TAR Catanzaro, sez. II, sentenza 2016-06-14, n. 201601240
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N. 01240/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01001/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1001 del 2015, proposto da:
E D T, rappresentato e difeso dall'avv. F P, con domicilio eletto presso F P in Catanzaro, Via Francesco Acri,88;
contro
Comune di Catanzaro, rappresentato e difeso dall'avv. R M, con domicilio eletto presso R M in Catanzaro, viale G. Argento, 14;
per l'annullamento
del provvedimento n. 42582 del 18/5/2015 con cui il Dirigente del Settore Edilizia Privata e Sue del Comune di Catanzaro ha rigettato la richiesta di permesso a costruire avanzata dalla ricorrente, nonché per l’accertamento del diritto della stessa ad ottenere il permesso di costruire, nonché per la condanna del Comune di Catanzaro ad adottare il permesso di costruire in favore della ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Catanzaro;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2016 il dott. N D e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente impugna, per violazione dell’art. 10- bis L. 7 agosto 1990 n. 241 e per travisamento dei fatti, il diniego di rilascio di permesso di costruire oppostole dal Comune di Catanzaro, ai fini della realizzazione di civili abitazioni in località Spagnolo di Giovino, su un terreno identificato al foglio di mappa n. 96, particelle n. 1101, 1103 e 1105, motivato sull’assenza di adeguate opere di urbanizzazione.
A tale scopo, deposita una certificazione rilasciatale dallo stesso Comune intimato, in data 24 novembre 2015, la quale attesterebbe l’esistenza di opere di urbanizzazione sufficienti a consentire l’edificazione negata.
Alla stregua di ciò, chiede l’accertamento del diritto ad ottenere il richiesto titolo e la condanna del Comune ad adottare l’atto in parola.
Resiste l’amministrazione comunale.
Con ordinanza n. 419/2015, la domanda cautelare incidentalmente proposta è stata respinta per assenza di periculum in mora .
All’udienza dell’8 giugno 2016, la causa è stata trattenuta per la decisione, disattendendosi la domanda di rinvio avanzata dal Comune intimato, non sussistendo motivi di inscindibile connessione tra processi ed in ragione dell’opposizione di controparte all’istanza di differimento.
DIRITTO
Il ricorso è fondato sotto l’assorbente profilo della violazione dell’art. 10- bis L. 7 agosto 1990 n. 241.
Ed invero, il preavviso di diniego previsto dalla norma indicata risponde all’esigenza di rendere noto l’orientamento contrario dell’amministrazione, nel caso di procedimenti a istanza di parte e prima dell’adozione del provvedimento sfavorevole, onde consentire al soggetto che ha presentato istanza, una volta venuto a conoscenza delle ragioni ostative addotte, di confutarle nell’ambito del procedimento amministrativo, se del caso modificando la domanda originaria o proponendo la stipula di accordi sostitutivi ai sensi dell’art. 11, non riservando così l’unico momento di confronto alla sede giurisdizionale o giustiziale, come avveniva prima della novella introdotta dalla L. 11 febbraio 2005 n. 15, allorquando, contro il provvedimento esplicito di diniego, non esisteva alcun tipo di reazione, se non quella che si traduceva nella proposizione di un ricorso (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. III, 19 marzo 2013 n. 430).
Ciò premesso, se è vero che tra il contenuto del preavviso di rigetto e quello della determinazione conclusiva del procedimento amministrativo non deve sussistere un rapporto di identità, né una corrispondenza puntuale e di dettaglio, è altresì necessario che la motivazione del provvedimento conclusivo di diniego si inscriva nello schema delineato dalla prima comunicazione, dovendosi ritenere precluso all’amministrazione fondare il diniego definitivo su ragioni del tutto nuove, non enucleabili dalla motivazione dell’atto endoprocedimentale.
E’ pertanto illegittimo il provvedimento negativo, la cui motivazione venga arricchita con ragioni giustificative non preventivamente sottoposte al doveroso contraddittorio procedimentale (cfr. T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, 20 ottobre 2011 n. 360).
Ora, nella fattispecie in esame, il preavviso di rigetto risulta argomentato sulla scorta della previa necessità di un piano di lottizzazione, in ragione delle disposizioni urbanistiche vigenti in zona.
Tuttavia, a seguito delle controdeduzioni dei parte, le quali hanno sostenuto che la lottizzazione sarebbe stata richiesta dal PRG in relazione ad altre zone, la motivazione dell’atto finale di diniego è stata “traslata” sul diverso aspetto dell’assenza di adeguate opere di urbanizzazione.
E’ evidente che, se un tale rilievo fosse stato formulato sin dal principio, la parte privata – che, come si è detto, ha tra l’altro depositato in giudizio una certificazione dello stesso Comune, relativa alle opere di urbanizzazione presenti nell’area – avrebbe potuto far valere tale circostanza nella sua sede propria, che è quella del procedimento amministrativo non concluso, riservando l’instaurazione di un giudizio solo a seguito di un’espressa confutazione della medesima.
Tanto non essendo avvenuto, ne consegue che l’atto impugnato dev’essere annullato, con conseguente obbligo del Comune di ripronunciarsi sull’istanza.
Inammissibili sono, per contro, le consequenziali domande di accertamento del diritto a costruire e conseguente condanna del Comune al rilascio dell’atto, posto che, avverso un esplicito provvedimento di diniego, è possibile proporre esclusivamente azione nell’ambito della giurisdizione ordinaria di legittimità, con esclusione di ogni domanda volta all’accertamento della fondatezza della sottostante domanda di permesso di costruire.
La soccombenza reciproca consente di compensare le spese del giudizio.