TAR Venezia, sez. III, sentenza 2014-01-16, n. 201400037

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. III, sentenza 2014-01-16, n. 201400037
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 201400037
Data del deposito : 16 gennaio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01757/2012 REG.RIC.

N. 00037/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01757/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1757 del 2012, proposto da:
Azienda Territoriale Edilizia Residenziale della provincia di Padova, rappresentata e difesa dall'avv. A C, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R. ai sensi 25 cod. proc. amm.;

contro

Comune di Este, non costituitosi in giudizio;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Venezia, San Marco, 63;

per l'annullamento

della deliberazione del Consiglio Comunale di Este n. 54/2012 assunta nella seduta del 30/10/2012 avente ad oggetto: "Imposta Municipale propria. Art. 13 c. 12 bis ultimo periodo, del D.L. 6/12/2011, n.201, conv. in L. n. 214/11. Integrazione delle aliquote approvate con deliberazione C.C. n. 19 dell'8/6/2012", nella parte in cui stabilisce "nella misura dello 0,76" l'aliquota applicabile alle unità immobiliari regolarmente assegnate dagli I.A.C.P. destinate ad abitazione principale nonché di unità immobiliari appartenenti ai Soci di Cooperative Edilizie a proprietà indivisa destinate ad abitazione principale", in quanto "l'imposta versata andrà totalmente al Comune in quanto è venuta meno la riserva della quota statale dell'imposta", comunicata dal Comune di Este all'A.T.E.R. della Provincia di Padova con nota prot. n. 25240/25751/2012 in data 15/11/2012 a firma del Dirigente dell'Area II^ Finanziaria.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2013 il dott. S M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe l’Azienda territoriale per l’edilizia residenziale della provincia di Padova impugna la deliberazione consiliare del Comune di Este n. 54 del 30 ottobre 2012, con la quale è stata determinata la misura delle aliquote per l’anno 2012 dell’imposta municipale propria (IMU), nella parte in cui ha fissato nello 0,76% l’aliquota applicabile agli alloggi assegnati dall’Ater.

Come è noto l’art. 13 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha previsto che sia riservato allo Stato metà dell’importo calcolato applicando l’aliquota base alla base imponibile degli immobili, mentre, a seguito della modifica apportata dall’art. 4, comma 5, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito in legge 26 aprile 2012, n. 44, è stato previsto che per gli alloggi degli Iacp o degli altri enti pubblici destinati all’edilizia residenziale pubblica non si applichi la predetta riserva allo Stato della quota di imposta.

Il Comune nell’interpretare la disposizione da ultimo citata, ha ritenuto che la mancata applicazione della riserva in favore dello Stato implichi la destinazione al Comune di tutto il gettito del tributo, anche della parte ordinariamente devoluta allo Stato.

L’Ater impugna la sopra menzionata deliberazione consiliare lamentando la violazione ed erronea applicazione dell’art. 13 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, come modificato dall’art. 4, comma 5, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito in legge 26 aprile 2012, n. 44, il difetto di presupposto impositivo e la disparità di trattamento, nonché, in via subordinata, l’ulteriore violazione delle medesime norme in quanto deve ritenersi in ogni caso inammissibile l’applicazione dell’aliquota dello 0,76%.

In particolare l’Ater parte dal diverso presupposto interpretativo secondo il quale la rinuncia della quota riservata ordinariamente allo Stato non ha il significato di attribuire tutto il gettito al Comune secondo le aliquote ordinarie, ma deve essere interpretata come riduzione dallo 0,76% allo 0,38% dell’aliquota massima applicabile nei suoi confronti in quanto l’art. 4, comma 5, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito in legge 26 aprile 2012, n. 44, ha introdotto una disposizione di favore a beneficio degli istituti delle case popolari e degli altri enti gestori degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, in ragione delle finalità istituzionali di carattere sociale perseguite, e sarebbe quindi incongrua una diversa opzione interpretativa che avrebbe l’effetto di far introitare al Comune dagli istituti delle case popolari e dagli altri enti gestori degli alloggi di edilizia residenziale pubblica aliquote maggiori di quelle previste per gli immobili locati a titolo di abitazione principale (per i quali vi è un’aliquota complessiva del 7,6 per mille, di cui solo il 3,8 per mille spetta al Comune).

Il Comune di Este non si è costituito in giudizio.

Si è invece costituito in giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze difendendo l’orientamento espresso dal Comune con l’atto impugnato.

Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2013, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Il Collegio sul punto ritiene sufficiente richiamarsi alle condivisibili argomentazioni utilizzate nelle pronunce che già hanno respinto analoghe censure.

In particolare, come è stato osservato, va in primo luogo sottolineato che non è ravvisabile alcuna incostituzionalità della norma interpretata nel senso prospettato dal Comune, né alcuna incongrua disparità di trattamento rispetto agli immobili locati da altri soggetti, atteso che (cfr. Corte Costituzionale ord. 4 luglio 2011 n. 214;
id. 19 maggio 2011, n. 172;
id. 12 aprile 1996 n. 113;
id. 7 ottobre 1993 n. 370) la posizione degli enti gestori del patrimonio residenziale pubblico, in quanto persone giuridiche soggetti passivi dell’imposta patrimoniale, è del tutto eterogenea rispetto a quella non solo degli assegnatari degli alloggi, ma anche delle persone fisiche soggetti passivi del tributo titolari di diritti reali su unità immobiliari da loro direttamente adibite al soddisfacimento del bisogno primario abitativo proprio e della propria famiglia, con la conseguenza che una disciplina differenziata di tali ipotesi non è irragionevole e rientra nella discrezionalità del legislatore (cfr. Tar Lombardia, Brescia, Sez. I, 7 novembre 2013, n. 945;
Tar Liguria, Sez. II, 22 maggio 2013, n. 992).

Peraltro va anche evidenziato che, ai fini della valutazione della logicità del diverso trattamento riservato agli immobili locati rispetto a quelli assegnati dall’Ater, non va preso in esame l’effettivo introito che deriva alle casse comunali, ma la misura dell’aliquota applicata per gli immobili in questione che nel caso all’esame (7,6 per mille) è uguale rispetto a quella prevista per gli immobili locati.

In secondo luogo, come condivisibilmente affermato dalla sentenza Tar Abruzzo, Pescara, 13 agosto 2013, n. 434, va rilevato che, in base ad argomenti interpretativi che partono dal dato letterale della norma e dal suo inquadramento sistematico, poiché il legislatore si è limitato a prevedere la non applicazione della quota di imposta riservata a proprio favore senza disporre che essa non sia dovuta (come invece il legislatore ha fatto in altri casi: cfr. l’art. 13, cit., che al comma 11 ha disposto che non è dovuta la quota di imposta dovuta allo Stato per gli immobili dei Comuni nei propri territori, ovvero laddove ha espressamente ridotto l’aliquota base, come nel caso dell’abitazione principale e per i fabbricati rurali ad uso strumentale in agricoltura), secondo il principio ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit, risulta corretta l’interpretazione del Comune, con la conseguenza che tale previsione risulta introdotta dal legislatore al solo fine di favorire in via indiretta la fissazione da parte dei Comuni di un’aliquota meno onerosa nei confronti degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, tenendo tuttavia conto delle esigenze di bilancio dei Comuni, senza quindi ridurre in modo inderogabile allo 0,38% l’aliquota massima applicabile nei loro confronti, e destinando ai Comuni tutto il gettito del tributo, anche nella parte ordinariamente devoluta allo Stato.

Risultano pertanto condivisibili le conclusioni enunciate dal M.E.F. che ha avuto modo di chiarire con la nota 15 giugno 2012, n. 12507, rispondendo a specifico quesito formulato al riguardo che “dalla lettura sistematica delle norme in questione emerge che il legislatore, attraverso la previsione della rinuncia da parte dello Stato alla propria quota IMU, ha inteso destinare al Comune tutto il gettito del tributo, non più decurtato della quota statale, e non ridurre dallo 0,76 per mille allo 0,38 l’aliquota base applicabile agli immobili in questione”.

In tale contesto appare pertanto privo di rilievo l’ordine del giorno n. G/3570/4/1e5 invocato dalla parte ricorrente, con il quale il Senato ha invitato il Governo ad interpretare “con appositi atti di natura secondaria la normativa in questione nel senso che la rinuncia era stata effettuata a favore degli enti di edilizia residenziale pubblica”, in quanto tale richiesta non ha avuto alcun seguito e non sono stati mai assunti i richiesti atti di natura secondaria.

Per completezza va anche osservato che la riserva d’imposta a favore dello Stato il cui significato è oggetto di contestazione nella presente controversia aveva carattere provvisorio ed oggi ha perso rilievo in ragione delle modifiche normative sopravvenute (con l’art. 1, comma 380, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 è stata infatti soppressa la quota d’imposta riservata allo Stato e con l’art. 1 del decreto legge 21 maggio 2013, n. 54, convertito in legge 18 luglio 2013, n. 85, è stato sospeso il pagamento della prima rata dell’imposta in questione relativamente alla abitazione principale ed agli alloggi regolarmente assegnati degli IACP e degli enti di edilizia residenziale pubblica comunque denominati).

In definitiva il ricorso deve essere respinto.

Tenuto conto della novità delle questioni oggetto della controversia e che la medesima è insorta tra enti pubblici, le spese di giudizio possono essere compensate.

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