TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2020-11-05, n. 202011465

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2020-11-05, n. 202011465
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202011465
Data del deposito : 5 novembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/11/2020

N. 11465/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00009/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Sky Italia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato O G, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Bruno Buozzi, 87;

contro

Ministero dello Sviluppo Economico - Dipartimento Comunicazioni, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per ottenere

a) l'accertamento della insussistenza, in capo a Sky, dell'obbligo di pagare i diritti amministrativi di cui al combinato disposto dell'art. 34 del d. lgs. 1° agosto 2003, n. 259, recante il "Codice delle comunicazioni elettroniche" (di seguito anche "Codice") e dell'art. 1, dell'allegato 10 allo stesso Codice;

b) l'accertamento del diritto della ricorrente ad ottenere la restituzione, da parte del Ministero dello Sviluppo Economico — Dipartimento Comunicazioni e/o del Ministero dell'Economia e delle Finanze, degli importi corrisposti a titolo di diritti amministrativi di cui alla precedente lett. a), per le annualità 2010 e 2011 e le eventuali successive altre;

c) la condanna del Ministero dello Sviluppo Economico — Dipartimento Comunicazioni e/o del Ministero dell'Economia e delle Finanze alla restituzione di ogni importo corrisposto da Sky al titolo di cui alla precedente lett. a), per complessivi euro 1.200,00, somma da maggiorarsi degli interessi e della svalutazione monetaria, e di eventuali altri importi pagati allo stesso titolo;

d) della nota prot. 89613 dell’8 novembre 2011 con la quale la Direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e di radiodiffusione del Ministero dello Sviluppo Economico ha richiesto i contributi amministrativi per l’offerta al pubblico del servizio di accesso condizionato;

con motivi aggiunti depositati il 5.4.2012;

e) la dichiarazione di nullità, la disapplicazione o l'annullamento, ove occorra: della nota prot. n. 7181 del 30 gennaio 2012, inviata alla ricorrente in data 2 febbraio 2012, avente ad oggetto «Contributi per l'attività di fornitore di servizi ad accesso condizionato», con la quale la Direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e di radiodiffusione del Ministero dello Sviluppo Economico - Dipartimento Comunicazioni ha respinto le osservazioni, proposte da Sky il 20 dicembre 2012, in relazione alla succitata nota prot. n. 89613 dell'8 novembre 2011, ribadendo la pretesa fondatezza dell'obbligo del pagamento di detti contributi;
nonché - sempre ove occorra- di ogni altro atto connesso, presupposto, coevo o consequenziale, anche non conosciuto;

della nota prot. n. 89613 dell'8 novembre 2011 della Direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e di radiodiffusione del Ministero dello Sviluppo Economico - Dipartimento Comunicazioni, avente ad oggetto la «richiesta contributi amministrativi per l'offerta al pubblico del servizio accesso condizionato»;

della «nota del 25.1.2010 prot. 6116», erroneamente indicata come allegato alla suddetta nota prot. n. 7181 del 30 gennaio 2012, ma non effettivamente allegata.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico - Dipartimento Comunicazioni e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 25 settembre 2020 il dott. L D G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con nota prot. n. 89613 dell’8 novembre 2011, la Direzione generale per i servizi di comunicazione elettronica e di radiodiffusione del Ministero dello Sviluppo Economico - Dipartimento Comunicazioni avanzava una richiesta di pagamento nei confronti di Sky Italia s.r.l. del seguente tenore testuale: “a seguito di un controllo amministrativo-contabile, è stato riscontrato che codesta società non ha ancora provveduto al pagamento del contributo annuo di 600 euro dovuto per il servizio di accesso condizionato, come previsto dall’art. 1 comma 1, dell’allegato 10 al Codice delle Comunicazioni Elettroniche. Tale pagamento pari a 1.200,00 euro relativo al 2010 e 2011, dovrà essere effettuato mediante versamento sul c/c postale n. 70313515 intestato alla Tesoreria Provinciale dello Stato di Viterbo con imputazione al Capo 18 Capitolo 2569/08 o sulle coordinate bancarie: IBAN IT57 F076 0114 5000 0007 0313515. Si rammenta altresì che il contributo annuale di 600 euro dovrà essere effettuato entro il 31 gennaio di ogni anno”.

Con il presente ricorso Sky Italia domandava l’annullamento della predetta nota e chiedeva che fosse dichiarata l’insussistenza dell’obbligo di pagare i diritti amministrativi di cui al combinato disposto dell’art. 34 del D.lgs. 259/2003 e dell’art.1 allegato 10 D.lgs. 259/2003.

Il ricorso era affidato ai seguenti motivi:

- violazione degli art.1, comma 1, lett. ee), gg), mm), 25, 34 del D.lgs. 259/2003 e dell’art.1 dell’allegato 10 al predetto decreto legislativo, dell’art. 31 del D. Lgs.vo 177/2005 e ss.mm.ii, dell’art. 3 della l. 241/1990, eccesso di potere dovuto a carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, carenza d’istruttoria, carenza di motivazione;
in subordine disapplicazione delle predette disposizioni per contrasto con gli art.2, lett. c), e), e-bis), ed f) della direttiva 2002/21/Ce e s.m.i. (c.d. direttiva quadro), anche in combinato disposto con l’art. 2.2., lett. a), della direttiva 2002/20/Ce e s.m.i. (c.d. direttiva autorizzazioni), nonché con il combinato disposto della predetta norma (anche alla luce del suo considerando n.6) e l’art.3 della direttiva 98/84/Ce;
infondatezza della richiesta;

- violazione sotto altro profilo dell’art. 34 del D. Lgs.vo 259/2003 e dell’art.1 allegato 10 al predetto decreto legislativo, eccesso di potere dovuto a carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, carenza d’istruttoria, carenza di motivazione, violazione dell’art. 3 L. 241/1990;
infondatezza della richiesta;

Veniva inoltre spiegata domanda di accertamento dell’insussistenza dell’obbligo di contribuzione e condanna alla restituzione dell’indebito.

Con nota prot. n. 7181 del 30 gennaio 2012, il Ministero ha ribadito l’obbligo del pagamento di detti contributi richiamando a supporto la previsione di cui all’art. 34 del Decreto legislativo 1 agosto 2003 n. 259 – Codice delle comunicazioni elettroniche;
secondo l’amministrazione tale disposizione concerne infatti tutti i servizi di comunicazione elettronica soggetti al regime autorizzatorio generale e per effetto del rinvio disposto dall’art. 31 del D. Lgs.vo 177/2005 fra i servizi di tal genere rientrano anche i c.d. “servizi ad accesso condizionato”.

Tale nota è stata impugnata con motivi aggiunti depositati il 5.4.2012 articolando le seguenti censure:

- violazione dell’art.1, lett. b) e c) del D.lgs.vo 373/2000, violazione degli art.1, comma 1, lett. ee), gg), mm), 25, 34, del D.lgs. 259/2003 e dell’art.1 allegato 10 al predetto decreto legislativo, dell’art. 31 del D. Lgs.vo 177/2005 e ss.mm.ii, dell’art. 3 della l. 241/1990, eccesso di potere dovuto a carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, carenza d’istruttoria, manifesta illogicità, contraddittorietà con precedenti provvedimenti della stessa Amministrazione, carenza di motivazione e perplessità;

- violazione degli art.1, comma 1, lett. ee), gg), mm), 25, 34, del D.lgs. 259/2003 e dell’art.1 allegato 10 al predetto decreto legislativo, dell’art. 31 del D.lgs. 177/2005 e ss.mm.ii, art. 3 della L. 241/1990, eccesso di potere dovuto a carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, carenza d’istruttoria, carenza di motivazione.

In subordine si sollecitava la disapplicazione delle predette disposizioni per contrasto con gli art. 2, lett. c), e), e-bis), ed f) della direttiva 2002/21/Ce e s.m.i. (c.d. direttiva quadro), anche in combinato disposto con l’art. 2.2., lett. a), della direttiva 2002/20/Ce e s.m.i. (c.d. direttiva autorizzazioni), nonché con il combinato disposto della predetta norma e l’art. 3 della direttiva 98/84/Ce.

Si sono costituiti i Ministeri intimati chiedendo la reiezione del ricorso.

All’udienza pubblica del 25 settembre 2020 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Il ricorso non può essere accolto.

Preliminarmente va disattesa l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo opposta dall’amministrazione.

Spettano infatti alla giurisdizione esclusiva di questo giudice “le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti in materia di comunicazione elettroniche” ex art. 133, comma 1 lett. m) c.p.a.;
nel caso di specie infatti il Ministero, con le note impugnate, ha esercitato la potestà autoritativa prevista in materia di comunicazioni elettroniche, coinvolgente situazioni di diritto soggettivo e interesse legittimo, e volta all’accertamento dell’assoggettabilità all’obbligo di pagamento del contributo contestato e posto a carico delle “imprese titolari di autorizzazione generale per l'installazione e fornitura di reti pubbliche di comunicazioni”;
va dunque riconosciuta la giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di controversia di natura non meramente patrimoniale, ricadente nella citata fattispecie di cui all’art. 133 c.p.a.

Nel merito il ricorso è infondato.

Le censure possono essere oggetto di esame congiunto, sulla base di una ricostruzione del quadro giuridico che giustifica l’imposizione del contributo alle “imprese titolari di autorizzazione generale per l'installazione e fornitura di reti pubbliche di comunicazioni”, come previsto dall’art. 1 allegato 10 D.lgs. 259/2003.

La società ricorrente deduce che l’invocato art. 1, co. 1, dell’allegato 10 al Codice delle comunicazioni elettroniche non contempla alcun contributo per il “servizio di accesso condizionato”;
la ricorrente prospetta infatti che tale disposizione riguarderebbe i soli servizi di comunicazione elettronica, ai quali però sarebbe estraneo il servizio indicato dall’amministrazione.

Tale argomentazione deve essere disattesa.

Il Collegio non ritiene di doversi discostarsi dai precedenti di questo Tribunale (T.A.R. Lazio, n. 9710/2011 e da ultimo n. 6507/2019, cui si rinvia quale precedente conforme;
v. anche Cons. Stato n. 2009/2013).

In base alla definizione di cui alla direttiva 2002/21/CE (art. 2) i sistemi di accesso condizionato sono infatti compresi nelle cd. “risorse correlate”, ovvero le risorse correlate “ad una rete di comunicazione elettronica e/o ad un servizio di comunicazione elettronica che permettono e/o supportano la fornitura di servizi attraverso tale rete e/o servizio”;
in base all’art. 4 lett. q) e r) del decreto legislativo n. 44 del 2010 (Attuazione della direttiva 2007/65/CE relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive) fornitore di servizi di accesso condizionato è dunque il soggetto “che fornisce, al pubblico o a terzi operatori, servizi di accesso condizionato, compresa la pay per view, mediante distribuzione di chiavi numeriche per l'abilitazione alla visione dei programmi”.

Mediante il disposto dell’art. 31 del D.lgs. 177/2005 il legislatore ha poi inteso estendere al predetto servizio la disciplina generale di cui all'art. 25 del D.lgs. n. 259/2003 in tema di autorizzazioni generali per le reti e/o i servizi di comunicazione (cfr. art. 31 cit. “l’attività di fornitore di servizi interattivi associati e l'attività di fornitore di servizi di accesso condizionato, compresa la pay per view, su frequenze terrestri in tecnica digitale, via cavo o via satellite, sono soggette ad autorizzazione generale, che si consegue mediante presentazione di una dichiarazione, ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 25 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259”).

L'attività di fornitore di servizi interattivi associati e l'attività di fornitore di servizi di accesso condizionato, compresa la pay per view, su frequenze terrestri in tecnica digitale, via cavo o via satellite - attività esercitata pacificamente dalla società ricorrente – deve dunque ritenersi soggetta ad autorizzazione generale, che si consegue mediante presentazione di una dichiarazione, ai sensi e con le modalità di cui al richiamato articolo 25 D.lgs. 259/2003, che disciplina l’autorizzazione generale per le reti e i servizi di comunicazione elettronica, presupposto per l’applicazione del contributo in questione ex art. 1 allegato 10 D.lgs. 259/2003 .

Sky Italia, nella svolgere la propria attività di trasmissione, fornisce quindi pacificamente servizi di accesso condizionato, dovendo escludersi la sua configurabilità quale mero fornitore di contenuti;
perciò la stessa ricade conseguentemente, alla luce della disciplina richiamata, nella nozione di fornitore di ‘servizi di comunicazione elettronica’ di cui all’art. 1, lettera gg) del Codice delle comunicazioni elettroniche, il quale ricomprende nel servizio di comunicazione elettronica “i servizi, forniti di norma a pagamento, consistenti esclusivamente o prevalentemente nella trasmissione di segnali su reti di comunicazione elettronica, compresi i servizi di telecomunicazioni e i servizi di trasmissione nelle reti utilizzate per la diffusione circolare radiotelevisiva, ad esclusione dei servizi che forniscono contenuti trasmessi utilizzando reti e servizi di comunicazione elettronica o che esercitano un controllo editoriale su tali contenuti”.

Trattandosi poi, come riconosciuto dalla stessa ricorrente, di servizi ad essi correlati e vista la strettissima interdipendenza fra le predette tipologie di servizi posto che i servizi di accesso condizionato integrano i servizi di telecomunicazione, viene ulteriormente giustificata l’imposizione del contributo ai sensi della vigente disciplina (<il Codice C.E. non esclude i “servizi radiotelevisivi a pagamento” dalla nozione di “servizi di comunicazione elettronica”, visto che all’art. 1, lett. gg, li definisce come “servizi, forniti di norma a pagamento, consistenti ...nella trasmissione di segnali su rete di comunicazione elettronica …e servizi di trasmissione nelle reti utilizzate per la diffusione circolare radiotelevisiva…”. Quindi ogni attività di fornitura di servizi di comunicazione elettronica, senza distinzione in base all’oggetto, è soggetta alla disciplina dettata per il settore>;
così Cons. Stato, III Sezione, 12 aprile 2013 n. 2009).

I motivi aggiunti sono ugualmente infondati.

La ricorrente deduce che la nota impugnata (prot. n. 7181 del 30.1.2012 suindicata) con i detti motivi rappresenterebbe un nuovo provvedimento non meramente confermativo in quanto farebbe riferimento, testualmente ai “servizi ad accesso condizionato” e non ai servizi di accesso condizionato e alla previsioni di cui all’art. 1, comma 2 D.lgs. 259/2003 piuttosto che all’art. 1, comma 1 D.lgs. 259/2003, richiamato nella nota impugnata in via principale.

Fermo quanto già esposto, tali ulteriori deduzioni non hanno pregio in quanto il riferimento ai servizi ad accesso condizionato risulta - lo si deduce agevolmente dal contesto e dal rinvio alla nota dell’8.11.2011 (ove correttamente si parlava di “servizi di accesso condizionato”) - un mero lapsus calami che, come confermato dalla stessa amministrazione, non cambia la connotazione del servizio effettivamente richiamato a presupposto dell’obbligo;
quanto al riferimento normativo, la distinzione non ha particolare rilievo posto che l’intero art. 1 disciplina comunque i presupposti del contributo, e l’imposizione del contributo discende dall’applicazione dell’art. 1 complessivamente considerato.

Non ha quindi pregio la deduzione secondo cui sarebbe erroneo il riferimento al comma 2 dell’art. 1 dell’allegato 10 D.lgs. 259/2003;
le due disposizioni (comma 1 e comma 2 dell’art. 1 cit) vanno lette congiuntamente in quanto stabiliscono la misura del contributo in ragione del servizio svolto;
a prescindere dunque dal riferimento normativo, il presupposto dell’obbligo contributo non cambia e dunque risulta infondata la contestazione della ricorrente in merito alla legittimità della diffida ministeriale.

In conclusione, per le ragioni esposte, il ricorso, come integrato da motivi aggiunti, deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi, data la natura delle questioni trattate, per compensare le spese di giudizio.

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