TAR Brescia, sez. II, sentenza 2014-04-23, n. 201400427
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N. 00427/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00167/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 167 del 2013, proposto da:
K S e J S, rappresentati e difesi dagli avv.ti A N e A M, con domicilio eletto in Brescia presso la Segreteria del T.A.R., via Carlo Zima, 3;
contro
Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Bergamo, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliato in Brescia, via S. Caterina, 6;
per l'annullamento
del decreto del dirigente dello Sportello Unico per Immigrazione di Bergamo prot. n. P-BG/L/N/2012/103897 del 3 dicembre 2012, con il quale è stata archiviata la richiesta di emersione dal lavoro irregolare presentata ai sensi dell’art. 5 del Dlgs. 16 luglio 2012 n. 109.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno - U.T.G. Prefettura di Bergamo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2014 la dott.ssa M B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Lo Sportello Unico per l’Immigrazione di Bergamo, con decreto del 3 dicembre 2012, ha respinto la richiesta di emersione dal lavoro irregolare presentata ai sensi dell’art. 5 del Dlgs. 16 luglio 2012 n. 109 dal signor K S, a favore del figlio J S.
Il motivo del diniego consiste nella presenza di due precedenti penali irrevocabili:
a) una condanna a 6 mesi di reclusione e € 1.400 di multa per detenzione e vendita illecite di sostanze stupefacenti (Trib. Brescia 10 agosto 2009);
b) una condanna a 2 anni di reclusione e € 8.000 di multa per detenzione, vendita e cessione illecite di sostanze stupefacenti (Trib. Brescia 17 dicembre 2009).
Proprio in ragione delle stesse condanne, al ricorrente J S, era stato negato, in data 7 aprile 2011, il rinnovo del permesso di soggiorno. Ciononostante lo stesso si è trattenuto irregolarmente nel territorio nazionale, continuando a convivere con il proprio nucleo familiare.
In sede cautelare sono stati valorizzati la situazione famigliare dello straniero richiedente la regolarizzazione, arrivato in Italia insieme ai genitori (e poi divenuto irregolare a causa del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno) e la minore gravità delle fattispecie di reato contestate allo stesso, concedendo la sospensione del provvedimento impugnato nelle more del riesame rimesso all’Amministrazione.
Il 20 maggio 2013, la Questura di Bergamo, all’uopo richiesta dalla Prefettura, ha ribadito il proprio parere negativo alla regolarizzazione dello straniero in questione, in quanto i reati dallo stesso commesso sarebbero gravi e la gravità degli stessi sarebbe rimarcata dalla specifica recidiva infraquinquennale. La pericolosità sociale del ricorrente è stata ravvisata anche in ragione delle accuse, formulate nei confronti dell’odierno ricorrente, per lesioni personali e minaccia in danno ad una ragazza minorenne (i fatti risalgono al 2011).
Infine, ha precisato la Questura, nel giudizio di pericolosità sociale demandato all’autorità di polizia non potrebbe trovare spazio alcuno la valutazione della situazione famigliare del valutato.
Il 21 maggio 2013, sulla scorta di tale parere negativo, la Prefettura ha comunicato di non avere altra possibilità, in assenza del parere favorevole della Questura, che quella di confermare il rigetto dell’istanza di regolarizzazione.
Parte ricorrente, in vista della pubblica udienza, ha depositato una memoria nella quale ha richiamato il fatto che questo Tribunale aveva già qualificato i reati imputati allo straniero richiedente la regolarizzazione come tali da non risultare ostativi alla sanatoria e ha evidenziato come la Questura avrebbe omesso di dare conto che per i reati di lesioni e minacce contro il sig. S J non si è proceduto, essendo stata rimessa la querela.
Alla pubblica udienza del 9 aprile 2014 la causa, su conforme richiesta dei procuratori delle parti, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso non può trovare positivo apprezzamento.
All’esito del riesame disposto da questo Tribunale, infatti, la Questura ha espresso un ampio e motivato giudizio di pericolosità sociale a carico del richiedente la regolarizzazione.
Tale giudizio appare immune da vizi di illogicità ed irrazionalità, essendo stato fondato, oltre che sulla gravità dei reati contestati (giustamente ravvisata anche in ragione della recidiva specifica), anche sulla constatazione dell’indole violenta del ricorrente, emersa nel corso del giudizio penale che lo ha visto imputato di lesioni e minacce, a prescindere dall’esito finale del giudizio stesso, determinato dalla scelta della parte lesa di ritirare la querela.
E’ pur vero che l’Amministrazione non ha particolarmente approfondito l’esame della situazione famigliare del ricorrente, essendosi limitata a dare conto del fatto che il giudizio di pericolosità di un soggetto non può essere contemperato da una particolare situazione famigliare.
Nel caso di specie, peraltro, il ricorrente non ha fornito alcun principio di prova atto a dimostrare di trovarsi in una condizione famigliare tale da giustificare la permanenza dello stesso sul territorio nazionale. A prescindere, infatti, dai principi a garanzia dell’unità famigliare evidenziati dalla Comunità europea, parte ricorrente non ha dimostrato né la necessità per la famiglia residente in Italia della permanenza del sig. S J, né l’assenza di ogni legame famigliare nella propria terra d’origine. Ne deriva la legittimità del parere negativo, pur in assenza di un’istruttoria sul profilo, che non può ritenersi onere dell’Amministrazione compiere in assenza di specifiche allegazioni del richiedente.
In assenza, dunque, di possibili vizi procedurali ed in carenza della dimostrazione di eventuali figure di eccesso di potere in cui l’Amministrazione sarebbe incorsa nell’esercizio del potere discrezionale alla stessa attribuito, attesa la puntuale motivazione del provvedimento di riesame che ne è scaturito, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del giudizio possono trovare compensazione tra le parti in causa, attesa la particolarità della materia in cui si controverte.