TAR Cagliari, sez. II, sentenza 2014-04-09, n. 201400268
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N. 00268/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00073/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 73 del 2014, proposto da:
C R, rappresentato e difeso dall’avv. C T, con domicilio eletto presso il suo studio in Cagliari, via S. Sonnino n. 77;
contro
Casa Circondariale di Cagliari, Ministero della Giustizia, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, domiciliati in Cagliari, via Dante n. 23;
per l’annullamento
del silenzio-diniego opposto dalla Casa Circondariale di Cagliari all’istanza di accesso formulata dal ricorrente in data 25 novembre 2013, ricevuta dall’Amministrazione in data 27 dicembre 2013, con la quale si richiedeva l’accesso ed estrazione di copia della documentazione medica relativa allo stato di salute del sig. C R durante il periodo di detenzione presso l’Amministrazione
resistente;
per l’accertamento in capo al ricorrente della titolarità del diritto di accesso e la conseguente emissione dell’ordinanza e/o provvedimento giurisdizionale di esibizione ex art. 25, u.c., della legge 7 agosto 1990 n° 241.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Casa Circondariale di Cagliari e di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2014 il dott. F S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Espone il ricorrente di essere stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere dal 19 novembre 2010 al 18 aprile 2011, a causa di un’imputazione per rapina aggravata, e di aver subìto, in ragione di ciò, gravi danni che lo hanno costretto ad intraprendere una terapia psicologica e psichiatrica sia all’interno dell’istituto penitenziario, che dopo la scarcerazione.
All’esito del procedimento penale dinanzi al Tribunale Ordinario di Cagliari, il sig. Ribelli è stato prosciolto con sentenza di assoluzione n. 1469/2012, poi divenuta irrevocabile.
Deciso a proporre domanda ex artt. 314 e 315 c.p.p. al fine di ottenere la riparazione per ingiusta carcerazione, ha formulato nei confronti della casa circondariale di Cagliari istanza di accesso alla propria documentazione medica, attestante le terapie svolte durante il periodo di detenzione.
Non avendo ottenuto alcun riscontro, il sig. Ribelli, ai sensi dell’art. 116 c.p.a., ha proposto ricorso, notificato il 22 gennaio 2014 e depositato il 24 gennaio 2014, col quale ha domandato al Tribunale di annullare il silenzio-diniego formatosi sull’istanza di accesso e di ordinare l’esibizione dei documenti richiesti.
L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio e, con memoria depositata il 15 marzo 2014, si è opposta all’accoglimento del ricorso, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva.
Alla camera di consiglio del 2 aprile 2014 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Preliminarmente, va rilevato che il ricorso è stato notificato il 22 gennaio 2014, ossia prima della scadenza del termine di trenta giorni decorrente dalla data del 27 dicembre 2013, in cui la richiesta di accesso, per affermazione dello stesso ricorrente, è pervenuta all’Amministrazione.
Pur essendo questo il termine previsto dall’art. 25, comma 4 della Legge n. 241 del 1990 per la formazione del silenzio-diniego, il Collegio ritiene di non dover considerare il ricorso inammissibile.
Secondo un noto orientamento giurisprudenziale, che si condivide, il decorso del termine di trenta giorni dalla presentazione dell’istanza di accesso agli atti non consuma il potere dell’Amministrazione, che può sempre provvedere oltre il termine, anche in pendenza del giudizio per l’accesso: tant’è vero che, in questo caso, se l’istanza è accolta, il ricorso avverso il silenzio-diniego diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 8 febbraio 2001, n. 569;Tar Lazio, sez. I, 1 marzo 2001, n. 1687;Tar Sicilia, sez. II, 10 novembre 2010, n. 14030).
Ebbene, nella specie tale evenienza non si è verificata, dal momento che l’istanza ostensiva ha continuato a non avere risposta sia dopo la scadenza del trentesimo giorno dalla richiesta, sia alla data del passaggio in decisione del ricorso;dunque, allo stato, è possibile affermare che il silenzio-diniego sussiste.
Inoltre, sarebbe contrario ad esigenze di giustizia sostanziale dichiarare l’inammissibilità del ricorso e pretendere, per un mero aspetto formale che non ha inciso sulla persistenza dell’inadempimento, l’instaurazione di un nuovo giudizio per l’accesso alla stessa documentazione.
Pertanto il Collegio ritiene, anche per il principio di conservazione degli atti giuridici, che nelle ipotesi in cui la notifica del ricorso per l’accesso ai documenti amministrativi sia stata eseguita qualche giorno prima del decorso del termine per la formazione del silenzio-diniego, il suddetto ricorso, per esigenze di tutela sostanziale, non debba essere dichiarato inammissibile, in virtù del principio per cui l’Amministrazione conserva il potere di provvedere sull’istanza anche dopo la proposizione del ricorso, sempre che alla data del passaggio in decisione della controversia l’autorità amministrativa non si sia ancora pronunciata sulla richiesta di accesso, circostanza questa che renderebbe il ricorso improcedibile.
Tanto premesso, può quindi procedersi all’esame nel merito.
In primo luogo, si osserva che il sig. Ribelli è sicuramente titolare del diritto di accesso alla documentazione sanitaria richiesta (contenente dati sensibili sulle proprie condizioni di salute psico-fisica), quale portatore di un interesse qualificato, in vista della tutela di una posizione giuridicamente rilevante, connessa all’ingiusta privazione della libertà personale.
Occorre, a questo punto, prendere le mosse dall’eccezione con cui la casa circondariale di Cagliari deduce il proprio difetto di legittimazione passiva.
Riferisce quest’ultima di non essere l’amministrazione che, ai sensi dell’art. 25, comma 2 della Legge n. 241 del 1990, ha formato il documento o lo detiene stabilmente, in quanto, con D.P.C.M. dell’1 aprile 2008, tutte le funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sono state trasferite al Servizio sanitario nazionale e vengono espletate dalle Regioni per il tramite delle Aziende sanitarie locali.
L’eccezione è infondata.
La difesa erariale non fornisce alcun elemento a sostegno della suddetta eccezione e, segnatamente, dell’affermazione sulla non stabile detenzione da parte della casa circondariale di Cagliari dei documenti richiesti dal ricorrente.
Il D.P.C.M. richiamato dispone il trasferimento alle Aziende sanitarie locali delle funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia, ma non prevede che i documenti sanitari dei detenuti non debbano o, quanto meno, possano essere archiviati presso la casa circondariale.
Comunque, a norma dell’art. 6, comma 2 del D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184 (Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi), “la richiesta formale presentata ad amministrazione diversa da quella nei cui confronti va esercitato il diritto di accesso è dalla stessa immediatamente trasmessa a quella competente”, dandone comunicazione all’interessato.
La ratio sottesa è quella di tutelare l’interesse diretto, concreto ed attuale dell’istante a conoscere la documentazione per la quale è stato richiesto l’accesso, qualunque sia l’Amministrazione che materialmente la detiene, e di non far gravare sul cittadino la non facile lettura e comprensione delle norme regolanti la competenza alla conservazione dei documenti.
Alla luce della citata previsione, la casa circondariale di Cagliari, se pure non fosse stata in possesso delle cartelle mediche del ricorrente, aveva in ogni caso l’obbligo di inoltrare l’istanza di accesso da lui formulata all’Azienda sanitaria locale nel cui ambito di competenza è ubicato l’istituto penitenziario.
Nella specie, tale obbligo è stato del tutto disatteso, ragion per cui l’amministrazione intimata non può legittimamente opporre la circostanza di non essere il soggetto passivo dell’accesso in questione e così giustificare una propria inadempienza connessa ad una specifica disposizione normativa.
In definitiva, per le ragioni sin qui esposte, il ricorso va accolto e dichiarato l’obbligo della casa circondariale di Cagliari di rilasciare la documentazione richiesta dal ricorrente e, ove questa non sia oggettivamente disponibile, di trasmettere l’istanza di accesso alla A.S.L. n. 8 di Cagliari, dandone comunicazione all’interessato.
In quest’ultima evenienza la A.S.L. n. 8 dovrà esibire la documentazione medica entro il termine di venti giorni, al fine di non compromettere ulteriormente la posizione del ricorrente, tenuto pure conto dell’agevole reperibilità degli atti richiesti.
Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza e si liquidano nel dispositivo.
Avendo il ricorrente beneficiato dell’ammissione al gratuito patrocinio, va disposto il pagamento delle suddette spese a favore dello Stato (Amministrazione della Giustizia Amministrativa), ai sensi dell’art. 133 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 giugno 2009, n. 3776).