TAR Napoli, sez. III, sentenza 2013-05-14, n. 201302505
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N. 02505/2013 REG.PROV.COLL.
N. 06866/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6866 del 2008, proposto da:
D V, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso introduttivo, dall’Avvocato G S, con il quale elettivamente domicilia in Napoli, presso lo studio dell’Avvocato A I, alla via S. Aspreno n. 13;
contro
Comune di San Giorgio a Cremano, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso, giusta procura a margine dell’atto di costituzione, dagli Avvocati A C e L C, con i quali domicilia in Napoli, presso la segreteria del T.A.R. Campania;
per l'annullamento
a) dell’ordinanza n. 23 del 19 settembre 2008 con la quale il dirigente del Settore Infrastrutture e Pianificazione Territoriale del Comune di San Giorgio a Cremano ha ingiunto al ricorrente di demolire le opere abusive realizzate alla via Tufarelli n. 99;
b) della nota del 1° settembre 2008 (prot. 1019/SIPT) con la quale il dirigente del Settore Infrastrutture e Pianificazione Territoriale del Comune di San Giorgio a Cremano ha comunicato l’avvio del procedimento diretto all’archiviazione per improcedibilità delle richieste di condono edilizio;
e per il risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’inerzia dell’amministrazione comunale nell’esitare le domande di condono edilizio.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di San Giorgio a Cremano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2013 il dott. P P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe, notificato il 20 novembre 2008 e depositato il successivo 16 dicembre, il ricorrente ha impugnato l’ordinanza con la quale il Comune di San Giorgio a Cremano gli ha ingiunto di demolire le opere realizzate in assenza del permesso di costruire alla via Tufarelli n. 99, in aderenza al fabbricato oggetto della richiesta di condono edilizio (n. 1273 del 24 marzo 1986) non ancora definita. Le opere sono così descritte: “1) manufatto, aventi dimensioni pari a m. 1.35 x 4.02 ed altezza media pari a m. 2.85, costituito da pareti in muratura e copertura in lamiera grecata, con accesso dal piano terra del suddetto fabbricato oggetto di richiesta di condono edilizio. La superficie realizzata ed accorpata al fabbricato ad oggi, non ancora legittimato, è pari a mq. 5.43 ed il volume a mc. 15.47;2) manufatto, aventi dimensioni pari a m. 1.60 x 3.40 ed altezza media pari a m. 2.67, costituito da pareti in muratura e copertura in lamiera grecata, con accesso dal piano terra del suddetto fabbricato oggetto di richiesta di condono edilizio. La superficie realizzata ed accorpata al fabbricato ad oggi, non ancora legittimato, è pari a mq. 5.44 ed il volume a mc. 14.52;3) manufatto, aventi dimensioni pari a m. 4.10 x 2.60 ed altezza media pari a m. 2.35, costituito da pareti in muratura e copertura in lamiera grecata, con accesso dall’area esterna. La superficie realizzata è pari a mq. 10.66 ed il volume a mc. 25.05;4) struttura metallica, posta su ruote e coperta con telo plastificato del tipo pesante, di dimensioni m. 6.00 x 6.10, alta ai lati m. 4.40 circa ed al centro m. 6.00 circa. La superficie d’ingombro è pari a mq. 36.60 ed il volume realizzato a mc. 185.56;5) pavimentazione con massetto in cls. dell’area esterna per circa ma 337,12”.
Il ricorrente ha, altresì, impugnato la nota con la quale il Comune di San Giorgio a Cremano gli ha comunicato, in ragione dell’ampliamento abusivo del predetto fabbricato, l’avvio del procedimento di archiviazione per improcedibilità della suindicata domanda di condono, nonché, di quella successivamente presentata ai sensi della legge n. 724/1994.
A sostegno del gravame deduce i seguenti motivi:
1) violazione dell’art. 97della Costituzione, degli artt. 3, 7, 8 e 21 septies della legge n. 241/1990, eccesso di potere per difetto di motivazione e nullità del provvedimento in quanto è stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento;
2) eccesso di potere per difetto di presupposti, per travisamento dei fatti, per difetto di istruttoria, per motivazione insufficiente e perplessa in quanto le opere edilizio indicate sub 1), 2) e 3) sono state condonate ai sensi della legge n. 47/1985, quelle sub 5) sono state sanate ai sensi della legge n. 724/1994, mentre quelle sub 4) non concretano una struttura permanente tale da richiedere il permesso di costruire;
3) violazione del D.P.R. n. 380/2001 (art. 3, comma 1, lettera b) ed e6), art. 31 commi 1, 2 e 9 bis, art. 32, commi 1 e 2, art. 33, comma 2;art. 22, comma 3), eccesso di potere per difetto dei presupposti, per travisamento dei fatti, per difetto di istruttoria, per motivazione insufficiente in quanto, in ogni caso, si tratta di opere pertinenziali non richiedenti il permesso di costruire e il dirigente comunale non ha compiuto la valutazione di cui al comma 2, dell’art. 33 del citato decreto n. 380;
4) eccesso di potere per motivazione contraddittoria ed incongrua, per illogicità ed ingiustizia manifesta in quanto contraddittoriamente, l’amministrazione ha comunicato l’avvio del procedimento di archiviazione del condono.
Il ricorrente ha, altresì, chiesto il risarcimento dei danni patiti in conseguenza dell’inerzia colpevole del Comune nell’esitare il condono edilizio.
Si è costituito per resistere il Comune di San Giorgio a Cremano.
Alla pubblica udienza del 4 aprile 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è in parte inammissibile e in parte fondato ma solo nei limiti di seguito indicati.
Oggetto della presente controversia è il provvedimento con il quale il Comune di San Giorgio a Cremano ha ingiunto al ricorrente di demolire le opere meglio descritte in fatto realizzate in assenza del permesso di costruire alla via Tufarelli n. 99, come pure la comunicazione di avvio del procedimento di archiviazione del condono edilizio.
Con riguardo a quest’ultimo atto il ricorso è inammissibile. Per costante giurisprudenza il ricorso proposto contro la nota con la quale si comunica che è stato avviato un procedimento, che potrebbe concludersi con un provvedimento sfavorevole al suo destinatario, è inammissibile, trattandosi di atto endoprocedimentale privo, in quanto tale, di autonoma capacità lesiva. Si tratta, infatti, di un atto che ha la sola funzione di portare a conoscenza del soggetto destinatario del futuro provvedimento amministrativo l'inizio nei suoi confronti del prodromico iter procedimentale all'esito del quale, mediante l'adozione dell'atto conclusivo di tale sequenza, si potrebbero produrre effetti giuridici pregiudizievoli per la sua situazione giuridica soggettiva. È dunque solo quest'ultimo provvedimento che, ove assunto, può essere impugnato perchè è l'unico dal quale potrebbero derivare effetti lesivi per il suo destinatario (cfr. ex multis T.A.R. Roma Lazio sez. III, 17 ottobre 2012, n. 8538).
Il ricorrente articola, relativamente all’ingiunzione di demolizione, una serie di censure che devono essere esaminate partitamente in relazione alle singole opere che hanno dato luogo alle contestazioni del Comune.
Per i lavori di “pavimentazione con massetto in cls dell’area esterna per circa mq. 337,12” parte ricorrente deduce il difetto di istruttoria dell’amministrazione che avrebbe ignorato l’esistenza dell’istanza di condono presentata ai sensi della legge n. 724/1994.
La censura è fondata.
Il ricorrente ha depositato in atti la domanda di condono, che riguarda il predetto intervento edilizio, che l’amministrazione ha omesso di considerare. L’istanza risulta, peraltro, pendente atteso che l’amministrazione ne ha preannunciato l’archiviazione (cfr. nota n. 1019/SIPT del 1° settembre 2008 impugnata) senza però adottare un provvedimento in via definitiva. La costante giurisprudenza ha affermato che “in presenza di una domanda di condono edilizio l'Amministrazione non può emettere un provvedimento sanzionatorio senza avere prima definito il procedimento scaturente dall'avvenuta presentazione della predetta domanda, ostandovi i principi di lealtà, coerenza, efficienza ed economicità che impongono la previa definizione dell'istanza di condono prima di assumere iniziative potenzialmente pregiudizievoli per lo stesso esito della sanatoria edilizia” (da ultimo, Consiglio di Stato sez. IV, 22 gennaio 2013, n. 362).
La medesima censura viene riproposto nei confronti delle opere descritte sub 1), 2) e 3). Il ricorrente rappresenta, infatti, che i lavori “furono realizzati nel 1982 e successivamente condonati ai sensi della legge n. 47 del 1985”. Ciò emergerebbe dalla relazione allegata al condono presentato in data 24 marzo 1986 al numero di protocollo 12753.
Le circostanze riferite da parte ricorrente non trovano riscontro negli atti di causa. Nella relazione citata dall’interessato, allegata alla domanda di condono, si descrive un fabbricato composto di due piani (uno adibito ad officina, l’altro ad abitazione) senza che venga fatto alcun cenno ai 3 manufatti (rispettivamente di 5,43, di 5,44 e 10,66 mq.) che dall’ordinanza di demolizione risultano essere stati realizzati in aderenza al fabbricato stesso.
Deve, quindi, desumersi che si tratta di opere non coperte dalla domanda di condono (e per le quali il ricorrente non è stato in grado di produrre alcun titolo legittimante), verosimilmente realizzate in un momento successivo. In proposito, deve essere respinto il terzo motivo con il quale si deduce la natura pertinenziale di tali opere e la conseguente non assoggettabilità al regime concessorio con conseguente illegittimità della sanzione ripristinatoria (in particolare, non sarebbe stato, nel caso di specie, superato il limite del 20 per cento del volume rispetto all’edificio principale di cui alla lettera e6) del comma 1, dell’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001 che definisce gli interventi di nuova costruzione).
Deve rilevarsi come in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (sia pure riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, del restauro e/o risanamento conservativo, della ristrutturazione, della realizzazione di opere costituenti pertinenze urbanistiche), ripetono le caratteristiche di illegittimità dell'opera principale alla quale ineriscono strutturalmente, sicché non può ammettersi la prosecuzione dei lavori abusivi a completamento di opere che, fino al momento di eventuali sanatorie, devono ritenersi comunque abusive, con conseguente obbligo del Comune di ordinarne la demolizione . Ciò non significa negare in assoluto la possibilità di intervenire su immobili rispetto ai quali pende istanza di condono , ma solo affermare che, a pena di assoggettamento alla medesima sanzione prevista per l'immobile abusivo cui ineriscono, ciò deve avvenire nel rispetto delle procedure di legge, ovvero segnatamente dell'art. 35, l. n. 47 del 1985, ancora applicabile per effetto dei rinvii operati dalla successiva legislazione condonistica (da ultimo T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 6 febbraio 2013, n. 760).
In ogni caso, ai sensi dell’art. 3, comma 1 del D.P.R. n. 380/2001, sono considerati interventi di nuova costruzione, dunque richiedenti il permesso di costruire in virtù del successivo art. 10, quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio e “comunque” tutti quelli che comportano la realizzazione di un volume superiore al 20 per cento del volume dell’edificio principale. Pertanto, la riferita circostanza che i manufatti di cui è causa non superano per estensione il limite del 20 per cento rispetto alla superficie del fabbricato principale risulta ininfluente, dovendo, nella fattispecie, essere accertata e valutata l’attitudine delle stesse ad alterare in modo durevole l’assetto del territorio. Ebbene, in considerazione delle loro dimensioni e consistenza (si tratta della realizzazione di nuovi volumi e superfici), deve ritenersi che il relativo intervento edilizio doveva essere subordinato al previo ottenimento del permesso di costruire ai sensi del combinato disposto degli artt. 3 e 10 del D.P.R. n. 380/2001. Non rileva ai fini urbanistici la pretesa natura pertinenziale delle opere in questione, proprio per le loro dimensioni e per il sostanziale e stabile aumento della fruibilità dell’immobile principale da esse apportato, tale da comportare una durevole e non irrilevante trasformazione del territorio (in termini questo Tribunale, sez. VI, 9 gennaio 2013, n. 203 e cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 615, T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 8 novembre 2010, n. 33234, T.A.R. Molise, Campobasso, 10 dicembre 2010, n. 1549). La natura di “volumi tecnici” dei manufatti in questione, a prescindere dai limiti entro i quali la giurisprudenza ne ha ammessa la riconducibilità, viene poi meramente affermata in ricorso senza che venga fornito al riguardo alcun elemento di riscontro.
Sempre con il terzo motivo, il ricorrente invoca l’applicazione del comma 2, dell’art. 3l quale stabilisce che “Qualora, sulla base di motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il dirigente o il responsabile dell'ufficio irroga una sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento di valore dell'immobile, conseguente alla realizzazione delle opere..”.
A parte il rilievo che nella fattispecie non si tratta di un manufatto legittimo (in quanto non condonato), la giurisprudenza ha affermato che, in presenza di un intervento edilizio realizzato in assenza del prescritto permesso di costruire, l'ordine di demolizione costituisce atto dovuto, mentre la possibilità di non procedere alla rimozione delle parti abusive quando ciò sia di pregiudizio alle parti legittime (con conseguente applicazione della sanzione pecuniaria richiamata dal ricorrente) costituisce solo un'eventualità della fase esecutiva, subordinata alla circostanza dell'impossibilità del ripristino dello stato dei luoghi (ex multis T.A.R. Campania Salerno, sez. II, 13 aprile 2011, n. 702).
La necessità della previa acquisizione del permesso di costruire vale anche la struttura metallica descritta sub 4) “posta su ruote e coperta con telo plastificato del tipo pesante, di dimensioni m.