TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2023-07-10, n. 202311497
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Pubblicato il 10/07/2023
N. 11497/2023 REG.PROV.COLL.
N. 14393/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14393 del 2022, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato T D F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati ex lege in -OMISSIS-, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del provvedimento del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, I Reparto – SM – Ufficio personale Brigadieri, notificato il 7 ottobre 2022, che ha dichiarato inammissibile l'istanza di assegnazione temporanea del ricorrente ad altra sede ai sensi dell'art. 42 bis del D.lgs 151/2001.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2023 il dott. C V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente è Vice Brigadiere dell’Arma dei Carabinieri, in servizio effettivo presso la 2ª Sezione, 1ª Squadra del Nucleo Operativo Radiomobile del Gruppo Carabinieri di -OMISSIS-.
Egli è padre del piccolo-OMISSIS-, nato il -OMISSIS- il quale vive a -OMISSIS- con la madre nonché convivente dello stesso ricorrente, dott.ssa -OMISSIS-.
Quest’ultima, laureata in Medicina e Chirurgia e iscritta all’Ordine dei Medici Chirurghi, al momento della proposizione da parte del ricorrente dell’istanza di avvicinamento della sede di servizio al proprio nucleo familiare ex art. 42 bis d.lgs. 151 del 2001, frequentava, dopo avere superato il relativo concorso pubblico, il Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale, il quale prevede (nell’arco del triennio formativo): Attività Didattiche Pratiche per 3200 ore e Attività Didattiche Teoriche per 1600 ore. Le suddette attività erano svolte (come lo sono tuttora) dalla compagna del ricorrente presso la ASL di -OMISSIS-, nella propria qualità di medico ammesso al Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale.
Quanto precede veniva puntualmente esposto dal graduato nell’istanza ex art. 42 bis d.lgs. n. 151/2001 presentata alla linea gerarchica in data 20.7.2022 (doc. 2 ric.), al fine di ottenere ai sensi di detta norma, la propria assegnazione temporanea a sede di servizio più vicina alla propria residenza familiare e, precisamente, ad un reparto collocato nell’ambito delle Compagnie CC di -OMISSIS- oppure di -OMISSIS-.
Nella medesima istanza si allegava, altresì, che: l’attività “lavorativa” della dr.ssa -OMISSIS-comportava lo svolgimento di un orario settimanale equivalente, ai sensi dei commi 2 e 4 dell’ art. 14 CCNL Dirigenza Medica e s.m.i., a quello dei medici strutturati delle Aziende Sanitarie;l’attività didattica pratica veniva svolta – di norma – dal Lunedì al Venerdì durante il normale orario di servizio dei medici dipendenti (turno antimeridiano 8-14);le ore di studio guidato integrato si dovevano svolgere in giornate predeterminate, in continuità con il turno di servizio antimeridiano (a partire dalle ore 14:00);il corso comportava un impegno a tempo pieno con obbligo di frequenza delle attività didattiche, teoriche e pratiche, da svolgersi sotto il controllo dei competenti organi della Regione (ai sensi dell’ art. 24 co. 2 del D.lgs. n. 368/99 e s.m.i.).
Con il provvedimento impugnato datato 8.9.2022 e notificato al ricorrente il successivo 7 ottobre (doc. n. 1 ric.), il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri non ha accolto l’istanza con la seguente motivazione: l’istanza “ è dichiarata inammissibile, per l’assenza di uno dei requisiti legittimanti previsti dalla norma invocata (esercizio di attività lavorativa da parte dell’altro genitore)”.
Ad avviso dell’organo di vertice dell’Arma, infatti, la frequenza del corso di formazione in Medicina Generale non comporta l’instaurazione di alcun rapporto di lavoro dipendente o lavoro convenzionale né con il Servizio Sanitario Nazionale, né con i medici tutori;la non ricorrenza del rapporto di “lavoro dipendente” viene suffragata con il richiamo di varie pronunce giurisprudenziali, che escludono che possa qualificarsi come “ rapporto di lavoro dipendente” il rapporto che lega alla p.A. il medico in formazione, in vista del conseguimento del Diploma di Formazione Specifica in Medicina Generale (titolo necessario ai fini del successivo esercizio dell’attività di medico di medicina generale del Servizio Sanitario Nazionale).
Di qui l’adozione del predetto provvedimento negativo, redatto “ in forma semplificata” ai sensi dell’art. 2 della L. 241/1990.
Avverso la predetta determinazione è insorto il militare in epigrafe il quale ne chiede l’annullamento per le ragioni che possono essere così riassunte:
i. l’art. 2 del D.lgs. 81/2008 (Testo Unico della Salute e della Sicurezza sui luoghi di Lavoro), definisce alla lettera a) il “lavoratore” come la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolga un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari;
ii. l’art. 42 bis del D.lgs n. 151/2001 dispone che: “Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, puo' essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attivita' lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione.”;
iii. la disposizione suddetta deve essere applicata anche al caso di specie in quanto l’impegno orario settimanale dei medici in formazione (quale è la dott.ssa -OMISSIS-) è del tutto equivalente a quello dei medici strutturati in servizio nelle Aziende Sanitarie, escluse le ore contrattualmente destinate all’aggiornamento (co. 2 e 4 dell’art. 14 CCNL Dirigenza Medica e s.m.i.) (cfr. art. 2.2 delle disposizioni generali di disciplina del Corso, doc. n. 8 ric.);il programma triennale è alquanto impegnativo (ed esclusivo) articolandosi in 3200 ore di Attività Didattica Pratica e in 1600 ore di Attività Didattiche Teoriche;tutte le attività hanno carattere obbligatorio e sono da svolgere nella stretta osservanza delle disposizioni e delle direttive dei tutors e degli organi di riferimento delle ASL;è previsto un sistema di rilevazione presenze dei tirocinanti per le attività da essi svolte nelle strutture ospedaliere e territoriali della ASL di competenza (art. 2.1 e art. 3 delle “disposizioni generali” di disciplina del Corso vedi doc. n. 8 ric.); è prevista la stipula di una assicurazione contro i rischi professionali e gli infortuni connessi all’attività di formazione;
iv. il corso di cui trattasi, inizialmente programmato per il triennio 2020-2023, per effetto della pandemia COVID19, è sotto spostato fissando come nuova decorrenza il mese di settembre 2021;esso è quindi tuttora in pieno svolgimento e terminerà nel febbraio 2025 atteso che al triennio (36 mesi) vanno aggiunti 5 mesi di astensione obbligatoria di cui la coniuge del ricorrente ha usufruito per maternità.
Il ricorrente sottolinea, altresì, che l’art. 42-bis del d.lgs. n. 151/2001 è norma posta a tutela di un bene primario di carattere generale, cioè la tutela della maternità e della paternità ed è finalizzata a tutelare la famiglia “prima” che il “rapporto di lavoro” in quanto tale. Più specificamente la disposizione ha la sua “ratio” nella tutela dell’esercizio delle funzioni genitoriali e del benessere fisico e psichico del minore, conformemente al dettato degli artt. 29,30 e 31 della Costituzione.
L’interpretazione e l’applicazione di essa, ad avviso del ricorrente, deve anche conformarsi alla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, ratificata dall’Italia con la legge n. 176 del 27.5.2001 la quale impone la “considerazione preminente” dell’ “ interesse superiore del fanciullo” in tutte le decisioni che lo riguardino e che debbano essere assunte da istituzioni pubbliche, da enti privati di assistenza sociale, dai tribunali, dalle autorità amministrative o dagli organi legislativi.
Nella specie la presenza assidua del padre è richiesta dalle necessità educative e affettive di un bambino in tenera età (poiché nato nel -OMISSIS-).
Di qui la domanda di annullamento del provvedimento impugnato.
Si è costituita, in data 12.12.2022, l’Amministrazione intimata la quale affida le proprie difese alla relazione dell’Ufficio Impiego Personale del 5.12.2023 nella quale si sostiene la legittimità della determinazione impugnata, con la quale l’Amministrazione ha ritenuto l’istanza inammissibile (più che infondata) stante la carenza, in capo all’odierno ricorrente, del requisito legittimante previsto dal rammentato art. 42-bis d.lgs. n. 151/2001 e costituito dallo svolgimento di una qualsiasi “attività lavorativa” (sia essa dipendente ovvero autonoma) da parte dell'altro genitore (diverso cioè dal dipendente pubblico istante), che si svolga in una sede di servizio ubicata in regione o provincia diversa da quella ove il dipendente pubblico ha la propria sede di servizio.
Non potendosi qualificare come attività di lavoro (né dipendente né in convenzione) quella che impegna la coniuge del ricorrente quale frequentatrice del Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale presso la ASL di -OMISSIS-, ad avviso dell’Amministrazione è stata corretta e legittima la decisione amministrativa che ha considerato l’istanza ex art. 42-bis inammissibile (più che infondata).
Ad ulteriore supporto di quanto dedotto parte resistente evidenzia anche che:
a) l’art. 24, comma 3, d.lgs. n. 368 del 1999 esclude espressamente che la frequenza del corso di formazione in medicina generale comporti l’instaurazione di un rapporto lavorativo di dipendenza o convenzionale;
b) secondo indirizzi già emersi in seno alla Suprema Corte (cita l’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 18667 dell’8 settembre 2020) il rapporto instaurato per la formazione in questione costituisce una particolare ipotesi di contratto di formazione-lavoro nella quale l’attività dello specializzando (assimilato sul punto al tirocinante in formazione di Medicina Generale) non è attività lavorativa remunerata in quanto rivolta all’acquisizione delle conoscenze teorico-pratiche necessarie per il conseguimento del titolo abilitante relativo al corso prescelto, sicché gli emolumenti versati non costituiscono remunerazione di attività lavorativa ma contributo alle esigenze di vita del corsista che deve assicurare un impegno a tempo pieno. Manca quindi quell’elemento necessario alla configurabilità del rapporto di lavoro che è costituito la retribuzione, quale corrispettivo per la messa a disposizione delle energie lavorative da parte del dipendente, nell’interesse dell’organizzazione d’impresa.
In vista dell’udienza di merito il legale del ricorrente ha prodotto breve memoria ex art. 73 c.p.a. e richiesto il passaggio della causa in decisione senza necessità di discussione in presenza.
All’udienza del 19 aprile 2023, udito per l’Amministrazione resistente l'Avvocato dello Stato e vista la richiesta di passaggio in decisione depositata dall’Avv. T. De Fusco per la parte ricorrente, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
La controversia instaurata pone un’unica, fondamentale questione da risolvere ai fini della soluzione del caso concreto sottoposto a questo Giudice: si tratta di stabilire se l’ammissione e la frequenza da parte dell’“altro genitore” del corso di Formazione Speciale in Medicina Generale di cui all’art. 24 del Decreto legislativo 17/08/1999, n. 368 (formazione per il conseguimento del diploma di Medico di Medicina Generale), possa comportare, benché non si tratti di attività lavorativa in senso proprio, la possibilità, per il dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (quale è certamente l’odierno ricorrente in quanto Vice Brigadiere dell’Arma dei Carabinieri), di accedere al beneficio di cui allo stesso art. 42-bis, ricorrendone i restanti presupposti.
La disposizione in discorso, al comma primo, stabilisce che “1. Il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L'eventuale dissenso deve essere motivato e limitato a casi o esigenze eccezionali. L'assenso o il dissenso devono essere comunicati all'interessato entro trenta giorni dalla domanda.”.
Come sopra esposto, il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, con l’atto impugnato, senza entrare nel merito del possesso degli altri requisiti di cui alla disposizione sopra trascritta (“sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva”, assenza di esigenze eccezionali che possano legittimare il diniego ecc.), ha ritenuto l’istanza del sig. -OMISSIS- inammissibile, in quanto la posizione della madre del minore (compagna e convivente del ricorrente) non integrava un rapporto di lavoro né dipendente né “convenzionale” con il SSN o la Regione -OMISSIS-.
Da quanto allegato in ricorso, in effetti, la dott.sa -OMISSIS-svolgeva (al momento dell’istanza), come svolge tuttora, attività di tirocinio teorico-pratico come medico ammesso al Corso di Formazione Specifica in Medicina Generale presso la ASL di -OMISSIS-.
Al riguardo il Collegio osserva che non sembra revocabile in dubbio l’assunto di parte resistente in ordine alla impossibilità di configurare, nella specie, un rapporto di lavoro dipendente o di altra natura (“convenzionale”, per usare il termine impiegato nell’impugnato provvedimento) considerato che, ai sensi dell’art. 24, comma 3, del decreto legislativo 17.8.1999, n. 368 “3. La formazione a tempo pieno, implica la partecipazione alla totalità delle attività mediche del servizio nel quale si effettua la formazione, comprese le guardie, in modo che il medico in formazione dedichi a tale formazione pratica e teorica tutta la sua attività professionale per l'intera durata della normale settimana lavorativa e per tutta la durata dell'anno. La frequenza del corso non comporta l'instaurazione di un rapporto di dipendenza o lavoro convenzionale né con il Servizio sanitario nazionale, né con i medici tutori. [omissis] ”.
Peraltro, come ben esplicitato dalle disposizioni generali per la “Guida del discente” dettate dalla Regione -OMISSIS- e allegate dallo stesso ricorrente (vedi doc. 8 ric.), per tutta la durata del corso – al quale si accede attraverso un concorso pubblico – ai medici vincitori, viene conferita “una borsa di studio annuale strettamente connessa alla frequenza del corso”; si è quindi al di fuori del pagamento di una retribuzione a titolo di corrispettivo per la prestazione professionale svolta, il quale costituisce, notoriamente, elemento qualificante e “sintomatico” dell’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato.
Si rammenta, inoltre, che il finanziamento delle borse di studio a beneficio dei medici in formazione (comprensive di IRAP), viene sostenuto con le quote a destinazione vincolata del Fondo Sanitario Nazionale, mentre le spese connesse all’organizzazione ed attivazione del corso – dall’esercizio 2018 - restano a carico del bilancio regionale.
Anche nelle citate “disposizioni generali” è ribadito che la frequenza del corso non comporta l’instaurazione di un rapporto di dipendenza o lavoro convenzionale e che non sono previste ferie di nessuna natura (né congedo straordinario, matrimoniale ecc.).
Si osserva, peraltro, che la dott.ssa -OMISSIS-non ha sottoscritto alcun contratto di lavoro dipendente o autonomo bensì un “modulo di accettazione” con impegno ad intraprendere il corso triennale di formazione “de quo” (doc. 3 ric.).
Ciò detto, il Collegio non ritiene però di condividere la perentoria conclusione a cui è pervenuta l’Amministrazione resistente in ordine all’inapplicabilità dell’art. 42-bis cit. alla specie in ragione della assenza del requisito legittimante costituito dallo svolgimento di “attività lavorativa” da parte dell’altro genitore. Osserva, infatti, il Collegio che l’interprete della norma (e, quindi, in primo luogo, l’Amministrazione stessa chiamata ad applicarla alla fattispecie che le viene sottoposta) è tenuto a verificare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale (c.d. preleggi) a mente del quale “Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore. Se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe;se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato”.
Di fronte ad una disposizione (l’art. 42-bis d.lgs. n. 151/2001), che non costituisce certamente norma eccezionale (con conseguente inoperatività del limite all’ applicazione della “analogia legis” di cui all’art. 14 delle disp. prel. cod. civ. che la vieta solo alle “ leggi penali” e a “quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi” ) ma, al contrario, norma di generale applicazione a tutto il personale alle dipendenze delle pubbliche Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi comprese le Forze Armate e le Forze di Polizia, è dovere dell’interprete verificare se il caso esaminato - relativo ad un rapporto di formazione teorico-pratica quale quello di cui all’art. 24 del d.lgs. n. 368/99 e ss.mm.ii. – possa essere qualificato come “caso giuridicamente simile” rispetto alla fattispecie espressamente contemplata dall’art. 42-bis cit.
Come ben scolpito da una recente pronuncia del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, VII, 23/03/2023 n. 2991) il ragionamento logico-giuridico deve svolgersi lungo due fondamentali direttrici esegetiche e, precisamente, quella letterale, frutto dell’interpretazione testuale, e quella teleologica, frutto dell’interpretazione sistematica, facendo corretta applicazione, della disposizione contenuta nell’art. 12 delle Disposizioni sulla legge in generale (cd. Preleggi)
“ Nell’ordine, pertanto, i canoni ermeneutici di cui l’interprete deve fare applicazione sono:
a) l’interpretazione letterale palesata dal significato proprio delle parole;
b) l’interpretazione sistematica delle parole secondo la connessione di esse;
c) la analogia iuris e la analogia legis, per i casi simili o le materie analoghe;
d) se il caso rimane ancora dubbio, i principi generali dell’ordinamento giuridico dello Stato.” (Cons. Stato sent. cit.)
Nell’interpretare ed applicare la norma contenuta nell’art. 42-bis d.lgs. n. 151/2001 il Collegio ritiene che la “ratio iuris” della disposizione sia quella di offrire uno specifico strumento di protezione al personale dipendente di pubbliche Amministrazione (i.e. l’assegnazione temporanea del dipendente, fino ad un massimo di tre anni, a sede di servizio diversa da quella di appartenenza), che è volto alla tutela di un bene primario di carattere generale, quale è quello della maternità e della paternità, in quanto misura finalizzata a tutelare l’esercizio delle funzioni genitoriali e il benessere fisico e psichico del minore, conformemente al dettato degli artt. 29,30 e 31 della Costituzione.
L’interpretazione e l’applicazione di tale istituto deve quindi conformarsi alla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, ratificata dall’Italia con la legge n. 176 del 27.5.2001 la quale impone la “ considerazione preminente dell’ “interesse superiore del fanciullo” in tutte le decisioni che lo riguardino e che debbano essere assunte da istituzioni pubbliche, da enti privati di assistenza sociale, dai tribunali, dalle autorità amministrative o dagli organi legislativi.
In questo quadro sembra ricorrere nella specie l’ eadem ratio” che sostiene la norma, al di là della sua mera letteralità: assicurare (ove possibile in rapporto alle esigenze organiche e di servizio), in funzione della piena esplicazione della genitorialità, l’avvicinamento del dipendente pubblico alla residenza familiare in tutti i casi in cui l’altro genitore si trovi a svolgere una attività avente seria rilevanza sociale ed economica (quale è - anche, ma non solo - il lavoro in senso stretto), laddove, anche se non ricorra una vera e propria attività di lavoro, si abbia di fronte una attività altrettanto vincolante e giuridicamente impegnativa e, sul piano dei valori giuridici propri dell’ordinamento costituzionale, altrettanto meritevole di tutela e considerazione al pari dello svolgimento di un rapporto di lavoro.
La disciplina dei corsi di formazione specifica in Medicina Generale, come emergente dall’art. 24 del d.lgs. n. 368/99, individua sotto molteplici aspetti una fattispecie assimilabile a quella del lavoro subordinato, atteso che:
“4. Il medico iscritto ai corsi di cui al comma l, ove sussista un rapporto di pubblico impiego, è collocato, compatibilmente con le esigenze di servizio, in posizione di aspettativa senza assegni secondo le disposizioni legislative contrattuali vigenti. Il periodo di aspettativa è utile ai fini della progressione di carriera e del trattamento di quiescenza e di previdenza.
5. Gli impedimenti temporanei superiori ai quaranta giorni lavorativi consecutivi per servizio militare, gravidanza e malattia, sospendono il periodo di formazione, fermo restando che l'intera sua durata non è ridotta a causa delle suddette sospensioni. Restano ferme le disposizioni in materia di tutela della gravidanza di cui alla legge 30 dicembre 1971, n. 1204, e successive modificazioni, nonché quelle sull'adempimento del servizio militare di cui alla legge 24 dicembre 1986, n. 958, e successive modificazioni.
6. Non determinano interruzione della formazione, e non devono essere recuperate, le assenze per motivi personali, preventivamente autorizzate salvo causa di forza maggiore, che non superino trenta giorni complessivi nell'anno di formazione e non pregiudichino il raggiungimento degli obiettivi formativi. In tali casi non vi è sospensione della borsa di studio.”.
Di particolare rilevanza ai fini dell’individuazione della “eadem ratio” tra la formazione teorico pratica in questione e l’attività di lavoro è anche il comma 2 del d.lgs. n. 368/99, a mente del quale “2. Il corso di cui al comma 1, comporta un impegno dei partecipanti a tempo pieno con obbligo della frequenza alle attività didattiche teoriche e pratiche, da svolgersi sotto il controllo delle regioni e province autonome e degli enti competenti. Il corso si conclude con il rilascio di un diploma di formazione in medicina generale da parte delle regioni e delle province autonome, conforme al modello predisposto con decreto del Ministro della salute”
Trattasi pertanto di attività vincolante per il discente, che si svolge sotto le direttive e la supervisione di “tutors” e ha carattere esclusivo e incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi altra attività lavorativa.
Sussistono dunque, nella diversità, evidenti elementi di giuridica similitudine con il rapporto di lavoro subordinato, tali da rendere irragionevole la sottrazione della situazione de qua all’applicazione analogica della norma (art. 42-bis d.lgs. n. 151/2001), ricorrendo i presupposti sottesi all’art. 12 delle preleggi, costituiti: (i) dalla similitudine tra la fattispecie normativamente contemplata e quella giuridicamente analoga;(ii) la “eadem ratio” che sostiene entrambe le situazioni a confronto.
Si giustifica, pertanto, una esegesi ampia ed inclusiva della norma.
Alle condivisibili argomentazioni del ricorrente di ordine sistematico, la difesa dell’Amministrazione ha contrapposto, invece, argomenti esegetici di ordine soltanto letterale, incentrati sul solo dato testuale del riferimento alla “attività lavorativa” non ricorrente nel rapporto instaurato dalla dott.ssa -OMISSIS-con la Regione.
Per quanto precede trova applicazione nel caso di specie l’art. 42-bis e, di conseguenza, il provvedimento impugnato deve essere annullato e, per l’effetto, l’Amministrazione sarà tenuta a riseminare la fattispecie per cui è causa considerandola ammissibile sotto il profilo in controversia e ad esaminare nel merito e in concreto la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 42-bis d.lgs. n. 151/2001.
La novità della questiona trattate giustifica ampiamente la compensazione integrale delle spese di lite.