TAR Bari, sez. II, sentenza 2019-06-28, n. 201900925

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2019-06-28, n. 201900925
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201900925
Data del deposito : 28 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/06/2019

N. 00925/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00165/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 165 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati A C P e D P, con domicilio digitale come da PEC iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);

contro

Ministero della salute, in persona del Ministro pro tempore , non costituito;

per l'esecuzione del giudicato

del giudicato formatosi sulla sentenza n. -OMISSIS-, che condannava il Ministero della salute alla corresponsione in favore della ricorrente della somma di euro -OMISSIS-, oltre accessori di legge, a titolo di rivalutazione dell’assegno mensile di cui alla legge n. 229/2005, con distrazione delle spese di lite;

e per la condanna

del Ministero della salute al pagamento della penalità in mora di cui all’art. 114, IV comma, lett. e), del codice del processo amministrativo nella misura che sarà ritenuta equa;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’articolo 114 del codice del processo amministrativo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 maggio 2019 l’Avv. Donatella Testini e udito per la parte ricorrente il difensore avv. Piero Fiorella, su delega dell'avv. Chiara Porcelluzzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con l’atto introduttivo del presente giudizio di ottemperanza la parte ricorrente ha richiesto l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza, meglio indicata in epigrafe.

Correttamente la parte ricorrente non ha chiesto l’esecuzione del capo della sentenza relativo alle spese di lite, in quanto oggetto di distrazione.

Tale sentenza è stata notificata con formula esecutiva al Ministero della salute ed è decorso infruttuosamente altresì l’ulteriore termine, pari a 120 giorni, previsto dall’art. 14 del D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30.

Nella specie, non risulta l’adempimento al giudicato.

In definitiva, ricorrono tutti i requisiti, anche di rito, per l’accoglimento del ricorso;
va quindi ordinato al Ministero della salute di dare esecuzione alla sentenza indicata in epigrafe e, dunque, di pagare le somme ivi liquidate in favore del ricorrente, oltre ai relativi interessi legali, entro il termine di 60 (sessanta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa o, se anteriore, dalla notificazione della presente decisione.

Per il caso di ulteriore inadempimento del Ministero della salute, infine, il Collegio nomina sin d’ora, quale commissario ad acta , il Responsabile della Direzione generale della vigilanza sugli enti e sicurezza delle cure (Uff.

4 - Indennizzi ex L. 210/1992), con facoltà di delega, il quale (senza maturare alcun diritto al compenso) dovrà provvedere all’integrale esecuzione della menzionata sentenza, in luogo e vece dell’Amministrazione inadempiente, entro l’ulteriore termine di 60 (sessanta) giorni, decorrente dalla comunicazione a cura di parte dell’inutile decorso di quello assegnato dalla presente decisione al Ministero debitore.

La domanda diretta alla fissazione di un’ulteriore somma a carico dell’Amministrazione nel caso di ritardo nell’esecuzione del giudicato dev’essere anch’essa accolta.

La Sezione si era orientata in senso opposto in considerazione dell’attuale stato della finanza pubblica.

Si ritiene però di dover adeguare le decisioni in materia di ottemperanza a condanne del giudice civile nei confronti del Ministero della salute, a seguito del riconoscimento dei benefici di cui alla legge 25 febbraio 1992 n. 210, ai principi espressi dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 25 giugno 2014 n. 15.

Con tale pronuncia si è innanzitutto chiarito che l’istituto opera per tutte le decisioni di condanna adottate dal giudice amministrativo ex art. 112 del codice del processo amministrativo, ivi comprese quelle aventi ad oggetto prestazioni pecuniarie.

Si è sottolineato, poi, in particolare, che, in tale contesto, la penalità di mora, “assumendo una più marcata matrice sanzionatoria che completa la veste di strumento di coazione indiretta, si atteggia a tecnica compulsoria che si affianca, in termini di completamento e cumulo, alla tecnica surrogatoria che permea il giudizio d’ottemperanza” (p. 6.3.). Essa in definitiva svolge una “funzione deterrente e general-preventiva” e dunque “assolve ad una funzione coercitivo-sanzionatoria e non, o quanto meno non principalmente, ad una funzione riparatoria” (p. 6.5.);
ciò esclude il rischio di duplicazione di risarcimenti, con correlativa locupletazione del creditore e depauperamento del debitore. Invero, “Trattandosi di una pena, e non di un risarcimento, non viene in rilievo un’inammissibile doppia riparazione di un unico danno ma l’aggiunta di una misura sanzionatoria ad una tutela risarcitoria”.

Di conseguenza, l’Adunanza Plenaria ha precisato che le peculiari condizioni del debitore pubblico non possono comportare un’astratta inammissibilità della domanda relativa a inadempimenti pecuniari, ma giocano il ruolo di fattori da considerare in sede di verifica concreta della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura nonché al momento dell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo (p. 6.5.1.).

In concreto, il Ministero della salute rappresenta un’Amministrazione significativamente inadempiente in quanto risulta quella più frequentemente evocata in giudizio dinanzi a questo Tribunale con i ricorsi in ottemperanza della suddetta specie. In effetti, tale inadempimento persiste in modo sistematico, pur essendo il diritto degli istanti già definitivamente riconosciuto dal giudice civile (con relativa condanna esecutiva) e non essendo quindi facilmente rintracciabili ragioni di opposizione nel merito.

In questa situazione, in cui l’esito delle azioni proposte appare sostanzialmente scontato, lo stesso instaurarsi del contenzioso produce ulteriori aggravi di costo certi, costituiti dalle spese spettanti ai difensori, e, in generale, da un non ottimale impiego delle risorse della Giustizia amministrativa.

In ogni caso, neppure possono addursi difficoltà di tipo contabile, poiché l’Amministrazione, obbligata in base ad una normativa ormai interpretata e applicata da tempo secondo consolidati indirizzi giurisprudenziali, sarebbe comunque in condizione di disporre il pagamento, da regolare in conto sospeso, ai sensi dell’articolo 14 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, anche in assenza di disponibilità finanziarie nel pertinente capitolo.

Di conseguenza, deve ritenersi che, nella fattispecie, la Sezione possa fissare la somma di denaro dovuta dal resistente Ministero per il ritardo nell’esecuzione del giudicato, dovendosi escludere, per i motivi sovraesposti, l’iniquità della penalità o la presenza di altre ragioni ostative.

A norma dell’articolo 114, quarto comma, lettera e), del codice del processo amministrativo, come integrato dall’articolo 1, comma 781, lettera a), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, nell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo, dunque, il Collegio determina, quale penalità di mora, la somma di € 20,00 (venti) per ogni giorno di ritardo, decorrente dal giorno della scadenza del termine per l’esecuzione spontanea stabilito nella presente sentenza di ottemperanza. Tale statuizione costituisce titolo esecutivo.

Al proposito, non è superfluo aggiungere che tale quantificazione non può che discostarsi dall’indicazione contenuta nell’ultima parte del novellato articolo 114, quarto comma, lettera e) (“detta penalità non può considerarsi manifestamente iniqua quando è stabilita in misura pari agli interessi legali”), poiché un tasso annuale dello 0,8% non può evidentemente svolgere alcuna “funzione coercitivo-sanzionatoria”, finendo tale criterio di liquidazione per frustrare la stessa finalità della norma.

Si dispone la trasmissione della presente sentenza alla Procura regionale della Corte dei conti, stante la sopraddetta inottemperanza, peraltro reiterata in fattispecie simili.

Vanno altresì poste a carico della stessa Amministrazione le spese processuali, da distrarsi in favore dei procuratori costituiti dichiaratisi antistatari.

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