TAR Venezia, sez. II, sentenza 2011-05-31, n. 201100920
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N. 00920/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00341/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 341 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da Immobilcommer s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati A C, S L, M C, legalmente domiciliata presso la Segreteria del T.A.R., ai sensi dell’art. 25 c.p.a.;
contro
il Comune di Asiago, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati V D e F C, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Venezia, Piazzale Roma, 468/B;
per l'annullamento
quanto al ricorso principale:
- della nota prot. n. 17289 del 22.12.2009, a firma del Responsabile dello Sportello Unico per l’Edilizia, nella parte in cui subordina il rilascio del certificato di agibilità alla presentazione di un atto di vincolo di destinazione d’uso a prima casa degli alloggi oggetto della richiesta;
quanto ai motivi aggiunti, depositati il 7.10.2010:
- della determinazione negativa assunta dal Comune di Asiago in merito all’istanza di rilascio del certificato di agibilità presentata dalla ricorrente il 15.12.2009;
quanto ai motivi aggiunti, depositati l’1.12.2010:
per la declaratoria della nullità e/o inefficacia della convenzione urbanistica per la realizzazione del Piano di lottizzazione “Area Civica Ambito V – Zocchi”, a firma notaio G. Muraro di Asiago, rep. n. 107.503 del 15.3.2007, e dell’atto di vincolo di destinazione d’uso che ne forma parte integrante, limitatamente alla parte in cui i medesimi condizionano il rilascio del certificato di agibilità delle singole unità abitative alla presentazione, da parte del proprietario, di un atto d’obbligo a destinare le unità stesse a residenza permanente;
della clausola apposta in calce al permesso di costruire n. 153/2007, prot. n. 4861 dell’11.10.2007, che ribadisce la necessità di presentare il suddetto atto di vincolo prima del rilascio del certificato di agibilità.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Asiago;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2011 il referendario M P e uditi l’avvocato Calegari per la parte ricorrente e l’avvocato Ciani, in sostituzione dell’avvocato Curato, per il Comune intimato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
A. La società ricorrente acquistava, con atto rep. n. 10913 del 27.6.2007, dai coniugi B e F un’area edificabile, inclusa nella lottizzazione “Zocchi di sopra”, in Comune di Asiago, realizzandovi un edificio residenziale plurifamiliare, in forza del permesso di costruire n. 153 dell’11.10.2007.
B. In calce a tale ultimo titolo edificatorio era apposta la prescrizione che il certificato di agibilità dell’immobile de quo sarebbe stato rilasciato per ogni singola unità abitativa dopo che l’Amministrazione comunale ne avesse conosciuto l’acquirente e lo stesso avesse sottoscritto l’atto di vincolo a prima casa.
C. Una volta realizzato l’immobile, la società ricorrente chiedeva il rilascio del certificato di agibilità e il Responsabile dello Sportello Unico per l’Edilizia lo subordinava alla presentazione dell’atto di vincolo a prima casa.
D. Posto che la società ricorrente non ha ricevuto alcuna richiesta di acquisto da parte di soggetti muniti dei requisiti prescritti dall’Amministrazione comunale, si è venuta a creare una situazione di stallo che cagiona un grave danno all’Immobilcommer s.r.l. in quanto le rende impossibile il concreto utilizzo delle unità immobiliari edificate.
E. Quindi la società ricorrente ha impugnato la nota prot. n. 17289 del 22.12.2009 che, sebbene possa considerarsi atto endoprocedimentale per la parte relativa al mancato rilascio del certificato di agibilità, è, invece, immediatamente lesiva della sfera giuridica della società ricorrente nella parte in cui ne subordina il rilascio alla presentazione di un atto di vincolo a prima casa.
F. La ricorrente deduce l’illegittimità dell’atto gravato:
1) per violazione e falsa applicazione dell’art. 24, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001 in quanto il certificato di agibilità attesta la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati con la conseguenza che la sua emissione non può essere subordinata all’assolvimento di adempimenti che non abbiano alcuna relazione con i detti requisiti;
2) per violazione e falsa applicazione dell’art. 24, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001, nonché per eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità manifesta giacché il rilascio di un certificato di agibilità è connesso all’esecuzione di opere edilizie che influiscono su elementi strutturali e materiali di un fabbricato alterandone le condizioni di sicurezza e igienico – sanitarie. Ne discende, quindi, ad avviso della ricorrente, che l’aver subordinato il rilascio del certificato di agibilità alla condizione che il soggetto acquirente stabilisca la propria residenza nell’immobile per un ventennio è illogico poiché lega l’agibilità a requisiti soggettivi del proprietario, anziché a condizioni oggettive dell’immobile;
3) per violazione e falsa applicazione dell’art. 42 delle N.T.A., nonché per eccesso di potere per sviamento in quanto l’intenzione del Comune sembra quella di dare applicazione all’art. 42, comma 7, delle N.T.A. in forza del quale nelle zone riservate alla costruzione di prime case vi è l’obbligo di destinare le unità immobiliari a residenza permanente con l’istituzione di un vincolo da trascrivere nei registri immobiliari. Tale ultima disposizione, però, non prevede che il vincolo di destinazione a residenza principale sia condizione per il rilascio dell’agibilità con la conseguenza che il Comune, optando per una simile soluzione, utilizza il detto certificato per finalità diverse, vale a dire il controllo sull’uso dei fabbricati, rispetto a quelle attribuite dall’art. 24 del T.U. Edilizia.
G. Con motivi aggiunti, depositati il 7.10.2010, la società ricorrente ha impugnato la nota prot. n. 9938 del 3.8.2010 con la quale il Responsabile dello Sportello Unico per l’Edilizia confermava l’impossibilità di procedere al rilascio del certificato di cui agli artt. 24 e ss del d.P.R. n. 380/2001, ribadendo la necessità della presentazione di un atto di vincolo di destinazione d’uso a prima casa, come stabilito nell’art. 18 della convenzione urbanistica sottoscritta per gli alloggi oggetto della richiesta.
H. La società ricorrente censura la legittimità del predetto provvedimento per le medesime ragioni già esposte nel ricorso principale, evidenziando, altresì, che la richiesta del Comune appare del tutto ingiustificata a fronte dell’esistenza di un atto di vincolo, rappresentato da quello sottoscritto dai danti causa dell’attuale ricorrente al momento della conclusione della convenzione.
I. Con l’ordinanza n. 716 del 20.10.2010 il Collegio ha respinto la domanda di misure cautelari ritenendo che il pregiudizio lamentato dalla ricorrente discendesse dalla convenzione di lottizzazione e dal permesso di costruire n. 153/2007, piuttosto che dal diniego impugnato il quale appare meramente applicativo dei detti atti.
L. Con motivi aggiunti, depositati l’1.12.2010, la società ricorrente, tenuto conto delle motivazioni esposte nella richiamata ordinanza di sospensiva, ha chiesto la declaratoria di nullità e/o inefficacia della clausola della convenzione di lottizzazione e di quella del permesso di costruire che subordinano il rilascio del certificato di agibilità all’atto di vincolo a prima casa delle unità abitative edificate ovvero il loro annullamento.
M. Premessa la tempestività dell’azione di nullità, in quanto proposta nel termine di 180 giorni dall’entrata in vigore del c.p.a. (16.9.2010), la società ricorrente ha dedotto l’inopponibilità nei suoi confronti della convenzione e dell’atto d’obbligo sottoscritti dai suoi danti causa trattandosi di obbligazione personale esigibile solo dai sigg.ri F e B. Né la trascrizione della convenzione vale a trasformare la natura dell’obbligazione assunta dai danti causa dell’attuale ricorrente da obbligazione personale a obbligazione reale. Inoltre, ad avviso di parte ricorrente, la clausola de qua deve essere qualificata come divieto di alienazione ex art. 1379 c.c. e, come tale, non solo può produrre i propri effetti esclusivamente tra le parti che l’hanno sottoscritta, ma è altresì nulla. Ne discende, quindi, anche l’inefficacia della clausola apposta in calce al permesso di costruire n. 153/2007, la quale si limita a ribadire un’obbligazione inopponibile all’odierna ricorrente e non è di per sé sola idonea a imporre autonomamente alla società ricorrente il detto obbligo. La società ricorrente ha, infine, dedotto la nullità della convenzione e dell’atto d’obbligo nella parte in cui prevedono che il rilascio del certificato di agibilità sia subordinato alla presentazione dell’atto di vincolo a residenza permanente, in quanto il Comune, pur non avendo i relativi poteri, ha previsto un requisito per il rilascio dell’agibilità ulteriore rispetto a quanto stabilito dalla legislazione statale in materia, e ha apposto delle clausole che sono contrarie all’ordine pubblico giacché limitano l’utilizzabilità e la disponibilità del bene, determinandone un’inalienabilità a tempo indefinito.
N. Il Comune di Asiago, ritualmente costituito in giudizio, ha concluso per la reiezione del ricorso, evidenziando come la società ricorrente si sia convenzionalmente obbligata a destinare le nuove unità abitative a residenza permanente mediante la costituzione di un vincolo ventennale di destinazione d’uso da trascrivere nei registri immobiliari, sia con la convenzione urbanistica nei cui obblighi è subentrata ai suoi danti causa, sia con il successivo permesso di costruire n. 153/2007.
Alla pubblica udienza del 6.4.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Il Collegio ritiene opportuno ai fini della decisione richiamare brevemente il susseguirsi degli atti oggetto di contestazione nella presente controversia.
2. Con la convenzione urbanistica per la realizzazione del piano di lottizzazione “Area civica ambito V – Zocchi”, sottoscritta il 15.3.2007 tra i danti causa dell’odierna società ricorrente e il Comune di Asiago, i sigg.ri F e B si impegnavano, ai sensi dell’art. 18, a destinare le nuove unità immobiliari “a residenza permanente mediante costituzione di un vincolo ventennale da trascrivere nei registri immobiliari per la non variazione d’uso e per la non alienazione e la non locazione della nuova abitazione a società o enti di qualsiasi genere o a persone che già dispongano di una abitazione di proprietà, o siano titolari di diritti di usufrutto su fabbricati, nel territorio della Comunità Montana dell’Altopiano dei Sette Comuni”. In forza del successivo art. 19 la ditta lottizzante si impegnava, altresì, in caso di trasferimento anche parziale delle aree, a inserire una specifica clausola nei contratti di cessione per rendere edotti i cessionari del rispetto del suddetto vincolo e di tutti gli obblighi e oneri derivanti dalla convenzione.
3. Con atto di compravendita rep. n. 10913 del 27.6.2007 i sigg.ri F e B vendevano all’Immobilcommer s.r.l. le aree oggetto della predetta convenzione urbanistica e quest’ultima dichiarava “ di ben conoscere e di accettare subentrando nei relativi obblighi ai sensi dell’art. 19 della convenzione stessa, con la precisazione che la parte venditrice si impegna nei confronti della parte acquirente, assumendone il relativo obbligo, a portare a termine e a completare le opere di urbanizzazione non ancora completate, ottenendo il prescritto collaudo”.
4. Quindi l’11.10.2007 il Comune di Asiago rilasciava all’Immobilcommer s.r.l. il permesso di costruire n. 153 per la realizzazione di un edificio residenziale plurifamiliare, ribadendo quale ulteriore prescrizione al punto 4), per quanto riguarda la destinazione a prima casa degli alloggi di progetto, “che dovrà essere sottoscritto atto notarile di vincolo, redatto nelle dovute forme di legge, prima dell’agibilità (…)” e specificando che il rilascio del certificato di agibilità avverrà “per ogni singola U.I., solo dopo che sia conosciuto l’acquirente o il locatario, che sia dimostrato il possesso dei requisiti dello stesso, e sia sottoscritto, appunto, prima del rilascio dell’agibilità, l’atto di vincolo venticinquennale “prima casa” secondo lo schema approvato dal C.C. e allegato alla Convenzione”.
5. Orbene, alla luce delle predette clausole, il Collegio non ritiene condivisibile la prospettazione di parte ricorrente secondo la quale il contenuto delle stesse non le sarebbe opponibile poiché trattandosi di obbligazioni personali e non reali, il Comune ne potrebbe pretendere l’adempimento esclusivamente da parte dei danti causa, originari lottizzanti.
5.1. E, infatti, a prescindere dalla natura reale o personale dell’obbligazione dedotta in convenzione, dal tenore letterale delle clausole riportate sia nell’atto di compravendita che in calce al permesso di costruire, si desume che la società ricorrente ha fatto propri gli obblighi dedotti nella convenzione urbanistica sottoscritta tra il Comune di Asiago e i sigg.ri F e B, obbligandosi segnatamente a adempiere al vincolo imposto con l’art. 19 della predetta convenzione. Ad avviso del Collegio, quindi, non appare dirimente nella fattispecie in esame se l’obbligazione di cui all’art. 18 si sia trasferita in capo alla società ricorrente automaticamente con il passaggio di proprietà del bene, giacché anche qualora ciò non fosse stato, l’Immobilcommer s.r.l. si è espressamente obbligata ad adempierla facendone oggetto di espressa clausola in sede di contratto di compravendita e ritirando e facendo acquiescenza al permesso di costruire relativo agli immobili de quibus. Né appare convincente sul punto l’argomentazione della società ricorrente secondo la quale la clausola in calce al permesso di costruire n. 153/2007 non introduce alcun nuovo obbligo a suo carico, ma si limita a ribadire e a confermare quanto già stabilito in atti che non la riguardano in quanto intercorsi tra altri soggetti. E, infatti, dal mero raffronto letterale della clausola contenuta nella convenzione di lottizzazione e di quella apposta in calce al permesso di costruire n. 153/2007, emerge che quest’ultima non si limita a ribadire quanto già affermato nell’art. 18, ma lo esplicita, specificando in modo dettagliato la tempistica del rilascio del certificato di agibilità delle singole unità immobiliari solo a seguito della verifica dei requisiti richiesti in capo agli acquirenti e della previa sottoscrizione dell’atto di vincolo di destinazione a prima casa.
5.2. Orbene, in base ai criteri di interpretazione letterale e logico – sistematica, dal tenore della clausola di assunzione di tutti gli oneri e gli obblighi della convenzione urbanistica, e segnatamente di quelli di cui all’art. 19 nel quale si fa espressa menzione del vincolo di destinazione a prima casa, contenuta nell’atto di compravendita dai sigg.ri B e F, nonché da quello della prescrizione apposta in calce al permesso di costruire n. 153/2007, chiesto sin dall’inizio dalla sola Immobilcommer s.r.l., non è revocabile in dubbio che la società ricorrente abbia assunto su di sé le obbligazioni già incombenti sui propri danti causa e si sia a sua volta e autonomamente impegnata ad adempierle.
5.3. Ulteriore elemento idoneo a confermare tale ricostruzione è dato proprio dalla formulazione della clausola contenuta nell’atto di compravendita con la quale l’Immobilcommer s.r.l. dichiara di ben conoscere, accettare e subentrare negli obblighi ex art. 19 della convenzione urbanistica, fatta eccezione che per il completamento delle opere di urbanizzazione che rimane a carico e spese dei danti causa, ivi compreso il successivo collaudo. Ne consegue che, laddove la società ricorrente avesse inteso sottrarsi al vincolo di destinazione ex art. 18 della convenzione ritenendolo gravante solo sui suoi danti causa, lo avrebbe potuto espressamente escludere come ha fatto per il completamento delle opere di urbanizzazione, indubitabilmente previste dalla richiamata convenzione.
6. Occorre ora passare all’esame delle domande di declaratoria di nullità e/o d’inefficacia della convenzione urbanistica e del permesso di costruire.
6.1. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, condiviso dal Collegio, all'interno delle convenzioni di urbanizzazione prevale il profilo della libera negoziazione. Infatti, si è affermato che, sebbene sia innegabile che la convenzione di lottizzazione, a causa dei profili di stampo giuspubblicistico che si accompagnano allo strumento dichiaratamente contrattuale, rappresenti un istituto di complessa ricostruzione, non può negarsi che in questo si assista all'incontro di volontà delle parti contraenti nell'esercizio dell'autonomia negoziale retta dal codice civile (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 1.4.2011, n. 2040;Consiglio di Stato, sez. IV, 28.7. 2005, n. 4015;Consiglio di Stato, sez. V, 10.1.2003, n. 33).
6.2. La detta ricostruzione assume particolare valenza quando, come nel caso in specie, si assuma che alcuni dei contenuti dell'accordo vengono imposti dalla pubblica amministrazione in termini non modificabili dal privato, visto che, anche in questo caso, ciò non esclude che la parte che abbia sottoscritto la convenzione o che successivamente si assuma l’impegno di adempiere ai relativi obblighi, conoscendone il contenuto, abbia inteso aderirvi, restandone vincolata. Ne deriva allora l’infondatezza dell’ulteriore argomento sostenuto nel ricorso, ossia che le clausole convenute, in quanto integranti un divieto di alienazione ex art. 1379 c.c., sono limitative dell’utilizzabilità e della disponibilità del bene e, come tali, nulle poiché contrarie all’ordine pubblico.
6.3. La società ricorrente fa riferimento al disposto dell'art. 1379 c.c. che limita gli effetti del divieto di alienare stabilito con contratto, prevedendo che tale divieto ha effetto solo tra le parti e non è valido se non è contenuto entro convenienti limiti di tempo e se non risponde ad un apprezzabile interesse di una delle parti.
6.4. Circa la portata di tale norma è stato osservato che, con riguardo alle condizioni di validità - limite temporale di durata e rispondenza ad apprezzabile interesse di una parte - del divieto convenzionale di alienare, la stessa si applica, essendo espressione di un principio di portata generale, anche a pattuizioni che, come quelle contenenti un vincolo di destinazione, se pur non puntualmente riconducibili al paradigma del divieto di alienazione, comportino comunque limitazioni altrettanto incisive del diritto di proprietà (cfr. Cass. Civ. civ., sez.II, 17.11.1999, n. 12769;Cass. Sez. I, 11.4.1990 n. 3082). Pertanto, ad avviso del Collegio, non vi è dubbio che tale disposizione avrebbe potuto essere, in linea di principio, applicata al caso di specie, ma nondimeno ritiene che non ne ricorrano i presupposti.
6.5. L’art. 18 della convenzione di lottizzazione, così come la prescrizione apposta in calce al permesso di costruire n. 153/2007, altro non è che la trasposizione di quanto disposto dall’art. 42 delle N.T.A. per le aree civiche, ovverosia per le aree destinate alla nuova edilizia residenziale. In forza di tale disposizione (lett. c) punto 7) in relazione agli ambiti prima casa “l’amministrazione approva uno strumento urbanistico attuativo esteso ad ogni singolo ambito. La convenzione, redatta secondo quanto previsto dall’art. 63 della L.R. n. 61/1985, stabilisce l’obbligo di destinare le unità immobiliari a residenza permanente, con l’istituzione di un vincolo venticinquennale da trascrivere nei registri immobiliari per la non variazione della destinazione d’uso e per la non alienazione e la non locazione della nuova abitazione a società o enti di qualsiasi genere o a persone che già dispongono di un’abitazione in proprietà”. Ne discende che, come giustamente affermato dall’Amministrazione comunale resistente, l’assunzione del vincolo de quo per gli ambiti prima casa, individuati dal P.R.G. approvato con D.G.R.V. n. 597 del 3.3.1998, è condizione necessaria e imprescindibile per lo stesso intervento edilizio che, in assenza della predetta previsione, non sarebbe stato assentibile.
6.6. E, allora nel caso di specie la clausola contenuta nell’art. 18 della convenzione e riproposta in calce al permesso di costruire n. 153/2007, non è una pattuizione frutto del libero incontro della volontà delle parti, ma rappresenta un contenuto dell’accordo imposto dalla P.A. e che liberamente i sigg.ri B e F prima e l’Immobilicommer s.r.l. poi si sono impegnati a rispettare, atteso che altrimenti non avrebbero potuto edificare sul suolo di loro proprietà per differenti finalità. Ne consegue, quindi, che non appare corretta la qualificazione della clausola de qua come divieto di alienare ex art. 1379 c.c. con conseguente infondatezza della domanda di declaratoria di nullità e ciò, anche a prescindere da una più approfondita disamina del contenuto della clausola che, comunque, anche se ricompresa nell’art. 1379 c.c., sarebbe stata contenuta entro convenienti limiti di tempo e rispondente all’apprezzabile interesse di una delle parti.
7. Deve, infine, essere disattesa anche la censura con la quale si deduce la nullità della convenzione urbanistica e dell’atto d’obbligo nella parte in cui prevedono che il rilascio del certificato di agibilità sia subordinato all’atto di vincolo a residenza permanente. Ad avviso di parte ricorrente, infatti, il Comune resistente avrebbe agito in carenza assoluta di attribuzione condizionando il rilascio del certificato di agibilità ad un presupposto, il vincolo di destinazione a prima casa di abitazione, non prescritto dagli artt. 24 e ss del d.P.R. n. 380/2001.
7.1. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, infatti, l'art. 21-septies della legge n. 241/1990, aggiunto dall'art. 14 della legge n. 15/2005, nell'introdurre, per la prima volta in via generale, la categoria patologica della nullità del provvedimento amministrativo, ha ricondotto a tale radicale categoria solo il difetto assoluto di attribuzione, il quale rievoca la c.d. "carenza in astratto del potere", cioè la mancanza in astratto della norma giuridica attributiva del potere esercitato con il provvedimento amministrativo, con ciò facendo implicitamente rientrare nell'area dell'annullabilità per violazione di legge le ipotesi di "carenza di potere in concreto" (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 4.11.2009 , n. 1730;T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 3.3. 2009, n. 2192).
7.2. Orbene nel caso di specie non si verte in un’ipotesi di carenza in astratto del potere giacché il Comune resistente ha esercitato un potere previsto dall’art. 42 delle N.T.A., introducendo nella convenzione urbanistica e in calce al permesso di costruire n. 153/2007 le clausole contestate, ma tutt’al più si potrebbe configurare un’ipotesi di sviamento di potere avendo utilizzato il rilascio del certificato di agibilità per perseguire finalità differenti da quelle attribuite a tale tipologia di certificazione dalla relativa disciplina normativa. E, allora, non è configurabile nella specie alcuna delle ipotesi di nullità previste dal richiamato art. 21 septies della legge n. 241/1990.
8. Alla luce delle suesposte considerazioni devono, quindi, essere rigettate le domande di declaratoria di nullità e/o inefficacia degli atti indicati in epigrafe, proposti con i motivi aggiunti depositati l’1.12.2010.
9. Passando ora all’esame del ricorso principale e dei motivi aggiunti, depositati il 7.10.2010, occorre evidenziare che entrambi hanno ad oggetto le note del Comune resistente con le quali si fa presente che per il rilascio del certificato di agibilità dovrà essere presentato l’atto di vincolo di destinazione d’uso a prima casa, come stabilito nella convenzione urbanistica sottoscritta per gli alloggi oggetto di richiesta.
10. I ricorsi sono infondati e vanno respinti per le ragioni già in parte esposte in sede cautelare.
11. Le predette note, infatti, non fanno altro che dare attuazione a quanto previsto in sede di convenzione urbanistica e successivamente in sede di permesso di costruire e,cioè, la necessità della previa presentazione e, quindi, sottoscrizione dell’atto di vincolo di destinazione d’uso per il rilascio del certificato di agibilità.
12. Con le prime due censure la società ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 24, commi 1 e 2, del d.P.R. n. 380/2001 in quanto il certificato di agibilità attesta esclusivamente la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità e risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati e appare illogico averne condizionato il rilascio ad un presupposto del tutto estraneo alle finalità attribuitegli dalle disposizioni di legge.
12.1. La censura è infondata per le ragioni già esposte in sentenza e segnatamente perché avendo i danti causa dell’Immobilcommer s.r.l. prima e la detta società poi assunto tale obbligazione nella convenzione urbanistica, nell’atto di compravendita e poi in sede di permesso di costruire, non è possibile far valere la sua asserita illegittimità, impugnando delle note che hanno carattere meramente applicativo dei patti intervenuti tra i contraenti. Appare, infine, destituita di fondamento anche la censura di manifesta illogicità delle predette clausole giacché le stesse sono riproduttive dell’art. 42 delle N.T.A. dell P.R.G. e applicative della destinazione impressa all’area di proprietà della società ricorrente dallo strumento urbanistico generale, atti tutti non impugnati né in alcun modo contestati dall’Immobilcommer s.r.l..
13. Anche la terza censura con la quale parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 42 delle N.T.A., nonché l’eccesso di potere per sviamento deve essere disattesa per le ragioni già esposte, non senza rilevare che tale censura avrebbe dovuto essere rivolta avverso la convenzione urbanistica e il permesso di costruire n. 153/2007, atti non impugnati nel rispetto dei termini decadenziali dalla società ricorrente.
14. Per tutte le suesposte ragioni il ricorso e i motivi aggiunti vanno, dunque, respinti.
15. Appaiono nondimeno sussistere giustificati motivi, in considerazione della peculiarità e della sostanziale novità delle questioni trattate, per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.