TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2024-09-17, n. 202404993

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2024-09-17, n. 202404993
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202404993
Data del deposito : 17 settembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/09/2024

N. 04993/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00676/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 676 del 2021, proposto da
-OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato P V L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz 11;

per il risarcimento danno per lesioni permanenti.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 luglio 2024 la dott.ssa M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, Maresciallo Capo dei Carabinieri, a seguito del procedimento penale instaurato a suo carico è stato destinatario dei seguenti provvedimenti:

- decreto n. -OMISSIS-/3-7/2006 del 24 febbraio 2006, con cui è stata disposta la “sospensione precauzionale dall’impiego” a titolo obbligatorio, a decorrere dal 24 gennaio 2006, ai sensi dell’articolo 20, comma secondo, della legge 31 luglio 1954, n. 599, poiché tratto in arresto in esecuzione di specifica ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Napoli in relazione al reato in concorso di “-OMISSIS-”;

- decreto n. -OMISSIS-/III-9/2007 del 26 giugno 2007, con cui è stata disposta la “sospensione precauzionale dall’impiego” a titolo facoltativo, a decorrere dalla data del decreto, ai sensi dell’articolo 20, comma primo della legge n. 599/1954, poiché la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli aveva esercitato l’azione penale in ordine ai delitti di “-OMISSIS-” e “-OMISSIS-”, reati per i quali, qualora confermati da sentenza irrevocabile di condanna, sarebbe potuta derivare la “perdita del grado” del militare;

- decreto n. -OMISSIS-/III-7/2012 del 31 gennaio 2012, con cui si disponeva, essendo decorso il termine quinquennale di durata della sospensione precauzionale, la “sospensione dal servizio” ai sensi del combinato disposto degli articoli 919, comma terzo, lettera a) e 917, comma primo del Decreto Legislativo n. 66/2010, a decorrere dal 12 novembre 2011, previa contestazione e contraddittorio con l’interessato, considerata l’eccezionale gravità dei fatti contestati.

Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 29 marzo 2013, ha dichiarato non doversi procedere per il reato ex artt.110 e 416 c.p. per -OMISSIS- di cui al capo C), perché estinto per intervenuta prescrizione;
e ha condannato il ricorrente alla pena di quattro anni di reclusione per il reato ex artt.110, 479 in relazione all’art.476 cpv, per falso verbale di interrogatorio, di cui al capo M).

Con decreto del 27 marzo 2014, notificato il primo maggio 2014, l’istanza di riammissione in servizio del ricorrente è stata respinta.

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza del 29 gennaio 2015, in riforma del giudizio di primo grado, ha assolto il ricorrente ai sensi dell’art. 530 comma 1° c.p.p. dal reato di cui al capo M) artt. 110, 479 c.p. in relazione all’art. 476 cpv. c.p. perché il fatto non sussiste e dal reato di cui al capo C) artt. 110 e 416 c.p. per non aver commesso il fatto.

Il ricorrente, alla luce dei favorevoli sviluppi giudiziari, con istanza del 3 febbraio 2015 chiedeva la revoca retroattiva, a tutti gli effetti, della sospensione cautelare in atto, con contestuale riammissione in servizio.

L’amministrazione, considerato che a norma dell’articolo 918, comma primo, del Decreto Legislativo n. 66/2010, “la sospensione è revocata retroattivamente a tutti gli effetti se il procedimento penale ha termine con sentenza definitiva che dichiara che il fatto non sussiste o che l’imputato non l’ha commesso” disponeva, con decreto n. 131/I-3/2015 del 19 marzo 2015, la riammissione in servizio del ricorrente, pur dovendo attendere, tuttavia, l’esecutività della sentenza de qua per l’adozione del successivo atto di revoca retroattiva del provvedimento cautelare.

Alla luce delle risultanze processuali e a seguito della definitività della sentenza di appello, l’amministrazione disponeva, poi, con decreto n. 419/I-3/2015 del l’8 ottobre 2015 la revoca retroattiva a tutti gli effetti giuridici ed economici del periodo di sospensione cautelare sofferto dal ricorrente.

Con provvedimento del 19 maggio 2015, accogliendo l’istanza del ricorrente, il ricorrente veniva trasferito “a domanda” alla Stazione di -OMISSIS- come addetto senza ASGI.

Il 15 ottobre 2015, il Comando Legione Carabinieri Campania, dopo aver inviato al ricorrente preavviso di rigetto e aver valutato le osservazioni endoprocedimentali prodotte, notificava al ricorrente il rigetto della istanza con cui aveva chiesto la titolarità della stazione di -OMISSIS- con ASGI.

Con nota del 25 novembre 2015, spedita a mezzo servizio postale con raccomandata A/R in data 26 novembre 2015, il ricorrente, per il tramite del proprio legale, chiedeva il risarcimento dei danni (biologico, morale, esistenziale) patiti a seguito di quanto sopra esposto, quantificati in complessivi € 46.711,17, senza ottenere risposta dall’amministrazione.

Con nota del 27 ottobre 2020, il ricorrente riproponeva nuovamente la citata domanda risarcitoria, sostanzialmente identica a quella del 25 novembre 2015, rimasta senza risposta.

Il ricorrente, con il presente ricorso, notificato in data 22 gennaio 2021 e depositato in 18 febbraio 2021, agisce per il risarcimento del danno, biologico, esistenziale e morale, subito a seguito della vicenda sopra descritta, quantificato, tenendo conto delle “Tabelle di Milano”, in euro 46.711,17 (percentuale d’invalidità permanente: 5%;
giorni d’invalidità temporanea totale: centottanta;
giorni d’invalidità temporanea parziale al 50%: centottanta;
giorni d’invalidità temporanea parziale al 25%:centottanta;
danno morale 33,33%), o comunque nella maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione.

Il ricorrente, in particolare, deduce che: - è stato, in buona sostanza, sospeso a titolo facoltativo per circa otto anni a seguito del giudizio penale istaurato a suo carico;
- l’intero procedimento disciplinare sarebbe viziato, posto che in pendenza di procedimento penale (all’epoca nella fase di 1° grado, prima ancora che si pervenisse a sentenza) detto procedimento non poteva essere avviato, in virtù del principio costituzionale della “presunzione di non colpevolezza” fino a sentenza irrevocabile di condanna;
- la sospensione precauzionale dall’impiego comunque non potrebbe avere una durata superiore a cinque anni;
- sarebbe mancante il presupposto dell’eccezionale gravità dei fatti per la prosecuzione della sospensione cautelare ex art. 919 comma 3° C.O.M. una volta scaduto il quinquennio;
- nel caso di specie non sarebbe stata applicabile la massima sanzione di stato della “perdita del grado” posto che anche in ipotesi di condanna per l’unico reato che ha visto il ricorrente imputato nel secondo grado di giudizio, il ricorrente avrebbe potuto beneficiare della sospensione condizionale della pena con una pena molto al di sotto di quella subita in primo grado;
- il provvedimento di sospensione precauzionale dall’impiego del 31 gennaio 2012 sarebbe altresì illegittimo perché assunto in applicazione di una normativa entrata in vigore nel 2010 ed illegittimamente applicata con effetti retroattivi;
- per tutto quanto esposto, quindi, il provvedimento di sospensione precauzionale dal servizio del 31 gennaio 2012 sarebbe illegittimo così come lo sarebbe anche la determina del 27 marzo 2014, notificata il primo maggio 2014, di rigetto dell’istanza di riammissione in servizio del 1° luglio 2013;
- a seguito della riammissione in servizio, al ricorrente è stata rigettata l’istanza con cui, evidenziando tra l’altro che prima della sospensione aveva svolto l’incarico di -OMISSIS-, aveva chiesto di ottenere la titolarità della Stazione di -OMISSIS-: la determina di rigetto sarebbe basata su motivazioni del tutto generiche e contraddittorie e, pertanto, il ricorrente avrebbe subito un grave e immotivato demansionamento delle funzioni;
- a seguito della condotta tenuta dall’amministrazione, il ricorrente lamenta che avrebbe subito un danno biologico e morale, in particolare con riferimento: “al turbamento psichico prodotto dal demansionamento delle funzioni da -OMISSIS- (NA) a sottordine presso la Stazione CC di -OMISSIS- (NA);
all’umiliazione ed alla rabbia prodotta dall’ingiusto procedimento penale subito senza aver commesso alcuno dei fatti contestati ed in specie, dalla prolungata ed illegittima sospensione precauzionale dall’impiego;
al disagio psicologico sofferto tutt’ora in ambiente lavorativo per il ritorno nell’Arma come sottordine;
alle preoccupazioni relative alla compromissione della propria carriera”, con violazione da parte dell’Amministrazione di appartenenza dell’obbligo di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del dipendente (art. 2087 c.c.).

Si è costituita in giudizio l’amministrazione intimata che ha depositato relazione, con relativa documentazione, con cui eccepisce la tardività del ricorso e argomenta per l’infondatezza dello stesso.

Il ricorso è infondato secondo quanto segue, il che consente al collegio di soprassedere sulla questione di possibile tardività del ricorso.

Va, innanzitutto rilevato che le condotte “ascritte” alla amministrazione si sono concretate in atti amministrativi (provvedimenti di sospensione e diniego di assegnazione della titolarità della stazione dei carabinieri di -OMISSIS-) avverso i quali il ricorrente non risulta aver esperito nei termini di legge alcuna azione impugnatoria.

D’altra parte, però, la domanda formulata dal ricorrente nel presente giudizio va comunque qualificata come domanda di risarcimento danni per la lesione della integrità psico-fisica nell'ambito dell'attività lavorativa alle dipendenze del corpo militare di appartenenza e lesione della professionalità, derivante da asseriti comportamenti vessatori da parte dell’amministrazione e demansionamento.

Orbene, nessuno degli episodi denunciati dal ricorrente in relazione alla sospensione dall’impiego può essere qualificato come vessatorio, costituendo invece i provvedimenti adottati dall’amministrazione legittima esplicazione del potere di sospensione cautelare dall’impiego assegnato all’amministrazione dalle disposizioni del codice militare in relazione ai fatti inerenti alla vicenda penale che ha visto coinvolto il ricorrente così come emergenti al momento dell’adozione del provvedimenti stessi, nè sussiste l’asserito illegittimo e persecutorio “demansionamento”.

In particolare:

- il richiamo del ricorrente al principio della presunzione di non colpevolezza sancito nell’art. 27 della Costituzione non risulta pertinente nel caso di specie. Si discute, infatti, della sospensione precauzionale dal servizio del militare che è una misura di carattere cautelare e non sanzionatoria volta alla tutela del superiore interesse pubblico perseguito dall'Amministrazione, che potrebbe risultare compromesso dalla permanenza in servizio di un dipendente cui sono contestati fatti penalmente rilevanti (tra le altre, cfr. Cons. di Stato, sent. n.559 del 2017);

- legittimamente l’amministrazione ha adottato il decreto del 24 febbraio 2006 disponendo la “sospensione precauzionale dall’impiego” a titolo obbligatorio, a decorrere dal precedente 24 gennaio, e ciò in applicazione dell’articolo 20, comma secondo, della legge 31 luglio 1954, n. 599, pro tempore vigente, poiché il ricorrente era stato tratto in arresto in esecuzione di specifica ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari;

- anche la “sospensione precauzionale dall’impiego” a titolo facoltativo, disposta con decreto del 26 giugno 2007, ai sensi dell’articolo 20, comma primo, della Legge n. 599/1954, pro tempore vigente, è da ritenersi legittima sulla base degli elementi acquisiti e valutati dall’amministrazione al momento dell’adozione del provvedimento, considerata la gravità delle fattispecie di reato per le quali la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli aveva esercitato l’azione penale (delitti di “-OMISSIS-” e “-OMISSIS-” con riferimento al falso verbale di interrogatorio) e in relazione alle quali sarebbe potuta derivare la “perdita del grado” del militare (si ricorda, infatti, che la sospensione cautelare dall’impiego di cui si discute, presuppone, per costante giurisprudenza, che il titolo di reato di cui è accusato il militare rientri tra quelli che “astrattamente” possono produrre tale conseguenza, cfr. in tale senso, tra le altre, Tar Nepoli, sent. n. 7224 del 2021);
e considerata la valutazione non irragionevole, alla luce dei gravissimi fatti di cui era accusato il ricorrente, di possibile pregiudizio al decoro e prestigio dell’Amministrazione militare e di grave turbativa al servizio;

- legittima è anche l’ulteriore sospensione precauzionale di cui al decreto del 31 gennaio 2012, in quanto disposta in applicazione del combinato disposto degli articoli 919, comma terzo, lettera a) e 917, comma primo del Decreto Legislativo n. 66/2010 (norme applicabili ratione temporis al procedimento in questione che, come già sopra evidenziato, riguarda non l’applicazione di una sanzione ma di una misura cautelare), previa contestazione degli addebiti e contraddittorio con l’interessato, considerato che la valutazione dell’amministrazione di eccezionale gravità dei fatti contestati al ricorrente, dai quali poteva derivare astrattamente la perdita del grado, nonchè di nocumento per il prestigio dell’Arma e di grave turbativa per il regolare svolgimento del servizio, non poteva ritenersi irragionevole, alla luce di tutte le circostanze considerate dall’amministrazione al momento dell’adozione del provvedimento e tenuto conto della complessiva istruttoria svolta. Nella fattispecie, i fatti di cui il ricorrente era accusato erano obiettivamente gravissimi e giustificavano l’allontanamento dal servizio del ricorrente, essendo evidente che egli non poteva esercitare le sue funzioni con la necessaria credibilità e autorevolezza ed il pregiudizio per il prestigio dell’amministrazione che poteva derivare dalla sua permanenza in servizio;

- così come è da ritenersi giustificata, considerato quanto sopra e stante quanto deciso dal Tribunale di Napoli con sentenza di primo grado del 29 marzo 2013 (con cui il Tribunale aveva dichiarato non doversi procedere per il reato ex artt.110 e 416 c.p. per -OMISSIS- perché estinto per intervenuta prescrizione e aveva condannato il ricorrente alla pena di quattro anni di reclusione per il reato ex artt.110, 479 in relazione all’art.476 cpv, per falso verbale di interrogatorio), la decisione dell’amministrazione del 27 marzo 2014 di respingere l’istanza di riammissione in servizio del ricorrente.

Va, inoltre, rilevato che l’amministrazione, a seguito della sentenza della Corte di Appello di Napoli del 29 gennaio 2015 che ha riformato la sentenza di primo grado e ha assolto il ricorrente, ha subito disposto la riammissione in servizio del ricorrente e, non appena divenuta irrevocabile tale sentenza, ha provveduto a revocare retroattivamente i provvedimenti di sospensione cautelare adottati e ciò “a tutti gli effetti”, sempre in attuazione della disciplina di legge.

Quanto poi al diniego del 15 ottobre 2015 di assegnazione della titolarità della stazione di -OMISSIS-, va rilevato che, oltre a non essere stato stato illo tempore oggetto di tempestiva impugnazione, lo stesso si basa su una valutazione, espressione di discrezionalità propria dell’amministrazione, che è da ritenersi esente da profili di manifesta irragionevolezza, considerato che l’amministrazione nel diniego ha evidenziato che il comandante della Stazione di -OMISSIS-, sebbene in trasferimento temporaneo ad altra sede di servizio, non aveva perso la titolarità del reparto e che la sede vacante era già retta da altro maresciallo;
e che, inoltre, la lunga assenza del ricorrente comunque richiedeva che lo stesso dovesse prima riacquisire una completa conoscenza dei nuovi sistemi applicativi dell’Arma e delle disposizioni ordinative, operative e addestrative, e ciò al fine di garantire una precisa e sicura azione di comando. Valutazioni basate sulla oggettiva situazione di fatto e non palesemente irragionevoli, che non possono dirsi frutto di un arbitrio o di una volontà persecutoria dell’amministrazione.

Per quanto sopra, pertanto, il ricorso va respinto.

Considerata la particolarità della vicenda si ritiene di disporre la compensazione delle spese di giudizio.

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