TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2023-01-19, n. 202300998

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2023-01-19, n. 202300998
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202300998
Data del deposito : 19 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/01/2023

N. 00998/2023 REG.PROV.COLL.

N. 04374/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso avente numero di registro generale 4374 del 2018, proposto da
- Isibet s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa in giudizio dagli avvocati M F, L L, N T, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori, in Roma, alla via del Viminale n. 43, e domicilio digitale in atti;

contro

- Agenzia delle accise, dogane e dei monopoli (successore ex lege dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato - AAMS), in persona del Direttore pro tempore , Ministero dell’economia e delle finanze, Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi in giudizio ope legis dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

per il risarcimento del danno

- derivato da concorrenti, ripetute, negligenti disfunzioni nella regolazione dei rapporti di concessione per la raccolta di giochi e scommesse su eventi ippici in essere tra le parti, fino alla colposa erosione dei fattori di sostenibilità economica del rapporto di concessione in titolarità della parte ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4 -bis , cod. proc. amm.;

Relatore, all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 12 dicembre 2022, il Consigliere avv. Benedetto Nappi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La Isibet s.r.l. in liquidazione, con ricorso depositato il 16 aprile 2018, facendo valere la dichiarata qualità di soggetto che ha esercitato l’attività di raccolta di giochi e scommesse su eventi ippici, quale concessionaria dello Stato italiano, ha chiesto l’accertamento del diritto al risarcimento connesso allo svolgimento del pregresso rapporto concessorio, la cui sostenibilità economica nel tempo sarebbe stata minata da una serie di fattori legati alle ripetute omissioni e carenze organizzative dell’amministrazione concedente.

2. Le Amministrazioni intimate, costituitesi in giudizio, hanno eccepito il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo, l’intervenuta prescrizione, l’infondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti nel merito.

3. All’udienza smaltimento del 12 dicembre 2022 l’affare è transitato in decisione.

4. Il ricorso è inammissibile, alla stregua della motivazione che segue.

Difetta nel caso di specie la giurisdizione del Giudice amministrativo. Invero, va qui data continuità, ai sensi dell’art. 74 cod. proc. amm., al precedente in termini di questo Tribunale, secondo cui «[…] la difesa delle amministrazioni resistenti si affida alla recente decisione del Giudice superiore sulla giurisdizione che si è espressa nei seguenti termini: “in tema di concessioni di pubblici servizi, le controversie relative alla fase esecutiva del rapporto successiva all’aggiudicazione sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario – riguardante le indennità, i canoni e altri corrispettivi -al quale spetta di giudicare sulle questioni inerenti all’adempimento e/o all’inadempimento della concessione (e sui relativi effetti e conseguenze: … anche di natura risarcitoria) con indagine diretta alla determinazione dei diritti e degli obblighi dell’amministrazione e del concessionario, nonché di valutare, in via incidentale, la legittimità degli atti amministrativi incidenti sulla determinazione del corrispettivo”. La fattispecie sottoposta all’esame del superiore consesso rivestiva i seguenti connotati in fatto: - all'esito della aggiudicazione della gara, da parte di 171 imprese concessionarie - dolendosi che, sin dal 1999, il settore del gioco delle scommesse ippiche aveva registrato, di fatto, il venir meno del monopolio statale a causa del diffondersi del gioco clandestino e della costituzione di una rete di bookmakers esteri, i quali operavano telematicamente o tramite internet, in assenza, dunque, del controllo statale e senza soggezione ad imposizione fiscale, altresì deducendo che era imputabile al Ministero delle finanze, in particolare, il ritardo dell'avvio del sistema delle scommesse a quota fissa e di quello di raccolta delle scommesse per via telefonica o telematica - i qualificati soggetti giuridici avanzarono domanda di arbitrato nei confronti del Ministero delle finanze e del Ministero delle politiche agricole e forestali, chiedendo di accertare le predette trasformazioni del mercato delle scommesse ippiche, il dedotto anzidetto ritardo e, quindi, l'inadempimento alle obbligazioni assunte, con conseguente non debenza delle prestazioni patrimoniali a carico di esse agenzie, ai sensi dell'art. 1460 c.c. Con successiva memoria, le medesime agenzie chiesero la condanna dei Ministeri anche all'adempimento delle obbligazioni assunte e rimaste inadempiute, nonché al risarcimento del danno per l'inadempimento delle clausole contrattuali denunciate e per l'impedimento ad accettare scommesse a quota fissa e nel raccogliere scommesse per via telefonica e telematica;
- l’adito collegio arbitrale, con lodo reso il 26 maggio 2003 e notificato il successivo 9 dicembre, respinte le eccezioni preliminari dei Ministeri convenuti, ne accertò la responsabilità, in forza di un "obbligo di garanzia assunto implicitamente";
- il lodo arbitrale veniva impugnato dal Ministero dell'economia e delle finanze e dal Ministero delle politiche agricole dinanzi alla Corte d'appello di Roma, la quale, con sentenza del 21 novembre 2013, ne dichiarava la nullità, ritenendo che la controversia appartenesse alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;
- diventa quindi centrale l'esame della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio (ossia la causa petendi) con le pretese azionate dalle agenzie ippiche dinanzi al collegio arbitrale, essendo il c.d. petitum sostanziale - da individuarsi in base ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione - il criterio orientativo della delibazione che questa Corte regolatrice è tenuta a compiere in punto di riparto di giurisdizione;
- da un punto di vista ordinamentale la Corte enfatizza il quadro normativo che regolava l'assetto del sistema delle scommesse sulle corse dei cavalli al tempo dell'affidamento in concessione alle imprese attrici del relativo servizio;
- a tal riguardo si è posto in evidenza l'art. 3, comma 77, della legge n. 662 del 1996, il quale aveva riservato ai Ministeri delle finanze e delle risorse agricole l'organizzazione e la gestione dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli", potendo i riservatari "provvedervi direttamente ovvero a mezzo di enti pubblici, società o allibratori da essi individuati";
- il legislatore nel ribadire la riserva di esclusiva ministeriale sull'esercizio delle scommesse sulle corse di cavalli (art. 1, comma 2) - ha poi dettato la disciplina "quadro" volta a regolare l'attribuzione da parte dei ministeri delle finanze e delle politiche agricole, mediante "gara da espletare secondo la normativa comunitaria", delle concessioni, di durata di sei anni (rinnovabili una sola volta), "per l'esercizio delle scommesse sulle corse dei cavalli, a totalizzatore e a quota fissa (...) a persone fisiche e società con idonei e comprovati requisiti anche in ordine alla solidità finanziaria" (art. 2), stabilendo, tra i criteri di attribuzione [art. 2, comma 1, lettere a), b), d) ed e)], quelli della "efficienza della gestione dei singoli punti di accettazione delle scommesse", del "potenziamento della rete di raccolta ed accettazione delle scommesse", "di scaglioni retributivi decrescenti che consentano maggiori ricavi iniziali per il concessionario in funzione dei costi di avviamento", della "garanzia della libertà di concorrenza e di mercato mediante la previsione di parametri volti ad impedire l'abuso di posizioni dominanti";
in tale contesto le scommesse consentite (art. 4) erano quelle "al totalizzatore nazionale" (ossia "le scommesse il cui ammontare complessivo, detratto l'importo del prelievo, è ripartito tra gli scommettitori vincenti") o "a quota fissa" (cioè quelle "per le quali la somma da riscuotere, in caso di vincita, è previamente concordata tra lo scommettitore e il gestore delle scommesse");
la tipologia delle scommesse effettuabili, "anche a mezzo telefonico o telematico", era, quindi, rimessa ad apposito decreto ministeriale (comma 5 dello stesso art. 4);
- la stessa Corte rilevava, altresì, che le imprese concessionarie hanno, quindi, osservato che "le offerte presentate in sede di gara si fondavano sulla garanzia che esistesse e permanesse un sistema di concessioni con carattere di esclusività nell'ambito del territorio comunale di riferimento, deputato ad assorbire integralmente il mercato delle scommesse ippiche";
in assenza radicalmente diverse ... le offerte economiche presentate in gara", essendosi le agenzie trovate, invece, contro "ogni ragionevole" previsione ad operare non più "in condizioni di esclusiva nel loro ambito territoriale", ma dovendo far fronte ad "una situazione di concorrenza assolutamente impropria";
da qui, la tutela azionata in sede arbitrale attraverso una "domanda giudiziale che, accertato lo sconvolgimento del rapporto tra concedente amministrazione ed agenzie concessionari, dovuto agli imponenti fatti sopravvenuti, riconduc(esse) ad equilibrio ed equità le posizioni delle parti";
- dal predetto accenno su parte della motivazione della Corte di Cassazione si sviluppa poi il prosieguo argomentativo della decisione, secondo cui il petitum sostanziale che permea le pretese azionate in sede arbitrale dalle agenzie investe certamente il rapporto concessorio, ma nella fase della sua attuazione - a valle, dunque, dell'affidamento del servizio, venendo in discussione profili che non attengono all'esercizio di autorità amministrativa tipica incidente sullo stesso momento funzionale della concessione;
- le agenzie, infatti, non hanno avanzato, neppure in via incidentale, una qualche richiesta di accertamento della illegittimità di provvedimenti comunque afferenti alla concessione del servizio, né, tantomeno, del cattivo esercizio da parte dello Stato dei poteri, più generali ed erga omnes, di conservazione dell'ordine e della sicurezza pubblica a tutela della collettività, là dove la correlazione tra la delineata cornice giuridica (assetto normativo sulla riserva di esclusiva) e fattuale (disfunzione del mercato delle scommesse incidente sull'equilibrio contrattuale) e il contenuto della convenzione accessiva alle concessioni viene - come poc'anzi evidenziato - a colorare la sostanza delle pretese attoree di un significato ben diverso rispetto derivante dalla presenza attiva di poteri pubblici conformativi del rapporto giuridico in contestazione nella presente controversia;
- le argomentazioni che precedono si prestano, infine, in modo ancor più evidente, ad annettere nello stesso ambito di giurisdizione quella porzione di controversia relativa, segnatamente, alle pretese risarcitorie avanzate dalle agenzie ippiche in ragione del dedotto inadempimento dei ministeri concedenti circa la mancata attivazione delle possibilità, per i concessionari, di accettare scommesse ippiche a quota fissa, nonché scommesse "per telefono o per via telematica", in quanto integranti obbligazioni a carico delle stesse amministrazioni (contemplate dalla convenzione in base alla normativa regolamentare di riferimento), che, come tali, andavano a definire il complessivo perimetro dei reciproci diritti e obblighi del rapporto concessorio, rilevante nella fase attuativa del rapporto medesimo;
-dunque, la posizione conflittuale delle parti di detto rapporto è tale da collocarsi, complessivamente, nell'alveo dello schema qualificatorio del binomio "obbligo-pretesa" e non già di quello "potere-interesse", così da attivare direttamente, ai sensi dell'art. 5 della legge n. 1034 del 1971 - ora art. 133, comma 1, lett. c), c.p.a. - la riserva di giurisdizione del giudice ordinario sulla presente controversia in quanto sussumibile tra quelle concernenti "indennità, canoni e altri corrispettivi";
di qui, la relativa compromettibilità in arbitri a prescindere da quanto previsto dall'art. 6, comma 2, della legge n. 205 del 2000 (poi trasfuso nell'art. 12 c.p.a.). È ben evidente, dunque, che la domanda risarcitoria spiegata dalle parti istanti nell’odierno giudizio, così come scrutinata dal giudice della giurisdizione. va devoluta alla cognizione del Giudice ordinario. Infatti, il presunto danno derivante dal “mancato riequilibrio del sinallagma concessorio” sarebbe stato inciso da una serie di “fattori” (“indebita compresenza di reti di raccolta clandestine;
“intempestiva attivazione di specifici prodotti e modalità di gioco previste in Convenzione”;
“inadeguata gestione complessiva dei prodotti di gioco [e] inadeguata gestione dello stesso spettacolo ippico [nonché dello] sviluppo della rete territoriale di distribuzione dell’offerta di gioco”). Tali fattori coincidono, sostanzialmente, con l’oggetto della domanda scrutinata dalla S.C.. D’altro canto, il presente ricorso è stato proposto a seguito della pronuncia della Corte d’Appello di Roma che, in sede di impugnazione del citato lodo arbitrale, aveva affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulle istanze risarcitorie avanzate dai concessionari e la conseguente nullità della pronuncia arbitrale. Ebbene, come rilevato sopra, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno riformato sul punto la sentenza della Corte d’Appello di Roma affermando la giurisdizione del giudice ordinario;
di tale statuizione il Collegio deve necessariamente prendere atto ai fini delle valutazioni concernenti l’ammissibilità del presente ricorso che, nonostante contenga il riferimento alle sopravvenienze intervenute successivamente al lodo arbitrale nei rapporti concessori e nel quadro regolamentare del settore, concerne la medesima causa petendi e il medesimo petitum sostanziale rispetto al quale le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 23418 del 2020 hanno affermato la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, rinviando il giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma dinanzi alla quale è stato riassunto nei termini e tuttora pende» (in termini, T.A.R. Lazio, sezione II stralcio, 26 luglio 2022, n. 10654).

5. Dalle considerazioni che precedono discende la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con indicazione, ai sensi dell’art. 11 cod. proc. amm. dell’Autorità giudiziaria ordinaria quale plesso munito di giurisdizione.

6. Sussistono giusti motivi, in ragione delle peculiarità della questione e della definizione in rito del giudizio, per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

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