TAR Napoli, sez. I, sentenza 2010-07-08, n. 201016618

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2010-07-08, n. 201016618
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201016618
Data del deposito : 8 luglio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06534/2009 REG.RIC.

N. 16618/2010 REG.SEN.

N. 06534/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 6534 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Sweet House S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. S T e L T, con domicilio eletto presso gli stessi in Napoli, via Toledo, n. 323;

contro

- Ministero dell'Interno e Ufficio Territoriale del Governo di Benevento, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata per legge in Napoli, via Diaz, 11;
- Comune di Apollosa, rappresentato e difeso dall'avv. P P, con domicilio eletto presso Giuseppe Abenavoli in Napoli, via Nuova Marina n. 5;

per l'annullamento

- quanto al ricorso principale: dell’informativa della Prefettura Ufficio Territoriale di Governo di Benevento prot. n. 21157/Area I^/9.B.4/1/Ant., resa in data 16.7.2009 ai sensi dell’art. 10 del DPR n. 252/1998, inviata al Comune di Apollosa in data 18.9.2009;
del presupposto parere del Gruppo Interforze così come esplicitato nella riunione del 14.7.2009, dei pareri endoprocedimentali eventualmente resi dalle autorità competenti interpellate;
della nota prefettizia prot. n. 21157 del 17/7/2009, della delibera di Giunta municipale n. 76 del 13/10/2009 (recte: 21/8/2009) recante la revoca della delibera di aggiudicazione della gara e di recesso dal contratto di appalto n. 24 del 16/11/2008;
della determina del responsabile del servizio UTC n. 1220 (recte: n. 120) del 24/8/2009, nonché degli atti connessi;

- quanto ai motivi aggiunti: della nota prefettizia prot. n. 37899 del 1/12/2009, del verbale del GIA del 14/7/2009;
della nota prefettizia prot. n. 46 del 26/1/2010;


Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno, di Ufficio Territoriale del Governo di Benevento e di Comune di Apollosa;

Viste le produzioni delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2010 il dott. F D e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 12/11/2009, la società Sweet House impugnava gli atti in epigrafe concernenti l’interdittiva antimafia disposta dal Prefetto di Benevento ed il consequenziale recesso del Comune di Apollosa dal contratto per la realizzazione dei lavori di completamento delle urbanizzazioni a servizio della zona PIP.

Le amministrazioni intimate si costituivano in giudizio resistendo all’impugnativa.

Con atti notificati in data 14/12/2009, 18/2/2010 e 6/4/2010 la società ricorrente proponeva motivi aggiunti.

DIRITTO

1. Nel merito la società ricorrente deduce che:

- la interdittiva sarebbe fondata sulla capacità di influenza nella società di un soggetto del tutto estranea alla medesima;

- sarebbe irrilevante la circostanza che l’amministratore della società sarebbe stato alle dipendenze ed avrebbe rilevato il ramo di azienda dalla moglie di un soggetto ritenuto vicino ad ambienti camorristici;

- il mero rapporto di parentela non sarebbe sufficiente a dimostrare la sussistenza di un condizionamento mafioso, tanto più che il coniuge in questione non sarebbe convivente, ma separato da diversi anni;

- peraltro il soggetto cui fa riferimento l’autorità prefettizia risulterebbe assolto dalle imputazioni per non aver commesso i fatti addebitati e la misura di prevenzione della sorveglianza speciale sarebbe stata appellata dall’interessato;
l’informativa prefettizia non sarebbe fondata su notizie aggiornate;

- comunque tale unico elemento non sarebbe sufficiente a far desumere i tentativi di infiltrazione mafiosa;

- non sarebbero accertati collegamenti con la criminalità mafiosa né sarebbe accertato un coinvolgimento di estranei nella conduzione aziendale;

- sarebbe mancata la comunicazione di avvio del procedimento relativo alla risoluzione del rapporto contrattuale;

- la società ricorrente non sarebbe una mera gemmazione della ditta che aveva ceduto il ramo di azienda;
tant’è che la ricorrente avrebbe presentato richiesta di risarcimento dei danni nei confronti della suddetta;

- non sarebbero provate ingerenze di estranei nella società ricorrente;

- l’art. 37 del d. lgs. n. 163 del 2006 escluderebbe l’applicazione a cascata delle misure interdittive alle imprese che vengano in contatto con una ditta interdetta, non solo nel caso di raggruppamenti temporanei ma anche nel caso di cessioni di rami d’azienda.

1.1. Al riguardo giova premettere che l’art. 4 del d. lgs. n. 490 del 1994, modificato e integrato dal successivo art. 10 del D..P.R. n. 252 del 1998, si colloca nel quadro del sistema normativo emanato per combattere il fenomeno mafioso.

L’esigenza di creare strumenti adeguati per difendere l’ordinamento, le istituzioni e la collettività dall’invasività dell’influenza mafiosa nella società civile, nella vita economica e nelle attività delle pubbliche amministrazioni, ha comportato l’introduzione, accanto alla repressione penale, di articolate misure di tutela preventiva.

Nella valutazione della legislazione “antimafia” la Corte costituzionale ha, in più occasioni, sottolineato la necessità di salvaguardare beni di primaria e fondamentale importanza per lo Stato, quali l’ordine e la sicurezza pubblica, la libera determinazione degli organi elettivi, nonché il buon andamento e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, contro i pericoli di inquinamento derivanti dalla criminalità organizzata.

A fronte della situazione di emergenza determinata da tale minaccia, è stata riconosciuta la costituzionalità di strumenti anche eccezionali di reazione, in difesa degli interessi dell’intera collettività nazionale, purché commisurati alla gravità del pericolo, al rango dei valori tutelati, alle necessità da fronteggiare (cfr., tra le principali, Corte cost., 29/10/1992, n. 407;
19/3/1993, n. 103;
31/3/1994, n. 118;
16/5/1994, n. 184;
11/2/2002, n. 25).

L’inibitoria antimafia costituisce la misura di massima anticipazione di tutela preventiva, nell’esercizio delle funzioni di polizia e di sicurezza, contro le ingerenze del crimine organizzato nelle attività economiche e nei rapporti con le pubbliche amministrazioni.

In tale quadro, è attribuito all’autorità prefettizia un ampio margine di accertamento e di apprezzamento discrezionale, insindacabile nel merito, nella ricerca e nella valutazione degli elementi da cui poter desumere eventuali connivenze o collegamenti di tipo mafioso.

Inoltre, ai fini dell’adozione di una interdittiva antimafia non si richiede di pervenire al medesimo grado di certezza dei presupposti che può essere assicurato da una decisione assunta in sede giurisdizionale penale e nemmeno dall’applicazione di una misura di prevenzione, essendo all’uopo sufficiente la dimostrazione del mero pericolo del pregiudizio, attraverso la presenza di fatti sintomatici che rendano concretamente plausibile la sussistenza di un collegamento tra l’impresa e la criminalità organizzata.

In generale, quindi, l’applicazione di misure straordinarie va motivato, con riferimento alla sussistenza di fatti idonei a dimostrare, anche se in via indiziaria e sintomatica, una pericolosità dell’azione invasiva del fenomeno mafioso, attraverso condizionamenti o ingerenze che, pur non raggiungendo la soglia dell’illecito penale, comunque si riverberano sull’operatività della pubblica amministrazione o sulla sicurezza pubblica. Tali apprezzamenti, spettanti alla competente autorità amministrativa, sono soggetti al sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo, nei limiti ovviamente ammessi dalla cognizione sui vizi di legittimità degli atti amministrativi nei soli casi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti.

1.2. L’informativa dalla quale emergano elementi relativi ad infiltrazioni mafiose, in base all’art. 4 del d. lgs. n. 490 del 1994 ed all’art. 10 del D.P.R. n. 252 del 1998, ha carattere vincolante per le stazioni appaltanti ed un’automatica efficacia interdittiva in ordine alla capacità della pubblica amministrazione a negoziare con il soggetto interessato.

L’eventuale stipula del contratto nelle more dell’acquisizione della informativa è soggetta alla condizione risolutiva prevista dall'art. 4, comma 6, del d.lgs. n. 490 del 1994 e dall’art. 11, comma 2, del D.P.R. n. 252 del 1998, in quanto in tal caso che "l'amministrazione interessata può [...] recedere dai contratti".

Orbene il sistema normativo non offre alle stazioni appaltanti strumenti e capacità per apprezzare la correttezza e la rilevanza “antimafia” degli elementi e delle indicazioni fornite dalla Prefettura, alla quale spettano le funzioni connesse alla classificazione, analisi, elaborazione e valutazione delle notizie e dei dati specificamente attinenti ai fenomeni di tipo mafioso.

Ne consegue che l’effettivo ambito della discrezionalità riservata alle stazioni appaltanti ne esce sostanzialmente depotenziato per quanto riguarda i contenuti delle suddette informative, per cui le ragioni di prevenzione rispetto alla criminalità organizzata sono motivate “per relationem” facendo riferimento alla informativa prefettizia e, se fondate, sono normalmente sufficienti a giustificare la risoluzione del contratto.

1.3. E’ appena il caso di soggiungere che il carattere riservato ed urgente delle attività attinenti alla verifica dei tentativi di infiltrazione mafiosa vale ad escludere la necessità in materia della comunicazione di avvio del procedimento (cfr. Cons. St., sez. VI, 29/2/2008, n. 756).

1.4. Il punto nodale della controversia si focalizza dunque sulla congruità degli elementi posti a sostegno della informativa prefettizia.

Al riguardo l’autorità prefettizia evidenzia che:

- il Comune di Apollosa aveva aggiudicato ed affidato ad una ditta individuale terza (nella qualità di capogruppo di un’ATI) i lavori di completamento delle urbanizzazioni in zona PIP;

- in data 15/10/2008, il Comune autorizzava il subentro della società ricorrente quale cessionario di ramo di azienda di quella ditta individuale;

- sennonché, in data 12/5/2009, veniva adottata interdittiva antimafia nei confronti di quella medesima ditta ed in data 6/7/2009 il Comune chiedeva informativa antimafia sulla società ricorrente;

- socio ed amministratore unico della società ricorrente, dal giugno 2005, è stato dipendente di quella ditta dal 2005 al 2007;

- la società ricorrente, costituita nel 2004, risulta inattiva fino a tutto il 2007 e diviene operativa dal 2008 allorché acquisisce i rami di azienda di quella ditta;

- attraverso le citate cessioni la società ricorrente subentra anche in un consistente numero di contratti per appalti pubblici;

- in ripetuti controlli presso i cantieri veniva accertata dalle forze dell’ordine la promiscua presenza di operai e/o mezzi d’opera di ditte diverse dall’aggiudicataria e a vario titolo riconducibili alla famiglia della titolare di quella ditta, il cui marito risultava pregiudicato sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno;

- la titolare di quella ditta, ancorché separata dal marito, avrebbe cointeressenze nelle imprese tutte riconducibili alla famiglia stessa;

- il suddetto coniuge della titolare della ripetuta ditta risulterebbe inserito in ambienti criminali dediti a specifici reati estorsivi, perpetrati anche con l’uso delle armi ed avvalendosi della forza dell’intimidazione, riconducibili ad un gruppo camorristico locale.

Al riguardo è da osservare, con riferimento alle doglianze dedotte dalla società ricorrente sull’argomento, che:

- la tesi che la società ricorrente sarebbe una gemmazione della ditta individuale in questione è sorretta da elementi che nel complesso si palesano pertinenti ed adeguati, immuni da manifesti logici ed incensurabili nel merito, che rendono plausibile il riconoscimento del tentativo di infiltrazione mafiosa e che quindi valgono ad estendere ad essa ricorrente l’applicazione della misura ostativa antimafia già disposta nei confronti della indicata ditta individuale;

- a fronte di ciò non possono trovare considerazione nella presente sede circostanze (richiesta di risarcimento danni, provvedimento di revoca della dichiarazione di delinquenza abituale e di applicazione della libertà vigilata al consorte della titolare della ditta individuale) che risultano sopravvenute rispetto agli atti impugnati, atteso che lo scrutinio di legittimità si riferisce necessariamente ai presupposti di fatto in base ai quali gli atti stessi sono stati a suo tempo emanati.

2. In conclusione, il ricorso in esame va pertanto respinto.

Sussistono comunque giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio attesa la disputabilità delle contrapposte ragioni.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi