TAR Bari, sez. II, sentenza breve 2019-07-23, n. 201901063

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza breve 2019-07-23, n. 201901063
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201901063
Data del deposito : 23 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/07/2019

N. 01063/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00698/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 del codice del processo amministrativo;

sul ricorso numero di registro generale 698 del 2019, proposto da
Matarrese Service s.n.c. dei F.lli Matarrese, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F N e M M, con domicilio digitale come da PEC iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);

contro

Comune di Andria, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito;

per l'annullamento

“1) dell'ordinanza n. 185 del 12.04.2019 adottata del Sindaco del Comune di Andria, con cui il primo cittadino ha ordinato che le imprese titolari di distributori automatici di cibi e bevande dovranno utilizzare esclusivamente bicchieri, posate, mescolatori in materiale biodegradabile e compostabile certificato (lettera d);

2) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, in quanto lesivo”;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2019 l’Avv. Donatella Testini e uditi per la parte ricorrente parti i difensori avv.ti F N e M M;

Comunicata alle parti in forma diretta ed esplicita la possibilità di adottare una sentenza semplificata, ricorrendone le condizioni previste;

Sentite le stesse ai sensi dell'art. 60 del codice del processo amministrativo, approvato con il decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. Con ordinanza n. 185 del 12 aprile 2019, il Sindaco del comune di Andria, “al fine di promuovere e soddisfare i necessari criteri del riciclo e far sì che lo smaltimento costituisca la fase residuale della gestione dei rifiuti senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica locale e sulla base dei criteri di riduzione della produzione dei rifiuti, delle emissioni inquinanti e dei rischi ambientali”, ha ordinato - fra l’altro e per quel che qui rileva - alle imprese titolari di distributori automatici di cibi e bevande di “utilizzare esclusivamente bicchieri, posate, mescolatori, in materiale biodegradabile e compostabile certificato”.

Il Sindaco ha disposto che l’ordinanza “abbia efficacia, considerata la necessità di esaurire le scorte, a partire da 1 gennaio 2010”.

Nel provvedimento innanzi descritto, quali norme attributive del potere esercitato sono individuati gli articoli 50 del T.U.E.L., “così come modificato dall’art. 8, comma 1, lett. a), del D.L. 14/2017, convertito con modificazioni dalla legge n. 48/2017”;
181 e 182 del decreto legislativo n. 152 del 2016;
e 182 bis del ridetto decreto legislativo n. 152 del 2016, “così come aggiunto dall’articolo 9 del decreto legislativo n. 205 del 2010”.

Avverso il predetto atto insorge parte ricorrente, deducendone l’illegittimità per violazione degli articoli 41 e 97 della Costituzione e delle medesime norme in essa richiamate;
nonché per eccesso di potere sub specie di “difetto di motivazione, travisamento dei fatti, carenza d’istruttoria, illogicità e ingiustizia manifeste, difetto dei presupposti;
violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza dell’azione amministrativa;
sviamento;
incompetenza”.

Premesso di essere un’azienda leader nel settore della distribuzione automatica di cibi e bevande operante sia nel settore pubblico sia in quello privato con 232 punti vendita nel solo comune di Andria, rileva parte ricorrente che l’ordinanza impugnata è stata adottata ai sensi dell’articolo 50 del T.U.E.L., ma in totale assenza dei presupposti ivi richiesti per l’esercizio del potere extra ordinem .

L’atto gravato, inoltre, non avrebbe evidenziato alcuna situazione di pericolo in grado di arrecare grave pregiudizio di carattere sanitario o per l’igiene pubblica;
né alcun’indicazione del limite temporale di efficacia delle prescrizioni in essa previste.

Soggiunge la parte ricorrente che è la stessa ordinanza extra ordinem a smentire l’esistenza di una situazione di emergenza ambientale in quanto ha illogicamente e contraddittoriamente previsto di differire il proprio termine iniziale di efficacia al primo gennaio 2020.

Evidenzia l’inconferenza del richiamo all’articolo 9 bis del D.L. n. 91/2017: tale norma ha introdotto alcune disposizioni riguardanti la riduzione dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero (c.d. sacchetti mono uso) - ben diverse da bicchieri, posate e mescolatori, oggetto del provvedimento gravato – e non “il divieto definitivo di commercializzazione di contenitori non biodegradabili non rispondenti alla normativa comunitaria ed alle norme tecniche approvate a livello comunitario”, come erroneamente ritenuto dal Sindaco.

Parimenti erroneo sarebbe il riferimento alle fonti europee in quanto sia la c.d. Strategia Europea sulla plastica nell’economia circolare approvata dalla Commissione europea il 16 gennaio 2018 sia la risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 27 marzo 2019 sarebbero atti non vincolanti.

Ad ogni buon contro, comunque, la risoluzione legislativa non avrebbe imposto alcun divieto per bicchieri e posate monouso e per mescolatori in plastica, limitandosi a prevedere riduzione del consumo dei bicchieri sulla base di piani nazionali ad adottarsi nel futuro in base agli obiettivi che la Commissione definirà in futuro;
e il divieto di immissione di mescolatori e posate in plastica solo a partire dal 2021.

L’ordinanza, in assenza di attività istruttoria, ha richiamato generici impegni di raccolta differenziata e di obiettivi di sostenibilità ambientale del territorio, senza specificare neppure alcun profilo di urgenza delle prescrizioni imposte.

Il divieto introdotto, in definitiva, è privo di base normativa considerato che la normativa europea sul punto non solo non lo prevede, ma non ha ancora acquisito efficacia alcuna;
e, ancora, non spetterebbe agli enti locali recepire eventuali direttive, bensì solo ai singoli Stati membri.

Nell’evidenziare, infine, che la competenza in materia ambientale e di rifiuti non spetta al Comune, conclude per l’annullamento dell’atto gravato.

Il Comune intimato, ancorché ritualmente evocato in giudizio, non si è costituito.

La causa viene ritenuta per la decisione alla camera di consiglio del 2 luglio 2019.

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