TAR Roma, sez. V, sentenza 2023-04-27, n. 202307256

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. V, sentenza 2023-04-27, n. 202307256
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202307256
Data del deposito : 27 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/04/2023

N. 07256/2023 REG.PROV.COLL.

N. 03353/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3353 del 2023, proposto da Lazio Mobilità società consortile a r.l, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati F C, G S, D V, M B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. D V in Roma, Lungotevere Marzio 3;

contro

Regione Lazio, in persona del Presidente della giunta regionale in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato F F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Astral S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Bruno Bitetti, Sarah Fionchetti, Vincenzo Volpe, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Bruno Bitetti in Roma, via Ovidio 32;

per l'annullamento

1) del bando di gara pubblicato nella GURI del 13 gennaio 2023, recante la « procedura aperta per l'affidamento di contratti di concessione dei servizi di trasporto pubblico locale nel territorio regionale, suddivisa in 11 Lotti»;

2) della determinazione dell'Amministratore Unico di ASTRAL n. 740 in data 30 dicembre 2022, recante « affidamento in concessione, attraverso procedura aperta, dei servizi di trasporto pubblico locale automobilistico urbano ed interurbano nei comuni delLazio ad eccezione di Roma Capitale e dei comuni capoluogo di provincia », come individuati ai sensi del modello di cui alla d.G.R. Lazio n. 617 del 22 febbraio 2020;

3) di tutti gli atti allegati al bando di gara per costituirne parte integrante e sostanziale e, tra l'altro, del Disciplinare di Gara, del Capitolato Prestazionale e dello Schema di Contratto;

4) della d.G.R. della Regione Lazio n. 1253 del 29 dicembre 2022, recente «affidamento dei servizi di TPL urbano ed interurbano nei comuni del Lazio ad eccezione di Roma Capitale e dei comuni capoluogo di provincia. Approvazione della relazione di affidamento redatta ai sensi dell'art. 34, comma 20, del D.L. 179/2012 e della Misura 2, punto 2, della delibera ART 154/2019. Autorizzazione ad ASTRAL S.p.A. a pubblicare la gara per l'affidamento dei servizi »;

5) della delibera della Giunta Regionale del Lazio 617 del 22 febbraio 2020 di «approvazione del nuovo modello di programmazione del trasporto pubblico locale»;

6) della DGR della Regione Lazio n. 912 del 3 dicembre 2019, recante “ Linee di indirizzo in materia di trasporto pubblico locale per la ridefinizione dei servizi minimi e l'efficientamento del servizio ”;

7) di tutti gli altri atti e provvedimenti presupposti, conseguenti o comunque connessi.


Visti il ricorso e i relativi allegati.

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Lazio e dell’Astral S.p.A.

Visti tutti gli atti della causa.

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 aprile 2023 la dott.ssa I T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con l’odierno ricorso la ricorrente ha gravato la procedura di gara indetta da Astral S.p.A. per l’affidamento in concessione della gestione del servizio di trasporto pubblico locale nel territorio dei Comuni della Regione Lazio, con esclusione di Roma Capitale e dei comuni capoluoghi di provincia, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, Reg. (CE) n. 1370/07, suddiviso in undici lotti.

Il gravame risulta affidato ad un unico motivo di impugnazione articolato sotto i seguenti distinti profili:

I. Violazione e falsa applicazione dell’art. 30 del d.lgs. n. 50/2016, nonché degli artt. 30 e 27 CCP;
degli artt. 3 e 4 del Regolamento 1370/2007/CE;
dell’art. 17 del d. lgs n. 422/1997;
dell’art. 22 della L.R. 30/1998. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione nonché per illogicità, contraddittorietà, disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta.

Si lamenta che la quantificazione della base d’asta operata dall’amministrazione risulterebbe insufficiente. In particolare, la stazione appaltante, in violazione del quadro normativo vigente, avrebbe “ ignorato completamente ” il principio secondo cui “ la determinazione della base d’asta deve essere effettuata facendo riferimento a criteri verificabili ed acquisendo attendibili elementi di conoscenza” , rendendo “ impossibile la presentazione di un’offerta sostenibile sul piano economico ”.

Si sono costituiti in giudizio la Regione Lazio e l’Astral S.p.A. depositando memorie e documenti, al fine di chiedere il rigetto del gravame siccome inammissibile per carenza di legittimazione al ricorso e comunque infondato.

Nel rituale contraddittorio tra le parti all’udienza pubblica del 5 aprile 2023 la causa veniva introitata per la decisione.

Le questioni sollevate impongono di affrontare previamente la tematica dell’onere di impugnazione dei bandi di gara, la quale riguarda previamente la verifica della sussistenza delle condizioni dell’azione, nella misura in cui si tratta di verificare se chi impugna il bando abbia una legittimazione al ricorso e se possa vantare un interesse concreto ed attuale alla rimozione del bando di gara.

Secondo l’orientamento dominante in materia l’onere di immediata impugnazione del bando discende dalla portata immediatamente lesiva delle prescrizioni oggetto di contestazione, tra le quali rientrano le clausole contenenti requisiti di partecipazione tali da precludere ex ante la presentazione della domanda con esito favorevole a determinate categorie di soggetti.

Tra le prescrizioni non immediatamente lesive si possono, invece, far rientrare le clausole relative alla composizione della commissione o quelle che prevedono un certo criterio di valutazione delle offerte che dia rilievo illegittimamente al fattore prezzo a discapito del fattore tecnico;
in tutti questi casi la lesione, per il ricorrente, si concretizza nel momento in cui l’amministrazione, facendo applicazione dei criteri fissati nel bando, escluda o non dichiari vincitrice una determinata società.

In tali casi, a pena di inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, è necessaria l’impugnazione congiunta dell’atto applicativo e della prescrizione del bando che si assume illegittima.

Pertanto, il soggetto che non ha presentato la domanda di partecipazione alla gara non è legittimato ad impugnare clausole del bando che non siano “escludenti”, dovendosi con tale predicato intendere quelle che con assoluta certezza gli precludano l’utile partecipazione.

Nel caso sottoposto all’esame del Collegio le clausole oggetto di rilievo esulano dal novero di quelle ammissibili al fine di radicare l’onere di immediata impugnazione dei bandi e degli atti di indizione di gara, secondo il consolidato orientamento dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato in materia di clausole immediatamente escludenti (Cons. di Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018 n. 4), posto che la parte ricorrente non fornisce adeguata prova in ordine alla presunta insufficienza della base di gara, che renderebbe impossibile formulare l’offerta economica.

Non si può dubitare che, in linea teorica, le clausole che influiscono sulla stessa determinazione dell’operatore economico relativamente alla predisposizione della proposta economica possono concretizzare una clausola immediatamente escludente che legittima l’onere di impugnazione immediata del bando se non consentono la sua formulazione perché rendono impossibile quel calcolo di convenienza economica che è alla base della scelta di partecipare alla gara, ma tale lesività delle norme della lex specialis deve essere oggetto di allegazione adeguata;
in particolare, l’orientamento dominante in materia sostiene che “ l’onere probatorio ovviamente muta ai fini del merito del giudizio, poiché l’illegittimità della legge di gara sussiste sole se l’impossibilità, che il ricorrente deduce sotto il profilo soggettivo, è comune a qualsiasi delle imprese operanti nel settore. La prova da fornire in tal caso concerne, dunque l’oggettiva e generalizzata impossibilità di una partecipazione remunerativa, qualunque sia il modello organizzativo adottato ” (Consiglio di Stato, Sez. III, 26 aprile 2022 n. 3191).

In definitiva, poiché l’impugnabilità immediata del bando, in perfetta continuità con le due pronunce dell’adunanza plenaria (cfr. Cons. di Stato, Ad. plen., 7 aprile 2011, n. 4;
id. Ad. plen., 29 gennaio 2003, n. 1), rappresenta l’eccezione, mentre la non immediata impugnabilità del bando rappresenta la regola, in capo al ricorrente si pone un onere probatorio per così dire “ aggravato ”, dovendo quest’ultimo dimostrare con oggettiva certezza che le prescrizioni lamentate, producendo effetti distorsivi della concorrenza, incidono sulla sua sfera giuridica in un momento precedente quello della mancata aggiudicazione ed indipendentemente da questa.

Ebbene, nel caso di specie, è evidente che la società non ha allegato alcun dato e/o riscontro oggettivo, limitandosi piuttosto a mere considerazioni di carattere soggettivo, in ordine all’inadeguatezza delle stime operate dall’amministrazione, inidonee ad inficiare i dati e le evidenze istruttorie su cui si fonda il calcolo della base d’asta.

Risulta del tutto evidente, pertanto, che il motivo risulta inammissibile per carenza di legittimazione al ricorso.

Dall’esame degli atti depositati in giudizio si ricava che i rilievi svolti risultano anche infondati.

Nell’ambito della misura 14 di cui alla delibera ART n. 154/2019 si legge che “ Nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a) del regolamento (CE) 1370/2007 e agli articoli 17 e 19 del decreto legislativo n. 422 del 19 novembre 1997, l’EA predispone, per ciascun lotto di gara, un PEF simulato, articolato per tutti gli anni di durata dell’affidamento, secondo gli schemi di cui ai numeri 1-3 e relative indicazioni metodologiche dell’Annesso 5 (…) finalizzato a determinare il corrispettivo a base d’asta, verificare l’equilibrio economico-finanziario del CdS per l’intera durata dell’affidamento, nonché consentire il confronto con le offerte presentate da ciascun PG;
tale PEF è elaborato assumendo come elemento di riferimento il costo standard di cui al decreto ministeriale n. 157 del 28 marzo 2018 con le eventuali integrazioni che tengano conto della specificità del servizio e degli obiettivi degli enti territoriali in termini di programmazione dei servizi e di promozione dell’efficienza del settore
”.

Ebbene, l’ente affidante – al fine di consentire la formulazione dell’offerta in sede di gara – ha adeguatamente dato conto –nella relazione di affidamento – della metodologia adottata per la sua predisposizione ed ha indicato il corrispettivo posto a base d’asta.

Dalla lettura del par. 6 della relazione di affidamento, si ricava, infatti, che – tra i plurimi fattori che influenzano la determinazione del corrispettivo – si deve tener conto, oltre che della velocità commerciale, anche della quantità di servizi espletata, degli investimenti programmati sul lotto e, soprattutto, dei ricavi da traffico stimati per il singolo lotto, che concorrono alla remunerazione del gestore e alla copertura dei costi del servizio.

In merito al tasso di indicizzazione considerato nel piano economico finanziario ed esplicitato nella relazione di affidamento, si legge, al par. 6 di tale relazione, che è stato considerato “ un tasso di inflazione annuale pari a 1,5% (ovvero il tasso d’inflazione indicato nella Delibera ART 35/2022, da cui proviene il WACC nominale pre-tax utilizzato), applicato ai costi operativi ad eccezione dei costi del personale (per i quali l’aumento inflattivo è applicato solamente sull’incremento annuale previsto )”.

Sostiene la ricorrente che si tratterebbe di una misura illogica in considerazione degli attuali tassi inflattivi di gran lunga superiori.

In proposito, deve evidenziarsi che il riferimento del tasso alla misura dell’1,5% corrisponde esattamente al dato di inflazione utilizzato dall’Autorità di regolazione per la definizione del WACC (ovvero del tasso di remunerazione del capitale del settore dei trasporti) per l’anno 2022.

Si tratta, pertanto, di un riferimento specifico dell’Autorità del settore dei trasporti, tanto che la medesima Autorità proprio in ordine ai “ Criteri di redazione del PEF” , conclude che “ non si ritiene di formulare allo stato osservazioni sul valore del tasso di inflazione utilizzato dalla Regione, in considerazione dell’attuale variabilità dei prezzi e dell’incertezza delle relative previsioni, che può risultare significativa stante il periodo intercorrente con l’avvio della procedura”.

Anche in questo caso, pertanto, i parametri utilizzati dall’amministrazione sono risultati congrui e ragionevoli, anche alla luce della circostanza indicata nella documentazione depositata in atti che l’indicizzazione stimata abbraccia l’intero arco contrattuale di ben nove anni e - tenuto conto delle stime dei più accreditati centri di ricerca a livello nazionale e internazionale - i livelli inflattivi vissuti negli anni 2022 e 2023 sono stimati in deciso ribasso per il futuro .

A ciò si aggiunga che – in linea con la tipologia di affidamento “in concessione” – risulta evidente che sul gestore ricada il rischio operativo sia sul lato della domanda che sul lato dell’offerta;
infatti, in conformità alle misure di regolazione del settore (delibera ART n. 154/2019) la documentazione di gara prevede una matrice dei rischi (all. 11 al Capitolato di gara), la quale contempla l’allocazione dei rischi più comuni in capo alle parti.

Nello specifico, con riferimento al rischio denominato “ Variazione dei costi per effetto di fattori non controllabili da EA o IA (e.g. carburante, energia, materie prime, materiali) ”, la stazione appaltante ha previsto una clausola di condivisione e, pertanto, di mitigazione del rischio, disponendo che il rischio del gestore è limitato ad incrementi inflattivi entro il 3% di variazione annua, pertanto laddove l’incremento dovesse superare tale soglia, il relativo rischio economico di maggior costo ricadrebbe in capo alla stazione appaltante, secondo la clausola di revisione del corrispettivo prevista dall’art. 10 dello Schema di contratto (all. 5 al Capitolato).

In estrema sintesi, il piano economico finanziario posto alla base della procedura di evidenza contempla l’indicizzazione dei costi al tasso dell’1,5% all’anno per nove anni ed il rischio residuo in capo al gestore è limitato entro una variazione annua massima del 3%, contemplando nei restanti casi l’intervento della stazione appaltante con funzione di riequilibrio del rischio economico sotteso alla concessione stipulata.

In conclusione il gravame in esame va respinto, potendosi tuttavia compensare le spese di giudizio, stante la obiettiva peculiarità della complessa vicenda contenziosa.

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