi sulla possibilità di rilasciare un permesso, quantomeno per motivi umanitari. Si è, infatti, precisato (C.d.S., Sez. VI, 3 dicembre 2009, n. 7563) che all’accoglimento di siffatta tesi ostano, da un lato, la tipicità dei titoli abilitanti al soggiorno sul territorio nazionale, dall’altro, l’obbligo indefettibile, per lo straniero, di individuare con puntualità il titolo abilitante richiesto, a ciò non potendo provvedere d’ufficio ed in via suppletiva la P.A.. Ne deriva che, una volta intervenuto il diniego dello status di rifugiato – cui consegue automaticamente il diniego di rilascio del permesso di soggiorno per asilo politico – è onere dello straniero richiedere il rilascio di altro e diverso tipo di titolo abilitante al soggiorno (ed in particolare, del permesso per motivi umanitari), allegando le circostanze all’uopo rilevanti, le quali non possono essere indagate d’ufficio della P.A. in assenza di un’apposita istanza dell’interessato in tal senso. E nel caso ora in esame – come, del resto, in quello cui si riferisce la decisione del Consiglio di Stato in commento – non risulta in alcun modo che lo straniero abbia proposto una siffatta e diversa istanza, né che abbia allegato puntuali circostanze al fine di attestare la sussistenza dei relativi requisiti, limitandosi – nel corpo del gravame – a riproporre, sostanzialmente, gli elementi in base ai quali era stata avanzata la richiesta di riconoscimento dello status di rifugiato politico. Per di più nella vicenda per cui è causa la richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno è stata avanzata per motivi di giustizia, legandola alla pendenza del giudizio relativo al diniego del citato status, cosicché risulta vieppiù impossibile desumere da una simile richiesta (evidentemente diversa anche dalla richiesta di permesso per asilo politico) l’obbligo per la P.A. di valutare la sussistenza, in subordine, delle condizioni per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari. Se ne deduce l’infondatezza del secondo e del terzo motivo di ricorso.
3.4. Da quanto detto nel paragrafo precedente si desume l’infondatezza, altresì, del quarto motivo di ricorso, dovendo ritenersi che l’impugnato decreto questorile costituisse atto vincolato (C.d.S., Sez. VI, n. 7563/2009, cit.), con conseguente applicabilità allo stesso dell’art. 21-octies, comma 2, primo periodo, della l. n. 241/1990.
4. In definitiva, il ricorso è nel suo complesso infondato e, come tale, deve essere respinto.
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.