TAR Salerno, sez. I, sentenza 2018-10-19, n. 201801466

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2018-10-19, n. 201801466
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 201801466
Data del deposito : 19 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/10/2018

N. 01466/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01055/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1055 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato R M G, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via Velia n. 96;

contro

Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo di Avellino, in persona del Ministro in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata ex lege in Salerno, c.so Vittorio Emanuele, 58;
Questura di Avellino non costituito in giudizio;

per l'annullamento

a) del provvedimento n. 0021794-2017/Area IV del 26.5.2017 emesso dalla Prefettura di Avellino con il quale sono state revocate le misure di accoglienza disposte a vantaggio del ricorrente;

b) della nota n. Cat.A12/2017 del 23.5.2017 emessa dalla Questura di Avellino, di cui è traccia nel provvedimento sub a) non conosciuta;

c) della circolare n. 5189 del 25.3.2016 del Ministero dell’Interno Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione di cui è traccia nel provvedimento sub a) non conosciuta;

d) della circolare della Prefettura di Avellino n. 8142 dell’11.4.2016, di cui è traccia nel provvedimento sub a) non conosciuta;

e) della circolare n. 2255 del 30.10.2015 del Ministero dell’Interno Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, di cui è traccia nel provvedimento sub a) non conosciuta;

e) di tutti gli atti istruttori inseriti nel procedimento, se esistenti;

f) di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguenziale comunque lesivo dei diritti del ricorrente;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo di Avellino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 ottobre 2018 il dott. Fabio Maffei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- Con l’odierno gravame, il ricorrente, cittadino del Bangladesh., ha impugnato il decreto del Prefetto di Avellino in epigrafe meglio indicato, con il quale è stata disposta la cessazione (rectius la revoca) delle misure di accoglienza disposta in suo favore, in quanto richiedente asilo.

Nel proprio decreto il Prefetto ha rilevato che il ricorrente aveva presentato reclamo avverso il rigetto della sua domanda di protezione internazionale, che tale reclamo era stato respinto con provvedimento esecutivo del Tribunale ordinario di Napoli e che, dunque, non sussistevano i presupposti per il mantenimento delle misure di accoglienza.

Nel proprio ricorso il ricorrente, in sintesi, ha rappresentato di aver proposto appello avverso la decisione del Tribunale, rilevando che - secondo il costante orientamento della giurisprudenza - l'efficacia sospensiva conseguente alla proposizione del ricorso di primo grado si estenderebbe anche al successivo grado di giudizio.

Nella resistenza della intimata amministrazione, che, oltre all’asserito difetto di giurisdizione ha eccepito l’infondatezza del gravame per l’essere l’impugnata revoca atto vincolato scaturente dalla decisione giurisdizionale di reiezione del presentato reclamo, la causa è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 3.10.2018.

2.- In via preliminare, va affermata la giurisdizione del Giudice Amministrativo nella controversia in esame, in quanto per i provvedimenti ex art. 23, comma 1, D.Lg.vo n. 142/2015, di revoca delle misura di accoglienza, il comma 5 di tale articolo prevede la giurisdizione del Giudice Amministrativo: ed invero, il Prefetto con l'emanazione del provvedimento di revoca delle misure di accoglienza per migranti richiedenti protezione internazionale esercita un potere discrezionale, nei cui confronti il soggetto destinatario vanta una posizione giuridica di interesse legittimo, che, ai sensi dell'art. 103, comma 1, della Costituzione, spetta alla cognizione del Giudice Amministrativo.

3.- Nel merito, il ricorso è fonfato.

Il d.lgs. 18 agosto 2015, n. 142, in attuazione delle direttive 2013/33/UE e 2013/32/UE, reca, tra l'altro, la disciplina in tema di accoglienza dei cittadini di Paesi extracomunitari e degli apolidi richiedenti protezione internazionale in Italia.

L'operatività di siffatte misure è strettamente connessa alla pendenza del procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale all'interessato e, nei casi di contestazione, al processo promosso dall'interessato avverso il diniego di riconoscimento, che si svolge innanzi al Giudice Ordinario.

Quanto a tale ultimo profilo, l'art. 14, comma 4, del d.lgs. n. 142/2015, nella versione applicabile ratione temporis (prima cioè dell'entrata in vigore delle modifiche apportate dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 aprile 2017, n. 46) prevedeva che " Le misure di accoglienza sono assicurate per la durata del procedimento di esame della domanda da parte della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e successive modificazioni, e, in caso di rigetto, fino alla scadenza del termine per l'impugnazione della decisione. Salvo quanto previsto dall'articolo 6, comma 7, in caso di ricorso giurisdizionale proposto ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e successive modificazioni, il ricorrente, privo di mezzi sufficienti ai sensi del comma 1, usufruisce delle misure di accoglienza di cui al presente decreto per il tempo in cui è autorizzato a rimanere nel territorio nazionale ai sensi dell'articolo 19, commi 4 e 5, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150. Nei casi di cui all'articolo 19, comma 5, del decreto legislativo 1°settembre 2011, n. 150, fino alla decisione sull'istanza di sospensione, il ricorrente rimane nella struttura o nel centro in cui si trova ".

Da parte sua, l'articolo 19 suddetto prevedeva che: " 4. La proposizione del ricorso sospende l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, tranne che nelle ipotesi in cui il ricorso viene proposto :

a) da parte di un soggetto nei cui confronti è stato adottato un provvedimento di trattenimento in un centro di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286;

b) avverso il provvedimento che dichiara inammissibile la domanda di riconoscimento della protezione internazionale;

c) avverso il provvedimento di rigetto per manifesta infondatezza ai sensi dell'articolo 32, comma 1, lettera b-bis), del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e successive modificazioni;

d) avverso il provvedimento adottato nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 28-bis, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, e successive modificazioni”. Nei casi previsti dal comma 4, lettere a), b), c) e d), l'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato può essere sospesa secondo quanto previsto dall'articolo 5. L'ordinanza di cui all'articolo 5, comma 1, è adottata entro 5 giorni dalla presentazione dell'istanza di sospensione. Nei casi di cui alle lettere b), c) e d), del comma 4, quando l'istanza di sospensione è accolta, al ricorrente è rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta asilo ".

Ad una piana lettura delle richiamate disposizioni emerge, dunque, che, al di fuori dei casi in cui il ricorrente si trovi nelle situazioni descritte dalle lettere da a) a d) (per le quali la sospensione presuppone un provvedimento giudiziario), la proposizione del gravame avverso la decisione negativa sulla domanda di riconoscimento della protezione internazionale, senza distinzione tra primo e secondo grado, determina, ope legis , la sospensione del diniego impugnato.

È pur vero che, nel corpo normativo come sopra ricostruito, non risulta espressamente disciplinato il caso della pendenza di un giudizio di impugnazione avverso la decisione di prime cure, ciò nondimeno la declinazione applicativa delle richiamate disposizioni fatta propria dalla giurisprudenza di settore porta a considerare come l'effetto di quiescenza debba ritenersi esteso anche ai successivi gradi di giudizio.

Ha, invero, evidenziato, di recente la Suprema Corte, che, in materia di immigrazione, la proposizione del ricorso del richiedente asilo avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale sospende l'efficacia esecutiva di tale provvedimento;
ove, come nella specie, la sospensione del provvedimento impugnato, di rigetto della richiesta di asilo, non sia disposta con provvedimento giudiziale, ma sia direttamente prevista dalla legge (art. 19,comma 4, d.lgs. 150/2011, come modificato dall'art. 27, comma 1, lett.c) del d.lgs. 142/2015), che non stabilisce quando cessi, deve concludersi nel senso di ritenerne la cessazione alla fine dell'intero giudizio, e quindi col passaggio in giudicato (cfr. Cassazione civile, sez. I, 21/05/2018, n. 12476;
Consiglio di Stato, sez. III, 23/08/2018. 5037).

E del resto ha, altresì, evidenziato la Corte nella distinta pronuncia n. 18737 del 2017 " se la sospensione non si protraesse anche in grado d'appello e di cassazione, non avrebbe molto senso la previsione di termini entro cui definire il giudizio stesso sia in appello che in cassazione ".

In applicazione dei richiamati postulati - riferibili alla disciplina operante prima dell'entrata in vigore delle modifiche apportate dal D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 aprile 2017, n. 46 - le doglianze proposte dal ricorrente devono ritenersi fondate vieppiù in considerazione del fatto che, alla data di notifica del provvedimento di revoca, , risultava già proposta l'impugnazione innanzi alla competente Corte d'Appello del provvedimento negativo emesso in prime cure (vedi documentazione in atti).

Stante la non agevole ricostruzione dell’evoluzione normativa in materia, le spese del giudizio possono essere interamente compensate tra le parti.

Non sussistendo elementi oggettivi per smentire quanto già espresso nel verbale n. 6 del 2017 dalla Commissione ex art. 14 dell’Allegato 2 del c.p.a., si ammette la parte istante al beneficio dell’ammissione gratuito patrocinio;

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