TAR Genova, sez. II, sentenza 2020-07-08, n. 202000470

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Genova, sez. II, sentenza 2020-07-08, n. 202000470
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Genova
Numero : 202000470
Data del deposito : 8 luglio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/07/2020

N. 00470/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00061/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 61 del 2019, proposto dalla dottoressa L M M rappresentata e difesa dall’avvocato E B, con domicilio presso di lei PEC registri Giustizia;

contro

Comune di Albenga in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato professor L P presso il quale domicilia a Genova in corso Saffi 7/2;

nei confronti

dottoresse D S e C V rappresentate e difese dagli avvocati A M A, A G e A C, con loro domiciliate a Genova in piazza Dante 9/14 presso l’avvocato G B;

per l'annullamento

della determinazione 19.12.2018, n. 3096 del comune di Albenga

del verbale di gara 17.12.2018

della nota 6.11.2018, n. 50309 del comune di Albenga

dell’atto 31.10.2018, n. 2551 nella parte in cui il comune di Albenga ha subordinato l’efficacia dell’assegnazione del contratto alla prelazione delle controinteressate

dell’atto 6.8.2018 del comune di Albenga

della deliberazione 38/2918 del consiglio comunale di Albenga, di quella 2018/316 della giunta comunale e del provvedimento 1886/2018 del dirigente comunale;

per la dichiarazione di inefficacia, nullità o annullamento del contratto eventualmente stipulato tra il comune di Albenga e le controinteressate;

per la condanna del comune di Albenga alla pronuncia dell’aggiudicazione definitiva del contratto in favore della ricorrente, ovvero per la condanna al risarcimento del danno per equivalente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del comune di Albenga e delle controinteressate;

vista la propria ordinanza 52/2019;

visti gli atti e le memorie depositati;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 giugno 2020 il dott. Paolo Peruggia e uditi per le parti i difensori collegati da remoto come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La dottoressa L M M riferisce di essere la legale rappresentante della snc Farmacia san Rocco di Manzi dott.ssa Laura Maria e C e si ritiene lesa dagli atti riportati per il cui annullamento ha notificato il ricorso in trattazione che è affidato a censure in fatto e diritto.

Con distinti atti si sono costituiti in giudizio il comune di Albenga e le controinteressate, entrambi chiedendo dichiararsi inammissibile o respingersi la domanda.

Con ordinanza 52/2019 il tribunale amministrativo ha respinto la domanda cautelare proposta.

Le parti hanno depositato memorie e documenti;
il comune di Albenga ha richiesto la discussione della causa da remoto.

1 Il contendere riguarda l’esito della gara indetta dal comune di Albenga, che decise con la deliberazione consiliare 13.4.2018, n. 38:

di alienare un ramo dell’azienda farmaceutica pubblica costituito dall’esercizio di proprietà ubicato in via Dalmazia;

di fissare il prezzo d’asta in base alla perizia disposta;

di demandare alla giunta e alla struttura dirigenziale dell’ente per l’adozione degli atti ulteriori.

L’esperimento si svolse così sulla base del provvedimento dirigenziale 6.8.2018, che fissò i momenti del procedimento da svolgere allo scopo, e per quel che rileva ai fini del decidere conteneva l’articolo dieci, che in dichiarata applicazione dell’articolo dodici della legge 362/1991 riconosceva il diritto di prelazione per l’acquisto dell’esercizio farmaceutico in favore dei dipendenti comunali aventi titolo, sempre alle condizioni previste dell’art. 10 ora citato.

Lo schema procedimentale prevedeva anche la presentazione dell’offerta economica da parte di un singolo farmacista o di più soggetti intenzionati a costituire una società per la futura gestione dell’esercizio e della connessa azienda: la gara sarebbe stata decisa sulla base dell’offerta economicamente più vantaggiosa, muovendo dalla base d’asta di euro 939.000,00 (novecentotrentanovemila/00) a cui avrebbe dovuto essere aggiunto un importo per le scorte del magazzino da valorizzare nella fase successiva all’aggiudicazione.

Per quanto riguarda il diritto di prelazione riconosciuto dall’avviso citato ai dipendenti comunali abilitati all’esercizio della professione farmaceutica il procedimento prevedeva la notificazione a tutti costoro dell’esito della gara descritta, con la previsione per i prelazionari di poter chiedere il subentro all’aggiudicatario alle condizioni di gara e nel termine perentorio di trenta giorni dalla piena conoscenza del risultato della selezione.

Il positivo compimento di questa fase del procedimento era previsto comportasse la decadenza dall’aggiudicazione del soggetto che era risultato come meglio graduato dal punto di vista economico, sì che l’assegnazione della concessione e delle pertinenze sarebbe andata al prelazionario che avesse offerto una somma identica a quella più elevata raggiunta nella gara.

L’art. 10 citato prevedeva infine che la partecipazione dei dipendenti comunali alla selezione non comportasse la decadenza dal diritto di prelazione da loro esercitabile nei termini descritti.

Ulteriormente in fatto è avvenuto che, dopo l’aggiudicazione dell’esercizio alla ricorrente al prezzo di euro 1.039.000,00 (unimilionetrentanovemila/00), le controinteressate presentarono una tempestiva domanda di esercizio della prelazione allo stesso prezzo, e tale istanza venne accolta dall’amministrazione civica, dal che l’impugnazione dell’interessata.

2 L’esame delle censure dedotte va preceduto da quello dell’eccezione sollevata dalle controinteressate e dal comune di Albenga che chiedono dichiararsi irricevibile il ricorso: le tesi esposte a tale riguardo notano che la clausola dell’avviso di vendita contemplava la prelazione a favore dei dipendenti comunali ed era immediatamente lesiva, sì che la sua mancata impugnazione avrebbe comportato l’inammissibilità del complesso ricorso in conseguenza dell’irricevibilità delle censure dedotte per l’annullamento dell’art. 10 dell’avviso di vendita.

Ulteriormente la difesa comunale eccepisce l’irricevibilità del ricorso perché l’avviso di vendita non è stato impugnato neppure dopo l’adozione del provvedimento dirigenziale 31.10.2018, n. 2551 che dispose l’apertura della fase per l’esercizio della prelazione, con che l’efficacia dell’aggiudicazione in favore della migliore offerente venne ulteriormente differita nel tempo.

Il collegio nota che si è ormai formata una consolidata giurisprudenza che ritiene (ad esempio tar Lazio, Roma, 2020/1557, cons. Stato, 2016/4180) che l’immediata impugnazione di un bando di gara - l’avviso di vendita di che si tratta è del tutto equiparabile ad un bando per i profili in questione - debba essere proposta solo nei casi in cui l’atto generale contenga una clausola che si presenti come direttamente escludente l’interessato dalla partecipazione all’esperimento;
in altre pronunce (tar Lazio, Roma, 2019/5880) è stata ritenuta l’inammissibilità delle censure proposte per l’annullamento di un bando che non si configurava come immediatamente inibitorio della partecipazione del ricorrente alla selezione, essendo incontestato che la proposizione del ricorso deve essere proposta unitamente contro l’atto concretamente lesivo e, se del caso, contro il bando.

Su queste condivise premesse deve ritenersi che l’avviso di vendita in sé non fosse immediatamente lesivo, posto che l’esercizio della prelazione si configurava in quella fase del procedimento soltanto come un evento possibile ma non certo.

A diversa conclusione non può indurre la tesi esposta dalla difesa controinteressata che ricorda la precedente fase tenutasi sempre per l’alienazione della farmacia degli Ingauni, quando le farmaciste controinteressate avevano presentato un’offerta per l’acquisto dell’esercizio;
tale circostanza avrebbe dovuto indurre la ricorrente a considerare come certo l’esercizio della prelazione da parte della controparti, sì che in forza di tale argomento l’avviso di vendita avrebbe dovuto essere considerato come immediatamente lesivo.

In contrario va notato che alla conclusione della selezione condotta sulla base dell’offerta economica, la valutazione dell’esercizio era aumentata rispetto alla prima gara svoltasi, sì che le difese che sostengono l’argomento in esame non hanno comprovato per quale motivo il positivo esercizio della prelazione fosse da considerare come un fatto certo al momento in cui decorse il termine per gravare l’avviso di vendita.

E’ infondata anche la tesi sostenuta dal comune di Albenga, secondo cui la parte ricorrente avrebbe dovuto impugnare l’avviso di vendita nel termine di legge decorrente dalla piena conoscenza avuta dell’atto dirigenziale 31.10.2018, n. 2551 con cui l’amministrazione comunale dispose favorevolmente in merito alla domanda delle controinteressate per l’esercizio della prelazione.

Anche in questo caso la difesa in rassegna tende a considerare certa, e quindi immediatamente lesiva, la conclusione positiva della procedura di prelazione;
ma tale assunto contrasta con la giurisprudenza in precedenza menzionata, secondo cui l’immediata impugnazione di un atto generale è un’evenienza prevista solo nel caso in cui sia sin da subito certo l’effetto pregiudizievole derivante dall’applicazione della clausola.

In questo caso deve ritenersi che solo la conclusione positiva per le controinteressate del procedimento in questione potesse considerarsi come immediatamente inibente il perseguimento del bene della vita in contestazione, un evento che può situarsi solo al momento in cui la procedura di prelazione viene positivamente conclusa, dal che l’infondatezza anche di questa eccezione.

Possono pertanto esaminarsi le doglianze dedotte nel merito.

3 Con il primo motivo viene dedotta l’illegittimità dell’azione amministrativa comunale nella parte in cui ha ammesso le controinteressate all’esercizio del diritto di prelazione, dopo che le stesse avevano partecipato alla prima fase della selezione presentando una proposta economica inferiore a quella risultata aggiudicataria. Rileva l’interessata che l’art. 12 della legge 362 del 1991 ha previsto una posizione privilegiata per i dipendenti comunali titolati alla professione farmaceutica, abilitandoli appunto all’esercizio del diritto di prelazione, una disposizione che avrebbe senso solo se azionabile dopo che la gara incentrata sul prezzo ha avuto sfogo tra gli altri partecipanti. Oltre alla norma citata sarebbero violati gli artt. 73 e 76 del r.d.l. 827/1924 e l’art. 4 del d.lvo 50/2016, in quanto il procedimento svoltosi integrerebbe la violazione dei principi informatori delle gare pubbliche, soprattutto laddove ha attribuito ad una parte una doppia possibilità di prevalere, la prima nella gara basata sull’offerta maggiore e la seconda esercitando il diritto contestato;
tale cumulo di situazioni favorevoli colliderebbe con l’orientamento che prevede che i partecipanti ad un esperimento pubblico debbano fruire di pari opportunità.

In conclusione la ricorrente chiede che il tribunale amministrativo dichiari la sopravvenuta carenza di interesse delle controinteressate a intervenire nell’incanto, posto che la loro situazione soggettiva si era consumata con la partecipazione alla gara, sì che non era dato loro esercitare la prelazione una volta risultate soccombenti nella selezione svolta sulla base del rdl 827/1924.

Il collegio non condivide questa tesi, valutandola a normativa vigente invariata, posto che essa introduce già in questa fase la contestazione della denunciata contrarietà della normativa di preferenza di cui all’art. 12 della legge 362/1991 con le norme eurounitarie sulla concorrenza.

La situazione vista ai sensi della legislazione vigente prima della pubblicazione della sentenza 465 del 2018 della corte di Giustizia UE non conforta la tesi ricorrente, posto che la legge del 1991 aveva inteso introdurre una situazione di favore per i dipendenti comunali laureati in farmacia o in C.T.F., sulla scorta della legislazione o dei contratti collettivi di numerose categorie che prevedevano spesso la conservazione del posto di lavoro come uno degli scopi principali della discipline di settore. Su tale profilo le memorie, soprattutto della parte controinteressata, apportano chiari contributi, il cui rilievo pare tuttavia sminuito dalla pronuncia della corte di Giustizia UE, come si osserverà nel prosieguo.

Non è pertanto possibile ritenere che le interessate abbiano consumato il loro diritto a conseguire la titolarità della concessione farmaceutica allorché presentarono l’offerta economica nella prima fase della selezione, dal che l’infondatezza del rilievo in esame.

4 Con la seconda doglianza la ricorrente lamenta la contrarietà dell’art. 12 della legge 362 del 1992 con i principi comunitari sula concorrenza.

Il collegio nota a questo riguardo che la corte di Giustizia ha pronunciato la citata sentenza 465/2019 con cui ha dichiarato appunto l’incompatibilità della norma denunciata con i principi di libera concorrenza che regolano il mercato interno dell’Unione.

La pronuncia si è soffermata sulla notazione del pregiudizio che deriverebbe ad un farmacista stabilito in altro Stato della UE che decidesse di investire per l’acquisto di un esercizio in Italia;
lo straniero potrebbe doversi confrontare non solo con l’onere dell’investimento economico, ma anche con la possibilità di veder vanificato lo sforzo procedurale e finanziario – ad esempio, ottenere una fideiussione da un soggetto abilitato ha un costo in sé – a causa del trattamento di favore previsto dalla legislazione nazionale per i dipendenti comunali laureati nelle discipline ricordate.

L’argomento viene contestato dalle difese resistenti e controinteressate osservando che la cancellazione del diritto di prelazione dall’ordinamento comporterà un vantaggio per coloro che, già farmacisti titolari, possono disporre della qualificazione universitaria e del capitale finanziario accumulato gestendo l’azienda di proprietà.

Il collegio può solo notare a questo riguardo che si è trattato di una scelta politica compiuta dagli Stati contraenti in merito alla preferenza accordata al profilo concorrenziale come decisivo per diminuire la conflittualità tra essi, ed evitare le soluzioni belliche che hanno avuto i contrasti economici insorti più volte nel secolo decorso.

In tale prospettiva può osservarsi che le sentenze della corte di Giustizia UE vengono condivisibilmente equiparate dalla giurisprudenza (ad esempio, cons. giust. Amm., 2016/139, cons. Stato, 2019/7874, id, 2019/1248) alle norme vigenti, ovvero comportano l’immediata disapplicazione di quelle ritenute contrastanti con l’ordinamento comunitario.

In conseguenza di ciò il collegio ritiene doversi disapplicare l’art. 12 della legge statale 362/1991 ed il derivato art. 10 dell’avviso di vendita, in quanto la ricordata dichiarazione di incompatibilità della norma che è stata pronunciata dalla corte di Giustizia comporta l’obbligo di non tener più conto della disposizione (cass. 2020/7437) sino a che il rapporto non risulti ancora definito con il giudicato o l’inoppugnabilità.

Ciò esclude il rilievo della deduzione dei motivi specifici a corredo delle doglianze, così come la verifica della natura sovrastatale o meramente interna della presente controversia: la norma è stata ritenuta contrastante alla stregua di un parametro superiore, sì che le ulteriori censure volte a limitare la portata della pronuncia non possono essere tenute in positiva considerazione.

Ulteriormente le parti resistente e controinteressata eccepiscono che la corte di Giustizia ha ritenuto contrastante con l’ordinamento eurounitario il riconoscimento ai dipendenti farmacisti del solo diritto incondizionato di prelazione;
in questo caso le dottoresse Sconti e Varrasi si sono dovute assoggettare alla previa gara economica, sì che in questo caso la prelazione non poteva considerarsi esercitabile in modo subordinato al primo procedimento disposto.

Il collegio osserva che la prima fase della selezione servì soprattutto per fissare il prezzo di vendita, sì che essa non può considerarsi alla stregua di una condizione apposta dall’avviso di vendita con effetti sospensivi o risolutivi sull’assegnazione dell’esercizio. In questo caso, dopo la conclusione della fase economica della selezione, i dipendenti comunali laureati in farmacia e o in C.T.F. non avevano limiti nell’esercizio del diritto di prelazione, se non nel caso previsto dall’avviso di vendita in cui un numero superiore ad uno di essi avesse deciso di esercitarlo;
tuttavia quest’ultima evenienza non ricorre.

Ne deriva che anche in questo caso va riconosciuta la natura incondizionata del diritto in contestazione, dal che la pertinenza alla specie della pronuncia 465/2019 della CGE, e la necessità di non tener conto delle norme interne denunciate.

5. Deriva da ciò l’annullamento degli atti con cui il comune di Albenga ha disposto la fase per l’applicazione dell’art. 10 dell’avviso di vendita, sì che la selezione deve considerarsi terminata con l’assegnazione del ramo d’azienda comunale in favore della ricorrente, migliore offerente.

Il comune di Albenga dovrà pertanto provvedere all’annullamento del contratto nel frattempo stipulato con le controinteressate e alla conclusione di un nuovo rapporto negoziale con la ricorrente, avente diritto.

7 In questa sede non possono essere considerate le questioni patrimoniali sollevate dalle controinteressate relativamente al valore ulteriore che sarebbe stato raggiunto dal ramo d’azienda loro inizialmente ceduto;
tali istanze non sono state proposte con memorie ritualmente notificate, e non rientrano comunque nella giurisdizione adita.

6 L’esito della lite è derivato dalla sopravvenuta dichiarazione di incompatibilità con l’ordinamento europeo di una norma interna, sino ad allora valida ed efficace, dal che consegue la ricorrenza dei motivi per compensare le spese tra tutte le parti.

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