TAR Catania, sez. II, sentenza 2018-07-05, n. 201801432

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2018-07-05, n. 201801432
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201801432
Data del deposito : 5 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/07/2018

N. 01432/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01361/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1361 del 2017, proposto da:
G C, rappresentato e difeso dall'Avvocato G L, con domicilio eletto presso il suo studio sito in Catania, alla Via Cultraro n. 48;

contro

Comune di Linguaglossa, in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- della determina n. 152 del 9 maggio 2017, di annullamento in autotutela della concessione edilizia n. 10/2014;

- della pedissequa ordinanza di demolizione n. 2 del 15 giugno 2017;

- in via subordinata, per la condanna al risarcimento del danno e alla restituzione delle spese sostenute per oblazione e oneri di urbanizzazione.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2018 il dott. F Efante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente ha adito l’intestata Sezione chiedendo l’annullamento della determina n.152 del 9 maggio 2017, adottata dal Comune resistente, di annullamento in autotutela della concessione edilizia in sanatoria n. 10/2014, di cui era già titolare, nonché della pedissequa ordinanza di demolizione e rispristino dello stato dei luoghi, n. 2 del 15 giugno 2017, relativamente alle opere oggetto della citata concessione.

Deduceva, in punto di diritto, l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per i seguenti motivi:

1) Violazione dell’art. 21 nonies , comma 1, della legge n. 241/1990, come modificato dalla legge n. 124/2015, nella parte in cui prevede un termine massimo di 18 mesi per l’adozione del provvedimento di autotutela (viceversa ampiamente decorso nella fattispecie tenuto conto che la concessione annullata risaliva alla data del 22.12.2014 mentre il provvedimento impugnato alla data del 9 maggio 2017);

2) Violazione degli artt. 1, 3 e 7 della legge n. 241/1990, attesa l’omessa comunicazione dell’avviso di avvio del procedimento;

3) Travisamento dei fatti ed eccesso di potere, nonché difetto di motivazione, atteso che le opere in discussione risalivano al 1986 per cui, considerato il tempo trascorso, si era orami formato un legittimo affidamento che imponeva una motivazione rinforzata;

4) Violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990.

Non si costituiva in giudizio, nonostante la rituale notifica del ricorso (ricevuto in data 11.7.2017) il Comune resistente.

Con ordinanza cautelare n. 665/2017, del 4.10.2017, il Collegio adito sospendeva gli effetti del provvedimento impugnato ravvisando la sussistenza del requisito del fumus boni iuris con riguardo al citato profilo del “ superamento del termine di 18 mesi previsto dalla legge ”.

All’udienza del 21.6.2018, come in verbale, la causa veniva chiamata e trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso deve essere accolto perché fondato.

A tal fine, infatti coglie certamente nel segno il motivo di gravame – già evidenziato in sede cautelare – afferente il superamento del termine di 18 mesi previsto dall’art. 21 nonies della legge n. 241/1990 come limite temporale massimo oltre il quale non può disporsi l’annullamento in autotutela di un provvedimento amministrativo.

La citata norma, a seguito della modifica normativa disposta dalla legge n. 124/2015, espressamente dispone, infatti, che “ Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge ”.

La circostanza, invero, che la concessione in autotutela in discussione risalga al 2014, per cui antecedente alla data di entrata in vigore della citata novella, entrata in vigore il 13.8.2015, non è infatti di ostacolo all’applicabilità del suddetto limite temporale dei 18 mesi anche al provvedimento di secondo grado impugnato, tenuto conto che la decorrenza di quest’ultimo deve essere individuata proprio dalla citata ultima data.

In tal senso l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato (di recente, Consiglio di Stato sentenza n. 3462/2017) secondo cui “ Il termine dei diciotto mesi previsto dal nuovo art. 21-nonies, l. n. 241 del 1990 non può applicarsi in via retroattiva, nel senso di computare anche il tempo decorso anteriormente all'entrata in vigore della l. n. 124 del 2015, atteso che tale esegesi, oltre a porsi in contrasto con il generale principio di irretroattività della legge (art. 11 preleggi), finirebbe per limitare in maniera eccessiva ed irragionevole l'esercizio del potere di autotutela amministrativa. Ne consegue che, rispetto a un titolo anteriore all'attuale versione dell'art. 21-nonies, l. n. 241 del 1990 (nella specie, una s.c.i.a.), il termine dei diciotto mesi non può che cominciare a decorrere dalla data di entrata in vigore della nuova disposizione ”.

Ne consegue, in via logica, che prescindendo dagli altri successivi motivi di ricorso – peraltro infondati, tenuto conto che in materia di abusivismo edilizio l’attività repressiva è atto dovuto, anche alla luce coordinate ermeneutiche di recente enunciate sul punto da Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, sentenza n. 8 del 17 ottobre 2017 – il ricorso deve essere accolto risultando fondato il primo motivo di gravame.

Illegittimità del provvedimento in autotutela impugnato che riverbera i suoi effetti, in via derivata, anche sulla successiva ordinanza di demolizione altrettanto impugnata.

L’accoglimento della domanda principale di annullamento esime dall’analisi invece della domanda risarcitoria, in quanto proposta solo in via subordinata per l’ipotesi di rigetto della prima.

Atteso l’esito del giudizio e la mancata costituzione in giudizio del Comune resistente, quest’ultimo deve essere condannato al pagamento delle spese di lite - liquidate come in dispositivo – in favore della parte ricorrente in base al principio della soccombenza.

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