TAR Roma, sez. II, sentenza breve 2024-04-04, n. 202406533
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Testo completo
Pubblicato il 04/04/2024
N. 06533/2024 REG.PROV.COLL.
N. 00882/2024 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 882 del 2024, proposto da
M s.r.l., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, e E O, in proprio e nella qualità di legale rappresentante di M s.r.l., entrambi rappresentati e difesi dall'avvocato A C, con domicilio digitale in atti e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Emilio de' Cavalieri, n. 11;
contro
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Ministero dell'Interno e Questura Pordenone, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per l'annullamento
- della nota prot. n. 18434/RU del 28 dicembre 2023 e notificata in data 9 gennaio 2024, con cui l'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha disposto la chiusura dell'esercizio commerciale denominato “ LAS VEGAS PLAY PARK ” per la durata di dieci giorni;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, del Ministero dell'Interno e della Questura Pordenone;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 febbraio 2024 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente gravame, la società ricorrente – titolare dell’esercizio commerciale denominato “ LAS VEGAS PLAY PARK ” abilitato alla raccolta del gioco attraverso l’installazione di apparecchi video terminali (VLT) per il gioco lecito, di cui all’art. 110, comma 6, lett. a) e b) del Testo Unico di cui al Regio Decreto n. 773 del 1931 (T.U.L.P.S.) - impugna il provvedimento in epigrafe con cui l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (nel prosieguo “Agenzia” o “ADM”) ha disposto la chiusura per la durata di dieci giorni dei relativi locali, per violazione dell’art. 7, comma 8, del d.l. n. 158/2012 (in tesi).
Parte ricorrente chiede l’annullamento di tale atto, assumendone l’illegittimità per:
i) violazione del principio di colpevolezza e di personalità dell’illecito;violazione di legge (artt. 20, 21, 22 e 27 del d.lgs. n. 206/2005;artt. 2 e 3 della l. n. 689/1981);eccesso di potere per carenza o erronea valutazione dei presupposti;
ii) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990;violazione e/o falsa applicazione del principio di contraddittorio.
L’Agenzia si costituiva in giudizio, preliminarmente eccependo l’incompetenza territoriale di questo Tribunale nonché in rito la radicale inammissibilità del gravame proposto e nel merito la sua infondatezza.
Parte ricorrente con successiva memoria insisteva per l’accoglimento delle doglianze proposte.
Alla camera di consiglio del 28 febbraio 2024 fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, la causa veniva trattenuta in decisione, previo avviso alle parti in ordine alla possibile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata.
Ritiene infatti il Collegio che il giudizio possa essere definito in esito all’udienza cautelare con sentenza ai sensi dell’articolo 60 del cod. proc. amm., essendo trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione, non essendovi necessità di integrare il contraddittorio, risultando completa l’istruttoria e non avendo alcuna delle parti dichiarato di voler proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza o di giurisdizione.
Deve essere, innanzi tutto, disattesa l’eccezione di incompetenza territoriale, attesa la competenza funzionale inderogabile di questo Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, al quale l’art. 135, comma 1, lett. q quater ), c.p.a. espressamente devolve le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato “ in materia di giochi pubblici con vincita in denaro ”, atteso che, nel caso in esame, la sanzione della chiusura è stata irrogata in conseguenza della violazione del citato art. 7, comma 8, del d.l. n. 158/2012 che vieta ai minori l’ingresso nelle aree destinate al gioco con vincite in denaro interne alle sale bingo, nonché nelle aree ovvero nelle sale in cui sono installati i videoterminali di cui all’art. 110, comma 6 lett. b) del T.U.L.P.S., e nei punti di vendita in cui si esercita come attività principale quella di scommesse su eventi sportivi e non sportivi.
Ciò posto, il Collegio - in ossequio al principio di sinteticità degli atti e di economia dei mezzi giuridici, di cui all’art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a. – ritiene di poter prescindere dall’esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata in atti da parte resistente, attesa la manifesta infondatezza delle censure proposte.
Parte ricorrente lamenta, innanzitutto, che la propria estraneità alla violazione contestata, con presunta violazione del principio di colpevolezza e personalità dell’atto amministrativo, sostenendo che non dovrebbe chiudersi l’attività per quella che si configurerebbe come responsabilità del singolo dipendente, laddove gli ha permesso a soggetti minori di dedicarsi ad attività ludiche riservate ad adulti.
Tale censura deve essere disattesa.
Giova, infatti, a tal proposito premette che, ai sensi dell’art. 24, comma 21, del d.l. n. 98/2011 “ il titolare dell’esercizio commerciale, del locale o, comunque, del punto di offerta del gioco che consente la partecipazione ai giochi pubblici a minori di anni diciotto è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro cinque mila a euro venti mila. Indipendentemente dalla sanzione amministrativa pecuniaria e anche nel caso di pagamento in misura ridotta della stessa, la violazione prevista dal presente comma è punita con la chiusura dell’esercizio commerciale, del locale o, comunque, del punto di offerta del gioco da dieci fino a trenta giorni”.
Ne discende, pertanto, come quale che fosse il soggetto “imputabile”, la ricorrente aveva, nel caso di specie, il preciso obbligo di vigilare e di impedire l'ingresso del minore identificandolo già prima che entrasse nel negozio di scommesse, organizzando, sotto la propria responsabilità, l'attività in modo tale da evitarne l'accesso anche solo occasione nei locali dove si svolge esclusivamente un'attività di gioco con vincita in denaro - di per sé pericoloso e ad elevato rischio ludopatico - controllando le persone che partecipano ai giochi (in tal senso, questa Sezione II, n.7880/2022).
Lo stesso è a dirsi per il motivo di ricorso con cui la società lamenta, altresì, una (presunta) falsa applicazione del principio del contraddittorio per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento, invocando l’art. 7 della l. n. 241/90, il quale sancisce che “ ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato, con le modalità previste dall’articolo 8, ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi ”, in ossequio a quanto stabilito al successivo art. 21 octies , comma 2, periodo secondo, a mente del quale “ il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato ”.
Assume, infatti, al riguardo rilievo dirimente come, nel caso specifico, atteso l’interesse a tutela del quale l’amministrazione ha agito (quello dei minori), la sanzione della chiusura - peraltro irrogata nella misura minima prevista dal Legislatore – rappresenti, a fronte della precipua violazione contestata, un atto dovuto, sicché risulta palese che il contenuto del provvedimento impugnato non avrebbe potuto essere diverso pur se, a seguito dell’invio alla parte interessata della comunicazione in parola, fosse stato instaurato un rituale contraddittorio procedimentale.
Il ricorso deve, dunque, essere disatteso.
Le spese seguono, come di regola, la soccombenza.