TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2016-04-12, n. 201604323
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N. 04323/2016 REG.PROV.COLL.
N. 12316/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 12316 del 2015, proposto da:
A L G, rappresentato e difeso dall'avv. R M, con domicilio eletto presso Studio Legale Modena - Schwarzenberg in Roma, Via Monte delle Gioie, 24;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l'ottemperanza
alla sentenza TAR Lazio Sez. I bis n. 962/15;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 3 febbraio 2016 la dott.ssa F R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Con sentenza n. 962 del 20.1.2015 la Sezione ha accolto il ricorso avverso i giudizi espressi dalla Commissione di Vertice per l’avanzamento al grado di generale di corpo d'armata per l'anno 2012.
Con il ricorso in esame l’odierno ricorrente contesta il giudizio formulato, in sede di riesame, dalla riconvocata Commissione lamentando la violazione della pronuncia a lui favorevole ed agisce pertanto in giudizio per ottenere la dichiarazione di nullità degli atti da questa adottati, la dichiarazione dell’obbligo della PA di dare piena e completa esecuzione alla sentenza in epigrafe rinnovando la valutazione in modo conforme alle statuizioni giudiziali, nominando, da subito, un Commissario ad Acta “stante l’inutilità di ordinare alla medesima Commissione di Vertice dell’Esercito che si è resa responsabile della volontaria mancata ottemperanza di cui si controverte”.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata che resiste solo formalmente.
Alla camera di consiglio del 3.2.2016 il ricorso è stato ritenuto per la decisione.
Il ricorso risulta solo in parte fondato.
Ritiene utile il Collegio a tal fine richiamare le motivazioni della sentenza n. 962 del 20.1.2015 che, già nelle sue premesse faceva richiamo alla consolidata giurisprudenza della Sezione in merito ai limiti del sindacato giurisdizionale sui giudizi espressi dalle Commissioni Superiori di Avanzamento, riconoscendone la natura di valutazione di merito, scrutinabile in sede di giudizio di legittimità solo sotto il profilo del riscontro dell’eccesso di potere nelle sue figure sintomatiche tradizionali o in quelle più evolute della violazione del canore di ragionevolezza e/o proporzionalità, tra cui, appunto, “l’eccesso di potere in senso relativo”, per difformità del metro valutativo determinante una disparità di trattamento valutativo tra i soggetti sottoposti a scrutinio.
Ed appunto, entro tali limiti, nel caso in esame, erano state evidenziate alcune discrasie nel giudizio espresso nei confronti del ricorrente che, non essendo comprensibili dal Collegio giudicante, potevano essere ricondotti ad una disparità di trattamento valutativo perpetrata a suo sfavore (il cd. “l’eccesso di potere in senso relativo”).
Orbene, tanto premesso, se si confrontano i giudizi valutativi espressi dalla Commissione di Vertice con le schede valutative elaborate in precedenza si può osservare che i giudizi espressi nei confronti del ricorrente risultano formulati in termini più elogiativi rispetto a quasi tutte le qualità oggetto di valutazione ai fini dell’avanzamento. Ed infatti, se si escludono le valutazioni delle qualità fisiche, che la Commissione non era tenuta a rivalutare, e quelle delle capacità intellettuali e culturali (che già erano state riconosciuti preminenti nel caso del ricorrente rispetto a quelle dei controinteressati), le schede prodotte mostrano un innalzamento dell’apprezzamento delle qualità morali e di carattere del ricorrente – prima ritenute meramente pregevoli - che ora sono qualificate “assolutamente straordinarie” – al pari dei colleghi V e D, in tal modo dando piena e corretta attuazione alle statuizioni della sentenza che, relativamente alle qualità in questione, avevano ritenuto incomprensibile la postergazione del ricorrente, rispetto alle risultanze della documentazione personale e nelle schede valutative esaminate dal Collegio - che erano quelle dichiaratamente limitate a quelle del periodo più recente e cioè alla documentazione caratteristica dell’ultimo quinquennio – dalle quali “non sembra possibile evincere le ragioni per cui la Commissione di Vertice abbia ritenuto semplicemente pregevoli le qualità morali del ricorrente ed assolutamente splendide quelle dei due contro interessati. Le schede di valutazione degli Alti Ufficiali in questione, infatti, riportano, con formulazioni letterali differenziate, elevato apprezzamento dei profili caratteriali e delle qualità morali degli interessati, che sono riconosciute di altissimo livello”. Appare evidente, dal chiaro tenore letterale della statuizione (“non sembra possibile evincere le ragioni”), che il vizio riscontrato era riconducibile al classico “difetto di motivazione” e che, per tale ragione, l’annullamento del giudizio comportava la rimodulazione della motivazione dello stesso, attribuendo un ampio spazio per le valutazioni della Commissione chiamata a riesercitare un “potere valutativo” in larga parte impregiudicato dai rilievi del Collegio. Questi infatti erano limitati esclusivamente a sancire l’impossibilità, per l’organo giudicante, di comprendere i motivi per cui la Commissione di Vertice avesse sancito la preminenza dei contro interessati rispetto al ricorrente alla luce del solo dato “quantitativo” dei numero e del “tipo” (cioè del valore) dei titoli posseduti dai contro interessati (Viecieli vanta 2 elogi, 7 encomi, 2 encomi solenni, di cui l’ultimo conseguito il 9.4.2009, D vanta 1 elogio, 6 encomi, 1 encomio solenne conseguito il 31.10.2011, il ricorrente vanta 3 elogi , 3 encomi, nessun encomio solenne), imponendo alla Commissione di operare una valutazione “sostanziale” di questi tenendo conto delle “motivazioni del conferimento” – come prescritto dalla normativa in materia – e non solo del loro “valore in astratto” e cioè tenendo conto anche della specifica attività svolta e dei risultati conseguiti. Si trattava pertanto di una raccomandazione che non imponeva alla Commissione di attribuire un maggior punteggio per tale categoria di titoli, bensì unicamente di attenersi al criterio di valutazione (sostanziale) richiamato, senza pregiudicare l’esito della rivalutazione. In tal senso appare risolutiva l’impostazione del passaggio della sentenza ove si precisa che è il ricorrente a rimarcare che riconoscimenti sono stati conseguiti dai contro interessati per mere attività di riorganizzazione di Ufficio, compiti dirigenziali in posizione di "staff' e ove si ribadisce che è lo stesso soggetto a qualificare gli incarichi espletati dai contro interessati come “di minore responsabilità di comando e scarsa autonomia e responsabilità decisionale)” o meramente "organizzativi". È evidente che con la ripetuta messa in evidenza del soggetto ricorrente nell’attribuzione del minor rilievo delle attività in questione il Collegio non intendeva far proprie le sue argomentazioni (né avrebbe potuto farlo, non essendo in grado di stabilire autonomamente la tipologia ed il “contenuto” delle attività afferenti agli incarichi sopraindicati), bensì, più semplicemente evidenziare quegli aspetti della valutazione che – alla luce delle deduzioni attoree - non risultavano chiaramente comprensibili, senza tuttavia in alcun modo tenere per provate le affermazioni del ricorrente solo perché non smentite dall’Amministrazione resistente (al riguardo, va ricordato che nel contenzioso sui giudizi di avanzamento a scelta dei militari non trova applicazione il principio di non contestazione: vedi, di recente TAR Lazio, Sez. I bis n. 11084/2015 del 07/09/2015). Ed in tale prospettiva anche il raffronto tra i titoli operato dalla sentenza non assume la portata conformativa che gli attribuisce il ricorrente in quanto è sempre e solo effettuato al fine di evidenziare le carenze motivazionali delle valutazioni operate dalla Commissione, come si evince dalle caute formulazioni utilizzate (“la situazione del ricorrente sembrerebbe paritaria”) - oltre che dalla esplicita ammissione di non poter stabilire neppure il valore formale di alcuni titoli (“in mancanza di tabelle di corrispondenze o indicazioni normative”) – proprio per non coartare “nella sostanza” le valutazioni (di merito) riservate alla predetta Commissione. Ciò che è ulteriormente ribadito nelle conclusioni, ove si precisa che “relativamente all’apprezzamento delle qualità morali, dalla documentazione agli atti non sembrerebbero evincersi le ragioni per cui la Commissione di Vertice abbia espresso un apprezzamento in termini superlativi dei contro interessati rispetto al ricorrente”.
Orbene, tale invito a rimotivare il giudizio è stato pienamente accolto dalla Commissione che ha proceduto a sanare il difetto motivazionale, attribuendo, nel libero ed impregiudicato esercizio del proprio potere valutativo, operando senza alcun pregiudizio o animus nocendi al ricorrente, tant’è che, pur non essendovi tenuta, ha attribuito allo stesso un punteggio più elevato per le qualità in questione. Né merita condivisione la prospettazione del ricorrente ove lamenta la violazione del giudicato relativamente alla mancata valutazione del titolo estero che, appunto, di cui la sentenza aveva già anticipato la possibile non valutabilità (“dato il valore non conosciuto dal Collegio della Medaglia francese”), ferma rimanendo l’obbligo di motivare al riguardo (cfr. TAR Lazio, Sez. I bis n. 2207 del 19.2.2016).
Le considerazioni soprasvolte in merito all’esecuzione della sentenza relativamente all’apprezzamento delle qualità morali e di carattere del ricorrente valgono anche per affrontare la questione dell’eventuale elusività della valutazione delle qualità professionali.
Negli atti valutativi impugnati le qualità professionali dimostrate in tutta la carriera dal ricorrente erano state giudicate spiccate o stimabili, mentre quelle del V e D sarebbero assolutamente straordinarie o assolutamente superlative;in sede di rivalutazione la Commissione di Vertice ha riconosciuto anche al ricorrente – pur non essendovi tenuta, dato che la sentenza si limitava a censurare il difetto di motivazione del giudizio espresso – un livello eccezionale, quindi più elevato di quello precedentemente assegnato, seppur inferiore rispetto ai contro interessati.
Ha invece mantenuto immutato l’apprezzamento dei risultati conseguiti negli incarichi, che è stimato solo di spiccato valore, come in precedenza, e quindi di livello inferiore rispetto all’assoluto o incontestato valore tributato ai due contro interessati. Anche il giudizio sulla capacità globale di assolvere gli incarichi di alta responsabilità del ricorrente è rimasto invariato rispetto a quello precedentemente espresso (semplicemente ragguardevole) e comunque inferiore rispetto a quello dei pari grado promossi (ritenuto straordinario o assolutamente eccezionale).
Anche relativamente a tali qualità la sentenza non attribuiva, sul piano sostanziale, il “bene della vita” preteso dal ricorrente – e ciò il riconoscimento in sede giudiziale della “equivalenza” delle sue doti lavorative rispetto ai contro interessati – ma si limitava, molto più semplicemente, nel rispetto dei limiti posti al sindacato del giudice amministrativo in sede di legittimità, a sanzionare il difetto di motivazione della valutazioni espresse, e su tale base ipotizzare che il giudizio di prevalenza dei contro interessati potesse essere ricondotto all’utilizzo, da parte della Commissione di Vertice, “di un metro di valutazione più restrittivo nei confronti del ricorrente ed ingiustificatamente concessivo nei confronti dei pari grado” (il cd. eccesso di potere in senso relativo).
A tali conclusioni il Collegio era pervenuto sulla base della stesse considerazioni in merito alla valutazione delle onorificenze e benemerenze sopra richiamate ed al richiamo di affermazioni dello stesso ricorrente in merito alla natura e qualità degli incarichi svolti, precisando peraltro che lo stesso era “l'unico dei tre a poter vantare un comando pieno in quanto il Comando del Genio e Ispettore dell'Arma del Genio in Roma nasce per fusione del Comando della Brigata e Comando della Scuola del Genio e quindi accorpa le funzioni di Comandante di Grande Unità nei confronti delle Unità sia operative che addestrative alle dirette dipendenze e funzioni di indirizzo, studio e coordinamento per lo sviluppo dell'Arma e funzioni ispettive e di consulenza per l'intera Arma del Genio e quindi “di fatto costituisce il Vertice dell'Arma di appartenenza del Genio” mentre i pari grado promossi “vantano impieghi limitati per di più sostanzialmente ad un solo ambito: lo SME settore logistico per il V, il quale ha svolto funzioni sostanzialmente analoghe come Capo Reparto o Capo Dipartimento Trasformazioni Terrestri presso SME Reparto Logistico in Roma e poi C.te per le TIE in Anzio, e lo SME settore "organizzazione e pianificazione" per il D, il quale è impiegato come Capo Reparto Pianificazione Generale e Finanziaria di SME in Roma e solo negli ultimi 6 mesi ha finalmente ricevuto un incarico di comando (Comandante della Regione Militare Sud in Palermo)”. Ed è sempre riferendo tali affermazioni al ricorrente che la sentenza riporta che l’interessato considera l’impiego vantato “nettamente più qualificato per diversificazione di incarichi effettuati e livello delle responsabilità ed autonomia che essi richiedono. Al riguardo rappresenta di essere stato impiegato anche presso il COI — cioè il massimo organo di coordinamento dell'impiego operativo dei militari in missioni internazionali — in qualità di Capo Reparto Operazioni da Generale di Brigata (Reparto più impegnativo che richiede l'impiego di un Ufficiale destinato ai vertici della Forza Armata, tant'è che il ricorrente è stato avvicendato dall’attuale Capo di Stato Maggiore dell'Esercito) che presso il Comando del Corpo d'Armata di Reazione Rapida e soprattutto in ambito internazionale sia in operazioni (tra cui Capo G3 della Divisione Multinazionale SE a guida francese in Bosnia da Colonnello e Sotto Capo Operativo di "iSAAF VIII" in Afghanistan da Gen. B. ove il L G ha avvicendato il G D M promosso al grado di Generale di Corpo d'Armata nel 2013), sia in incarichi di "staff' in Comandi di altissimo livello gerarchico (Capo J3 (Operazioni) presso SHAPE”.
Nel riferire le affermazioni dell’interessato, ovviamente, la sentenza non intendeva condividerne la sostanza, come precisato chiaramente nel passaggio in cui veniva ribadito espressamente “che la valutazione dell’importanza degli incarichi costituisce un’indagine di merito, sottratta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo il quale, in mancanza di indicazioni normative circa il valore da attribuire a ciascun incarico, non è in grado di verificare la correttezza delle valutazioni operate dalle Commissioni di Avanzamento, alle quali la normativa in materia attribuisce un’ampissima discrezionalità valutativa anche e soprattutto per quanto riguarda la valutazione del curriculum lavorativo”. Successivamente, la sentenza in parola ribadiva ulteriormente che “Non spetta certo al Collegio, in questa sede di giurisdizione di legittimità, stabilire la rilevanza degli incarichi svolti o la maggiore o minore attitudine al comando o all’assunzione delle funzioni del grado superiore degli Alti Ufficiali in questione – che involge apprezzamenti di valore rimessi all'esclusiva competenza della Commissione di Vertice dell’Esercito - però, nella prospettiva indicata dal giudice d’appello, va rilevata l’esistenza di diversi elementi di valutazione non sufficientemente valorizzati”.
Pertanto la sentenza in questione non sanciva in alcun modo la scorrettezza sostanziale delle valutazioni operate dalla Commissione di Vertice, ma si limitava a censurare l’operato della Commissione esclusivamente sotto il profilo della violazione del procedimento di valutazione perché risultava disatteso il criterio indicato dalla normativa in materia della valorizzazione delle esperienze internazionali, evidenziando che queste “sono considerate un elemento di particolare rilievo nella valutazione degli Ufficiali ai sensi dell’art. 705 del DPR 90/2010 ed anche alla luce dalle direttive dello Stato Maggiore Difesa che riconoscono espressamente il ruolo di particolare importanza in vista della evoluzione in senso interforze e multinazionale e del crescente l’impiego negli scenari operativi all’estero dalla Direttiva SDM Form 001/2004 (vedi, da ultimo, TAR Lazio, Sez. I bis n. 2028 del 19 feb 2014)”. Pertanto, richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, la sentenza ha sanzionato la mancata valorizzazione dell’impiego del ricorrente nei teatri operativi e le decorazioni in tal modo ottenute - ipotizzando pertanto che la preferenza tributata ai colleghi, che avevano svolto incarichi definiti di natura meramente burocratica dal ricorrente o comunque limitati al livello di Stato Maggiore, potesse essere frutto di disparità di trattamento valutativo – in particolare del riconoscimento conseguito dal ricorrente presso le autorità estere con il conferimento di incarico di Direttore Aggiunto (in seguito Direttore) delle operazioni presso lo Stato Maggiore Internazionale.
Nell’ambito del sindacato di legittimità consentito in questa sede – i cui limiti sono sempre ribaditi nella sentenza in parola – la necessità di una valorizzazione di tali elementi comporta l’attenta considerazione degli stessi, al fine di stabilirne il “valore” in quanto indicativi di capacità professionale, ma non implica l’affermazione della “spettanza” di una migliore valutazione di tali impieghi, come avvertito dalla stessa sentenza ove statuisce che “Dato il particolare credito di cui il ricorrente gode presso le autorità straniere (…) non si comprende come mai, a livello nazionale, la Commissione di Vertice abbia ritenuto il ricorrente anche con riferimento alla "capacità globale nell'assolvimento di incarichi di alta responsabilità" meno valido (….) rispetto ai colleghi (….). Tanto più ove si consideri, come già sopra evidenziato, che il ricorrente vanta, in aggiunta rispetto ai titoli vantati dai colleghi, due Croci d'Argento al Merito dell'Esercito, oltre che la Medaglia di bronzo della Difesa Nazionale della Repubblica Francese e Croci commemorative per l'impiego in ambito "internazionale", che per espressa previsione normativa, hanno particolare valenza indicativa di capacità professionale”.
Si tratta, pertanto, di un vizio riconducibile al difetto di motivazione - che obbligava la Commissione di Vertice a chiarire le ragioni per cui avesse ritenuto il ricorrente meno valido professionalmente dei contro interessati – che è stato sanato, in sede di riedizione dell’attività valutativa, dalla Commissione rappresentando che il motivo per cui era stato tributato al ricorrente un giudizio meno lusinghiero non consisteva nella sottovalutazione della tipologia o varietà degli incarichi espletati, quanto, piuttosto, sui risultati meno favorevoli conseguiti nelle schede di valutazione n. 92 e 95 che, seppure riportano la massima qualifica, sono accompagnati da “espressioni elogiative finali, volte a differenziare e qualificare il giudizio di eccellente secondo un uso generalmente praticato, non di livello apicale (vivo compiacimento e vivissimo apprezzamento in luogo di vivissimo ed incondizionato compiacimento normalmente utilizzato quale parametro di eccellenza ai massimi livelli)”.
Quanto rappresentato nel passaggio della motivazione del giudizio di avanzamento sopra riportato può in astratto costituire adeguata rappresentazione delle ragioni che hanno indotto a non ritenere il livello delle prestazioni rese in servizio dal ricorrente, dato che, come costantemente ribadito anche da questa Sezione, il diverso valore degli incarichi svolti dai valutandi – in questo caso il maggior valore degli impieghi all’estero del ricorrente rispetto all’asserito impiego in attività burocratiche o comunque all’interno della sola Forza Armata di appartenenza degli interessati - non è decisivo al fine di dimostrare la disparità di trattamento valutativo per quanto riguarda le capacità professionali, dato che la valutazione delle capacità professionali deve essere effettuata dalla Commissione Superiore di Avanzamento secondo i criteri dettati dall'art. 705 del d.P.R. n. 90 del 2010 che, oltre a stabilire espressamente il “peso” relativo degli elementi (vanno considerati in particolare: benemerenze di guerra e di pace;incarichi di comando o attribuzioni specifiche o servizi prestati presso i reparti o in imbarco;incarichi di particolare responsabilità;incarico attuale;specifiche attitudini e versatilità dimostrate in relazione al ruolo di appartenenza ed alle differenti situazioni d’impiego;encomi, elogi o punizioni, con particolare riguardo alle relative motivazioni), di cui la Commissione deve tener conto per giudicare le capacità professionali degli Ufficiali, si spinge a prescrivere le modalità di valutazione degli stessi, precisando, per quanto concerne la valenza da attribuire agli incarichi espletati, che la rilevanza degli stessi deve essere assunta come “indicatore” di capacità ed attitudini professionali, ma non consente di presumerne il possesso in capo all’incaricato, in quanto queste devono in ogni caso essere “sempre accertate in concreto” come prescritto dall’art. 10 del d.m. n. 571 del 1993 - come modificato dall’art. 3 del DM 299/2002 - oggi trasfuso nell’art. 706 del d.P.R. n. 90 del 2010).
Ed appunto, nel concreto, la sentenza in esame riteneva che non costituisce adeguato supporto motivazionale del giudizio sulle capacità professionali del ricorrente il mero richiamo ad alcuni rilievi contenuti nelle schede valutative in questione, osservando che anche nella documentazione caratteristica dei contro interessati emergono alcuni rilievi riportati persino nel Comando di Brigata;in particolare la sentenza faceva espresso riferimento al rapporto informativo n. 67 in cui si attribuisce al D una “reattività inadeguata e poco incisiva soprattutto nell’attività di controllo e le difficoltà nel feed-back con il personale”.
Ne consegue che non è sufficiente a sanare i vizi riscontrati nella sentenza in parola il mero richiamo, da parte della Commissione di Vertice, delle criticità evidenziate nella scheda valutativa n. 92 – in cui il compilatore annota che il ricorrente “in alcune occasioni ha tuttavia evidenziato incertezze che hanno richiesto azione di controllo e guida” – in quanto, pur dovendosi convenire sul fatto che “annotazioni di questo tipo, conseguite nel grado oggetto di giudizio, incidano in modo determinante sul giudizio relativo alla misurazione delle capacità relative alle funzioni di alto comando o di alta direzione da esercitare nel nuovo grado” – come chiarito nelle schede motivazionali ricompilate in esecuzione della sentenza – ciò non vale comunque a superare il dubbio che i rilievi critici nei confronti del ricorrente siano stati valutati con maggior rigore mentre analoghi rilievi formulati nei confronti del D (riportati nel rapporto informativo n. 67) non siano stati giudicati con altrettanta severità – e quindi non gli abbiano impedito di conseguire la promozione – e quindi non siano sufficienti ad escludere che, nel caso in esame, sia stata perpetrata ai danni del ricorrente la lamentata disparità di trattamento valutativo (censurata come “eccesso di potere in senso relativo”).
A questo punto appare evidente che la sentenza in questione è stata eseguita solo “parzialmente” dall’Amministrazione: a parte la genuina rivalutazione delle qualità morali del ricorrente – di cui si è già dato atto - la sentenza è rimasta sostanzialmente inottemperata nella parte relativa alla valutazione delle restanti qualità professionali. Evidentemente da parte dell’Amministrazione non sono state ben comprese l’effettiva ragione e la portata dell’annullamento del giudizio di avanzamento che, incentrandosi sull’eccesso di potere in senso relativo, investe non solo le valutazioni relative al ricorrente, ma anche quelle espresse nei confronti dei contro interessati: i profili di illegittimità riscontrati, infatti, attenevano all’incomprensibilità delle ragioni che avevano indotto la Commissione a postergare il ricorrente nelle valutazioni delle qualità professionali, che, in sede di rivalutazione sono state meglio apprezzate come eccezionali, ma ancora una volta inferiori a quelle dei contro interessati, senza però far comprendere le ragioni del diverso apprezzamento, e mantenendo immutate le valutazioni dei risultati raggiunti e della capacità di assolvimento degli incaricati, ugualmente senza dar conto dell’iter logico-giuridico seguito.
Ne consegue che la Commissione deve rivalutare, relativamente alle qualità professionali ed all’attitudine ad assumere gli incarichi del grado superiore, tutti e tre gli scrutinandi, evidenziando con chiarezza le ragioni delle scelte valutative operate;ciò peraltro si rende necessario per assicurare che tutti e tre siano valutati con il medesimo “metro di giudizio” dato che la rivalutazione è stata effettuata da una Commissione in composizione diversa rispetto a quella che ha operato le valutazioni annullate con la sentenza in esame. Per le medesime ragioni va respinta la richiesta di sostituire, immantinente, la Commissione predetta con un Commissario ad Acta nominato dal Tribunale.
Il ricorso risulta perciò in parte fondato e va pertanto accolto nei limiti sopra indicati. Va conseguentemente ordinato all’Amministrazione di completare l’esecuzione della sentenza in parola procedendo alla rivalutazione delle qualità professionali e dell’attitudine ad assumere gli incarichi del grado superiore del ricorrente e dei Generali V e D ad opera della medesima Commissione che ha proceduto alla rivalutazione del ricorrente.
Sussistono giusti motivi, vista la soccombenza parziale, per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.