TAR Bari, sez. III, sentenza 2022-01-27, n. 202200163

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. III, sentenza 2022-01-27, n. 202200163
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202200163
Data del deposito : 27 gennaio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/01/2022

N. 00163/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01584/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la PU

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1584 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato Stefano Pio Foglia, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Nino Matassa in Bari, via Andrea da Bari, 35;



contro

Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Turismo e Soprintendenza per i Beni Archeologici della PU - Taranto, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria ex lege in Bari, via Melo, 97;
Comune di Manfredonia, non costituito in giudizio;



per l’annullamento

- del provvedimento prot. n. 11257 reso dal Soprintendente per i Beni Archeologici della PU - Taranto in data 12.9.2014, comunicato il successivo 15.9.2014, avente ad oggetto “M (FG) - ON: località Tufara, -OMISSIS-. Richiesta di Sanatoria per due tettoie in complesso artigianale. RICHIESTA RIESAME”;

- di ogni altro atto presupposto, consequenziale e/o connesso a quello impugnato anche se non ancora conosciuto, ivi compreso ed ove occorra, la nota prot. n. 5279 resa dal Soprintendente per i Beni Archeologici della PU - Taranto in data 1°.4.2010, avente ad oggetto “M (FG) - ON: località Tufara -OMISSIS-. Richiesta di Sanatoria per due tettoie in complesso artigianale. PARERE”;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Turismo e della Soprintendenza per i Beni Archeologici della PU - Taranto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2022 per le parti i difensori nessun avvocato presente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:



FATTO e DIRITTO

1. - La società ricorrente -OMISSIS- è succeduta alla -OMISSIS- nella proprietà di un complesso artigianale nato nel 1965, adibito a deposito legname e a laboratorio ad uso falegnameria, sito in Manfredonia alla -OMISSIS-.

L’area su cui detto opificio insiste si sviluppa su una superficie complessiva di circa 6000 mq. ed è censita al N.C.E.U. del Comune di Manfredonia al -OMISSIS-

Il lotto in esame ricade all’interno delle Zone omogenee D3E del vigente PRG comunale, tipizzate come “Aree per piccole industrie e artigianato” ed è assoggettato a vincolo archeologico in virtù del D.M. 24.9.1988.

In data 1°.3.1995 la deducente presentava al Comune di Manfredonia apposita domanda di condono ai sensi dell’art. 39 legge n. 724/1994 prot. n. 010749, chiedendo la sanatoria di due tettoie in lamiera grecata.

In considerazione della mancata risposta da detta istanza in data 9.9.2009 la società adiva la Soprintendenza per i Beni Archeologici della PU onde provocare il rilascio del parere di competenza.

Con il censurato preavviso di diniego n. 5279 del 1°.4.2010 la Soprintendenza per i Beni Archeologici per la PU - Taranto, nel rappresentare, in via preliminare, che “… il complesso artigianale in argomento ricade in area di interesse archeologico sottoposta a vincolo con D.M. del 24.09.1988, motivato dalla presenza di cospicue testimonianze riferibili alla colonia romana e all’abitato medievale di ON; valutati i risultati degli scavi effettuati a più riprese nelle vicinanze del complesso artigianale di cui trattasi (-OMISSIS-), muri ben conservati in opera reticolata e listata, pertinenti ad un impianto di notevole rilievo ( domus , villa o terme), tratti di muretti relativi ad ambienti privati, nonché un muro realizzato in blocchetti squadrati da riferirsi ad un importante edificio e svariate tombe a fossa terragna contenenti inumazioni infantili; tenuto conto della localizzazione del complesso artigianale nel cuore del Parco Archeologico, tuttora oggetto di progettazioni finalizzate alla piena valorizzazione del sito; considerato che le opere in oggetto della richiesta di sanatoria, presentando un forte impatto non sono compatibili con tale progetto di valorizzazione …” comunicava “… per quanto di competenza ai sensi dell’art. 10- bis della legge 241/1990 s.m.i. di essere intenzionata a esprimere parere negativo”, invitando contestualmente gli interessati a produrre entro 10 gg. dal ricevimento della prefata nota eventuale documentazione.

Con nota del 16.4.2010 la società ricorrente formulava le proprie osservazioni.

Con l’impugnato parere definitivo n. 11257 del 12.9.2014 la Soprintendenza Archeologica di Taranto, dopo avere evidenziato, ancora una volta, l’importanza dell’area in cui ricadono le opere in sanatoria (“presenza di importanti e cospicue testimonianze riferibili alla colonia romana e all’abitato medievale di ON”) e dopo aver ribadito “che l’esecuzione delle strutture (in sanatoria) è successiva alla istituzione del decreto di vincolo (D.M. 24.09.1988)” così concludeva: “questa Soprintendenza, ai sensi dell’art. 32, comma 27, lett. d) dl 269/2003, conferma il parere espresso in prima istanza ed esclude la sanatoria”.

Con l’atto introduttivo del presente giudizio la ricorrente impugnava gli atti in epigrafe indicati, deducendo censure così riassumibili:

1) violazione e falsa applicazione di legge (artt. 2, 3 e 10- bis legge n. 241/1990); violazione del principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost.; eccesso di potere (difetto di motivazione; carenza d’istruttoria; irragionevolezza ed illogicità grave e manifesta);

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 32, commi 27, lett. d) e 43- bis decreto-legge n. 269/2003; violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 33 legge n. 47/1985 e 39 legge n. 724/1994; violazione e falsa applicazione degli artt. 21 e 22 dlgs n. 42/2004; violazione del principio di buon andamento di cui all’art. 97 Cost.; eccesso di potere (difetto di motivazione; carenza d’istruttoria; irragionevolezza ed illogicità grave e manifesta);

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 legge n. 241/1990; violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.; violazione dei principi di trasparenza, efficienza e buon andamento della P.A.; eccesso di potere (carenza assoluta dei presupposti; difetto d’istruttoria e di motivazione, sviamento);

4) violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 10- bis legge n. 241/1990; violazione e falsa applicazione degli artt. 32, 33 e 35 legge n. 47/1985 e 39 legge n. 724/1994; violazione e falsa applicazione degli artt. 21 e 22 dlgs n. 42/2004; violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost.; violazione dei principi di trasparenza, efficienza e buon andamento della P.A.; eccesso di potere (carenza assoluta dei presupposti; difetto d’istruttoria e di motivazione, sviamento).

2. - Si costituivano in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ed il Turismo e la Soprintendenza per i Beni Archeologici della PU - Taranto, resistendo al gravame.

3. - All’udienza pubblica del 13 gennaio 2022 la causa passava in decisione.

4. - Ciò premesso in punto di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso debba essere respinto in quanto infondato.

4.1. - Quanto al primo motivo di gravame relativo alla asserita violazione dell’art. 10- bis legge n. 241/1990 per non avere l’Amministrazione adeguatamente motivato il provvedimento finale del 12.9.2014 in ordine alle osservazioni presentate dalla ditta ricorrente, va evidenziato che nel caso di specie trova applicazione il primo periodo dell’art. 21- octies , comma 2 legge n. 241/1990 (“Non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”), con consequenziale reiezione della doglianza de qua , e non già il secondo periodo (“Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”), quest’ultimo peraltro integrato dalla novella di cui all’art. 12, comma 1, lett. i), decreto-legge n. 76/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 120/2020, con l’introduzione di un terzo periodo (“La disposizione di cui al secondo periodo non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10- bis ”).

Se, infatti, nel caso di specie fosse stato applicabile il secondo inciso della disposizione in commento, non si sarebbe potuto pervenire all’esito del non accoglimento della censura in esame a fronte della dedotta (e comunque verificatasi) violazione dell’art. 10- bis legge n. 241/1990 (in mancanza di motivazione da parte della P.A. nel gravato provvedimento del 12.9.2014 circa le osservazioni presentate dalla ditta istante, stante il chiaro tenore del citato art. 10- bis , comma 1, quarto periodo: “Qualora gli istanti abbiano presentato osservazioni, del loro eventuale mancato accoglimento il responsabile del procedimento o l’autorità competente sono tenuti a dare ragione nella motivazione del provvedimento finale di diniego indicando, se ve ne sono, i soli motivi ostativi ulteriori che sono conseguenza delle osservazioni”), non avendo l’Amministrazione resistente per nulla ottemperato in questo giudizio all’onere probatorio previsto dal menzionato secondo periodo dell’art. 21- octies , comma 2 legge n. 241/1990.

In ogni casi si deve escludere l’applicabilità del principio del raggiungimento del risultato (di cui al secondo periodo del comma 2 dell’art. 21- octies ) alla ipotesi della violazione dell’art. 10- bis legge n. 241/1990, come appunto precisato dall’innovativo

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