TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2022-09-09, n. 202211767

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2022-09-09, n. 202211767
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202211767
Data del deposito : 9 settembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/09/2022

N. 11767/2022 REG.PROV.COLL.

N. 05011/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5011 del 2015, proposto da
S M, rappresentato e difeso dall'avvocato P M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

della comunicazione n. MD

GMIL

0082024 recante data 13/02/2015 della Direzione Generale per il personale militare - Roma, notificata al ricorrente in data 18.2.2015, relativa alla cessazione dal servizio permanente a domanda e collocamento in ausiliaria dal 14.2.2015, disposta con Decreto Dirigenziale del 12.2.2015 a favore dell'odierno ricorrente, nella parte in cui non viene riconosciuta la promozione "alla vigilia" al grado superiore di Generale di Brigata;

del predetto Decreto Dirigenziale del 12.2.2015;

degli atti preordinati, connessi e consequenziali.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 18 luglio 2022, tenutasi da remoto, Rocco Vampa e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il gravame in esame il ricorrente espone quanto appresso.

1.1 Con decreto dirigenziale trasmesso al proprio comando in data 31.12.2014 il ricorrente veniva incluso nell'elenco dei Colonnelli collocati in aspettativa per riduzione dei quadri anno 2014, al posto n. 19.

1.2. In pari data (31/12/2014), il ricorrente presentava domanda di cessazione dal servizio permanente, con l'attribuzione dei benefici previsti dalla legge, chiedendo di essere collocato in ausiliaria a decorrere dal 14/02/2015, ai sensi dell’art. 909 del d.lgs. 66/10, rubricato “ Norme comuni alla riduzione dei quadri , che al comma 4, testualmente dispone che “ Gli ufficiali che devono essere collocati in aspettativa per riduzione dei quadri possono chiedere di cessare dal servizio permanente a domanda .

1.3. Secondo il ricorrente, di poi, ai sensi degli artt. 909 e 1076 del d.lgs. 66/10, alla cessazione dal servizio si sarebbe accompagnato il diritto anche alla promozione “alla vigilia” al grado superiore di Generale di Brigata.

1.4. Con il decreto dirigenziale del 12 febbraio 2015 veniva disposta la cessazione dal servizio permanente a domanda del ricorrente e il collocamento in ausiliaria dal 14/02/2015, senza tuttavia riconoscergli la ridetta promozione “alla vigilia” al grado superiore di Generale di Brigata,

1.5. Avverso il provvedimento sopra indicato il colonello M insorgeva avanti questo TAR, a mezzi di gravame essenzialmente deducendo:

- violazione e/o falsa applicazione d.lgs. n. 66/2010;
falsa ed erronea presupposizione di fatto e di diritto;
violazione e/o falsa applicazione dei principi del giusto procedimento degli artt. 1 e 7 della l. 7.8.1990, n. 241;
eccesso di potere per disparità di trattamento;
manifesta ingiustizia e illogicità;
arbitrarietà;
violazione dei principi del giusto affidamento e dei diritti acquisiti;
violazione degli artt. 2, 3 e 97 Cost;
difetto di motivazione;
violazione del principio della gerarchia delle fonti, atteso che, in virtù del combinato disposto degli arti. 909, comma 8 e 1076, comma 1, del d.lgs. 66/10, all'atto della cessazione dal servizio permanente a domanda (presentata in data 31 dicembre 2014) avrebbe avuto diritto anche alla promozione “alla vigilia” al grado superiore di Generale di Brigata, avendo maturato i requisiti;
né, in senso contrario, potrebbe invocarsi l’art. 1, comma 258, della legge 190/14, che ha previsto, a decorrere dal 1 gennaio 2015, l’abrogazione degli artt. 1076, 1077, 1082 e 1083 del d.lgs. 66/10;
e ciò attesa la irretroattività di tale disposizione, inapplicabile indi alla domanda del ricorrente, siccome avanzata in data 31.12.2014;
la determinazione sarebbe stata assunta dalla Amministrazione, peraltro, anche in violazione delle prerogative procedimentali dell’interessato, senza consentire al ricorrente una utila partecipazione ed un effettivo contraddittorio;

- violazione e/o falsa applicazione d.lgs. n. 66/2010;
falsa ed erronea presupposizione di fatto e di diritto;
eccesso di potere per disparità di trattamento;
manifesta ingiustizia e illogicità;
arbitrarietà;
violazione dei principi del giusto affidamento e dei diritti acquisiti;
violazione degli artt. 2, 3 e 97 Cost;
difetto di motivazione;
violazione art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale;
la presunta valenza retroattiva della disposizione abrogante le prescrizioni del d.lgs. 66/10, contrasterebbe invero con i generali principi di ragionevolezza, buon andamento ed eguaglianza;
il diritto che ne occupa sarebbe già entrato a far parte della sfera giuridica del ricorrente in data 31 dicembre 2014, anche se poi la sua estrinsecazione temporale sarebbe stata differita al 14.2.2015;

- violazione e/o falsa applicazione d.lgs. n. 66/2010;
falsa ed erronea presupposizione di fatto e di diritto;
eccesso di potere per disparità di trattamento;
manifesta ingiustizia e illogicità;
arbitrarietà;
violazione dei principi del giusto affidamento e dei diritti acquisiti;
violazione degli artt. 2, 3 e 97 Cost;
difetto di motivazione;
violazione art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale;
e ciò stante la violazione del principio di irretroattività perpetrato in tal guisa dalla Amministrazione, in violazione del principio tempus regit actum e del legittimo affidamento del ricorrente, la cui posizione giuridica attiva sarebbe già stata acquisita al 31.12.2014;

- in subordine illegittimità costituzionale della legge n. 190/2014;
violazione degli artt. 2, 3 e 97 della Costituzione;
eccesso di potere;
genericità - difetto di motivazione, stante la violazione dei principi costituzionali in epigrafe individuati ove si interpretasse la disposizione di abrogazione di cui all’art. 1, comma 258, l. 190/14 nel senso fatto proprio dalla gravata determinazione.

1.6. Si costituiva per resistere l’intimato Ministero e, al fine, all’esito della udienza del 18 luglio 2022, tenutasi da remoto, la causa veniva trattenuta in decisione.

2. Il ricorso non è fondato, all’esito del congiunto scrutinio dei primi tre mezzi, negativa delibazione dovendo altresì riservarsi alla paventata quaestio di costituzionalità.

2.1. Il decreto dirigenziale del 12 febbraio 2015:

- è stato adottato allorquando era già intervenuta la abrogazione del citato art 1076 d.lgs 66/2010, a far data dal 1 gennaio 2015;
e, sul punto, è persino superfluo il rammentare che la le legittimità di un atto amministrativo va giustappunto valutata al lume dei presupposti di fatto e di diritto esistenti al momento della sua emanazione , proprio in conformità del principio tempus regit actum che pure il ricorrente mostra di non ignorare;

- ha, parimenti, disposto la cessazione del servizio e il collocamento del ricorrente in ausiliaria a far data dal 14 febbraio 2015, da tale momento dispiegando la propria efficacia .

2.2. In claris non fit interpretatio .

L’atto impugnato si è perfezionato e ha dispiegato la propria efficacia allorquando era già in vigore il citato art. 1, comma 258, l. 190/15 e, indi, erano già state abrogate le disposizioni di cui all’art. 1076 del d.lgs. 66/10 attributive del beneficium quivi invocato dal ricorrente (cfr., in fattispecie analoga, CdS, II, 4 febbraio 2022, n. 790).

2.3. La natura tutt’affatto vincolata delle determinazione gravata, indi, rende affatto recessive anche le doglianze afferenti alla mancata interlocuzione procedimentale che, sul punto, palesano financo profili di inammissibilità, prima ancora che di infondatezza, non essendo stata rappresentata alcuna lesione di natura sostanziale alle prerogative del ricorrente riveniente dalla asserita omissione procedimentale “addebitata” alla Amministrazione resistente.

2.3.1. Non è stato rappresentato nel gravame alcun plausibile argomento la cui “introduzione” nel procedimento sarebbe stata in grado di diversamente orientarne il risultato, siccome si chiarirà in appresso in sede di scrutinio delle doglianze afferenti al “merito” del gravato provvedimento.

Non è, in altre parole, indicata la rilevanza che avrebbe in concreto assunto la asserita carenza di contraddittorio procedimentale del ricorrente e, dunque, la valenza incidente di detta interlocuzione sul contenuto sostanziale dei fatti fondanti il gravato diniego.

2.3.2. Ne discende la inammissibilità per genericità della censura, ove si abbia riguardo al di per sé risolutivo rilievo che non risulta allegato un concreto pregiudizio al diritto di difesa e di partecipazione procedimentale, mancando parte ricorrente di indicare in qual modo e in che misura il lamentato vizio –ove in ipotesi sussistente- abbia in concreto precluso la introduzione di deduzioni in grado di sostanzialmente incidere sulle determinazioni della Amministrazione, ovvero abbia potuto in qualche modo ledere il diritto di esso ricorrente all’ottenimento di una decisione “equa” (TAR Lombardia, I, 22 dicembre 2018, n. 2833).

2.3.3. La certazione giudiziale della legittimità della azione provvedimentale quivi censurata rende irrilevante la (asserita) pretermissione procedimentale, attesa la inidoneità di un qualsiasi apporto collaborativo a determinare una differente conclusione della vicenda.

2.3.4. La ricaduta patologica di tale lamentata violazione “formale e/o procedimentale” è quindi sterilizzata dall’applicazione dell’art. 21- octies , comma 2 primo periodo, della legge 241/90.

2.4. Del resto necessitata si appalesa l’ actio della Amministrazione, in esecuzione peraltro di un dettato normativo primario che sia appalesa immune dai vizi di irragionevolezza, ovvero dai vizi di costituzionalità paventati dal ricorrente, siccome già peraltro statuito in subiecta materia (CdS, II, 790/22 cit., confermativa delle statuizioni rese da questo TAR).

2.4.1. L’art. 1 comma 258 l. 190/2014, pur essendo inserito nella legge di stabilità del 2015, non indica, quale finalità precipua dell’abrogazione, quella del contenimento della spesa pubblica, sicché in conformità con l’obbligo di interpretazione conforme -posto dalla Corte costituzionale quale vaglio preliminare indispensabile per la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale (Corte cost., 17/12/2013, n. 314)- è altresì ravvisabile anche un’apprezzabile ratio di semplificazione delle norme in materia di status giuridico del personale militare.

2.4.2. L’irragionevolezza della disciplina non può essere predicata nemmeno sotto il profilo della differenziazione di trattamento tra coloro che hanno conseguito la promozione prima dell’abrogazione e coloro che si trovano nella stessa condizione dell’appellante, in quanto nella giurisprudenza della Corte costituzionale è costante l’affermazione per cui " non contrasta, di per sé, con il principio di eguaglianza un trattamento differenziato applicato alle stesse fattispecie, ma in momenti diversi nel tempo, poiché il fluire del tempo può costituire un valido elemento di diversificazione delle situazioni giuridiche (ordinanze n. 25 del 2012, n. 224 del 2011, n. 61 del 2010, n. 170 del 2009, n. 212 e n. 77 del 2008)" (sentenza n. 254 del 2014, punto 3. del Considerato in diritto). Questa Corte ha al riguardo argomentato che "spetta difatti alla discrezionalità del legislatore, nel rispetto del canone di ragionevolezza, delimitare la sfera temporale di applicazione delle norme ... (…) ” (Corte Cost. sent. 08-11-2018, n. 194).

2.4.3. Per le ragioni sopra esposte, anche la questione di illegittimità costituzionale prospettata dalla difesa di parte ricorrente non è suscettibile di positiva delibazione.

3. Sussistono giustificati motivi, stante la natura della controversia, per compensare tra le parti le spese del giudizio.

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