TAR Roma, sez. I, sentenza 2009-06-16, n. 200905670

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2009-06-16, n. 200905670
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 200905670
Data del deposito : 16 giugno 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 16794/1997 REG.RIC.

N. 05670/2009 REG.SEN.

N. 16794/1997 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso n. 16794 del 1997, proposto da G R, rappresentato e difeso dall'avv. G P, presso il cui studio è elettivamente domiciliato, in Roma, via Soana n. 22

contro

la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri p.t.;
il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t.;
la Commissione Paritetica per l’inquadramento nelle qualifiche funzionali ex art. 10 della legge 312/1980, in persona del Presidente p.t.;
rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono elettivamente domiciliati, in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12

per l'annullamento

- dei provvedimenti del Direttore Generale del Ministero di Grazia e Giustizia del 29 maggio 1991-Reg., 14 ottobre 1992 r. 61, f. 343 e del 9 marzo 1993 - V° Rag. 29 aprile 1993, pubblicati sul Bollettino Ufficiale del Ministero di Grazia e Giustizia del 31 agosto 1997, n. 16, con i quali veniva stabilito il trattamento economico spettante al ricorrente, a decorrere dal 1° gennaio 1978, a seguito dell’inquadramento ex lege 312/1980;

- del decreto del Ministro di Grazia e Giustizia del 22 dicembre 1988, con il quale veniva disposto l’inquadramento del ricorrente nella V qualifica funzionale ex lege 312/1980;

- nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguenziale, fra i quali, in parte qua, il D.P.R. 29 dicembre 1984 n. 1219, la delibera della Commissione Paritetica del 28 settembre 1988, la circolare del Ministro per la Funzione Pubblica del 14 ottobre 1988 n. 23900.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero di Grazia e Giustizia;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 giugno 2009 il dott. R P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Assume parte ricorrente che gli atti gravati siano illegittimi sotto i profili di seguito indicati:

1) VIOLAZIONE DI LEGGE PER MANCATA E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 3,

COMMA

2 E 4,

COMMA

8,

DELLA LEGGE

11

LUGLIO

1980 N. 312 E DELL’ART. 3

DELLA LEGGE

12

LUGLIO

1975 N. 311. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO ED ERRONEA VALUTAZIONE DEI PRESUPPOSTI, ILLOGICITÀ, DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE, INGIUSTIZIA GRAVE E MANIFESTA. DISPARITÀ DI TRATTAMENTO.

Nominato nei ruoli del Ministero di Grazia e Giustizia (ora: della Giustizia) in data 12 maggio 1977 con la qualifica di coadiutore dattilografo giudiziario, espone il ricorrente di essere stato successivamente inquadrato (decorrenza 1° gennaio 1978) nella V qualifica funzionale, ai sensi della legge 312/1980.

Tale inquadramento non avrebbe tenuto, peraltro, conto dell’ambito mansionistico disimpegnato dal ricorrente.

Viene al riguardo sottolineato come il comma 8 dell’art. 4 della stessa legge 312/1980 preveda che l’inquadramento definitivo delle qualifiche funzionali di nuova istituzione debba tenere conto delle mansioni proprie delle carriere di appartenenza, con riveniente esigenza di individuare le relative corrispondenze con le mansioni proprie dei profili professionali di inquadramento.

In particolare, al personale della carriera esecutiva delle segreterie e cancellerie giudiziarie con almeno undici anni di servizio, in ragione delle mansioni ai medesimi rimesse, avrebbe dovuto essere attribuito il profilo professionale di Assistente giudiziario della VI qualifica funzionale.

2) ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DEGLI ARTT. 4,

COMMA

8 E 10

DELLA LEGGE

11

LUGLIO

1980 N. 312 IN RELAZIONE AGLI ARTT. 3 E 97 DELLA COSTITUZIONE.

Nel caso in cui l’interpretazione fornita dalla resistente Amministrazione alle epigrafate disposizioni dovesse ritenersi legittima, viene eccepita l’illegittimità costituzionale delle norme stesse per violazione dei parametri costituzionale di eguaglianza e di buon andamento dell’Amministrazione.

Conclude parte ricorrente insistendo per l'accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

L'Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito l'infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell'impugnativa.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza del 10 giugno 2009.

DIRITTO

Il ricorso è fondato.

1. Come osservato in narrativa, il ricorrente – già inquadrato nella qualifica di coadiutore dattilografo giudiziario – contesta l’inquadramento, operato dall’Amministrazione della Giustizia, nel profilo professionale di operatore amministrativo, pertinente alla V qualifica funzionale;
e rivendica la spettanza del profilo professionale di assistente giudiziario della superiore VI qualifica funzionale.

Quanto all’ambito mansionistico dei coadiutori giudiziari, è opportuno rammentare che l’art. 26 della legge 11 agosto 1973 n. 533 (recante disciplina delle controversie individuali di lavoro), aveva stabilito (ultimo comma) che ai coadiutori giudiziari, oltre a quelli di ordine, possono essere affidati compiti di assistenza del giudice in udienza.

Si trattava, quindi, di un affidamento bensì autorizzato dalla legge, ma eventuale: in base, cioè, ad una valutazione discrezionale del capo dell'ufficio.

Successivamente, l'art. 3 della legge 12 luglio 1975 n. 311, recante specificazione delle attribuzioni delle carriere direttiva, di concetto ed esecutiva delle cancellerie e segreterie giudiziarie, ha disposto che “il personale della carriera esecutiva disimpegna il servizio di archivio, di protocollo, di registrazione degli atti civili, penali e di volontaria giurisdizione, attende ai servizi di meccanografia, di stenografia, di copia anche con l'utilizzazione di mezzi meccanici e svolge mansioni di collaborazione in compiti di natura contabile, tecnica ed amministrativa non attribuiti alla carriera superiore.

Il personale di cui al precedente comma con undici anni di effettivo servizio nel ruolo di appartenenza assiste il magistrato nelle istruttorie e nelle udienze civili e penali, redige e sottoscrive i relativi verbali.

Il personale che non ha maturato l'anzianità di cui al precedente comma è adibito ai servizi di dattilografia e di meccanografia e, in caso di mancanza o assenza di personale avente almeno undici anni di effettivo servizio, può essere adibito all'esplicazione delle altre mansioni della carriera esecutiva, esclusa l'assistenza al magistrato”.

Il sistema precedente veniva, in tal modo, incisivamente innovato, in quanto il previdente carattere meramente discrezionale dell’affidamento di mansioni di assistenza al magistrato in udienza era soppresso.

Il personale veniva, quindi, differenziato in due fasce:

- i coadiutori giudiziari con almeno 11 anni di effettivo servizio nel ruolo di appartenenza: i quali, oltre a disimpegnare i tradizionali compiti del personale della carriera esecutiva, assistevano il magistrato nelle istruttorie e nelle udienze civili e penali e redigevano e sottoscrivevano i relativi verbali;

- i coadiutori giudiziari con anzianità inferiore, i quali non potevano prestare assistenza al magistrato nemmeno in caso di mancanza o assenza del personale più anziano.

Deve conseguentemente escludersi che – relativamente alla prima delle individuate categorie di personale con qualifica di coadiutore – le mansioni come sopra attribuite per effetto dell’entrata in vigore delle disposizioni ex lege 311/1975 avessero carattere di mera “eventualità”: a tale ordine di considerazioni accedendo la conseguenza che, ai fini dell’inquadramento secondo le disposizioni di cui alla legge 312/1980, non rileva l’ambito mansionistico (di fatto) eventualmente disimpegnato dal pubblico dipendente (giusta quanto stabilito dall’art. 4, comma 10), quanto, piuttosto, le mansioni alla categoria di personale de qua spettanti di diritto.

2. Quanto sopra preliminarmente posto, va rammentato che:

- se il profilo professionale n. 4 di operatore amministrativo, proprio della V qualifica funzionale, è comune alla generalità dei Ministeri (e non reca, quindi, alcun riferimento alle specifiche attribuzioni dell'Amministrazione giudiziaria)

- il profilo professionale n. 176 di assistente giudiziario, della VI qualifica funzionale, invece, è specifico dell'Amministrazione giudiziaria.

Il personale ad esso ascritto:

- assiste il magistrato nelle istruttorie, nelle udienze civili e penali ed in tutti gli altri casi in cui l'assistenza è prevista;
redige e sottoscrive i relativi verbali;

- riceve gli atti processuali e compie le attività preparatorie e successive;

- espleta le funzioni di cassiere e consegnatario;

- collabora all'attività di ufficio e attende a compiti di segreteria;

- svolge le funzioni di indirizzo e di coordinamento delle professionalità di livello inferiore;

- svolge le funzioni di segretario in commissioni e partecipa a comitati e commissioni;

- utilizza anche apparecchiature e sistemi di uso complesso.

La declaratoria del profilo enuclea per l'appunto – quali attività specializzanti – oltre alle attività connesse, come la ricezione di atti processuali e le attività prettamente amministrative, l'assistenza al magistrato nelle istruttorie e nelle udienze, che è compreso tra i compiti istituzionali del personale in questione.

Ora, nella ricerca di assimilazione che la sussunzione di una determinata categoria di personale nel profilo professionale appropriato implica (comma 8 dell'art. 4 della legge 312/1980), sembra evidente che, per evitare una sostanziale disapplicazione della legge, debba valere il principio di specialità;
e che, quindi, nel possibile concorso tra due profili, l'inquadramento debba avvenire con riferimento al profilo professionale più specifico anziché in quello più generico (nella specie, in quello di assistente giudiziario).

Né a tale conclusione osta – come sostenuto da Cons. Stato, sez. IV, 28 novembre 1994 n. 960 e 23 ottobre 1995 n. 826 – il possibile rischio di accorpare in un unico profilo professionale di qualifica funzionale superiore situazioni solo in parte ed occasionalmente omogenee: e ciò in quanto il personale della ex carriera di concetto risulta essere stato inquadrato nel (diverso) profilo professionale n. 175 di collaboratore di cancelleria, proprio della VII qualifica funzionale, la cui attribuzione specializzante è quella di dirigere un reparto, sezione o servizio degli uffici di cancelleria.

3. Le esposte considerazioni consentono di ravvisare la fondatezza delle censure dal ricorrente dedotte avverso la determinazione con la quale il medesimo – già coadiutore giudiziario con almeno 11 anni di effettiva anzianità di servizio nel ruolo di appartenenza – nel profilo professionale n. 4 di operatore amministrativo della V qualifica funzionale, anziché nel profilo professionale n. 176 di assistente giudiziario della VI qualifica funzionale.

Né l’accoglimento del gravame incontra elementi ostativi relativamente alla tempestività della sollecitazione, ad opera dell’odierno ricorrente, della tutela giurisdizionale.

Con decisione interlocutoria n. 1962 del 24 febbraio 2009 la Sezione, avuto riguardo alla data di emanazione dell’atto di inquadramento (22 dicembre 1988) ed a quella di notificazione dell’impugnativa (9 dicembre 1997), ha invitato l’intimata Amministrazione della Giustizia a fornire ragguagli in ordine alla comunicazione, nei confronti del sig. Genovese, del suddetto decreto di inquadramento.

In adempimento dell’incombente di cui sopra, il Dipartimento dell’Organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi del Ministero della Giustizia ha trasmesso la nota del Direttore dell’Ufficio III – Concorsi ed assunzioni, in data 17 marzo 2009, nella quale viene evidenziato che il provvedimento di inquadramento 22 dicembre 1988 è stato pubblicato sul Bollettino Ufficiale del Ministero n. 1 del 15 gennaio 1990.

Nell’osservare come lo stesso Dipartimento ministeriale abbia invitato il dirigente del Tribunale di Roma a verificare “quando e se il provvedimento 22 dicembre 1988 … sia stato portato a conoscenza … di G R”, si rileva che l’ufficio giudiziario da ultimo indicato (nota del 10 giugno 2009, depositata in giudizio in pari data) ha trasmesso la nota del precedente 8 giugno, a cura del Dirigente dell’Ufficio Cancelleria della Corte d’Appello, nella quale viene evidenziato che “non risulta agli atti la data dell’effettiva presa visione dell’interessato”.

In difetto, quindi, di prova certa in ordine all’acquisita cognizione, in capo all’odierno ricorrente, del provvedimento di inquadramento con il presente gravame avversato, non può esimersi il Collegio dal richiamare il risalente e costante insegnamento giurisprudenziale per cui, proprio nella materia del pubblico impiego, il principio della presunzione di conoscenza degli atti pubblicati nel Bollettino Ufficiale opera soltanto se – e in quanto – risulti chiaramente accertato che il Bollettino stesso sia giunto nella sede di servizio dell'impiegato, con la conseguenza che la data di notifica per il personale dipendente sarà quella in cui la pubblicazione è effettivamente giunta nella sede di servizio dell'interessato (Cons. Stato, sez. VI, 28 novembre 1992 n. 398;
T.A.R. Sardegna, 8 luglio 1999 n. 890).

Accede al suesposto principio che, in difetto di dimostrazione certa da parte dell’Amministrazione in ordine all’acquisita cognizione, in capo al sig. Genovese, del provvedimento de quo in epoca anteriore ai sessanta giorni antecedenti la notificazione del gravame, l’accoglimento di quest’ultimo non trova giuridiche preclusioni rivenienti dalle disposizioni dettate in tema di termini decadenziali per la sollecitazione del sindacato giurisdizionale.

4. Ribadita, dunque, l’accoglibilità del presente gravame, va conseguentemente disposto – con riserva, in capo alla competente Amministrazione, delle ulteriori determinazioni – l’annullamento degli atti con esso impugnati.

Sussistono giusti motivi per compensare fra le parti le spese di lite.

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